L’unico cittadino italiano trasformato a Dachau in cavia umana che sia sopravvissuto

Il 31 ottobre 1963 il quotidiano torinese «La Stampa» e il milanese «Corriere d’Informazione» pubblicarono due dettagliati articoli dedicati alla crudele e paradigmatica vicenda di Guerrino Panfili, militare caduto nelle mani dei tedeschi poco dopo l’armistizio mentre si trovava detenuto nel carcere di Gaeta <72. Nato a Gubbio il 20 luglio 1915, Panfili venne deportato a Dachau il 29 settembre 1943 con un convoglio partito da Peschiera del Garda. Nel campo bavarese a partire dal gennaio 1942 il dottor Claus Schilling <73, già ricercatore presso il prestigioso Robert Koch Institute, aveva allestito all’interno dell’infermeria un reparto in cui eseguiva atipici esperimenti inoculando consapevolmente il virus della malaria agli ignari deportati ricoverati: “the experiments were conducted in the following way: Anopheles mosquitoes, infected with malaria germs, were procured from the tropics, the Crimea and the Pontine swamps and used to infect the human subjects. One of the questions to be investigated was the relationship between human blood groups and malaria. The initial attack usually occurred three weeks after exposure. At this point the patient was again admitted to the hospital-he had had to continue working in the meantime. Fever chills occurred every two or three days-when the disease had reached a more advanced stage two or three times a day. The course of the disease was observed with all the familiar complications-heart trouble, jaundice, severe diarrhea and pneumonia” <74.

Guerrino Panfili, liberato dalla settima armata americana il 28 aprile del 1945, fu secondo il «Corriere d’Informazione» «l’unico cittadino italiano trasformato a Dachau in “cavia umana” che sia sopravvissuto e che – caso rarissimo – sia riuscito a riportare in patria le prove del suo dramma». Il quotidiano di via Solferino allegò all’articolo un ritratto e una scheda con il numero di matricola e l’indicazione del blocco numero 25 in cui Panfili fu ricoverato, definendo «clamoroso» il suo caso: “pesava, quando uscì dal campo, appena quarantun chili; aveva perso, in venti mesi, cinquanta chili. […] Inabile al lavoro, disperato, egli vagò da un ospedale all’altro, mentre i medici invano lottavano contro il male che lo divorava: morì di cirrosi epatica il 30 ottobre 1959. La vedova allora chiese al Ministero del Tesoro che le venisse concessa una pensione, dato che suo marito era morto in seguito ad infermità contratta durante il servizio militare. Dopo due anni il Ministero respinse la richiesta di pensione. La motivazione era: “Per non dipendenza da causa di servizio di guerra dell’infermità che trasse a morte Guerrino Panfili” “<75.
L’unicità della vicenda di Guerrino Panfili non risiedeva soltanto nel parere negativo espresso dal Ministero del Tesoro nei confronti della pratica pensionistica presentata dalla vedova. Sorprendente fu anche la consapevole strumentalizzazione della vicenda operata dall’ANED. L’interesse della carta stampata <76 infatti era stato suscitato ad hoc da uno dei più importanti funzionari dell’associazione: il segretario nazionale Giovanni Melodia <77.
Sopravvissuto anch’egli a Dachau, dove rivestì un ruolo di primo piano nella resistenza clandestina interna al campo e nel Comitato internazionale dei prigionieri, Melodia nel novembre 1963 scrisse una lettera al deputato comunista torinese Alberto Todros <78 nella quale elencò «alcune delle cose» «che i parlamentari dell’Associazione potrebbero, e forse dovrebbero, fare, allo scopo di risolvere qualcuno dei problemi più assillanti ed attuali».
