L’Ozna era nata nella primavera del 1944 come organo informativo e di servizio informativo dell’esercito jugoslavo

Nell’ultimo lavoro di Fasanella, “Le menti del doppio stato”, scritto con Mario J. Cereghino (Chiarelettere 2020), i limiti e le pecche del suo modo di fare informazione emergono forse ancora più chiaramente che nei testi che lo hanno preceduto
[…] Le “bufale” contenute in queste trecento pagine sono tante e tali che non possiamo, per motivi di spazio, smentirle tutte in maniera approfondita. Iniziamo da un capitolo centrale, quello che riguarda vicende delle nostre terre (l’argomento che meglio conosciamo), dal titolo “Lo sconfinamento francojugoslavo e la scommessa anglotitina sul caos”.
[…] Dell’asserito “imperversare” dell’OZNA abbiamo già detto più volte, qui ribadiamo soltanto che fu grazie al controllo dell’OZNA che a Trieste e a Gorizia non si ebbero quelle giustizie sommarie come nel resto del Nord Italia, perché chi veniva arrestato dalle formazioni regolari non fu liquidato sbrigativamente, e le vendette personali furono molto limitate. Aggiungiamo che nelle foibe non finirono “migliaia di cadaveri” ed in Carnia (dove gli Jugoslavi non arrivarono, peraltro) non vi sono “foibe”, come pure non ve ne sono in Dalmazia (del resto se nella bibliografia sull’argomento viene indicato Foibe di Gianni Oliva, si comprende come gli autori non siano in grado di scrivere coerentemente in merito). Ed infine, se per “slavizzazione forzata” si intende il ripristino dei cognomi sloveni e croati italianizzati, questi sì forzatamente, nei venti anni precedenti e la riapertura di scuole di madrelingua per i bambini e ragazzi non italiani, evidentemente chi ha scritto ha delle gravi carenze di fondo nella propria preparazione storica (oppure ha un altrettanto grave pregiudizio nazionalista). E non vale premettere che si intende scrivere solo un’inchiesta giornalistica, perché scrivere cose sbagliate solo perché non ci si è presi la briga di studiare almeno i fondamentali, non è accettabile.
Infine, per quanto riguarda le “intenzioni” di Tito di annettersi «un’area vastissima sino al fiume Tagliamento e oltre», viene da chiedersi: ma che informative hanno letto gli autori, quelle dei servizi della Decima Mas? Ebbene, probabilmente sì, perché più avanti viene citato l’agente britannico Piave, al secolo Cino Boccazzi, che cercò un collegamento tra la Decima Mas di Borghese e le brigate Osoppo, le cui informative redatte ancora nel corso della guerra (che non vengono citate in questo libro, ma sono di pubblico dominio) sono zeppe di menzogne come questa, prive di alcun fondamento di verità, il cui unico scopo era di gettare discredito sul movimento di liberazione jugoslavo, rendendolo inviso agli alleati britannici. Le informative di agenti italiani al servizio dei britannici (come gli agenti inquadrati nella Rete Nemo, la struttura cogestita dal SIM italiano e dall’Intelligence Service britannico operante nel corso del conflitto, alla quale abbiamo dedicato uno studio specifico [4]) sono piene di notizie false e calunniose sulla Resistenza comunista ed internazionalista, e spesso tali informazioni appaiono chiaramente inattendibili per chi conosce i fatti come realmente si svolsero: un’ulteriore dimostrazione del fatto che non si possa accettare come verità inoppugnabile ciò che appare nelle informative, che richiedono, appunto, una verifica alla luce degli altri elementi storici, più o meno noti.
