L’eccidio fascista di Cornalba

Cornalba: Monumento ai Caduti Partigiani – Fonte: Patria Indipendente

[…] Sulla nascita della formazione esistono pochi documenti, che presentano inoltre varie contraddizioni: incerta la data di costituzione, che viene collocata tra la fine di maggio e gli inizi di agosto del 1944; incerta la. consistenza dei primo nucleo di uomini, da sei e dieci. Vi è invece concordanza sul fatto che quegli uomini erano poco armati e male equipaggiati e sul nome del primo comandante, Giuseppe Baroni “Rossi”.
Una relazione post-insurrezionale così presenta le origini della formazione: In data 5 maggio 1944 in località Oltre il Colle (Valle Senna) per ordine del Capitano Duzioni Norberto “Cerri, Roberti” venne costituito il primo nucleo della Brigata XXIV Maggio composto da 10 uomini comandata dal Serg. Baroni Giuseppe “Rossi”.
Scopo principale era lo studio della zona per eventuale controllo, ricerca di campi di lancio, ricupero armi e reclutamento valligiani.
Sistemati nelle baite del Monte Menna il piccolo nucleo era continuamente in ricognizione e svolgeva opera di propaganda portando in breve tempo i suoi effettivi ad una trentina di uomini.
Molte volte questo gruppo fu sul punto di sfasciarsi per mancanza di mezzi ma la buona volontà di parecchi elementi ha sempre evitato questo, sopportando con rassegnazione molti critici ed essendo così d’esempio ai pochi tentennanti.
Più circostanziata – trattandosi di una memoria diretta – una recente testimonianza dello stesso Giuseppe Baroni […]
Verso le ore sette e trenta di sabato 25 novembre 1944 un reparto della compagnia OP di Bergamo, al comando del tristemente noto capitano Aldo Resmini, inizia un rastrellamento in VaI Serina. La colonna, composta da due camion scoperti e da un’autoblinda (circa 50 uomini), risale la valle e appena prima della frazione di Rosolo incrocia e blocca la corriera di linea Zambla – Bergamo. Mentre si compie la perquisizione dei passeggeri, sopraggiunge la seconda corriera, che abitualmente seguiva la prima di pochi minuti. Vengono fermati, riconosciuti ed uccisi sul posto i partigiani Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari.
La colonna fascista si divide in due gruppi: il primo prosegue lungo la provinciale per Senna, il secondo sale attraverso l’abitato di Passoni. Qui è fermato Giovanni Bianchi (abitante in questa località) e costretto a far da guida ai rastrellatori verso Comalba.
E’ chiaro l’intento dei militi di attaccare contemporaneamente da destra e da sinistra chiudendo l’abitato a “sacca”: l’unica via d’uscita è costituita dalle mulattiere che salgono sul monte Alben, che verranno però tenute sotto controllo dalle mitraglie.
Frattanto il primo gruppo di fascisti giunge a Senna ed effettua un breve rastrellamento nella zona centrale del paese: molti uomini e giovani del posto si danno alla fuga e riescono con difficoltà a raggiungere i sentieri nei boschi. Qui viene fermato Lorenzo Carrara che è costretto a salire sul camion militare. Il gruppo dei repubblichini prosegue per Cornalba, ma sbaglia direzione e prende per Valpiana, nella zona detta del “ristoro” si accorge dell’errore e inverte la marcia; ciò consente a diversi altri uomini di fuggire.
Intanto a Cornalba la notizia del rastrellamento giunge attraverso due fonti: una telefonata alla trattoria “della Serafina” è a viva voce, grazie all’avvistamento dei fratelli Luigi e Carlo Carrara, che, usciti di buon mattino per. andare a caccia, scorgono. la colonna fascista sulla strada di Rosolo dalla zona di San Pantaleone.
Il gruppo che sale da Passoni lancia un razzo di segnalazione per dare l’allerta ai camerati provenienti da Senna e immediatamente dopo apre il fuoco con armi leggere.
Inizia una fuga precipitosa e disordinata verso le pendici dell’Alben da parte dei partigiani e di giovani di Cornalba. E’ molto probabile che ds parte partigiana non si risponda minimamente al fuoco nemico.
