L’attacco partigiano all’aeroporto Belvedere di Povoletto

Fonte: ANPI Udine

L’attacco all’aeroporto Belvedere, nelle vicinanze di Udine (oggi nel comune di Povoletto), con la distruzione degli aerei e della guarnigione tedesca ha costituito la prima grande vittoria delle unità partigiane in Friuli dopo la capitolazione dell’Italia. L’esercito tedesco, dopo aver occupato questa zona dell’Italia, ha moltiplicato assieme ai repubblichini di Mussolini e ai collaborazionisti gli sforzi per impedire la presenza di unità partigiane sul territorio della Slavia friulana.
Subito dopo la capitolazione dell’Italia, già alla fine del settembre 1943, è stato fondato il primo distaccamento del Collio e della Benecia (BBO), che poi dal settembre 1943 al maggio 1944 ha diffuso con grande successo la lotta di liberazione nazionale anche in questa parte del territorio a lingua slovena ad ovest dell’Isonzo nella zona della Slavia Friulana. L’ordine per la formazione del secondo BBO è stato dato dal comando della III zona operativa il 2 dicembre 1943. Nonostante l’occupazione di quest’area da parte dei Tedeschi il numero delle unità partigiane cresceva rapidamente. Ad aprile il numero dei combattenti ha superato i 300. Nella sua zona operativa si sviluppavano anche i portatori politici della lotta di liberazione nazionale. Si trattava di organizzazioni territoriali dellOF (Fronte di liberazione) e di comitati di liberazione nazionale come organi politici. Le condizioni politiche in quest’area cominciarono a migliorare. Il rigido inverno del 1943/1944 con il freddo e la neve alta ha preteso che le unità partigiane cambiassero la tattica del proprio operato. Si spostavano di giorno riposando di notte. Anche i tedeschi per via del freddo e della neve si spostavano di meno dalle caserme.
Per aver aiuto nel scoprire dove si trovavano le unità partigiane i tedeschi hanno richiamato gli aerei dall’aeroporto principale di Campoformido a ovest di Udine. Il nemico aveva anche a disposizione altri due aeroporti ausiliari. Uno vicino a Bovec, dove non c’era una guarnigione stabile né aeroplani e l’aeroporto Belvedere nel Friuli vicino a Udine intensamente utilizzato per combattere le unità partigiane, dal momento che erano lì costantemente presenti aerei da ricognizione e bombardamento e da lì attaccavano i paesi della Slavia friulana e dell’alto Isontino. Questo significava un pericolo costante di attacco aereo alle unità partigiane. Proprio per questo motivo l’aeroporto Belvedere era sotto costante controllo da parte del servizio informazioni partigiano. I tedeschi usavano aerei per la lotta contro i partigiani già al tempo della repubblica di Caporetto. Il 31 otttobre 1943 durante i combattimenti per la conquista di Caporetto colpirono con mitragliatrici le posizioni partigiane e lanciarono bombe sui paesi in tutta l’area da Žaga a Tolmino. Già prima, il 13 ottobre 1943, bombardarono Cezsoca, Žaga e Svino, e il giorno precedente altri quattro paesi della Benecia.
[…] A inizio del febbraio 1944 il 2° battaglione BBO giunse alla malga Plazi sopra Breginj e si accampò negli stavoli. La malga diventò il punto centrale del territorio operativo dove agiva questo battaglione. I versanti ripidi, gole torrentizie di diverse dimensioni fornivano all’unità una buona protezione dal nemico. In due fino a quattro ore le pattuglie potevano raggiungere ogni paese del Breginjski Kot, anche i più distanti. Nell’accampamento le unità svolgevano lezioni militari, studiavano la lingua slovena e scoprivano la storia e la cultura del popolo sloveno, cose di cui erano privati nella scuola fascista italiana. L’8 marzo 1944 l’unità minò con successo la teleferica del cementificio Carli nei dintorni di Cividale distruggendola e collaborò all’attacco alla base nemica a Faedis.
