Lo scandalo dello zucchero avrebbe comunque fornito alla stampa filo-jugoslava materiale sufficiente per avviare una dura campagna durata anni contro il governo italiano

Trieste: Piazza Vittorio Veneto – Fonte: Wikipedia

Nell’aprile del 1948 il GMA (Governo Militare Alleato), con licenza n. 2067 del 29.04.1948, aveva concesso alla Lega Nazionale l’importazione in franchigia doganale di 40.000 pacchi alimentari contenenti ciascuno 10 kg di zucchero, uno di caffè e uno di cacao in polvere. I termini della franchigia erano stati stabiliti affinché i pacchi importati potessero essere distribuiti a prezzo agevolato esclusivamente ai soci del sodalizio residenti nella Zona A del TLT (Territorio Libero di Trieste), senza dunque essere immessi nel mercato corrente. Per il ritiro, i beneficiari del servizio avrebbero dovuto dimostrare agli uffici della LN di essere effettivamente titolari della tessera di iscrizione per l’anno in corso, ottenendo così un buono per il ritiro da presentare presso i magazzini incaricati della distribuzione della merce. Per verificare la regolarità delle operazioni di ritiro, era stata istituita presso i magazzini la figura di un controllore, che aveva il compito di monitorare la regolarità dei documenti (della tessera e del buono ricevuto) e di invalidare il buono utilizzato per il ritiro del pacco con un timbro, evitando che uno stesso socio avesse accesso a più distribuzioni.
La distribuzione dei pacchi era iniziata il 21 luglio e i magazzini coinvolti nell’operazione erano due, uno presso la ditta Perinetti di via Massimo d’Azeglio e uno presso la Fritz Egel di piazza Vittorio Veneto. Ben presto però il Comando della Sezione Tributaria Investigativa ebbe il sentore di qualche irregolarità, dato che a curare la distribuzione dei pacchi venne scoperta una terza ditta, la Primic, che non figurava in nessun elenco ufficiale. A seguito dell’irruzione della polizia tributaria, vennero posti sotto sequestro 148 kg di zucchero, 27 di caffè e 26 di cacao presenti nel magazzino. Il 23 settembre in quegli stessi uffici sarebbe poi giunta una lettera di denuncia firmata da don Marzari in persona che, allegando una tessera e un buono falso, segnalava «attività delittuosa a carattere speculativo commessa da persone non identificate.» <276
A quel punto venne aperto a carico della LN un fascicolo d’inchiesta, che portò all’accertamento dei seguenti fatti: «Nell’aprile del 1948 i Gruppi Istriani della L.N. nelle persone di Francesco ZOPPOLATO, Silvio e Remigio URIZIO, e Aldo DUDINE, promossero l’iniziativa della distribuzione di pacchi alimentari ai soci della L.N. […] La licenza di importazione fu intestata alla L.N. Siccome la L.N. ha un numero di iscritti molto superiore al quantitativo dei pacchi
richiesti, i Gruppi Istriani stabilirono di effettuare la distribuzione in base a prenotazione. […] Seguendo procedure difformi da quelle prestabilite, un considerevole numero di persone non iscritte alla L.N. ha illegalmente ottenuto il pacco, persone iscritte sono venute in possesso di più pacchi e molti aventi diritto non hanno ricevuto il pacco. […] Malgrado le più attive indagini non è stato possibile identificare gli autori materiali né i beneficiari dei buoni falsi. […] Numerosi buoni sono stati rilasciati intestandoli a esuli e mai consegnati agli interessati; parte di questi buoni sono stati venduti a titolo speculativo da Urizio Silvio, ricavando un utile di L. 900 per ogni buono. […]