Emblematica per comprendere il modus operandi dell’ANED fu la descrizione dell’iter che «dopo molti e molti tentativi andati a vuoto presso le redazioni di diversi importanti giornali» permise a Melodia «di portare a conoscenza dell’opinione pubblica attraverso la stampa» la vicenda di Guerrino Panfili e della moglie: “Il primo articolo sull’argomento l’ha pubblicato il “Corriere d’Informazione” di Milano. Subito dopo ho avuto un colloquio con un dirigente dell’Agenzia A.N.S.A., che ha diffuso un lungo comunicato su questo “caso”, comunicato che è stato riportato da tutti i principali quotidiani italiani (fra cui “La Stampa”, “La Gazzetta del Popolo” del 31/10); purtroppo, ingannati forse dal fatto che la prima notizia era stata data da un giornale di Milano, hanno scritto che la ved. Panfili vive a Milano, mentre essa è custode dell’Istituto Tecnico di Gubbio (Perugia); bidella “provvisoria”, proprio per il fatto che non le è stata riconosciuta la qualifica di vedova di un caduto. (Morto per le conseguenze degli esperimenti pseudo-scientifici del Prof. Schilling.)” <79.
Puntare sul caso Panfili «spendendoci tutto il tempo che è stato necessario» permise a Melodia e all’ANED di sollevare una serie di problematiche di carattere generale, elencate nella lettera ricorrendo ad un elenco numerico in sette punti. Oltre a questioni relativamente marginali come l’emissione di francobolli speciali dedicati al ventennale della deportazione <80, l’inclusione nella ripartizione delle Lotterie Nazionali e la richiesta di un contributo governativo per la futura erezione del monumento di Auschwitz <81, l’attenzione di Melodia si concentrò sull’operato delle commissioni mediche e della Corte dei Conti. Riuscire ad influenzare positivamente l’attività dei due principali enti governativi responsabili delle pratiche pensionistiche presentate dai sopravvissuti era di fondamentale importanza dal momento che la Commissione Medica Superiore aveva mostrato negli anni una conoscenza della deportazione inadeguata: «la Commissione Medica Superiore avrebbe dovuto documentarsi una buona volta!, su ciò che è stata la deportazione (fame, freddo, torture, esperimenti; malattie ritardate, stato permanente di choc, astenia progressiva, ecc..)». In tal senso Melodia chiese con grande enfasi a Todros di «farsi sentire» attraverso il «gruppo valoroso di ex deportati» eletti in Parlamento per ottenere la nomina di un medico fiduciario dell’ANED nelle Commissioni mediche. Gli eventuali ricorsi presentati alla Corte dei Conti dai sopravvissuti peraltro avrebbero dovuto avere la precedenza, vista l’unicità della loro condizione, rispetto ai casi ordinari: “far sì che la C.d.c. dia la precedenza assoluta all’esame dei Ricorsi degli ex deportati e dei familiari dei nostri Caduti; riconosca cioè il diritto a una procedura particolare per coloro che furono nei campi nazisti di sterminio, così come fu ‘particolare’ la loro situazione, rispetto a quella di tutti gli altri prigionieri – come ho messo in evidenza nel comunicato diramato dall’A.N.S.A., e non facciano aspettare anni ed anni (fino a 10 e più!), secondo la procedura normale. Si tratta, in fondo, di poche decine di casi” <82.
Nonostante l’eccezionalità della vicenda di Guerrino Panfili e dell’utilizzo strumentale fattone dall’ANED per difendere gli interessi dei sopravvissuti, le motivazioni comunicate dal Ministero per respingere la pratica avevano una solida copertura legislativa che risaliva ad una lieve ma significativa modifica di un precedente istituto previdenziale. La legge numero 648 del 10 agosto 1950, denominata «Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra», modificò sostanzialmente il panorama legislativo previdenziale italiano riconoscendo alle vittime civili del secondo conflitto mondiale e alle loro battaglie legali una nuova centralità. Scrive in proposito Fabio De Ninno: “the law confirmed the extension of military rights to civilians and redefined the concept of an “act of war”. Article 10 defined as “acts of war” all events directly caused by military operations conducted by Italian and foreign armed forces and all indirect events connected to their activities. […] the new legislation also encompassed death, disabilities and wounds caused by deprivation, by torture due to internment in other countries, or by enemy forces during acts of war. It now covered deportees, victims of starvation and diseased caused by wartime living conditions, and victims of the German occupation. It marked a cornerstone, finally expanding access to pensions in the light of the total war conditions of 1940-1945” <83.