Gli informatori del BBO hanno riferito che alcune strutture dell’esercito nemico in Friuli erano mal difese. Tra questi c’era anche l’aeroporto Belvedere. Il comando del BBO ha studiato minuziosamente già dall’inizio le forze del nemico presenti all’aeroporto e la loro distribuzione. Dal momento che gli aerei decollavano quotidianamente per operazioni militari, l’aeroporto è stato considerato un importante punto strategico-operativo ed una delle strutture nemiche più importanti. Era anche relativamente vicino al BBO. Il territorio pianeggiante, venato da numerose vie di comunicazione, influiva negativamente sugli spostamenti partigiani e sulla loro azione di lotta a un raggio di 3 km intorno all’aeroporto. Il comando del distaccamento ha mandato nel 2° battaglione BBO il vicecomandante del distaccamento Pietro Marcandelli – Mark, con il compito di organizzare la distruzione dell’aeroporto Belvedere. Assieme al comando del BBO hanno iniziato a progettare e preparare l’attacco all’aeroporto. Marcandelli, Mirko Fratina, Lucien De Bellis e altri raccoglievano intensamente informazioni sull’aeroporto. Seguivano gli avvenimenti già un mese prima dell’attacco. Andavano a perlustrare l’area vestiti in abiti civili con documenti falsi per capire da quale direzione sarebbe stato più facile eseguire l’attacco stabilendo anche il giorno adatto. Prendevano scrupolosamente nota di tutto facendone abbozzi. I tedeschi avevano disposto le basi in modo da controllare e difendere le vie di comunicazione principali. Nelle immediate vicinanze dell’aeroporto c’erano anche le stazioni di polizia e carabinieri, che significavano un ulteriore ostacolo nell’avvicinarsi alla struttura.
Il piano di attacco all’aeroporto Belvedere prevedeva: si sarebbero messi in marcia al tramonto; i combattenti non sarebbero stati avvisati del luogo e del tipo di attacco. Lo avrebbero scoperto un attimo prima dell’attacco stesso; dall’accampamento avrebbero marciato verso il paese Montemaggiore, proseguendo a ovest verso il paese Cornappo; da Taipana avrebbero proseguito a Sud verso la zona boschiva tra i paesi Porzûs e Racchiuso, a 3-4 km da Faedis, dove si sarebbero fermati per prepararsi all’attacco notturno. Qui avrebbero spiegato ai combattenti l’obiettivo dell’attacco e fornito istruzioni specifiche; la sera, tre ore prima dell’attacco, avrebbero marciato verso il punto di partenza per l’attacco; per l’attacco avrebbero formato tre gruppi d’assalto di base.
La decisione su quando attaccare l’aeroporto è stata influenzata dalla situazione lì presente. Bisognava aspettare il momento più propizio per prenderli di sorpresa. Hanno deciso che si sarebbe trattato del giorno, quando ci sarebbe stata una festa, spesso organizzata dai tedeschi. In questo modo l’attenzione del nemico sarebbe stata minore. Le unità del 2° battaglione BBO accampate a Plazi, avevano tra le proprie file anche combattenti di altre nazionalità: 14 combattenti dall’Unione Sovietica, 8 italiani, la maggior parte erano Friulani, e il tedesco Johnny da Berlino. La maggior parte degli altri combattenti venivano dall’area di Caporetto, dalla Slavia Friulana e uno dalla Val Resia. C’erano anche sei donne combattenti. Erano armati con armi da fanteria. Il comando del battaglione conosceva bene le capacità di combattimento di ogni combattente di vecchia data come anche i loro valori morali e politici. I compiti durante l’attacco richiedevano da ognuno molto spirito di sacrificio, combattività e precisione nel compiere l’operazione. Le preparazioni erano avvenute in gran segreto, anche se i combattenti sospettavano che si stesse preparando qualcosa di grosso. Chi conosceva meglio l’aeroporto era Marcandelli, che ha anche visionato l’area più volte di tutti. Il piano finale per l’attacco, l’arrivo all’aeroporto e il ritorno è stato preparato al comando del 2° battaglione BBO.