Il Circolo Felluga i cui componenti sono soci della L.N., prelevò tra l’altro 250 pacchi per i propri soci e ne affidò la distribuzione alla ditta Primic di Largo Panfili n. 1 – Trieste.- Senonché la ditta Primic approfittando del suo incarico effettuò un certo commercio coi beneficiari dei pacchi, tanto che, nel magazzino furono rinvenuti e sequestrati zucchero, caffè, e cacao fuori dai pacchi. […] Un laborioso e difficoltoso controllo è stato eseguito su tutti i documenti ed i buoni messi a disposizione della L.N., in relazione all’elenco che era stato consegnato in dogana. Da tale controllo è risultato: N. 6959 buoni non trovavano riscontro nell’elenco; N. 1131 buoni sono duplicati. In totale quindi N. 8090 pacchi hanno trovato destinazione diversa da quella per cui era stata concessa la franchigia e pertanto sono stati contrabbandati Kg. 80.900 di zucchero, Kg. 8090 di caffè, Kg. 8090 di cacao la cui responsabilità va attribuita come precisato in seguito per ciascun denunciato. Inoltre, come si è detto innanzi, dal controllo N. 110 buoni sono risultati falsi.» <277
Questo sarebbe stato l’inizio di una lunga vicenda giudiziaria che si sarebbe conclusa in appello solamente nel 1953 e che avrebbe coinvolto oltre una trentina di imputati. Il principale reato contestato alla totalità dei nomi coinvolti nel processo, al di là delle singole imputazioni, era quello di contrabbando, concretizzatosi nella modificata destinazione d’uso della merce introdotta in stato di franchigia doganale.
In questa sede sarebbe impossibile ripercorrere nel dettaglio tutti gli aspetti di tale vicenda, che avrebbe coinvolto elementi di spicco del sodalizio e una parte della rete di relazioni che essa aveva costruito in città. È però interessante porre l’attenzione su di un caso specifico, ossia quello di Glauco Gaber, leader del circolo operaio “Felluga”, noto per essere uno dei punti di riferimento per la militanza di estrema destra del capoluogo giuliano. Il percorso giudiziario di Gaber permette infatti di fare parzialmente luce sui contatti intercorsi fino al 1948 tra le associazioni triestine legate alla LN e gli italiani della Zona B, rapporti che da questo processo risultano essere stati sì concreti e probabilmente continuativi, ma al contempo scarsamente ricostruibili a causa del segreto che li avvolse.
L’accusa fatta a Gaber era quella di aver distratto 190 pacchi dono destinati ai soci del circolo “Felluga” con lo scopo di rivenderli a proprio esclusivo vantaggio. I soci del circolo operaio infatti, al momento della sottoscrizione delle tessere, venivano inseriti nell’elenco dei soci della LN, e, in quanto tali, erano stati riconosciuti come beneficiari della distribuzione dei pacchi importati con franchigia. La direzione della LN aveva destinato al “Felluga” 250 pacchi da consegnare ad alcuni dei suoi soci, 190 dei quali erano stati effettivamente prelevati dai magazzini Primic per essere distribuiti. In sede di indagine però gli inquirenti verificarono che i pacchi ritirati risultavano essere stati consegnati a persone i cui nominativi non coincidevano con gli elenchi degli iscritti al circolo trasmessi alla LN da Gaber per segnalare coloro che erano stati individuati per la distribuzione.
