Moro risponde con l’inclusione dei comunisti nella maggioranza parlamentare

Mentre la Dc, quasi all’unanimità, designa Giulio Andreotti per la formazione di un governo, Berlinguer a fine luglio del ’76 prende la decisione di sostenere il governo con l’astensione comunista, la sola via percorribile in quel momento storico, perché la responsabilità nazionale sta nel salvare l’Italia. È così che prende avvio il monocolore Dc, che riceve l’astensione del Psi, Psdi, Pri, Pli e per la prima volta Pci. Questo esecutivo, della “non sfiducia”, o dell’astensione, resta in carica dal 29 luglio 1976 all’11 marzo 1978, per 590 giorni, e viene considerato il primo embrione di un possibile compromesso storico tra le due forze popolari che dal dopoguerra si sono fronteggiate ma che uniscono le forze, seppure senza dare vita ad un vero e proprio «governissimo», in un momento di grave difficoltà politica e sociale <219. Nella realtà politica italiana, il governo delle astensioni è il massimo: Moro ribadisce l’idea che il dialogo con il Pci si è basato esclusivamente su intese programmatiche e non alleanze di carattere politico (obiettivo auspicato da Berlinguer), e conferma ulteriormente il carattere di “emergenza” di questo esecutivo a causa della situazione nel paese <220.
Questo esecutivo non riesce, tuttavia, a dare una risposta e a porre fine al terrorismo dilagante: Berlinguer è sempre più preoccupato dell’aggravarsi della situazione sociale, dalla continua espansione dei gruppi dell’estrema sinistra e in particolare della condizione giovanile, dal momento che l’Italia viene investita da una nuova contestazione nel 1977, quella degli autonomi. I “nuovi giovani studenti” non hanno lottato nel ’68, anzi sono gli eredi di quella contestazione; a causa del boom delle iscrizioni nelle università (lascito della prima mobilitazione studentesca), sono aumentati i laureati in un periodo in cui però la disoccupazione è dilagante. Questi giovani, carichi dell’ideologia rivoluzionaria marxista-leninista, lottano per cambiare la società, per avere una vita migliore, non vogliono accettare i sacrifici imposti dalla difficile situazione economica, dal momento che sono in atto politiche di austerità. Nelle più importanti sedi universitarie la situazione sta diventando sempre più difficile, anche a causa delle continue repressioni delle rivolte da parte della polizia: a Roma vi è la cosiddetta “Cacciata di Lama”, ovvero la contestazione del segretario della CGIL Luciano Lama durante il comizio sindacale del 17 febbraio 1977, tenutosi presso l’Università La Sapienza <221. Berlinguer affronta la situazione con spirito autocritico: la cacciata di Lama è la prova lampante dell’inadeguatezza del partito e del sindacato di fronte al mondo dei giovani. Nei mesi successivi, tuttavia, il movimento degli autonomi e della nuova sinistra assume una connotazione violenta in tutte le città italiane; immediata è la denuncia di Berlinguer, che si pronuncia «contro ogni dialogo nei confronti dei nuovi fascisti, che non esitano a imporre le loro prevaricazioni persino a chi da essi dissente nell’area dell’estremismo» <222. Numerosi sono gli autonomi che, non avendo un futuro garantito, passano da metodi di contestazione pacifici a violenti; un numero più esiguo decide di fare il salto nel terrorismo, entrando nelle Br. Il naturale obiettivo della loro violenza è il compromesso storico tra Pci e Dc, in quanto la Dc governa da oltre trent’anni e il Pci ha tradito la rivoluzione marxista ed è passato sul fronte del nemico capitalista, approvando le politiche di austerità che gravano direttamente sui lavoratori. Le accuse arrivano anche dalla stessa base comunista, riassunte dal comico satirico Giorgio Forattini, che ritrae un Berlinguer con i capelli impomatati e la vestaglia di seta seduto sulla poltrona di una casa borghese, mentre per le strade sotto la pioggia sfilano le masse con la bandiera rossa <223. Questo basta al Pci per decidere di porre fine all’astensione verso il governo, mettendo pertanto in crisi il monocolore Dc, per giungere, così, ad un esecutivo dove vi sia la diretta partecipazione dei comunisti, in modo tale da mettere a tacere le critiche.
Per garantire al meglio l’entrata nel governo, Berlinguer gioca anche una carta internazionale, ovvero un’ulteriore presa di distanza da Mosca che dovrebbe rassicurare gli atlantisti. Il 2 ottobre 1977, nella capitale russa, si celebra il 60° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Berlinguer, durante il suo intervento afferma che «la democrazia è il valore storicamente universale sul quale fondare un’originale società socialista, una società nuova, che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, ribadendo il carattere non ideologico dello Stato, la possibilità dell’esistenza di diversi partiti, il pluralismo nella vita sociale, culturale e ideale» <224. In questo discorso, l’autonomia e la non ingerenza vengono date come facente parte di una materia non più di discussione teorica perché divenuta di patrimonio comune <225. Qui il distacco dall’Urss (per modo di concepire la politica e il socialismo) è netto; tuttavia affinché lo strappo sia totale, è necessario recidere anche i vincoli economici, in particolar modo l’ingente finanziamento del Pcus al Pci <226, e bisogna eliminare le strutture paramilitari della sicurezza e della vigilanza <227.
In Italia il discorso berlingueriano viene esaltato dal repubblicano Ugo La Malfa, il quale sostiene che dopo questa dissertazione sia praticamente impossibile contestare al Pci una sua diversa collocazione internazionale.