[…] L’11 marzo 1944 dopo una cena abbondante sono partiti dall’accampamento di Plazi verso le 17. Camminarono in fila serrata e giunsero al paese di Montemaggiore la sera tardi. Da lì proseguirono verso Cornappo a avanti verso il paese Debellis. Prima del paese cambiarono direzione e superarono anfratti e rilievi più e meno alti per giungere a Taipana. Per tutto il tragitto dopo Taipana la colonna di partigiani evitò gli abitati. Il viaggio era faticoso. Gelo, un terreno montuoso con numerose gole e un bosco maestoso a proteggerli. La terra intorpidita si stava già svegliando. Dal suolo spuntava già il primo verde. Si sono trattenuti in una piccola conca sul versante della malga Poiana tra Porzûs e Faedis, 3-4 km a nord di Faedis. Qui attesero il mattino. Si sentivano abbastanza al sicuro. Quando il 12 marzo 1944 cominciò a farsi giorno avevano davanti a sé una buona visuale sulla pianura friulana. Con un binocolo si poteva osservare il traffico tra Faedis e l’aeroporto Belvedere. Quel giorno è decollato un solo aereo, che però non ha fatto ritorno. Verso sera dall’unità andò in ricognizione Arrigo Fornitti, per scoprire dai collaboratori sul campo che lavoravano all’aeroporto tutti i particolari sui ponti, sulle passerelle oltre i torrenti e anche su tutte le strade utilizzate quotidianamente dai nemici. Si sono riuniti in un campo, dove c’erano ancora steli di grano. L’agente sul campo Ines Mik collaborava strettamente con le ragazze, che venivano all’aeroporto per divertire i funzionari tedeschi. Comunicava quando al comando si tenevano feste, quanti sono gli ufficiali, quanti i piloti, dove si trovano le guardie e quante sono. Fornitti tornò all’unità ed assieme al comando presero atto del fatto che non c’erano novità di rilievo che influissero sull’attacco all’aeroporto. Prima del tramonto i comandanti diedero a tutti i combattenti incarichi precisi. Solo a questo punto scoprirono che l’obiettivo dell’attacco era l’aeroporto Belvedere. Il comandante Redelonghi e il commissario politico Perat hanno spiegato scrupolosamente ai combattenti i compiti di ciascuna unità, anche in italiano, cosicché gli otto italiani potessero capirlo. Hanno formato tre unità per l’attacco: alla prima guidata dal commissario di compagnia era affidata la difesa. È stata mandata in tre direzioni. Verso Udine fino al paese Salt, verso Faedis e verso Savorgnano. Ogni unità aveva l’importante compito di proteggere l’operazione. Se si fosse giunti ad un eventuale scontro dovevano ad ogni costo trattenere il nemico dando ai partigiani il tempo per l’attacco;
la secondo, la più grande, costituita da venti combattenti, era guidata da Marko Redelonghi. Con lui c’era anche il vicecomandante del distaccamento Marcandelli. Il gruppo era diviso in due sottogruppi. Il compito del primo era attaccare l’esercito e i piloti, che si trovavano nella baracca all’aeroporto, quello del secondo era distruggere gli aerei. Il combattente Alpino era friulano e parlava friulano, il tedesco Johnny avrebbe parlato in tedesco, se fossero capitati imprevisti. Avrebbero dato l’impressione di essere una pattuglia tedesca; il terzo gruppo guidato da Alfonz Perat aveva il compito di attaccare la villa «Giacomelli» che si trovava all’aeroporto, dove si trovava il comando.