Nonostante l’ampliamento dei possibili beneficiari, indispensabile alla luce delle inedite caratteristiche della guerra totale il testo, «prima pietra miliare» «che sancì la definitiva concessione di pensioni ai civili come parte di un mutamento “etico-politico”» <84, presentava in diversi punti una significativa continuità con la precedente legislazione pensionistica di guerra <85. L’articolo 1 continuava a riconoscere le pensioni e le indennità di guerra sulla base della «perdita o menomazione della capacità di lavoro» <86, mentre il primo comma dell’articolo 106 relativo alle cause dei decessi di civili e militari non menzionava i sopravvissuti ai lager: “le cause del decesso di un militare o di un civile vengono accertate in base a tutti gli elementi di prova che sia possibile raccogliere, convalidati, ove occorra, dalle competenti autorità” <87. Questa semplicista formulazione regolamentava esclusivamente le morti di generici militari e civili scomparsi nel corso del conflitto senza specificare adeguatamente il modo in cui le autorità avrebbero dovuto comportarsi in caso di malattie o in presenza di tipologie di vittime differenti come gli ex deportati per ragioni politiche e razziali. Il secondo comma dell’articolo riteneva sufficiente per confermare i decessi dei militari avvenuti «durante la prigionia o l’internamento presso il nemico» «la partecipazione rilasciata dalla competente Amministrazione» <88.
Nel novembre del 1961 il Parlamento promulgò un provvedimento integrativo con il quale il legislatore intendeva correggere diverse questioni spinose emerse negli anni precedenti in materia di previdenza di guerra. L’articolo numero 24 del provvedimento intitolato “Integrazioni e modificazioni della legislazione sulle pensioni di guerra” venne elaborato per sostituire integralmente il precedente articolo 106 della legge del 1950 <89. Il parere negativo che il Ministero maturò in relazione alla domanda presentata dalla vedova di Guerrino Panfili si basava proprio su una rigida interpretazione del secondo capoverso di questo comma sostitutivo, il quale recitava: “nei confronti degli ex internati militari e degli ex deportati per ragioni politiche, razziali, religiose ed ideologiche la constatazione sanitaria di cui al precedente comma è validamente eseguita in qualunque momento anche se trattisi di malattia manifestatasi dopo la scadenza del suddetto termine di cinque anni, purché per le sue peculiari caratteristiche cliniche possa causalmente e direttamente collegarsi alle pregresse condizioni particolari dello stato di cattività sofferto” <90.
Il legislatore riconosceva con questa formulazione la specificità delle particolari condizioni sofferte durante la deportazione dagli ex internati militari e dai deportati per ragioni politiche e razziali eliminando la prescrizione quinquennale ma al contempo introduceva un prerequisito destinato a condizionare notevolmente l’esito delle pratiche pensionistiche presentate negli anni successivi: dimostrare inequivocabilmente la causalità tra le caratteristiche cliniche del malessere e le specifiche condizioni dell’internamento. Non essendo la cirrosi epatica di Guerrino Panfili direttamente riconducibile agli esperimenti medici a cui fu sottoposto a Dachau, la pratica non poteva non essere respinta.
Il 12 dicembre 1963 Albertini presentò alla Camera una interpellanza scritta al Ministro del Tesoro, il democristiano Emilio Colombo, «per sapere come mai i competenti uffici della direzione generale delle pensioni di guerra abbiano potuto negare, per una pretesa mancanza del rapporto di causalità, la pensione alla vedova del deportato nei campi di sterminio nazisti Panfili Guerino» <91. Per Albertini e l’ANED erano stati «i criminali esperimenti di inoculazione del germe della malaria nel campo di Dachau» ad aver causato la malattia che portò alla morte di Guerrino Panfili.
