L’iniziativa – e soprattutto il suo esito – fece andare su tutte le furie gli Alleati

Fonte: strill.it art. cit. infra

La Resistenza e il Sud Italia, un binomio che appare imperfetto e, soprattutto, non sembra reggere il confronto con le lotte partigiane nel Settentrione.
Gli eventi storici, come risaputo, non richiesero una lotta in clandestinità contro i nazifascisti. La rapida salita della penisola da parte degli Alleati evitò al Meridione di divenire un possibile teatro di guerriglia contro l’occupazione tedesca dopo l’armistizio. Gli stessi angloamericani si infransero successivamente contro la Linea Gustav e per mesi rimasero impantanati a Cassino e dintorni. Nonostante questa essenziale peculiarità, nel Sud non mancarono gli episodi d’insurrezione popolare, andando quindi oltre “Le quattro giornate di Napoli” che la storiografia nazionale ha giustamente e largamente celebrato. L’Italia meridionale aveva assistito al dileguarsi delle camicie nere e dei loro camerati nazisti ma la libertà non poteva dirsi pienamente conquistata. In molte località del Mezzogiorno il potere rimase sostanzialmente nelle mani di chi lo aveva brutalmente esercitato nel ventennio precedente. Una parte della forza pubblica faceva i conti con pericolosi retaggi fascisti trattando ancora da “sovversivi” i sindacalisti e i membri delle organizzazioni politiche di sinistra. Nei giorni successivi all’8 settembre la confusione regnava sovrana e suddette circostanze erano perciò riconducibili più alla consuetudine che al fanatismo ideologico. La Calabria non si discostava da questa tendenza, soffrendo l’incapacità delle istituzioni di voltare definitivamente pagina. Il 4 novembre del 1943 a circa due mesi dalla firma dell’armistizio di Cassibile, la città di Cosenza fu teatro di un episodio singolare ormai impolverato negli scrigni della memoria. Il capoluogo bruzio tentava di risollevarsi dopo le privazioni di una guerra disastrosa. La politica, rimasta imbavagliata per vent’anni, era in continuo fermento sia nel centro urbano che nel resto della provincia. Secondo alcune testimonianze, riportate nel libro La Liberazione del Sud di Enzo Misèfari (Luigi Pellegrini Editore), un gruppo di carabinieri in servizio avrebbe ricevuto l’ordine di cancellare i nomi di Churchill, Stalin e Roosvelt da alcuni manifesti propagandistici che erano stati affissi in città. Un antifascista settentrionale, che si trovava al confino in Calabria, redarguì pesantemente i militari dell’Arma facendo loro notare che l’Italia dopo l’8 settembre era cobelligerante degli angloamericani e che la loro azione non poteva dunque essere giustificata in nessun modo. I carabinieri non gradirono e decisero di arrestare l’uomo. Ben presto gli astanti che assistettero alla scena protestarono ed impedirono che il dissidente fosse tradotto in caserma. In pochi minuti il capannello di persone divenne un vero e proprio corteo. L’obiettivo divenne il palazzo della Prefettura, quest’ultima era additata dalla folla come un elemento di continuità con il regime fascista. Alla testa dei rivoltosi si misero Fausto Gullo, autentico punto di riferimento per l’antifascismo cosentino, e Francesco Spezzano, originario di Acri ed esponente del Partito comunista italiano, futuro senatore della Repubblica e membro della Commissione antimafia. I manifestanti fecero irruzione costringendo il Prefetto e i funzionari alla fuga. Fausto Gullo dal balcone improvvisò un discorso con l’intento di calmare gli animi e si sarebbe così rivolto alla folla: “Non invito alla vendetta ma alla consapevolezza dei compiti nuovi nella giustizia e nella libertà”. La massa acclamò in qualità di prefetto lo stesso Gullo ed “elesse” Francesco Spezzano sindaco della città, l’attivista comunista tenne addirittura un discorso di ringraziamento! L’iniziativa – e soprattutto il suo esito – fece andare su tutte le furie gli Alleati. Questi ultimi mal tollerarono l’insurrezione e decisero di correre ai ripari a loro modo. Il “mandato” di Gullo e Spezzano durò infatti poche ore poiché già il giorno successivo gli angloamericani nominarono prefetto di Cosenza Pietro Mancini e sindaco Francesco Vaccaro, entrambi ferventi socialisti ma ritenuti più moderati e “affidabili” rispetto ai fulminei e informali predecessori. Un assaggio che sembra in un certo senso anticipare lo scenario politico che scaturirà dalla Guerra Fredda in molti paesi occidentali. Gullo, Spezzano e altri attivisti vennero convocati dagli Alleati e, sempre da quanto si apprende dal testo di Misèfari, sarebbero stati minacciati di essere deportati cinque anni in Kenia. Pare che Pietro Mancini – fondatore della prima sezione socialista a Cosenza e primo deputato socialista della Calabria – accettò l’incarico offertogli dagli Alleati a patto che nessun provvedimento sarebbe stato adottato contro gli “irrequieti” compagni del Pci. Spezzano disse che Gullo (nell’aprile dell’anno successivo nominato a sorpresa ministro dell’Agricoltura nel secondo gabinetto Badoglio) gli avrebbe confidato a distanza di tempo: “L’ora più rivoluzionaria della mia vita l’ho vissuta quando a Piazza dei Valdesi il Colonnello dei carabinieri, sugli attenti, disse che aspettava i miei ordini”.
Riferimenti bibliografici:
Misefari, E., La Liberazione del Sud, Luigi Pellegrini Editore, 1992
Spezzano. F., Fascismo e antifascismo in Calabria, Lacaita, 1975

Redazione, Resistenza in Calabria: la ribellione di Cosenza, strill.it, 25 aprile 2014