Gaber, in sede di istruttoria e dibattimento, avrebbe risposto all’accusa di aver venduto i pacchi a persone non comprese negli elenchi degli aventi diritto ricavandone un tornaconto personale dicendo che i pacchi finirono per essere distribuiti ad iscritti del “Felluga” residenti in Zona B e che si erano registrati con nomi fittizi: «L’elenco dei soci da me consegnato […] conteneva i nomi reali di persone appartenenti al circolo “Felluga”, fatta eccezione per un numero imprecisato di persone che erano bensì soci del circolo “Felluga” ma con nome fittizio perché residenti in Zona B o per altri motivi. Però feci ritirare soltanto 250 pacchi, dei quali 190 vennero consegnati a persone della Zona B, che naturalmente non posso nominare, e che vennero da me inviate alla ditta Primic.» <278
«Gli appartenenti al Circolo Felluga, che si è sempre mantenuto al di fuori di ogni organizzazione politica di parte, sono noti – e più ancora lo erano al tempo delle dimostrazioni e manifestazioni nazionali – come i più decisi (e talvolta anche i più violenti) oppositori dell’invadenza slavo-comunista. […] Così pure il Circolo prese piede clandestinamente in Zona B, per cui molti istriani, costretti a rimanere sotto il tallone titino, nelle loro visite a Trieste, si ritrovavano al Circolo, in un ampiente [sic] che più si confaceva alla loro mentalità esasperata. Naturalmente tutti gli istriani e molti altri soci residenti a Trieste, che per la loro posizione sociale e per la particolare mentalità del Circolo, non potevano comparire con il proprio nome, continuando l’uso della lotta clandestina, figuravano ufficialmente iscritti sotto altro nome di comodo.» <279
La versione di Gaber sarebbe stata confermata da più testimoni, tra cui Aldo Dudine, incaricato per conto dei Gruppi Istriani della LN nella distribuzione dei pacchi: «I soci del circolo “Felluga” erano residenti sia a Trieste che nella Zona B; quest’ultimi iscritti con nomi fittizi. Un tanto è a mia conoscenza perché io stesso risiedevo in Zona B, ad Isola, ed io stesso, finché risiedevo ad Isola, fui iscritto al nominato circolo con nome fittizio. Alcuni dei soci del circolo “Felluga” residenti in Zona B mi dissero di aver ricevuto il pacco dalla Lega e di contare di portarselo al loro paese. […] Gli assegnatari dei pacchi residenti in Zona B in un modo o nell’altro si portavano detti pacchi nella loro zona.» <280
A confermare la presenza di iscritti sotto pseudonimo fu anche l’avvocato Mario Adami, componente del direttivo della LN: «Circa la composizione del circolo “Felluga” di mia scienza nulla so, però nei circoli da me frequentati ho sentito dire che vi facevano parte anche istriani residenti in Zona B. Ritengo che alla LN non siano stati iscritti soci con pseudonimi, mentre ho sentito dire al circolo “Felluga” ed altri circoli del genere vi erano degli iscritti con
pseudonimi, e ciò per sfuggire a rappresaglie, trattandosi di persone residenti in Zona B. […] Nulla mi consta circa il ricevimento dei pacchi di dette persone, giacché non mi occupai della distribuzione dei pacchi.» <281
Sulla questione venne interpellato anche don Marzari, testimone al processo, che chiarì come il problema dei nomi fittizi e della distribuzione in Zona B fosse stato discusso anche in seno alla Lega: «Vi erano molti soci residenti in zona A che si recavano in zona B e viceversa. Questi soci non potevano portare con sé la tessera e quindi si era discussa la possibilità di conservargliela in un luogo non facilmente accessibile, però non so cosa sia stato deciso o fatto. […] Io non mi posi il quesito se fosse lecita o meno la consegna di pacchi a persone residenti in zona B e non iscritte alla Lega (cioè formalmente non tesserate – inquantoché si trattava di italiani e quindi si consideravano come soci o come figli di ex soci della Lega) in quanto tale difficoltà poteva essere senz’altro superata col rilasciare agli stessi le tessere della Lega Nazionale. In tal senso si è parlato al consiglio direttivo. Non ricordo se siano state prese decisioni formali in proposito.»
In realtà la spedizione di pacchi nella Zona B avrebbe in ogni caso rappresentato una modifica della destinazione d’uso della merce, dal momento che la franchigia era stata concessa per la vendita agevolata dei pacchi esclusivamente nella Zona A del TLT.