Gli sforzi e le speranze di Melodia, Todros ed Albertini vennero però disattesi. La comprensione dell’evoluzione clinica di un disturbo estremamente complesso da un punto di vista psicosomatico come la sindrome del sopravvissuto, anche rispetto a quelle che potevano apparire come conseguenze plausibili, era in Italia ancora piuttosto deficitaria. Le poche ricerche nazionali sul tema erano confinate su riviste estremamente specialistiche mentre i risultati ottenuti dagli studi scandinavi e dalle prime elaborazioni nosologiche statunitensi non suscitarono neanche il più flebile interesse <92. L’unica strada percorribile conduceva ad una modifica normativa del nuovo ma già obsoleto articolo 24.
In futuro controversie come quella della vedova Panfili sarebbero venute meno soltanto se i sopravvissuti e le associazioni fossero riusciti ad elaborare un testo ineccepibile da un punto di vista giurisprudenziale. Questo ambizioso obiettivo non rappresentava più una semplice utopia. A partire dal settembre del 1965 le principali sezioni dell’ANED profusero unanimi ed univoci sforzi in tal senso beneficiando notevolmente del ragguardevole credito parlamentare ormai riconosciuto all’associazione.

[NOTE]
72 G. M., Negata la pensione alla vedova di una «cavia umana» dei nazisti, «La Stampa», 31 ottobre 1963, p. 15; Chiede una pensione la vedova di una «cavia umana» di Dachau, «Corriere d’Informazione», 30-31 ottobre 1963, p. 4.
73 «The largest series of experiments were for infectious diseases. Malaria research at Dachau between 1942 and 1945 had 1091 confirmed victims, and after infection different combinations of drugs were tested. These experiments by Schilling began in 1942 and remarkably Schilling tried to continue the research after the liberation of the camp» cit. in P. Weindling, A. von Villiez, A. Loewenau, N. Farron, The victims of unethical human experiments and coerced research under National Socialism, in «Endeavour», XL, 1, 2016, p. 6. Sugli esperimenti condotti dai nazisti con la malaria si vedano anche W. U, Eckart, H. Vondra, Malaria and World War II: German malaria experiments 1939-1945, in «Parassitologia», LXII, 1-2, 2000, pp. 53-58; S. Sabbatani, Gli esperimenti di infezioni su cavie umane compiuti dai nazisti nei campi di concentramento, in «Le Infezioni in Medicina», 2, 2013, pp. 151-166.
74 E. Kogon, The theory and practice of hell. The German Concentration Camps and the System Behind Them, cit., p. 161.
75 Chiede una pensione la vedova di una «cavia umana» di Dachau, «Corriere d’Informazione», 30-31 ottobre 1963, p. 4.
76 La vicenda raggiunse una dimensione nazionale grazie agli sforzi profusi da Melodia e dall’associazione. Tra il 30 e il 31 ottobre la notizia venne rilanciata, tra gli altri, da quotidiani con sede a Bologna, Roma, Palermo e Genova. Cfr. Senza pensione la vedova di un «uomo cavia» di Dachau, «il Resto del Carlino sera», 30 ottobre 1963; Venga data una pensione alla vedova d’una «cavia umana» del campo di Dachau, «Avanti!», 31 ottobre 1963; Chiede la pensione allo Stato la vedova di una “cavia” di Dachau, «Il Giornale di Sicilia», 31 ottobre 1963; Chiede la pensione di guerra la vedova di una cavia umana, «Il Secolo XIX», 31 ottobre 1963.
77 Giovanni Melodia nacque a Messina il 18 gennaio 1915. Nel marzo del 1940 venne condannato a 30 anni di reclusione dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato per aver svolto attività cospirativa in favore dei combattenti rivoluzionari spagnoli. L’8 ottobre del 1943 venne deportato dalla Wehrmacht a Dachau, dove giunse dopo un viaggio durato cinque giorni. Animatore instancabile della resistenza del campo, dopo la guerra fu per molti anni segretario nazionale dell’ANED e in seguito presidente della sezione romana dell’associazione. Cfr. G. D’Amico, G. Villari, F. Cassata (a cura di), Il libro dei deportati. Volume I – I deportati politici 1943-1945. Tomo 2 G-P, cit., p. 1394. Sugli esperimenti condotti a Dachau dal dottor Schilling e sulla vicenda di Guerrino Panfili si vedano G. Melodia, Di là da quel cancello. I vivi e i morti nel lager di Dachau, Milano, Mursia, 1988, pp. 248-249; Id, Non dimenticare Dachau. I giorni del massacro e della speranza in un Lager nazista, Milano, Mursia, 1993, p. 93.