[…] I capi dei gruppi avevano i propri vice e corrieri. Ognuno di loro spiegò a ciascuno dei combattenti il proprio compito, stabilì la loro posizione nella colonna e l’ordine di combattimento. Le ultime parole di Redelonghi prima della partenza sono statte: «Za svobodo, s Titom naprej!» («Per la libertà, avanti con Tito!»). Così le unità andarono a combattere secondo il compito assegnato avvicinandosi lentamente all’aeroporto. Rapidamente immobilizzarono le sentinelle civili, che non opposero affatto resistenza. L’attacco vero e proprio iniziò il 13 marzo 1944 alle 2:00. Avanzarono verso le baracche in ordine sparso. Non incontrarono nessun sbarramento di fildiferro. Si avvicinarono agli obiettivi e cominciarono a gettare bombe nelle baracche attraverso le finestre. Distrussero per prima la baracca con i soldati tedeschi, poi quella con le munizioni e le bombe aeree. Le baracche erano distanti tra loro 10-20 metri. Durante l’attacco sentirono spari ed esplosioni dall’altra parte dell’aeroporto. Sapevano che lì si trovava il commissario politico Perat con il proprio gruppo e stava attaccando il comando dell’aeroporto. Lì gli ufficiali si divertivano con le ragazze. Si sentivano gli schiamazzi di una compagnia di ubriachi. Poiché le finestre che portavano al comando erano più alte, i combattenti a due a due, uno sulle spalle dell’altro, formarono una scala umana, essendo questo l’unico modo di raggiungere le finestre per gettare le bombe a mano dopo che il silenzio fu interrotto da tre colpi di pistola consecutivi, il segnale per l’inizio dell’attacco. Alfonz Perat si affrettò, con due combattenti, su per le scale e con scariche di mitragliatrice distrussero la porta della stanza, dove si stavano divertendo gli ignari tedeschi. In un attimo la stanza si riempì di fumo. Dovettero uscirne in fretta per non soffocare. Immediatamente sulla porta comparvero tre tedeschi gettando bombe, ma nessun partigiano fu ferito. Seguì una sorpresa. Dal tetto si fece sentire una mitragliatrice tedesca, perciò Perat sposto rapidamente il proprio gruppo ad alcune centinaia di metri dall’edificio. Nel frattempo distrussero anche due camion e una berlina. Il combattimento durò un po’ più di mezzora. Si spostarono dalle baracche in fiamme sapendo che sarebbero seguite molte esplosioni più o meno intense.
Il deciso Lucien De Bellis guidò la propria unità fino agli aerei, mascherati con paglia di granoturco. Tra i partecipanti all’attacco c’era un partigiano, pilota dell’ex esercito italiano, lo chiamavano Sergente. Questo avrebbe dovuto provare a volare con un aereo verso le retrovie. La distribuzione degli aerei era diversa da quella durante il giorno e da ciò che si aspettavano gli assalitori. Erano disposti ad uno a uno tra loro la distanza era maggiore. C’erano nove aerei. Il pilota Sergente si mise immediatamente all’opera provando ad accendere il primo aereo. Non partì. Lo stesso vale per il secondo e il terzo. Nessuno non era in grado di decollare ed essere portato via. Perciò si unì agli altri del gruppo e insieme iniziarono e cospargere gli aerei e la paglia con la benzina. Avendo solo 5 litri di benzina in bottiglie da un litro decisero di cospargere la paglia con solo mezzo litro di benzina per ogni aereo. La paglia di mais ha reso più facile incendiare gli aerei, che presto esplosero assieme ai serbatoi di carburante. […] ANPI Cividale del Friuli

Marko Redelonghi – Fonte: ANPI Cividale del Friuli

Il comandante del 2° battaglione BBO era Marko Redelonghi-Bojan, il facente funzione del commissario politico del battaglione Alfonz Perat, l’aiuto comandante del battaglione Just Vrecar e l’aiuto commissario politico del battaglione Zvonimir Vodopivec-Nazdar. Per l’operazione si sono offerti dei volontari, tuttavia non sapevano di che operazione si trattasse. Hanno scelto combattenti sani, forti, esperti e resistenti. Per l’operazione erano previsti 57 combattenti. Erano armati con quattro MG 42 (tipo tedesco di mitragliatrice, detta ’šarec’), 15 mitra, gli altri combattenti con fucili. Ognuno aveva una bomba o due, alcuni anche di più. Il quadro di comando aveva anche pistole. Hanno portato con se piatti freddi e anche qualche litro di benzina. Tra i cinquantasette partecipanti all’operazione c’erano nove cittadini dell’Unione Sovietica, sei di nazionalità italiana, uno di nazionalità tedesca, gli altri erano indigeni dell’area di Caporetto, della Benecia e di Resia. All’operazione contro l’aeroporto Belvedere non collaborò nessuna unità dei partigiani italiani, anche perché queste unità non erano presenti su questo territorio. Hanno partecipato solo alcuni partigiani di origine italiana, combattenti del BBO. Prima della partenza per l’operazione i combattenti hanno controllato le armi, le hanno pulite e si sono preparati attivamente al viaggio. Il tempo era freddo, ma sereno, favorevole ai combattenti nel compiere l’operazione.