Troviamo altre letture errate di fatti storici: ad esempio quando si parla dell’organizzazione partigiana Otto di Genova, che non fu, come sostengono gli autori, organizzata come «specchietto per le allodole» dall’agente triplogiochista Luca Ostèria, né fu il nucleo da cui nacque la Franchi di Edgardo Sogno; mentre il Terzo Fronte poi citato non fu neppure una organizzazione, ma una mera invenzione dello stesso Ostèria, ed i Tigrotti descritti come il suo braccio armato non esistevano, erano anch’essi un’invenzione creata per confondere e depistare i servizi inglesi. Gli autori dicono di essersi basati per queste descrizioni sui documenti dei servizi britannici, e questa è la plateale dimostrazione di come sia necessario leggere anche qualcosa d’altro oltre alle “informative”, perché la storia della Otto organizzata dal medico comunista Ottorino Balduzzi, è bene ricostruita non solo da Franco Fucci nel suo “Spie per la libertà”, ma anche dallo stesso Sogno [5]; così come non corrisponde al vero che Sogno ed Ostèria fecero evadere «diversi prigionieri detenuti dai tedeschi», tantomeno il dirigente della Resistenza Ferruccio Parri. Nei fatti, Sogno tentò un colpo di mano per liberarlo ma fallì e rimase egli stesso nelle mani dei nazisti. Per amore di aneddotica citiamo quanto lo stesso Ostèria dichiarò a Fucci: «Sogno (…) era un mitomane al quale, quando ebbe la bella pensata di tentare la liberazione di Parri (…) bisognava tirare giù i calzoni e dare una bella sculacciata» [6].
[NOTE]
[4] “Alla ricerca di Nemo”, in https://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/06/ALLA-RICERCA-DI-NEMO.pdf.
[5] Si vedano “Guerra senza bandiera” (Il quaderno democratico, 1971) ed il libro-intervista scritto con Aldo Cazzullo, “Testamento di un anticomunista” (Mondadori 2001).
[6] F. Fucci, op. cit., p. 155.
Claudia Cernigoi, “Le menti del doppio stato”. Una recensione, diecifebbraio, 24 dicembre 2020

Con il termine “presa del potere” da parte del MPL jugoslavo si possono intendere due processi diversi, che non avvennero parallelamente, ma che consentirono al PCJ il controllo effettivo e concreto del territorio istriano. Il primo era di carattere tecnico-organizzativo, e consistette nella conquista dell’apparato amministrativo, delle banche e di tutte le istituzioni nelle cittadine istriane che man mano vennero “liberate” dall’esercito jugoslavo nel maggio 1945. Nella terminologia comunista jugoslava tale processo venne definito “organizzazione del potere popolare”, all’interno del quale dopo la fase iniziale di presa vera e propria delle istituzioni, ne seguirono altre di sistemazione e strutturazione delle nuove forme di amministrazione civile, ovvero i comitati popolari. E’ da rilevare che tale “presa” non fu improvvisata, ma organizzata molto tempo prima della fine della guerra, seguendo il medesimo schema adottato in tutti gli altri territori “liberati” dai partigiani di Tito.
L’altro processo ebbe una portata molto più estesa, dal momento che in questo caso per “presa del potere” s’intende l’adozione di una serie di misure politiche da parte del PCJ, che rappresentarono il risultato di una strategia politica deliberata, capace di assicurare progressivamente al PCJ il controllo politico sull’Istria. A guerra finita, il clima politico nella penisola istriana fu influenzato dalla netta divisione tra il Movimento popolare di liberazione (MPL) e tutto il resto, dove ogni cittadino venne politicamente valutato in base alla partecipazione e all’atteggiamento avuto nei confronti dell’MPL, alla sua militanza nel partito comunista croato, alla nazionalità, alla posizione sociale e, non ultimo, ai suoi sentimenti filo jugoslavi o filo italiani. Suddivisa da tante fratture, appariva chiaro che nel dopoguerra la società istriana e la sua politica avrebbero prodotto un clima niente affatto pacifico e sereno.
1.1.3. Il ruolo dell’Ozna
All’interno dunque del secondo dei processi qui delineati, fondamentali risultano le modalità con le quali il Servizio informativo dell’esercito jugoslavo (Odjeljenje za zaštitu naroda – Ozna), in accordo con il PCC/PCJ preparò la presa del potere sul territorio istriano ben prima della fine delle operazioni militari della primavera del 1945, allorché furono individuati e tenuti sotto il massimo controllo tutti gli avversari politici, reali e presunti, che avrebbero potuto contrastare la conquista del potere da parte del PCJ, ovvero del Movimento popolare di liberazione jugoslavo. In questo contesto, il lavoro dei servizi segreti, l’Ozna, addestrata alla lotta ai nemici interni, fu assolutamente determinante <44.