Ormai anche il primo gruppo di rastrellatori provenienti da Senna ha raggiunto il piazzale della chiesa parrocchiale di Cornalba. Partigiani e uomini in fuga, che speravano di trovare via libera sulla sinistra del paese, sono bloccati da un fuoco intensissimo: una mitraglia è piazzata su di un prato, una seconda, ancora più micidiale, sul campanile della chiesa. Sorte non migliore aspetta chi cerca scampo verso la destra dell’abitato: i fascisti, che ormai occupano tutto il paese, piazzano almeno due montai e tirano sui fuggitivi, favoriti anche dal fatto che la vegetazione – siamo alla fine di novembre – è completamente spoglia.
Proprio con il mortaio viene colpito mortalmente il comandante “Ratti” e ferito gravemente Gino Cometti (un giovane di Cornalba di appena diciassette anni), che verrà “finito” immediatamente con due colpi di pistola.
Intanto, sul lato sinistro dell’abitato, con estrema difficoltà, riparandosi dietro le rocce e sfruttando la nebbia piovigginosa che cala dalla montagna, altri uomini in fuga raggiungono i sentieri alti e corrono disperatamente verso la cima del monte Alben. In questa fuga cadono mortalmente feriti Pietro Cometti (fratello gemello di Gino), Battista Mancuso e Giuseppe Maffi.
Mentre ancora si spara in questa zona, non distante dal centro abitato, è catturato il partigiano Franco Cortinovis. Portato nella piazza del paese viene sommariamente interrogato, violentemente malmenato e ucciso sul posto dallo stesso Resmini.
Intorno alle ore dieci è dato il “cessate il fuoco”. Inizia ora il rastrellamento nei prati, boschetti e cascine sopra l’abitato: viene subito fatto prigioniero Luigi Maver, che proveniva da Nembro in Valle Seriana. Vengono pure catturati, nascosti in un anfratto di roccia, due giovani di Comalba, Egidio Bianchi e Luigi Carrara; stanno per essere interrogati quando, non lontano, viene fermato Callisto Sguazzi “Peter”. Riconosciuto come partigiano, è immediatamente assassinato da un tenente della OP con due colpi di pistola […]
Redazione, La Brigata 24 Maggio e la sua storia, Il Blog della Valserina

Verso le ore sette e trenta di sabato 25 novembre 1944 un reparto della compagnia OP di Bergamo, al comando del tristemente noto capitano Aldo Resmini, inizia un rastrellamento in Val Serina. La colonna, composta da due camion scoperti e da un’autoblinda (circa 50 uomini), risale la valle ed appena prima della frazione di Rosolo incrocia e blocca la corriera di line Zambla-bergamo. Mentre si compie la perquisizione dei passeggeri, sopraggiunge la seconda corriera. Vengono fermati, riconosciute ed uccisi sul posto i partigiani Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari.
La colonna fascista si divide in due gruppi. Il primo prosegue lungo la provinciale per Serina, il secondo sale attraverso l’abitato di Passoni. Qui è fermato Giovanni Bianchi e costretto a far da guida ai rastrellatori verso Cornalba.
E’ chiaro l’intento dei militi di attaccare contemporaneamente da destra e da sinistra chiudendo l’abitato a “sacca”: l’unica via di uscita è costituita dalle mulattiere che salgono sul monte Alben, che verranno però tenute sotto controllo dalle mitraglie. Frattanto il primo gruppo di fascisti giunge a Serina ed effettua un breve rastrellamento nella zona centrale del paese: molti uomini e giovani del posto si danno alla fuga e riescono con difficoltà a raggiungere i sentieri nei boschi. Qui viene fermato Lorenzo Carrara che è costretto a salire sul camion militare. Il gruppo dei repubblichini prosegue per Cornalba, ma sbaglia direzione e prende per Valpiana, nella zona detta del “ristoro” si accorge dell’errore e inverte la marcia; ciò consente a diversi uomini di fuggire.
Intanto a Cornalba la notizia del rastrellamento giunge attraverso due fonti: una telefonata alla trattoria “della Serafina” e a viva voce, grazie all’avvistamento dei fratelli Luigi e Carlo Carrara, che, usciti di buon mattino per andare a caccia, scorgono la colonna fascista sulla strada di Rosolo dalla zona di San Pantaleone.