Marko Redelonghi – Bojan, nato a Zapatocco nella Benecia, immediatamente dopo la capitolazione dell’Italia entrò tra le file dei partigiani. Radunava giovani ragazzi della Benecia perché entrassero nei partigiani. Fondò la compagnia di Nimis nella Benecia occidentale. Presso il comando dell’esercito di liberazione nazionale presto scoprirono le qualità di Marko. Si distinse particolarmente durante gli aspri scontri con le unità tedesche sul Matajur l’8 e il 9 novembre 1943. Come vice comandante del 4° battaglione della Brigata di Bazovizza ha difeso la cima del Matajur cosicché il grosso si potesse ritirare dall’accerchiamento tedesco. Nel gennaio 1944 diventò comandante del 2° battaglione BBO. A metà marzo ricevette l’incarico di preparare e guidare con il vicecomandante del distaccamento e il commissario politico l’attacco all’aeroporto nemico Belvedere. Si dedicò a questo compito con tutta serietà. Preparò all’azione la 4ª unità del battaglione BBO ed eseguì una delle più grandi operazioni dei partigiani del Litorale, fino ad allora, a ovest dell’Isonzo.
ANPI Cividale del Friuli

Fonte: ANPI Udine

Circa settanta combattenti del 2. battaglione del Briško Beneški Odred (Distaccamento del Collio e delle Valli del Natisone) in marcia.
Albeggia. Scendono lungo ripidi pendii. Una bora pungente soffia sul terreno brullo. Da sinistra si sente l’abbaiare di un cane. Forse ha udito i nostri passi silenziosi. Prima dello spuntare del giorno la colonna raggiunge la pianura. L’immensa pianura friulana… I campi sono lunghi, attraversati da strade ancora più lunghe e da filari di gelsi.
Lungo viottoli piuttosto nascosti il battaglione marcia silenzioso verso la meta. Il sole sale sull’orizzonte, i monti della Benecia stanno scomparendo all’orizzonte. La pianura è immensa. Dopo mezzogiorno segue un lungo riposo in un punto non ben definito in mezzo alla pianura, lontano da tutte le strade. Il pomeriggio si dilegua quando in lontananza si notano le sagome degli edifici di Udine. Cala la sera. Una macchia di querce. “Battaglione, alt!” Il comandante divide i suoi uomini in tre gruppi. Un gruppo è particolarmente dotato di bombe a mano e di bottiglie Molotov. Vicino a noi il grande aeroporto di Belvedere. E’ difeso da un debole presidio tedesco. I velivoli sono allineati all’aperto. Bloccare e possibilmente eliminare il presidio, poi incendiare gli aerei, questo è il piano tattico.
Progressivamente e in silenzio i tre gruppi si allontanano uno dall’altro. Ancora dei cespugli molto fitti e davanti a loro si apre la grande distesa del campo d’aviazione. A sinistra si profila una indistinta macchia scura: si tratta di un baraccone. Il primo gruppo va proprio in quella direzione. Il secondo scivola silenziosamente attraverso il campo. Il terzo invece blocca la strada e la villa nei suoi pressi.