La Sezione per la sicurezza del popolo – Odjeljenje za zaštitu naroda (OZN-a) era nata nella primavera del 1944 come organo informativo e di servizio informativo dell’esercito jugoslavo, sotto la dirigenza e il controllo del Partito comunista jugoslavo (PCJ). Ma già dal 1941, su direttiva di Tito, avevano iniziato a formarsi i primi nuclei di organismi informativi presso i Comandi partigiani locali e territoriali nelle aree che man mano i partigiani ponevano sotto il loro controllo. Dunque, costituita il 13 aprile 1944 su decreto di Tito, comandante supremo del movimento partigiano jugoslavo, come servizio di sicurezza dello Stato, quattro mesi più tardi, il 15 agosto 1944, l’Ozna ricevette il suo braccio armato, il Corpo di difesa popolare della Jugoslavia (Korpus narodne odbrane Jugoslavije – KNOJ). Le azioni di quest’ultimo furono direttamente gestite da Tito, in quanto Commissario per la difesa popolare, a cui era subordinato il capo dell’Ozna, Aleksandar Ranković. Modellata sullo schema organizzativo dell’NKVD sovietico (la polizia segreta sovietica), l’OZNA nacque con il compito di difendere la rivoluzione – era considerata il ‘braccio armato della rivoluzione’ – che le affidava una funzione essenzialmente politica, ovvero di controllo del territorio liberato. Gli jugoslavi perciò seguirono il modello repressivo sovietico e i quadri dell’OZNA furono direttamente addestrati in URSS. Il Knoj avviò la sua attività operativa alla fine del 1944, in Vojvodina, dove con la liberazione di Belgrado fu istituita l’Amministrazione militare del Banato, della Bačka e della Baranja (regioni costituenti la Vojvodina), che durò fino al febbraio 1945, quando fu lasciato il posto all’amministrazione civile del territorio, attraverso i Comitati popolari di liberazione <45. Fu inizialmente in questi territori che gli “istruttori” sovietici aiutarono gli jugoslavi a punire “esemplarmente” innanzitutto la minoranza tedesca, che si era schierata in massa coi nazisti: i tedeschi che non erano riusciti a fuggire nei convogli organizzati dalle SS furono uccisi, deportati o rinchiusi in campi di concentramento, per essere espulsi in massa dal paese, se sopravvissuti, alla fine della guerra <46. L’OZNA fu un’organizzazione militare completamente indipendente, i cui membri erano contemporaneamente iscritti al partito comunista; fu posta alle dirette dipendenze del Ministero della difesa popolare federale a Belgrado fino al marzo 1946, quando furono separati la sezione militare da quella civile, con la nascita del VOS (Vojno obavještajna služba) e del KOS (Kontra Obavještajna Služba) in campo militare e dell’UDBA (Uprava Državne Bezbednosti) in campo civile <47.
Come il partito comunista jugoslavo, l’OZNA fu un’organizzazione centralizzata, con un centro direttivo e un unico metodo di lavoro in tutta la Jugoslavia. La sua organizzazione interna seguiva perciò il modello verticistico dei comitati di partito, delle unità militari e dei comitati popolari di liberazione (CPL). In quanto ‘braccio della rivoluzione’ o ‘braccio armato del partito’, l’Ozna era presente in tutti i livelli delle organizzazioni legate al MPL (comitati di partito, unità militari e CPL), ma rispondeva della sua attività unicamente al corrispondente segretario di partito, anche se nella pratica le competenze spesso si mescolarono.
Aleksandar Rankovic, uno dei più stretti collaboratori di Tito e capo dell’Ozna a livello jugoslavo, alcuni anni dopo la fine della guerra puntualizzò che nel momento della presa del potere, il compito principale degli organismi dell’Ozna era stato quello di: “ripulire i nostri territori e le nostre città dai servi dell’occupatore, dai traditori e dai nemici che per anni si sono macchiati di crimini contro il popolo. Nel giorno dell’attesa liberazione, i nostri organismi, assieme all’esercito, controllavano i confini e impedirono la fuga di tale massa” <48.
