Manzi pensava anche di rendere la comunità pitiglianese a misura di bambino

Conclusa la carriera istituzionale di maestro, con la pensione ottenuta nell’87, Manzi continua le sue attività di scrittore e divulgatore e le collaborazioni con la radio e la televisione, ma intraprende anche una nuova avventura pubblica e umana: “Ne ho approfittato (della pensione) per tagliare i ponti anche con la città. Da qualche anno vivo a Pitigliano, ho una figlia piccola che mi costringe a non invecchiare, ho riscoperto, in un paese di quattromila anime, il gusto dell’umanità e il piacere di vivere con la chiave fuori della porta” <40.
Forse è questo gusto dell’umanità, forse l’idea di poter realizzare quell’ideale di buon governo, di progettualità che si può concretizzare all’interno di una comunità a misura d’uomo, che lo spinge, nel 1994, a diventare sindaco di Pitigliano, in provincia di Grosseto, presentandosi in una lista civica sostenuta dai Democratici di sinistra. Testimonia così la figlia Giulia: “Di sicuro, papà si era accostato alla politica con il suo solito ottimismo. Era fiducioso in ciò che poteva fare per Pitigliano e credeva nella buona fede di chi l’aveva eletto. Tante possibilità si erano spalancate davanti a lui: i progetti che aveva in mente da tempo per valorizzare il territorio circostante diventavano realizzabili” <41.
Continuerà, instancabile, a progettare attività didattiche nella scuola della cittadina ed a scrivere, ma soprattutto ripenserà l’uso del territorio per valorizzarne la ricchezza patrimoniale in termini naturalistici e storico-artistici a fini educativi, con ricadute nel turismo. Progetta un programma di sviluppo turistico del territorio attraverso il Progetto Azil, museo all’aperto che doveva favorire la valorizzazione del patrimonio archeologico etrusco in un percorso che portasse alla scoperta della vita passata, del rapporto tra storia e ambiente, ambiente e uomo.
Scrive la figlia Giulia a proposito dell’attaccamento del padre al territorio maremmano: “Credo che uno dei motivi per cui adorava la zona toscana di Pitigliano, Sorano e Sovana fosse proprio la presenza di grandi spazi aperti, in cui i bambini potevano scoprire la natura attorno a loro” <42.
Cosa abbia spinto Manzi ad accettare la proposta di diventare sindaco di Pitigliano appare evidente nella coerenza di una vita da sempre impegnata nel cambiamento e nel miglioramento del livello culturale e sociale delle comunità.
Manzi si confronta dunque con la politica e l’amministrazione della comunità in cui vive da qualche anno e dove immaginava di continuare ad operare con il senso civico che lo ha sempre contraddistinto. Entrare nel gioco del fare e disfare politico di una collettività che avverte come propria, gli deve essere apparso come la possibilità di concretizzare quell’ideale di alcalde descritta nel suo romanzo “E venne il sabato”.
Attraverso la gestione condivisa di una cittadina a misura d’uomo e di bambino, Manzi, maestro di una vita e neo padre per la quinta volta (aveva già quattro figli dalla prima moglie) pensava anche all’idea di poter concretamente migliorare e rendere la comunità pitiglianese a misura di bambino, luogo dove progettare anche per il bene dei piccoli cittadini e non solo. Il progetto Città dei bambini-Ponte d’oro-Centro di educazione ambientale, suddiviso in tre settori, distinti ma complementari prevedeva un ripensamento dell’uso del territorio perché i bambini potessero: «…vivere la città liberandoli dall’isolamento e dall’alienazione determinate dall’attuale ambiente urbano».
Complementare alla Città dei bambini, con il Ponte d’oro Manzi progetta una fattoria modello e: «spazi per il gioco avventuroso…itinerari da percorrere, ambienti da scoprire attraverso un’esplorazione libera per poter fare esperienze dirette, autogestirsi, responsabilizzarsi».
Manzi anticipa così le tematiche urbanistiche che porteranno in seguito a moltiplicare gli studi e gli interventi per realizzare delle città a misura di bambino, basti pensare che il primo progetto internazionale del CNR La città dei bambini curato da Francesco Tonucci è del 1997. Classifiche sulle città amiche e conferenze come Child in the City tenuta nel 2010 a Firenze permettono ormai di condividere e affrontati temi quali la valutazione delle politiche locali per l’infanzia, il diritto al gioco, la partecipazione dei bambini alla vita delle città.
Nel progetto di Manzi per Pitigliano il concetto dell’autonomia e dell’uso dello spazio per il benessere dei cittadini è esplicitato negli obiettivi e nelle ragioni tra le quali: “…per evitare la passività televisiva che produce: incremento dell’aggressività, indebolimento etico-affettivo, regressione del gioco socializzante, regressione della creatività fantastica, incapacità di sognare il futuro. Per evitare la dequalificazione dell’esistenza” elabora il progetto “un ponte attraverso il quale tornare a credere in sé stessi, nelle proprie capacità, con esperienze di autogestione…conoscendo nel contempo non solo se stessi, ma anche gli ‘altri’ meglio ancora se provenienti da Paesi diversi” <43.