Poi il primo gruppo striscia fino al baraccone, ormai visibile nei dettagli. Dove, perdio, si trova la sentinella? Si sentono dei passi provenienti dall’altro lato del edificio. “Ssssss… Silenzio! I passi si avvicinano. Il soldato tedesco cammina spensieratamente. Ancora cinque, quattro, tre metri… Diavolo, è a portata di mano! Il calcio del fucile sibila nell’oscurità…un suono soffocato, la caduta del corpo sul suolo e un lungo rantolo. “Questo è finito. Non si sveglierà mai più.” Il forte colpo con il calcio dell’arma gli ha fratturato la testa.
Nel baraccone tutto ancora in silenzio. Sono le undici. E in quel preciso istante: “All’attacco! Juriiiš!… Distruggi!… Fuoco! Esplodono le bombe, crepitano le mitragliatrici, abbaiano i mitra, tutto in direzione delle finestre. Urla selvagge e terrificanti, un grande fracasso, come se qualcosa andasse a pezzi. E’ il soffitto a cedere. Il baraccone trema dalle fondamenta per le esplosioni delle pesanti bombe a mano inglesi. Attraverso la finestra fischia una bottiglia Molotov e un attimo dopo si frantuma. Poi all’interno comincia a sfavillare qualcosa di color rosso, sempre più intensamente. Un forte crepitio e le prime lingue di fuoco appaiono attraverso le finestre. Sempre più alte. Dall’interno si sentono ripetutamente delle urla inumane. Il nemico non riesce ad uscire dall’edificio in fiamme.
Dalla vicina Udine invece lampeggiano indifferenti innumerevoli luci.
Intanto il secondo gruppo era arrivato fino agli aerei. Nove velivoli: caccia intercettatori e bombardieri. I mostri del cielo riposano silenziosi e acquattati nell’oscurità. “Veloci, a prendere la benzina!” Subito si materializzano alcune taniche di benzina. Un fiammifero si accende, ma in un attimo si spegne. Il secondo invece, subito dopo, provoca un’alta fiammata su uno degli aerei. Poi seguono tutti gli altri. Il metallo delle fusoliere sembra quasi si lamenti per le alte temperature che deve subire. L’incendio illumina tutto l’aeroporto.
Uno dei combattenti però non sembra soddisfatto di quanto sta accadendo. Era salito poco prima su un caccia Messerschmitt, ma si era subito accorto del serbatoio vuoto. Da ex pilota voleva approfittare dell’inattesa opportunità di trasferire un aereo verso il territorio già liberato. Ma tant’è! Importante era impedire al nemico di poterlo usare. Si sentono ancora crepitii, scricchiolii e lo stridere delle lamiere. Verso il cielo sale un denso fumo nero. Degli aerei non rimane più nulla se non le nude carcasse carbonizzate.
Ma non è tutto. Il terzo gruppo stava controllando la strada, quando udì delle grida provenienti dalla vicina villa. I combattenti si avvicinarono all’edificio. Dentro, evidentemente, era in corso una festa, voci ubriache, concitate grida femminili… L’assalto fu repentino, i vetri delle finestre andarono in frantumi, una granata esplose all’interno. Le urla delle donne aumentarono. Una raffica con il mitra. Qualcuno era salito in soffitta. “Mira alle finestre in alto!” Un’altra raffica verso il sottotetto, un urlo e poi il silenzio.
Gli aerei bruciano, il baraccone si sta spegnendo. Ancora qualche raffica rabbiosa nella villa, poi veloci ad attraversare il campo d’aviazione ancora illuminato dai bagliori. Anche il secondo gruppo si affretta e abbandona i velivoli ormai ridotti a scheletri: tra essi tre caccia Messerschmitt 109, due caccia Focke Wulf e tanti tedeschi morti.
Il cielo si sta schiarendo. La colonna di partigiani inizia a risalire i pendii del proprio regno in montagna, dietro ad essa l’immensa ampia pianura e da qualche parte nel mezzo le carcasse contorte di nove aerei.