Infatti, man mano che i territori vennero “liberati”, alla fine del 1944 e nel 1945, nel momento della presa del potere fu l’Ozna che ebbe il compito di mettere in atto una spietata resa dei conti con gli occupanti (tedeschi, italiani), i četnici, gli ustaša, i belogardisti, i domobrani, ma anche contro tutti i potenziali o presunti collaborazionisti e nemici di classe. Vennero eliminati sistematicamente non solo i nemici di ieri, ma anche quanti – nel presente e nel futuro – avrebbero potuto mettere in discussione gli obiettivi politici dei comunisti jugoslavi <49, che nel territorio della Venezia Giulia consistevano nell’annessione della regione e, contemporaneamente, nella creazione di un nuovo ordine politico, il potere popolare.
Ebbe così inizio un periodo che vide la persecuzione progressivamente estendersi a tutti i nemici reali e presunti del nuovo regime, dato che ogni oppositore politico (esponenti di qualsiasi partito diverso da quello comunista), sociale (piccola e grande borghesia, ceto medio), religioso o culturale (gli intellettuali) sarebbe stato etichettato come collaborazionista, o nemico del popolo, mentre il solerte lavoro dei “tribunali del popolo” avrebbe ridotto presto al silenzio qualsiasi voce di dissenso <50.
In effetti, la resa dei conti, in Slovenia e in Croazia, come pure in tutti gli altri territori jugoslavi, contro i domobrani, gli ustaša e i četnici, fu caratterizzata da feroci violenze. Anche quelli che riuscirono a consegnarsi agli alleati, furono quasi sempre riconsegnati ai comandi jugoslavi. Ci furono arresti e deportazioni in massa nei campi di concentramento. Corpi di soldati tedeschi, di fascisti, di collaborazionisti processati dai “tribunali del popolo” e anche di molti civili furono gettati nelle cave carsiche e nei pozzi minerari. Inoltre, si ebbero uccisioni, fucilazioni e liquidazioni sommarie di prigionieri, violenze verso chi venne incolpato (senza processo) di essere collaborazionista, verso chi non si allineava con il potere jugoslavo. In questo modo a cadere furono anche molti antifascisti non comunisti, tutti etichettati di collaborazionismo, ma in realtà colpiti perché considerati potenziali oppositori politici.
Tristemente noti rimangono, soprattutto nella memoria dei croati e degli sloveni, i massacri di Bleiburg, elevato a simbolo della tragedia dei croati <51, e di Kočevje – dove a venir eliminati furono i domobrani sloveni – nonché di un’infinità di fosse comuni scoperte in anni recenti nei territori sloveno e croato. In queste ondate di violenze, perse la vita un numero imprecisato di persone. Il loro numero sul territorio croato varia a seconda delle fonti, oscillando da un minimo di 50.000 ad un massimo di 250-300.000 vittime. In base alle sentenze, nel periodo che va da luglio ad agosto 1945, in Croazia i tribunali militari condannarono circa 5200 persone, e di queste più di 1500 furono le condanne a morte <52. Quanto ai domobrani sloveni, la cifra varia dalle 12.000 alle 20-30.000 vittime <53.
Il ruolo dell’Ozna fu determinante nella presa del potere vero e proprio anche in Istria, essendo l’Ozna investita del fondamentale compito di “ripulire” il territorio dai nemici del popolo, dai traditori e da qualsiasi ostacolo al nuovo potere popolare <54. In Istria come in tutta la Venezia Giulia, l’Ozna fu perciò direttamente collegata alle violenze di massa che si manifestarono con l’arrivo delle formazioni partigiane a Trieste e nei centri istriani nel maggio 1945: incarcerazioni, invio nei campi di internamento, deportazioni, ma anche uccisioni e scomparse nelle foibe di soldati italiani e tedeschi, di quadri intermedi del fascismo, guardie di finanza, guardie civiche, esponenti del CLN, partigiani italiani contrari all’egemonia del MPL e cittadini (sloveni, croati e italiani) considerati nemici di classe, contrari al comunismo <55.