78 Alberto Todros nacque a Pantelleria il 21 luglio del 1920. Dopo l’armistizio svolse un’intensa attività antifascista con il fratello Carlo nella zona di Imperia. Arrestati nel dicembre 1943 i due vennero condotti a Fossoli ed in seguito a Mauthausen, dove arrivarono il 24 giugno 1944. Nel dopoguerra Alberto venne eletto alla Camera nella quarta, quinta, sesta e settima legislatura e fu per diversi anni il presidente della sezione piemontese dell’associazione. Cfr. B. Vasari, La scomparsa di Alberto Todros, in «Triangolo Rosso. Mensile a cura dell’associazione nazionale ex deportati politici», XXII, 2, 2003, pp. 50-51; G. D’Amico, G. Villari, F. Cassata (a cura di), Il libro dei deportati. Volume I – I deportati politici. Tomo 3 Q-Z, cit., p. 2117.
79 Lettera di Giovanni Melodia ad Alberto Todros, 14 novembre 1963, in Archivio Fondazione Memoria della Deportazione, fondo ANED, busta 58, fascicolo 1, p. 1.
80 Il principale ideatore di questa iniziativa fu il sopravvissuto a Mauthausen e Gusen Giancarlo Bastanzetti, futuro vicepresidente della sezione di Milano. Oltre all’elevato valore simbolico Bastanzetti vide nell’emissione di francobolli una possibilità di finanziamento per l’associazione attraverso le notevoli opportunità di profitto garantite dal collezionismo filatelico: «a parte il fatto che devolvendo l’incasso della vendita delle “first day cover” (busta primo giorno di emissione) alla cassa dell’associazione non sarebbe impossibile raccogliere una somma cospicua, tale da finanziare altre iniziative del “Ventennale”. (Il bozzetto riprodotto sulla “FDC” potrebbe essere benissimo un disegno di Carpi – Le buste potrebbero essere vendute (tramite i maggiori commercianti filatelici che per la maggior parte sono ebrei: Bolaffi di Torino, Landmans di Milano ecc.) al prezzo di 100 lire + il costo dell’affrancatura e calcolando su una tiratura minima di 20/30 mila buste avere un ricavo lordo di 2 o 3 o più milioni a seconda dell’impegno col quale i commercianti stessi lanciassero tale vendita» in Promemoria di Giancarlo Bastanzetti, Emissione di un francobollo commemorativo del “Ventennale della deportazione” in Archivio Fondazione Memoria della Deportazione, fondo ANED, busta 58, fascicolo 1.
81 Melodia considerava ingiustificabile l’inerzia delle istituzioni: «come al solito l’Italia è rimasta assente, giustificando il diniego col fatto che ha versato già 500 mila lire per il monumento internazionale di Dachau. Ora, a parte l’esiguità della cifra, quel contributo se fu inviato per Dachau (dove fu subito inoltrato) non può ora servire per Auschwitz. Inoltre, a parte quello di Auschwitz, abbiamo il problema del finanziamento del Mon. di Gusen (iniziativa italiana, e progetto pure italiano: Belgioioso. Albertini dice che il Gen. Ricagno, del Commissariato Onoranze Caduti, ha in cassa 14 milioni a questo scopo: bisogna vedere se è vero e se lo è che ne tiri fuori una parte» in Lettera di Giovanni Melodia ad Alberto Todros, 14 novembre 1963, in Archivio Fondazione Memoria della Deportazione, fondo ANED, busta 58, fascicolo 1, p. 2. Sul monumento di Auschwitz si veda B. Zevi, Cronache di architettura. Dalla scomparsa di Le Corbusier all’habitat di Montreal, Bari, Laterza, 1970, pp. 438-441.