ANPI Udine, Camminata in memoria di Marco Redelonghi, eroe partigiano beneciano, 2 maggio 2018

Fonte: ANPI Udine
Fonte: ANPI Udine
Fonte: ANPI Udine

Tutti i gruppi dopo aver svolto il proprio compito si spostarono rapidamente al punto di ritrovo già prima concordato. Tornando dall’aeroporto non incontrarono alcun ostacolo. Dall’aeroporto si sentiva sparare. Si potevano vedere numerosi focolai minori, fuoriusciva un denso fumo nero. La ritirata al luogo di ritrovo 3 km a sudest di Faedis si è svolta velocemente e senza difficoltà. Con grande prudenza e predisponendo difese attraversarono la strada Cividale-Faedis. Qui c’era già il bosco, che permise loro una ritirata più facile. Il terreno iniziava a innalzarsi, perciò l’unità si sposto verso il paese Canebola in fila serrata. I partigiani si sentivano più al sicuro nel bosco. La mattina presto del 13.3.1944 la colonna di vincitori giunse sul versante del monte Topli Uorh. Aspettarono il mattino riposandosi. L’intendente Giovanni Gregorutti – Ivan, nativo di Cergneu Inferiore, ha fornito abbastanza carne e pane e preparò ai combattenti un pasto doppio.
Solo dopo il riposo i combattenti scoprirono come si erano svolte le preparazioni all’operazione all’aeroporto e quanto fossero importanti. Si resero conto di quanti fattori abbiano influenzato il successo dell’operazione.
Il riposo fece loro bene. Si riposarono completamente, il nemico d’altro canto, se stavano fermi, non poteva trovarli osservando dagli aerei giunti da Campoformido. Giravano soprattutto sopra Cergneu Inferiore e Superiore e Taipana. Continuarono il cammino solo quando cominciò a farsi buio. Lungo l’area montuosa superarono attraverso i boschi gole ed anfratti. Giunsero a Montemaggiore attraverso Platischis la mattina presto del 14.3.1944. Incontrarono un combattente, venuto da solo dall’accampamento di Plazi, che disse loro che il campo del 2. battaglione BBO era stato scoperto ed attaccato. Non sapeva quante vittime aveva causato l’attacco. Immediatamente si misero in marcia per aiutare i compagni di lotta attaccati.
[…] Gli assalitori distrussero nove aerei (tre “storch”, tre caccia di tipo messerschmitt, due caccia di tipo flocke wulf e un aereo corriere nardich), due camion e una berlina. Bruciarono due baracche. In una si trovavano munizioni, bombe aeree, carburante e altro materiale militare. Nella baracca caddero 25 soldati nemici, nell’edificio degli ufficiali cinque, ci furono anche numerosi feriti. In seguito scoprirono tutto ciò dagli informatori. Non poterono valutare quale fosse la quantità di bombe, armi, munizioni, vestiti ed altra attrezzatura distrutta durante l’attacco all’aeroporto. Coloro che parteciparono alla missione, valutarono che si trattasse di 40-50 tonnellate di materiale, di cui gran parte era costituita da bombe aeree. Non hanno confiscato le armi e altro materiale militare trattandosi di una operazione audace e rapida, che necessitava di una rapida ritirata. Lo scopo e l’obiettivo principale della missione era sorprendere il nemico, causargli danni e rendere l’aeroporto inutilizzabile ed è stato raggiunto. Particolarmente importante è il fatto che durante la marcia e l’attacco all’aeroporto non c’è stata nemmeno una vittima partigiana. Solo due partigiani sono stati feriti lievemente. Il nemico in un mese subì due gravi colpì in due luoghi distanti tra loro appena qualche chilometro. Il primo il 13 febbraio 1944, quando la 17ª brigata Gregorcic ha distrutto la base tedesca a Faedis, il secondo il 13 marzo 1944, quando il 2° battaglione BBO ha attaccato e distrutto l’aeroporto Belvedere. La vittoria sull’aeroporto Belvedere si è fatta sentire tra la popolazione incoraggiandola. Dopo un’operazione così ben riuscita nuovi combattenti entrarono a far parte delle unità partigiane, tra questi molti friulani. Si rafforzò la popolarità dei partigiani e la generale avversione per il nemico tra la popolazione. Tutto ciò ha avuto un forte impatto sulla nuova ascesa delle unità garibaldine italiane.