Tale funzione repressiva era stata stabilita da precisi accordi tra l’Ozna e il IX corpo d’armata, che informavano con “direttiva riservatissima” il massimo organismo civile in Istria, il Comitato popolare regionale per l’Istria, sulle rispettive funzioni nel momento della presa del potere da parte delle truppe jugoslave nei diversi centri istriani <56. Infatti, le modalità di entrata-occupazione nel territorio istriano si conformavano alle istruzioni impartite dall’Ozna per la Croazia per gli altri territori croati <57 ben prima della fine della guerra. La presa del potere fu perciò organizzata con precisione molto tempo prima della conclusione delle operazioni militari sul territorio croato. Già nel dicembre 1944, l’Ozna per la Croazia aveva inviato ai suoi organismi locali nella zona di Zagabria una comunicazione con relative istruzioni sui compiti spettanti all’Ozna e ai CPL durante le fasi di liberazione del territorio (“Compiti dei CPL durante la liberazione dei neoterritori”). Tali istruzioni stabilivano che ad entrare per primi nelle cittadine dovevano essere i rappresentati dell’esercito, le truppe armate dell’Ozna (il KNOJ) e gli organismi dell’Ozna. Inizialmente, tutto il potere, in particolare quello amministrativo, doveva essere concentrato nelle mani dell’Ozna, ai cui ordini dovevano sottostare pure gli organismi amministrativi dei CPL. Solo in seguito, dopo alcuni giorni, quando l’Ozna avesse ultimato il suo compito di “ripulire” il territorio dagli “elementi nemici”, il potere sarebbe passato ai CPL, i quali avrebbero provveduto ad organizzare la struttura politica e il potere popolare. Alla fine di aprile 1945, l’Ozna della regione zagabrese inviò nuove direttive, molto più dettagliate, ai suoi organismi inferiori. Venivano indicate le istituzioni che dovevano essere occupate dall’esercito, il sequestro di tutto l’inventario e l’archivio di tali istituzioni, ovvero degli stabilimenti industriali, delle banche e tutte le altre principali istituzioni cittadine <58.
L’Ozna non si limitò all’arresto dei nemici del popolo, ma assieme ai rappresentanti della sezione amministrativa dei CPL, aveva il compito di procedere pure al sequestro di tutti i beni relativi a tali nemici del popolo. Infatti, uno degli obiettivi del PCJ fu quello procurare i beni per la proprietà statale, quale base fondamentale dei cambiamenti rivoluzionari che avrebbero portato alla creazione del nuovo Stato comunista jugoslavo. E l’Ozna agì anche in questo senso. Ad esempio, già nel marzo 1945 l’Ozna stimò che a Fiume il 75% delle aziende e degli stabilimenti industriali sarebbero stati confiscati a favore dello Stato, essendo in mano a “elementi fascisti” che si erano “sufficientemente” compromessi con il MPL.
Tale modo di procedere nel controllo del territorio fu messo in pratica in tutte le zone liberate dai partigiani.
[NOTE]
44 In generale sull’Ozna vedi il recente volume di W. KLINGER, Il terrore del popolo. Storia dell’Ozna, la polizia politica di Tito, Ed. Italo Svevo, Trieste, 2012 e Id., Nascita ed evoluzione dell’apparato di sicurezza jugoslavo 1941-1948, in “Fiume”, n. 19, Roma, 2009.
45 Sulla presa del potere in Vojvodina è fondamentale il volume già ricordato M. PORTMANN, Die kommunistische Revolution in der Vojvodina, cit.
46 Su queste tematiche vedi in modo più approfondito, oltre al volume di M. Portmann, gli studi di V. GEIGER e I. JURKOVIĆ, Što se dogodilo s folksdojčerima? Sudbina njemaca u bivšoj Jugoslaviji, Njemačka narodnosna zajednica-Volksdeutsche Gemeimschaft, Zagreb, 2003 e V. GEIGER, Folksdojčeri. Pod teretom kolektivne krivnje, Njemačka narodnosna zajednica, Osijek, 2002.
47 D. MIKŠIĆ, Arhiv Ozn-a s osvrtom na godinu 1945., in AA.VV., 1945. razdjelnica hrvatske povijesti, Hrvatski institut za povijest, Zagreb, 2006, p. 475.