Il gruppo che sale da Passoni lancia un razzo di segnalazione per dare l’allerta ai camerati provenienti da Serina e immediatamente dopo apre il fuoco con armi leggere. Inizia una fuga precipitosa e disordinata verso le pendici dell’Alben da parte dei partigiani e di giovani di Cornalba. E’ molto probabile che da parte partigiana non si risponda minimamente al fuoco nemico. Ormai il primo gruppo di rastrellatori proveniente da Serina ha raggiunto il piazzale della chiesa parrocchiale di Cornalba. Partigiani e uomini in fuga, che speravano di trovare via libera sulla sinistra del paese, sono bloccati da un fuoco intensissimo: una mitraglia è piazzata su di un prato, una seconda, ancora più micidiale, sul campanile della chiesa. Sorte non migliore aspetta chi cerca scampo verso la destra dell’abitato: i fascisti, che ormai occupano tutto il paese piazzano almeno due mortai e tirano sui fuggitivi, favoriti anche dal fatto che la vegetazione – siamo alla fine di novembre – è completamente spoglia. Proprio con il mortaio viene colpito mortalmente il comandante “Ratti” e ferito gravemente Gino Cornetti (un giovane di Cornalba di appena diciassette anni), che verrà “finito” immediatamente con due colpi di pistola. Intanto sul lato sinistro dell’abitato, con estrema difficoltà, riparandosi dietro le rocce e sfruttando la nebbia piovigginosa che cala dalla montagna, altri uomini in fuga raggiungono i sentieri alti e corrono disperatamente verso la cima del monte Alben. In questa fuga cadono mortalmente feriti Pietro Cornetti (fratello di Gino), Battista Mancuso e Giuseppe Maffi.
Mentre ancora si spara in questa zona, non distante dal centro abitato, è catturato il partigiano Franco Cortinovis. Portato nella piazza del paese viene sommariamente interrogato, violentemente malmenato e ucciso sul posto dallo stesso Resmini. Intorno alle ore dieci è dato il “cessate il fuoco”. Inizia ora il rastrellamento nei prati, boschetti e cascine sopra l’abitato: viene subito fatto prigioniero Luigi Maver, che proveniva da Nembro in Valle Seriana. Vengono pure catturati, nascosti in un anfratto di roccia, due giovani di Cornalba, Egidio Bianchi e Luigi Carrara: stanno per essere interrogati quando, non lontano, viene fermato Callisto Sguazzi “Peter”. Riconosciuto come partigiano, è immediatamente assassinato da un tenente dell’ OP con due colpi di pistola. Il paese è nel terrore: vengono perquisite varie case, si minacciano distruzioni e stragi, viene fatta saltare la cabina elettrica. Alle dodici la colonna lascia Cornalba con i prigionieri Egidio Bianchi, Giovanni Bianchi e Luigi Maver che si aggiungono a Lorenzo Carrara, catturato in precedenza a Serina. Prima di lasciare la Val Serina, Resmini si ferma al Municipio in Algua, e minaccia personalmente il podestà ed il curato di Trafficanti, prospettando nuove azioni di rastrellamento.
Inizia la pietosa raccolta dei cadaveri a Cornalba e le salme vengono composte nella camera mortuaria del cimitero: è stata vietata ogni cerimonia e imposta la fossa comune. Pur con la paura di nuove azioni contro la popolazione, vengono fatte costruire delle bare e la commozione e la partecipazione nell’omaggio ai caduti è generale. Martedì 28 novembre si svolge la cerimonia funebre, che è controllata e difesa da un gruppo di partigiani in armi. Egidio Bianchi, Giovanni Bianchi, Luigi Maver e Lorenzo Carrara vengono riconosciuti amici e collaboratori dei partigiani, selvaggiamente torturati nella caserma della OP a Bergamo e incarcerati a S.Agata (Lorenzo Carrara morirà, causa le torture subite, due anni dopo). La formazione, dispersa sull’Alben, è faticosamente ricomposta nella zona di Zambla, per iniziativa del nuovo comandante “Renato”. Sabato 1 dicembre 1944, quindi esattamente una settimana dopo i fatti di Cornalba, si ebbe una nuova azione di rastrellamenti in Serina ad opera dei militi della Guardia forestale che provenivano dalla caserma di San Pellegrino Terme. In un primo conflitto a fuoco sulla strada che conduce al comune di Dossena, nei pressi del Passo Crocetta, veniva mortalmente ferito il partigiano Celestino Gervasoni. Un altro gruppo di militi, partendo dall’abitato di Serina, prese la direzione dell’Alben sorprendendo in una baita alcuni partigiani che si stavano preparando a lasciale la zona per raggiungere il resto dei superstiti della brigata. Nell’imboscata morirono tre partigiani di nazionalità russa, “Carlo”, “Michele” e “Angelo”, e un giovanissimo partigiano di appena diciassette anni, Mario Ghirlandetti. Un altro partigiano russo, “Scialico”, ferito ad una gamba veniva catturato e portato a Serina. Qui, aiutato da alcune persone del paese, trovava rifugio in una abitazione privata fino alla primavera del 1945 e ai giorni della Liberazione.