ANPI Cividale del Friuli

Fonte: ANPI Udine

Redelonghi Marco, Comandante Partigiano e Eroe Nazionale (massima decorazione jugoslava). (nato 24.4.1912 a Zapotok – Pulfero; morto a Brdca nei pressi di Berginj 5.5.1944).
Il papà Bernardo, maniscalco e contadino, dopo la prematura morte della moglie, Aloisia Zorza di Mersino, avvenuta in data 1 aprile 1926 all’ospedale di Cividale del Friuli, da solo doveva mantenere una numerosa famiglia di sei persone. Marco, dopo il decesso della madre, ha svolto lavori saltuari in varie località del Friuli. Nel 1937, si trasferì a Berginj dove sposò Maria Kramar da Podbela e dalla quale ebbe due figli. Successivamente la famiglia si trasferì in Germania dove lavorarono presso delle aziende agricole. Al rientro in Italia la Polizia scoprì che Redelonghi intratteneva rapporti con dei prigionieri di guerra e lo fece arrestare e deportare nel campo di Pisticci. Il 5 agosto 1943, dopo la caduta del fascismo, rientrò a Bergogna dove manteneva i contatti con i partigiani.
Successivamente alla capitolazione dell’Italia divenne uno degli organizzatori della Repubblica di Kobarid e nel corso delle battaglie divenne comandante della Brigata Soča.
Ha combattuto a ponte San Quirino, a San Pietro al Natisone e poi sul Monte Stol. In seguito diventò comandante del 4° Battaglione della Bazoviške Brigade. Il 6 novembre 1943 nel corso di un combattimento eliminò una mitragliatrice nemica. In seguito a questa azione fu nominato Comandante del 2° Battaglione del Briško-Beneški Odred.
Nel gennaio del 1944 con i suoi Partigiani distrugge il montacarichi che da Stupica (Stupizza) porta alla cima del Črn Vrh (Montefosca). L’azione di maggior successo fu l’attacco effettuato in data 13.4.1944 all’aeroporto militare tedesco del Belvedere nei pressi di Povoletto (nella pedemontana friulana). Nel corso dell’azione ben nove velivoli vennero stati distrutti.
A seguito di questa azione fu proclamato dai tedeschi come il più pericoloso “bandito” della zona. Per la sua cattura venne fissata una taglia di ben 150.000 lire.
Intercettato nella zona di Robidišče in data 16.4.1944 venne gravemente ferito a una gamba e si dovette nascondere cambiando frequentemente nascondiglio per non essere individuato e catturato dai nazi-fascisti che lo cercavano senza tregua.
Il 5 maggio 1944, pare a seguito della delazione di un prete locale, Redelonghi venne individuato dai suoi inesorabili cacciatori nei pressi di Berginj in località Brdca dove venne ucciso assieme al partigiano Avgustin Vrečar. Non venne però riconosciuto come il “Bandito Redelonghi”. Sei giorni dopo la sua morte le truppe tedesche, ignare di averlo già eliminato, nell’intento di farsi rivelare dai familiari il suo nascondiglio, li seviziarono brutalmente e uccisero davanti casa l’anziano padre Bernardo.
Nel 1951 è stato dichiarato Eroe Nazionale. Sul luogo del suo sacrificio sorge una lapide commemorativa e nei pressi del paesino di Staro Selo, sulla strada principale tra Cividale e Caporetto, sorge un bel monumento che ricorda le sue gesta e lo ritrae in un busto di bronzo.
ANPI Udine, Camminata in memoria di Marco Redelonghi, eroe partigiano beneciano, 2 maggio 2018