Ovviamente, nel caso di Gaber, nell’impossibilità di negare l’avvenuta irregolare distribuzione, puntare la propria strategia difensiva nella direzione di una attività di assistenza e distribuzione rivolta agli italiani della Zona B significava mettere in gioco la variante della difesa dei diritti nazionali nei territori contesi, portando la propria posizione al di fuori delle accuse di tornaconto personale. Le indagini e il dibattimento non chiarirono mai se i 190 pacchi presi in carico da Gaber finirono o meno nella Zona jugoslava, lasciando un pesante interrogativo sull’esistenza effettiva dei rapporti tra Gaber e gli istriani della Zona B iscritti al “Felluga”.
Durante l’istruttoria e il dibattimento emerse però a più riprese la questione dei pacchi inviati nella Zona B, a prescindere dai collegamenti con il “Felluga”: Francesco Tagliapietra, socio della LN avrebbe infatti reso la seguente deposizione: «Posso affermare che durante le mie funzioni di controllo nessuno ha ricevuto il pacco senza esibire il buono e la tessera della L.N. – si è fatta eccezione per gli esuli residenti in Zona B, i quali non avevano il tesserino della L.N. però mi esibivano la carta d’identità della Zona B.-» <282
Anche Mario D’Osmo, imputato al processo in quanto animatore dei Circoli Istriani e coinvolto nell’organizzazione della distribuzione dei pacchi e nella compilazione delle liste dei beneficiari, disse di aver concesso in un caso la spedizione dei pacchi nella Zona B: «Mi ricordo in una sola occasione di aver concesso un numero limitato di buoni, verso presentazione di una lista, ad un prete di Capodistria presentatomi come garanzia dal sig. Dudine Aldo le cui informazioni assunte mi avevano garantito la sua integrità morale ed onestà, nonché sulla sua attività assistenziale che più volte aveva fatto verso gli istriani ancora residenti in Istria.» <283
Tali affermazioni consentono di verificare ancora una volta che dei canali di scambio tra la LN e la Zona B erano effettivamente stati aperti, giustificando così le preoccupazioni del CLNI (Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria). In ogni caso, però, la clandestinità che copriva le identità di quegli istriani che mantenevano contatti con i circoli della LN e la scarsa trasparenza delle operazioni condotte tra la Zona A e quella B rende ancora oggi difficilmente qualificabile la portata delle relazioni che il sodalizio manteneva con la zona jugoslava.
Al di là della difficile determinazione della natura di tali rapporti, lo scandalo dello zucchero avrebbe comunque fornito alla stampa filo-jugoslava materiale sufficiente per avviare una dura campagna durata anni contro il governo italiano, accusato di finanziare tramite «l’Ufficio Terre di Confine» attività di spionaggio e contrabbando nella Zona B, arrivando anche a prefigurare la progettazione di una «Marcia sulla Zona B» <284 da parte del Circolo “Felluga” a seguito del ritrovamento di armi ed esplosivo nella sede del circolo operaio. <285
Tra accuse e mistificazioni bilaterali il caso della LN avrebbe dunque finito per tenere banco sui giornali locali in corrispondenza dei vari momenti del processo, compromettendo definitivamente il prestigio del sodalizio e le sue discusse iniziative in territorio istriano.
[NOTE]
276 AST, Tribunale civile e penale, b. 1267, processo verbale di denuncia.
277 Ibidem.
278 Ivi, p. 186.
279 Ivi, p. 161.
280 Ivi, p. 203 verso.
281 Ivi, p. 213.
282 Ivi, p. 198, processo verbale di interrogatorio.
283 Ivi, p. 114, processo verbale di interrogatorio.
284 “La Voce del Popolo”, 11 gennaio, 1953. Si tratta di un articolo che in sé sintetizza anni di polemiche portate avanti dalla stampa jugoslava, la cui ampiezza non consente in questa sede una rassegna completa.
285 Ritrovamento sul quale la stampa italiana aveva taciuto e che non risulta mai citato sia negli incartamenti del processo per lo “scandalo dello zucchero” che in generale nelle corrispondenze governative.