Redazione, I fatti della Val Serina, Newsletter Ecumenici – Redazione di Serina (BG), Anno VII° n° 30, 18 agosto 2007

Sabato 25 novembre 1944 a Cornalba la giornata era grigia e fredda, con una leggera pioggerella, ma la vista era buona. Da qualche giorno al Comando della brigata 24 Maggio, che aveva la propria sede nel centro abitato di Cornalba (il resto della formazione era stanziato nelle baite sul monte Alben che si raggiunge con un paio di ore di cammino lungo i due principali sentieri che lo collegano al paese), erano giunte alcune segnalazioni di possibili rastrellamenti nella zona. A queste “voci”, però, non era stato dato molto credito tanto che quella mattina tre partigiani, Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari decidono di scendere a Valle, per una missione di collegamento con il Comando provinciale, utilizzando la corriera di linea che giornalmente collega i paesi della Valle con il capoluogo di Bergamo.
Contemporaneamente da Bergamo sta salendo, in direzione Valle Serina, un’autocolonna di militi fascisti composta da due camion e un’autoblinda. Sono circa 60 uomini equipaggiati anche con armi pesanti (mitragliatrici e mortai). Fanno parte della 612ª compagnia Ordine pubblico (Op) di Bergamo. Li comanda il capitano Aldo Resimi, il fascista più odiato nella provincia di Bergamo, tristemente noto per le torture, le sevizie e gli eccidi di partigiani e civili compiuti non solo nella bergamasca. Nelle sentenze della Corte d’assise straordinaria istituita dopo la Liberazione, la 612ª compagnia Op viene definita come la “famigerata, abominevole ‘banda Resmini’, l’obbrobrio e la vergogna della provincia di Bergamo”.
All’altezza di Rosolo, contrada che si trova a pochi chilometri da Serina (allora Cornalba era una frazione di Serina), l’autocolonna fascista incontra le due corriere che stanno scendendo verso Bergamo. Giuseppe Biava e Barnaba Chiesa vengono subito riconosciuti e immediatamente giustiziati sul posto. Il terzo partigiano, Antonio Ferrari, appena accortosi della presenza dei rastrellatori, tenta di fuggire ma viene colpito a morte dal fuoco dei militi fascisti.
Compiuta questa prima strage la colonna fascista riprende la marcia verso Cornalba dividendosi in due gruppi: il primo, con gli automezzi, prosegue per Serina per poi raggiungere Cornalba mentre l’altro, a piedi, sale lungo la mulattiera che porta a Passoni (oggi frazione di Cornalba). L’obiettivo dei fascisti è chiaro: chiudere tutte le vie di fuga dal paese di Cornalba con una manovra a tenaglia.
Il primo gruppo, giunto a Serina, effettua un breve rastrellamento durante il quale cattura un giovane del paese, Lorenzo Carrara, mentre cerca di fuggire. L’altro reparto che si muove a piedi lungo la mulattiera, dopo aver fermato e fatto prigioniero a Passoni un giovane del posto, Giovanni Bianchi, raggiunte le prime case dell’abitato di Cornalba piazza almeno due mortai e lancia un bengala. È il segnale convenuto per l’inizio dell’attacco.
Nel frattempo l’autocolonna che ha seguito la carrozzabile è arrivata a Cornalba e qui sistema una prima mitragliatrice nel prato antistante la chiesa ed una ancora più micidiale sul campanile. L’anziano parroco, don Michele Paganelli, cerca di opporsi all’ingresso dei fascisti nella chiesa ma viene malmenato e costretto a lasciare libero il passaggio agli aggressori.
Ha inizio a questo punto un fuoco intensissimo nella direzione dei due sentieri che sui lati destro e sinistro del paese portano sul monte Alben e che in quel momento rappresentano le uniche vie di salvezza per i partigiani che si trovano in paese e per i giovani del posto (molti dei quali sono renitenti alla leva) che stanno fuggendo precipitosamente e disordinatamente.