Nel frattempo, la situazione italiana è sempre più complicata: la protesta sociale esplode prorompente quando si vede che non vi sono risvolti positivi dopo tutti i sacrifici imposti, e il terrorismo rosso e nero continua a mietere le sue vittime. Alle misure di risanamento non si accompagnano provvedimenti adeguati che promuovano lo sviluppo e l’occupazione; il sistema politico è sopraffatto da eventi drammatici sul terreno economico-sociale e dagli attacchi terroristici. Berlinguer vuole, così, aprire presto una crisi di governo, per garantire la creazione di un esecutivo di unità e solidarietà democratica in cui facesse parte il Pci; il 24 novembre 1977, in un incontro tenutosi nello studio di Moro, questi chiede a Berlinguer di attendere per aprire la crisi, in quanto la Dc non appare matura per nuovi passi, e deve essere condotta tutti insieme a compierli. È soltanto alla fine del 1977 che i principali dirigenti democristiani si convincono della necessità del coinvolgimento dei comunisti al governo del paese: Moro punta alla realizzazione di una possibile alternanza di due schieramenti guidati dalla Dc e dal Pci (con conseguente affermazione di una democrazia compiuta anche in Italia); Fanfani cerca l’appoggio dei comunisti per una sua possibile elezione a Presidente della Repubblica, mentre Andreotti mira a restare a capo dell’esecutivo <228.
All’inizio del 1978, Moro e Berlinguer si incontrano segretamente: il leader democristiano chiede tempo per persuadere quella parte della Dc, ostile ai comunisti, nel proseguire la collaborazione con il Pci; al governo di emergenza richiesto da Berlinguer, Moro risponde con l’inclusione dei comunisti nella maggioranza parlamentare. Per cercare di sbloccare la situazione, Berlinguer propone nel gennaio 1978 la creazione di un inedito quadripartito Pci-Psi-Psdi-Pri, sostenuto dall’astensione della Dc; la mozione viene ignorata dai partiti, ma viene strumentalizzata da Moro per convincere i riluttanti gruppi parlamentari Dc ad accettare la partecipazione del Pci alla maggioranza parlamentare.
Sia il leader democristiano che quello comunista hanno un solo obiettivo: creare un esecutivo in grado di far uscire il paese dalla crisi. Le strategie sono, tuttavia, differenti: il leader comunista teorizza un incontro tra la morale cattolica e quella comunista per salvare l’Italia dalla crisi economica e dal terrorismo. L’obiettivo ultimo è quello di introdurre elementi e soluzioni di tipo socialista, per indirizzare il Paese verso una fase nuova, cioè la creazione di un sistema in cui al proletariato sarebbe spettato un ruolo centrale nella vita politica ed economica. La strategia di Moro, invece, prevede di realizzare nei confronti del Pci quello che era già avvenuto negli anni Sessanta col Psi, e cioè di inglobarlo nell’aria di governo, in maniera indolore, lentamente e senza traumi, per smussarne l’opposizione alle scelte dell’esecutivo. Per raggiungere l’obiettivo, però, condizione essenziale è che il partito democristiano superi ogni divisione interna e si presenti all’appuntamento unito e compatto, in modo da far valere la propria forza e imporsi come gruppo egemone all’interno della nuova coalizione di governo <229.
Dopo mesi di snervanti trattative sulla composizione del governo e del programma, l’unica novità possibile, per Moro è l’associazione del Pci alla maggioranza, con l’accettazione, però, delle condizioni imposte dalla Dc. Preoccupato della fredda accoglienza della proposta in casa comunista, il leader democristiano affida a Tullio Ancora, suo consigliere, un messaggio da recapitare la notte fra il 15 e il 16 marzo 1978 a Berlinguer, in cui afferma che «il governo può essere solo così» <230. Tullio Ancora vuole aspettare, tuttavia, la mattina del 16 marzo per consegnare il messaggio, dal momento che il nuovo governo di Andreotti si sarebbe presentato alle Camere per il dibattito sulla fiducia.
Una notizia piomba improvvisa quella mattina in Parlamento: Aldo Moro è stato rapito dalle Brigate Rosse.
[NOTE]
219 Redazione, 1976, nasce il governo di solidarietà nazionale, “ilcorrieredellasera.it”, 8 aprile 2013.
220 Aldo Moro nell’Italia Contemporanea, a cura di Francesco Perfetti, Andrea Ungari, Daniele Caviglia e Daniele De Luca, p. 161 del Saggio di Andrea Guiso “ Moro e Berlinguer. Crisi dei partiti e crisi del comunismo nell’Italia degli anni Settanta”.
221 Fabrizio Roncone, «Tutti alla Sapienza» Trent’ anni dopo la cacciata di Lama, “ilcorrieredellasera.it”, 14 febbraio 2007.
222 Adriano Guerra, La solitudine di Berlinguer, p. 198.
223 Questo episodio viene riportato da Simona Colarizi in Storia dei partiti nell’Italia repubblicana, p. 516.
224 Francesco Barbagallo, Enrico Berlinguer, p. 310.
225 Adriano Guerra, La solitudine di Berlinguer, p. 148.
226 Antonello Caporale, In questo modo Mosca finanziava il Pci, “LaRepubblica.it”, 12 ottobre 1999.
227 Strutture messe in piedi con la collaborazione dell’Urss fra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50. Cfr: ivi.
228 Massimo Franco, Andreotti. La vita di un uomo politico, la storia di un’epoca, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2008
229 http://www.storiaxxisecolo.it/larepubblica/repubblica7.htm
230 Francesco Barbagallo, Enrico Berlinguer, p. 321.
Giorgia Costantino, Il compromesso storico e i suoi protagonisti, Tesi di Laurea, Università LUISS Guido Carli, Anno accademico 2013/2014