Irene Bolzon, Fedeli alla Linea. Il CLN dell’Istria, il governo italiano e la Zona B del TLT tra assistenza, informative e propaganda. 1946-1966, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2013-2014

Inizia così l’epoca Szombathely (Prof. Avv. Marino de Szombathely, Presidente Reggente della Lega Nazionale di Trieste), durante la quale la Lega Nazionale propone con forza e determinazione un blocco unico dei partiti italiani.
L’Ufficio Zone di Confine, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, elargisce cospicue sovvenzioni al Sodalizio, tanto che gli permettono di articolare e svolgere un’attività promozionale di tutto rilievo. In questo modo giunge a influenzare la società triestina a molteplici livelli e portare quote della popolazione giuliana ad abbracciare i cavalli di battaglia del programma della Lega Nazionale.
L’Associazione viene risucchiata in un turbinio di scandali dovuti perlopiù a irregolarità amministrative. A partire dallo “scandalo dello zucchero”, che porta all’arresto di Gino Monaco. Quest’ultimo, amministratore della Lega, è colpito da “mandato di cattura per appropriazione indebita e falso”. È condannato nel marzo 1950 a 3 anni di reclusione.
La Lega Nazionale organizza le elezioni per l’assemblea generale nel 1950, quando i soci raggiungono le 47.000 unità. Su un totale di 116 delegati da eleggere, almeno 44 risultano legati agli ambienti della destra triestina neofascista o monarchica. Nel Consiglio direttivo eletto dalla prima assemblea generale, che si tiene il 24 luglio 1950, il MSI è ampiamente presente, anche con alcuni dei suoi uomini più rappresentativi.
Rispetto alle manifestazioni promosse dalla Lega Nazionale per la ricorrenza del 3 novembre 1953, la Democrazia Cristiana giungerà ad asserire, in un suo comunicato, che l’Associazione ha promosso nientemeno che “manifestazioni neofasciste”. Segue così l’accusa di essere involuta a “strumento” del MSI <222.
Sulla scia dell’imputazione rilevata dalla DC, il PSVG (Partito Socialista della Venezia Giulia), in una mozione approvata dalla direzione, stigmatizza le “celebrazioni fasciste” e chiede l’allontanamento dell’“amministrazione missina della Lega Nazionale” <223. La crisi comporta la nomina a commissario straordinario del Sodalizio il prof. Antonio Palin, la cui gestione lascia però pressoché invariati i rapporti di forza all’interno dell’Associazione <224.
È proprio tramite la Lega Nazionale che il MSI entra a far parte nel 1952 del “Comitato per la difesa dell’italianità di Trieste”, l’organismo creato dal Sindaco Batoli, che comprende tutti i partiti “italiani” fatta eccezione per il PSVG.
[NOTE]
222 “Giornale di Trieste”, 5 novembre 1953.
223 Ibidem.
224 Le elezioni del 1955 prevederanno una lista unitaria con la compresenza di uomini del MSI, della DC, del PRI, del PLI e di altre organizzazioni cosiddette “nazionali”. In questo ambito il PSVG esprime in un suo comunicato “doloroso stupore” per la presenza – nella lista unitaria – di esponenti dell’API (Associazione Partigiani Italiani) “accanto ai nomi di noti fascisti e collaborazionisti con il tedesco”: “con viva sorpresa questa Associazione ha rilevato che nella lista elettorale della Lega Nazionale, sono compresi anche alcuni rappresentanti dell’Associazione Partigiani Italiani. La sorpresa ci sembra giustificata per il fatto che gli esponenti partigiani figurano accanto ad alcuni noti collaborazionisti ed ex fascisti della Repubblica di Salò, che durante l’occupazione nazista contribuirono all’opera di repressione contro il C.L.N. ed i volontari della libertà e compromisero, con il loro atteggiamento, l’integrità territoriale della regione”. Archivio dell’Istituto Regionale di Storia del Movimento di Liberazione, Trieste, Materiale non inventariato.
Ivan Buttignon, Governo Militare Alleato e organizzazioni filo-italiane nella Zona A (1945-’54). Uno scontro culturale, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2014-2015