Il sentiero di destra è sotto il fuoco, oltre che di armi leggere, dei mortai e proprio uno di questi colpisce a morte il comandante della formazione Giacomo Tiragallo “Ratti” e ferisce gravemente un giovane di Cornalba di appena 17 anni, Gino Cornetti (che verrà finito poco dopo con due colpi di pistola). Sul lato sinistro del paese la situazione è altrettanto disperata. Il sentiero è investito da una pioggia di proiettili delle mitragliatrici che falciano mortalmente, nel loro disperato tentativo di fuga, Giovanni Battista Mancuso, Piero Cornetti (diciottenne fratello di Gino) e Giuseppe Maffi.
A metà mattinata il paese è nel terrore: ci sono stalle che stanno bruciando, si susseguono perquisizioni nelle case, si minacciano stragi e distruzioni, un abitante del posto viene ferito ad una gamba perché sospettato di essere amico dei partigiani, la cabina elettrica è fatta saltare e i fascisti si accaniscono pure sull’ “asino dei partigiani” (utilizzato per portare materiali e viveri alle baite del monte Alben) che viene ammazzato nel centro del paese. Non lontano dal centro abitato, gli assalitori catturano il tenente Franco Cortinovis. Portato nella piazza centrale viene sommariamente interrogato, selvaggiamente picchiato e ucciso sul posto dallo stesso Resmini.
Alle ore 10,00 viene dato il cessate il fuoco. Ha inizio il rastrellamento nei prati, nei boschi e nelle cascine. Due giovani cornalbesi, Egidio Bianchi e Luigi Carrara, sono fermati e fatti prigionieri. Poco dopo cade nelle mani dei fascisti il tenente Callisto Sguazzi, “Peter”, che era giunto a Cornalba solo il giorno precedente (inviato dalla brigata Camozzi di Giustizia e libertà che operava nella vicina Valle Seriana). Riconosciuto come partigiano è immediatamente giustiziato sul posto da un tenente della Op con due colpi di pistola.
Alle ore 12,00 termina il rastrellamento. Nella piazza del paese ha luogo l’adunata dei militi fascisti. Chiusi nelle case, terrorizzati e angosciati, si trovano solo bambini, donne e anziani mentre i giovani e gli adulti sono tutti fuggiti. La colonna fascista rientra a Bergamo, senza contare alcuna perdita, con i quattro prigionieri che saranno sottoposti a torture e sevizie nella caserma della Op. Verranno poi rinchiusi nelle carceri di S. Agata e uno di loro, Lorenzo Carrara di diciannove anni, morirà due anni dopo causa le torture subite.
Appena una settimana dopo, il 1° dicembre, purtroppo sulla Valle Serina si abbatte un nuovo rastrellamento. Questa volta ad opera della Guardia Forestale di stanza a San Pellegrino Terme (un paese che dista circa 10 chilometri da Cornalba). Anche in questo caso i militi fascisti giungono sul luogo provenienti da due diverse direzioni. Il primo gruppo incrocia alcuni partigiani in una zona non molto distante da Serina. Ne nasce un breve conflitto a fuoco durante il quale viene ferito un fascista ma la reazione della Forestale provoca la morte del partigiano Celestino Gervasoni (i suoi compagni riescono a salvarsi).
Il secondo gruppo che sale da Serina, grazie anche alle indicazioni fornite da una spia (pure nel primo rastrellamento i fascisti avevano ottenuto preziose informazioni da un traditore), si dirigono sul monte Alben. Giunti alla baita denominata del “Cascinetto” i militi fascisti circondano e colgono di sorpresa cinque partigiani di guardia al magazzino della formazione. Restano uccisi il diciassettenne Mario Ghirlandetti e tre russi, Angelo, Carlo e Michele (dei quali non si è mai riusciti a risalire alla vera identità). Un quarto partigiano russo, Scialico, ferito, viene fatto prigioniero e portato a Serina dove, grazie all’aiuto di alcune persone del posto, verrà sottratto ai carcerieri, curato e nascosto fino alla Liberazione.