Anche nella sua progettualità di primo cittadino si ritrovano dunque i temi dell’ambiente, dell’intercultura, della libertà e della collettività contenuti in forma e ambientazione diversa, nei suoi romanzi. Anche nella terza parte del progetto la costituzione del Centro di educazione ambientale mira nelle intenzioni dell’autore: “all’utilizzo consapevole e sostenibile dell’ambiente avventura di insegnare, di sperimentazione pedagogico-didattica, di rilevazione degli equilibri, degli squilibri, dei rischi ambientali in modo da individuare azioni di correzione dei comportamenti negativi e di formulazione di strategie atte a ricreare usi corretti dell’ambiente…per una pianificazione territoriale… rendere concreta l’autonoma gestionale del proprio territorio agli Enti locali” <44.
La ricerca dell’armonia dell’uomo nella natura vista come opportunità di crescita, nella sua relazione con se stesso in quanto uomo e con gli altri, la costruzione di uno spazio urbano a misura di uomo, di una città i cui beni storico-artistici siano valorizzati, l’importanza della formazione delle nuove generazioni per la crescita culturale di un paese, questi sono gli elementi che hanno caratterizzato l’umanesimo di Manzi anche nella sua carriera di sindaco.
Impegno che si rivelò per molti aspetti deludente, come viene raccontato da Giulia Manzi nella già citata biografia sul padre. Descrive così il padre Giulia Manzi: “Personaggio scomodo anche nella sua opera politica perché cane sciolto nel senso di spirito libero non appartenere ad un partito o uno schieramento politico ma che segue i propri principi morali. Papà non ha mai fatto parte di alcun movimento politico, non era classificabile: era un uomo e come tale si comportava… Papà viveva rispettando la legge, la comunità, ma era disposto ad andare contro l’ordine costituito, se questo arrecava danno alle persone. Tutta la sua vita é stata incentrata sull’aiutare e dedicarsi agli altri, anche mettendo a repentaglio la propria esistenza. Papà è, per me, il modello del buon essere umano citato da Asimov” “<45.
Alberto Manzi, eletto direttamente dai cittadini grazie alla nuova procedura amministrativa, si trova da subito nelle pastoie dei giochi di potere: “…di un’oligarchia democratica, di quelle che si creano facilmente nei piccoli centri dove poche famiglie detengono il controllo della vita politica per anni. Cosicché venne proposto papà, che era una persona stimata da tutti e che avrebbe potuto raccogliere attorno a sé sia i voti di destra che i voti della sinistra. Ma era una persona onesta che non accettava compromessi, né si vendeva. La sua educazione e il suo modo pacato, probabilmente lasciavano credere che fosse facilmente manovrabile. C’era bisogno di una persona carismatica… Credo che non potessero fare errore più grande: papà era una persona tranquilla, che evitava il più possibile gli scontri, ma non si é piegato mai alle ingiustizie” <46.
I primi screzi arrivarono dunque nella scelta dei consiglieri, come racconta Sonia Boni: “il gruppo era stato già deciso”; (contro i giochi di potere) Alberto aveva, invece, la ferma convinzione di essere il sindaco di tutti. Valutava le persone, parlava con loro, indagava per rendersi conto delle capacità, senza preoccuparsi del colore delle loro tessere di partito” <47.
Dalla testimonianza della signora Boni, emerge un uomo che mantiene la sua integrità etica, spinto dal profondo rispetto della proprietà pubblica; rispettava l’ambiente e le persone che lo vivevano anche nei gesti quotidiani più semplici ma coerenti: pagarsi i pranzi negli incontri ufficiali o raccogliere le cartacce che trovava per terra buttandole nel cestino mentre si recava a piedi in municipio. Racconta diversi episodi esemplari di come fu boicottato nei suoi progetti, ma anche nella gestione più ordinaria sempre condotta nel rifiuto del clientelismo e dall’onestà, come si evince nell’articolo apparso su “Avvenire” nel 2001: “La sua disponibilità al dialogo fraterno e la sua affabilità sapevano nascondere ai più la ricchezza della sua cultura e la vasta esperienza di un uomo impegnato con tutte le forze per promuovere l’uomo e a difenderne la dignità di fronte a tutte le ingiustizie e le violenze dei potenti e delle strutture sociali. Una personalità, quella del Manzi, rimasta indelebilmente impressa in coloro che hanno potuto conoscerlo da vicino, con i caratteri di una testimonianza di onestà, di rettitudine, di trasparenza, tanto più preziosa quanto più rara in un contesto sociale e politico attraversato da dilagante corruzione. Il desiderio, forse, di cancellare la memoria da parte di coloro che non hanno condiviso il suo stile di uomo integerrimo non può avere successo, perché Alberto vive sempre nei suoi romanzi… vive ancora nei suoi progetti educativi” <48.
La malattia lo stronca nel pieno delle sue attività, a 73 anni, il 4 dicembre 1997 nella città dove aveva scelto di risiedere con la sua seconda moglie, Sonia Boni e la figlioletta Giulia.

[NOTE]
40 Farné R., L’Avventura di insegnare. L’ultima intervista ad Alberto Manzi. https://www.youtube.com/watch?v=cdYXSZUrN0Q
41 Manzi A., Il tempo non basta mai, ADD Editore, Torino 2014, p.152.
42 Ibidem
43 Archivio CAM.
44 Archivio CAM.
45 Manzi G., Il tempo non basta mai, ADD Editore, Torino 2014, p.151.
46 Ivi, p.152.
47 Ibidem
48 Op. cit., p. 168.

Patrizia D’Antonio, L’umanismo nell’opera narrativa e divulgativa di Alberto Manzi, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano – Université Bourgogne Franche-Comté, 2019