82 Lettera di Giovanni Melodia ad Alberto Todros, 14 novembre 1963, in Archivio Fondazione Memoria della Deportazione, fondo ANED, busta 58, fascicolo 1, p. 2.
83 F. De Ninno, Italian civilian victmis of war: assistance, legislation and war pensions from fascism to republic, in «Journal of Modern Italian Studies», 2021, DOI: 10.1080/1354571X.2020.1866288, pp. 14-15.
84 F. De Ninno, Civili mutilati e ciechi di guerra, 1940-1945. Cause, conseguenze ed esperienze, Milano, Edizioni Unicopli, 2020, p. 80.
85 Su origini, caratteristiche e contraddizioni del sistema previdenziale italiano si vedano U. Ascoli, Welfare State all’italiana, Bari, Laterza, 1984; U. De Siervo, G. Guerrieri, A. Varsori (a cura di), La prima legislatura repubblicana. Continuità e discontinuità nell’azione delle istituzioni, I, Roma, Carocci, 2004; M. Ferrera, V. Fargion, M. Jessoula, Alle radici del welfare all’italiana. Origini e futuro di un modello sociale squilibrato, Venezia, Marsilio, 2012.
86 Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra, supplemento ordinario numero 200, 1° settembre 1950, p. 2.
87 Ivi, p. 17.
88 Ibidem.
89 Cfr. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra, supplemento ordinario numero 200, 1° settembre 1950.
90 Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Integrazioni e modificazioni della legislazione sulle pensioni di guerra, supplemento ordinario numero 303, 6 dicembre 1961, p. 4842.
91 Resoconto stenografico, Camera dei deputati seduta di giovedì 12 dicembre 1963, p. 4036. Ispiratore dell’interpellanza fu ancora una volta Melodia, il quale nel novembre informava Todros: «ad ogni modo anche Albertini presenterà, e forse l’ha già inoltrata, una interpellanza, con risposta scritta. Te ne informo perché tu veda se e che cosa puoi fare, per far sì che casi del genere non si ripetano. Anche la C.d.c. si è degnata di rispondere solo dopo che avevamo suscitato lo scandalo: prima silenzio assoluto!» in Lettera di Giovanni Melodia ad Alberto Todros, 14 novembre 1963, in Archivio Fondazione Memoria della Deportazione, fondo ANED, busta 58, fascicolo 1, p. 1.
92 Nel decennio 1954-1964 furono organizzate ben 14 conferenze internazionali dedicate alle patologie dell’internamento. Notevoli da un punto di vista divulgativo furono in particolare i tre volumi contenenti gli atti delle conferenze tenutesi a Copenhagen e Mosca rispettivamente nel 1954 e nel 1957, pubblicati dalla FIR a partire dai tardi anni cinquanta. Cfr. L. F. Fichez, (a cura di), Die Chronische Progressive Asthenie. Materialien Der Internationalen Konferenzen Von Kopenhagen Und Miskau, Zusammengestellt Vom Arztlichen Sekretariat Der Internationalen Föderation Der Widerstandskämpfer, Miskau, Verlag der F.I.R., 1958; Id., Andere Spatfolgen. Medizinische Konferenzen Der Internationalen Federation Der Widerstandkampfer Von Kopenhagen Und Miskau, Vienna, Verlag der F.I.R., 1959; Id., A. Klotz (a cura di), Die Vorzeitige Vergreisung Und Ihre Behandlung An Hand Von Beobachtungen An Ehemaligen Deportierten Und KZ-Haftlingen, Vienna, Verlag der F.I.R., 1961.

Leonardo Fresta, La sindrome del sopravvissuto. Traumi, associazionismo, memorie dei lager nazisti nell’Italia repubblicana, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Anno Accademico 2020-2021