La brigata 24 Maggio è dispersa e allo sbando e rischia seriamente di disgregarsi. Il Comando di Giustizia e libertà decide, nel frattempo, di inviare dalla brigata Camozzi come nuovo comandante Fortunato Fasana “Renato”, uno dei più validi ufficiali di quella formazione che si era distinto per il suo coraggio e le sue indubbie capacità militari ed organizzative. Il nuovo comandante porta in salvo i pochi uomini rimasti con lui sui monti in alta Valle Brembana. Qui svernano in una baracca in condizioni metereologiche proibitive: la neve arriva fino a sei metri di altezza e si raggiungono i 20 gradi sottozero (ormai tutti i loro compagni li credevano morti). Verso i primi di febbraio la formazione torna in Valle Serina ma questa volta si stanzia nelle baite sopra Zorzone (frazione di Oltre il Colle, paese che dista qualche chilometro da Cornalba). La preparazione militare e organizzativa, nonché il carisma di Renato, porteranno la 24 Maggio a diventare in breve tempo una delle più organizzate e combattive formazioni partigiane di tutta la bergamasca e ad avere un ruolo di primo piano nella liberazione di Bergamo […]
Bruno Bianchi, L’eccidio fascista di Cornalba, Patria Indipendente, 28 gennaio 2020

[…] Quel 25 novembre il comandante Resmini con i suoi uomini della Compagnia O.P. di Bergamo giunse in Valserina e fermò due corriere dirette a Bergamo sulla seconda delle quali si trovavano Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari, tre partigiani che furono immediatamente giustiziati.
Subito dopo il gruppo di fascisti si divise: il primo con gli automezzi raggiunse Cornalba passando prima per Serina dove compì un rastrellamento, il secondo a piedi salì la mulattiera attraverso Passoni.
Furono posizionate 2 mitraglie, una sul campanile e una sul piazzale della chiesa e alcuni mortai nella zona del Pagliarolo.
All’arrivo dei nemici iniziò la fuga verso le pendici dell’Alben che, al tempo prative, non si presentavano coperte dal bosco come le vediamo oggi.
Sul lato destro del paese caddero sotto i colpi di mortaio il comandante Giacomo Tiragallo “Ratti” e Luigi Cornetti.
Sul lato sinistro, sotto il fuoco delle mitraglie morirono Pietro Cornetti, fratello di Luigi Cornetti, Battista Mancuso e Giuseppe Maffi. Cessato il fuoco, durante il rastrellamento, fu ucciso anche Callisto Sguazzi “Peter”.
Furono inoltre catturati Luigi Maver, Egidio Bianchi e Luigi Carrara […]
Silvia Bonomi, Ci troviamo a Cornalba in Valserina, ai piedi del monte Alben, La Via Mercatorum, 23 luglio 2019

Tra il 25 novembre e il 1 dicembre 1944 la brigata “XXIV Maggio” di Giustizia e Libertà, operante in Val Serina, subì due tragici rastrellamenti a Cornalba e nella zona limitrofa che segnarono per sempre la storia della piccola località. Poco prima dell’alba di sabato 25 novembre 1944 un reparto di una cinquantina di uomini della compagnia di Ordine Pubblico di Bergamo, guidata dal sanguinario comandante, capitano Aldo Resmini, risalì la Val Serina con il preciso obiettivo di sorprendere la “XXIV Maggio” che aveva la sua base a Cornalba.
[…] Compiuta la strage, la colonna fascista riprese la marcia verso Cornalba, dividendosi in due gruppi: uno salì a piedi lungo la mulattiera che passa per Passoni, dove fu fermato un abitante che venne costretto a fare da guida ai rastrella tori verso Cornalba. Il grosso proseguì sugli automezzi, giunse a Serina ed effettuò un breve rastrellamento dopodiché proseguì a sua volta per Cornalba.
La notizia dell’imminente arrivo dei fascisti mise in allarme i partigiani e i giovani di Cornalba che iniziarono una fuga precipitosa e disordinata verso le pendici dell’Alben. Speravano di trovare via libera sulla sinistra del paese, ma furono bloccati da raffiche d’arma da fuoco del primo gruppo di rastrellatori provenienti da Serina che avevano piazzato una mitraglia su di un prato e una seconda sul campanile della chiesa. Anche coloro che cercavano di scappare sulla destra del paese furono bloccati, perché i fascisti, dopo aver occupato tutto l’abitato, piazzarono almeno due mortai e iniziarono a sparare sui fuggitivi.