48 Vedi J. ŠAŠIĆ, Obavještajna služba i služba bezbednosti u NOR, in Iskustva narodnooslobodilačkog rata, Vojnoizdavački zavod, Beograd, 1965, p. 44.
49 Le recenti ricerche sul ruolo dell’Ozna nella presa del potere in Croazia sono riportate in Z. RADELIĆ, Uloga OZNE u preuzimanju vlasti u Hrvatskoj 1945, in AA.VV., 1945.- Razdjelnica hrvatske prošlosti, cit., pp. 97-135.
50 Vedi Z. DIZDAR, V. GEIGER, M. POJIĆ i M. RUPIĆ, Partizanska i komunistička represija i zločini u Hrvatskoj 1944.-1946. Dokumenti, Hrvatski institut za povijest, Slavonski Brod – Zagreb, 2005; J. JURČEVIĆ, Bleiburg – Jugoslavenski poratni zločini nad Hrvatima, Dokumentacijsko informacijsko središte, Zagreb, 2005.
51 V. GEIGER, Osvrt na važniju literaturu o Bleiburgu 1945, in “Časopis za suvremenu povijest”, br. 1, Zagreb, 2003, pp. 189-216;
52Z. Dizdar nel 2005 riportava il dato di più di 1000 fosse comuni nei territori dell’ex Jugoslavia, nelle cui profondità sarebbero finiti in gran parte prigionieri politici; di queste si troverebbero 700 circa in Croazia, 90 in Bosnia Erzegovina e 200 in Slovenia, vedi Z. DIZDAR, Prilog istraživanju problema Bleiburga i križnih putova (u povodu 60. obljetnice), in “Senjski zbornik”, br. 32, 2005, pp. 117-196.
53 Cfr. V. SIMONITI, Permanentna revolucija, totalitarizem, strah, in Temna stran meseca (a cura di D. Jančar), Nova revija, Ljubljana, 1998, pp. 24-36;
54 Vedi le affermazioni del generale colonnello dell’Ozna J. ŠAŠIĆ, Obavještajna služba, cit., pp. 7-45.
55 Sul fenomeno delle foibe esiste una vasta bibliografia di provenienza italiana, ma anche croata e slovena, generalmente in contrapposizione tra loro, vedi per tutti G. VALDEVIT (a cura di), Foibe, il peso del passato. Venezia Giulia 1943-1945, IRSML, Trieste, 1997; R. PUPO – R. SPAZZALI, Foibe, Mondadori, Milano, 2003; R. PUPO, Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio, Rizzoli storica, Milano, 2005; J. PIRJEVEC, Foibe, Einaudi, Torino, 2009; E. APIH, Le foibe giuliane, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, 2010; J. PIRJEVEC N. TROHA, G. BAJC, D. DUKOVSKI, G. FRANZINETTI, Fojbe, Cankarjeva Založba, Ljubljana, 2012.
56 Hrvatski Državni Arhiv Pazin (=HDAP) – Archivio di Stato di Pisino, fondo (=f.) Oblasni narodni odbor Istre (=ONOI) – Comitato popolare regionale per l’Istria, b. 9, fascicolo (=fasc.), “Izvještaj o zadatcima ONO u oslobođenim krajevima”, vedi anche D. DUKOVSKI, Rat i mir istarski, CASH, Pula, s.a. (ma 2002), p. 149.
57 AA.VV., Partizanska i komunistička represija i zločini u Hrvatskoj, 1944.-1946., Zagreb, 2008, pp. 257-258, vedi la riservatissima del CPL regionale della regione di Zagabria al CPL circondariale di Zagabria dell’8 maggio 1945, “Zadatci upravnih odjela pri oslobađanju novik krajeva” (Compiti delle sezioni amministrative nella liberazione dei nuovi territori).
58 Vedi la documentazione reperibile presso l’Archivio di Stato di Zagabria, relativa al fondo dell’Ozna in Z. RADELIĆ, Uloga OZNE u preuzimanju vlasti u Hrvatskoj 1945, in AA.VV., 1945.- Razdjelnica hrvatske prošlosti, cit., pp. 100-101.
Orietta Moscarda Oblak, Il “potere popolare” in Istria (1945-1953), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2013/2014