Proprio con un mortaio venne colpito mortalmente il comandante Giacomo Tiragallo e ferito gravemente un giovane 17enne di Cornalba, Luigi Cornetti, che fu poi finito a colpi di pistola. Intanto, sul lato sinistro del paese, con estrema difficoltà, riparandosi dietro le rocce e sfruttando la nebbia che calava dalla montagna, altri uomini in fuga tentarono di raggiungere i sentieri che conducevano verso la cima del monte Alben, ma furono investiti dalle raffiche di mitraglia che colpirono mortalmente Pietro Cornetti, fratello di Luigi, Battista Mancuso e Giuseppe Maffi.
Mentre ancora si sparava in questa zone, non distante dal centro abitato, fu catturato il partigiano Franco Cortinovis che fu portato nella piazza del paese , brevemente interrogato, violentemente picchiato e poi barbaramente ucciso. Verso le 10 iniziò il rastrellamento nei prati, boschetti e cascine sopra il paese dove fu catturato Luigi Maver, che proveniva da Nembro in valle Seriana e poi due giovani di Cornalba, Egidio Bianchi e Luigi Carrara, nascosti in un cunicolo di roccia. Mentre questi stavano per essere interrogati, fu fermato poco lontano Callisto Sguazzi: riconosciuto partigiano fu giustiziato da un tenente fascista.
Il paese intanto era in preda al terrore: furono perquisite varie case, si minacciarono distruzioni e stragi, fu fatta saltare la cabina elettrica, poi, verso mezzogiorno, la colonna lasciò Cornalba con i prigionieri Egidio e Giovanni Bianchi e Luigi Maver che si aggiunsero a Lorenzo Carrara, catturato in precedenza a Serina. A Bergamo questi ultimi verranno riconosciuti amici e collaboratori dei partigiani, brutalmente torturati nella caserma dai fascisti e incarcerati a Sant’Agata.
Prima di lasciare la Val Serina, Resmini si fermò al Municipio di Algua e minacciò personalmente il podestà e il curato di Trafficanti, prospettando nuove azioni di rastrellamento. Intanto a Cornalba iniziò la pietosa raccolta di cadaveri: le salme furono composte nella camera mortuaria del cimitero. Il 28 novembre, malgrado l’ordine delle autorità fasciste che avevano vietato ogni cerimonia e imposto la fossa comune, il paese tributò l’estremo saluto alle giovani vittime, alla presenza dei partigiani scampati alla strage.
Una settimana dopo questi tragici fatti, il 1 dicembre, si ebbe una nuova azione di rastrellamento, condotta da un reparto della Scuola forestale di San Pellegrino che interessò la zona dell’Alben. Gli assalitori raggiunsero la zona da due diverse direzioni: un gruppo si portò a Dossena e da lì si diresse verso Serina, occupando i dintorni del passo della Crocetta, l’altro salì lungo la strada di Ambria. I primi, arrivati in prossimità della Crocetta, vennero notati da tre partigiani che aprirono il fuoco contro di loro, riuscendo a ferire un milite; l’immediata reazione della Forestale causò la morte dell’ex carabiniere Celestino Gervasoni, mentre i suoi due compagni riuscirono a porsi in salvo.
Intanto a Serina era arrivato l’altro gruppo di rastrellatori, che si diresse immediatamente verso l’Alben e, come seguendo un piano prestabilito, raggiunse una baita che fungeva da magazzino per i viveri e l’equipaggiamento della “XXIV Maggio”. A guardia della baita Cascinetto stavano cinque partigiani, quattro russi ed il 17enne Mario Ghirlandetti.
Nell’attacco rimasero uccisi il Ghirlandetti e i russi Angelo, Carlo e Michele, gravemente ferito, fu catturato e trasportato a Serina dove, in seguito, venne tratto in salvo da alcune persone del paese e poi curato e tenuto nascosto fino alla liberazione in casa di Serafino Cortinovis […]
Redazione, La Resistenza in Valserina, Il Blog della Valserina

[…] I rastrellatori – circa una cinquantina di uomini – sono trasportati da due camion scoperti, ed iniziano a salire verso Cornalba all’alba del 25 novembre 1944. Sono militi della 612° compagnia OP, comandata da Aldo Resmini, che guida anche la spedizione contro la XXIV Maggio. All’altezza di Rosolo, i fascisti incrociano la prima “corriere” di linea, diretta verso Bergamo: obbligano a scendere tutti i passeggeri, e mentre li sottopongono ad una perquisizione, sopraggiunge l’altro autobus. La spia che li ha informati ha lavorato bene: sul pulman vi sono tre partigiani, Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa, Antonio Ferrari.
Identificati, due vengono uccisi a colpi di fucile sul posto, uno cerca la fuga, ma rimane ugualmente ucciso.
Dopo questa prima azione, la colonna repubblichina si divide in due: alcuni militi salgono a piedi passando per Passoni, gli altri proseguono sui camion: tutte le vie di fuga vengono bloccate, Cornalba è come presa di assedio. Due mortai e due mitragliatrici, una piazzata sul campanile, iniziano una sorta di disperato tiro al bersaglio. Il comandante Ratti, che si è gettato in direzione del bosco, è ucciso da un colpo di mortaio; Gino Cometti, un giovane di diciassette anni, ferito è catturato e giustiziato sul posto; il tenente Franco Cortinovis, interrogato e percosso selvaggiamente, è finito a colpi di pistola dallo stesso Resmini.
La mattanza non era ancora finita: le raffiche delle mitraglie colpirono altri – Pietro Cometti, fratello di Gino, Giuseppe Maffi, Battista Mancuso – che cercavano di mettersi in salvo fra le rocce. L’ultimo a morire è Peter, che è ucciso da un ufficiale fascista con due colpi di pistola alla nuca. Alle dodici la colonna lascia Cornalba con i prigionieri Egidio Bianchi, Giovanni Bianchi e Luigi Maver che si aggiungono a Lorenzo Carrara, catturato in precedenza a Senna.
I quattro prigionieri verranno poi riconosciuti come amici e collaboratori dei partigiani, selvaggiamente torturati nella caserma della OP a Bergamo e incarcerati a S. Agata (Lorenzo Carrara morirà, causa le torture subite, due anni dopo).
A Cornalba le salme vengono composte nella camera mortuaria del cimitero: è stata vietata ogni cerimonia e imposta la fossa comune. Pur con la paura di nuove azioni contro la popolazione, vengono fatte costruire delle bare e la commozione e la partecipazione nell’omaggio ai caduti è generale. Martedì 28 novembre si svolge la cerimonia funebre, che è controllata e difesa da un gruppo di partigiani in armi
[…] Mario Zingarelli era un partigiano della 1° Maggio, che godeva della fiducia del comandante Gianni. Lo stesso caposquadra ricorda che “Gianni convocò poi i componenti della Brigata e disse chiaramente che comunque fosse andata a finire, se uno di noi fosse restato al mondo avrebbe dovuto pagare a Zingarelli il tradimento”. Il 12 maggio 1945, Zingarelli venne prelevato dal campo di concentramento della Grumellina dove era rinchiuso e portato al cimitero di Bergamo dove fu giustiziato. La 612. Compagnia Op (Ordine pubblico), che dipendeva dal Comando provinciale Gnr di Bergamo, si costituì formalmente nel febbraio 1944. La comandava il capitano Aldo Resmini, con i tenenti Eugenio Bini, Gino Bolis, Domenico Mangialardo. La compagnia, oltre che attiva nel bergamasco, è presente con operazioni di repressione, nel settembre 1944, nel biellese e in provincia di Vercelli. Svolgeva, alle dirette dipendenze del Comando tedesco, i compiti più infami, dalla tortura alle esecuzioni sommarie. La Op aveva otto ufficiali, “tutti tristemente famosi per i loro delitti”, “dalla volontà autoritaria e crudelmente spietata”: solo tre di essi furono giudicati dalla Cas (Sottotenente Sandro Ghisleni, sent. 24/45, 24 anni. Tenente Bruno Gazzola, sent. 8/47, assolto per intervenuta amnistia. Tenente Luigi Bolis, sent. 11/47, pena capitale). Ad essi sono da aggiungere sei dei venti sottoufficiali; tre dei nove graduati vennero processati in contumacia: Bruno Gazzola, Luigi Bolis, Giulio Allegretti. Il capitano Resmini, il tenente Bolis, l’aiutante Angelo Gualdi ed i brigadieri Angelo Gusmini, Filippo Pezzotta, Angelo Beretta fanno parte dell’elenco dei morti per motivi politici dopo la Liberazione.
Sulla Compagnia e sui processi a carico dei suoi membri si veda A. Caponeri, La banda Resmini nelle
sentenze della Corte straordinaria d’Assise di Bergamo (1945- 1947), Il filo di Arianna, Bergamo 2008;
fotocopie delle sentenze della Corte d’assise speciale di Bergamo sono depositate nell’archivio Isrec. [..]
Simona Cantoni, Episodio di Cornalba, 25.11.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia