Nel dicembre del 1974, Blume inviò una serie di note al PCI

Un canale di Bruxelles. Foto: Gian-Maria Lojacono

L’interesse del PCI nei confronti del suo omologo belga era legato essenzialmente a tre elementi. Il primo riguardava il classico rapporto tra partiti comunisti: in questo senso, l’indiretta analisi che i dirigenti italiani realizzarono nei riguardi del partito belga sembrava orientata a mettere in evidenza la loro maggiore o minore propensione alla condivisione degli ideali eurocomunisti (nell’accezione italiana del termine). A conferma di ciò, è possibile prendere in esame i rapporti che i dirigenti italiani in missione in Belgio inviarono alla sezione esteri a Roma: dopo un accenno alla situazione interna del partito, tali rapporti tendevano a mettere in evidenza se e in che modo il PCB stesse avanzando o meno verso la politica del PCI, assumendo come ulteriore parametro di valutazione la politica del corrispondente partito francese. Data la storica vicinanza dei belgi ai francesi, infatti, i dirigenti italiani tendevano a misurare le scelte politiche che i belgi compivano in base alla maggiore o minore vicinanza che essi manifestavano rispetto al PCI o al PCF.
Un altro dato degno di rilievo si rinviene nel fatto che gli italiani ignorassero quasi del tutto la metà fiamminga del partito. Come accennato nel primo capitolo, infatti, le Fiandre non erano una zona favorevole alla sinistra, e ciò era perlopiù ricollegabile a ragioni storiche. Dunque, già dall’Ottocento il Belgio era diviso in due zone geografiche distinte sia dal punto di vista linguistico che da quello politico, con un sud a maggioranza progressista e un nord più conservatore. E se per i socialisti fu difficile entrare stabilmente nei parlamenti fiamminghi, per i comunisti fu pressoché impossibile. Nonostante, quindi, l’indiscutibile qualità di uomini come Jef Turf, presidente dell’ala fiamminga del PCB negli anni Settanta, gli obiettivi immediati del partito e le sue maggiori speranze erano conservate nella possibilità che questo potesse risultare decisivo nella Vallonia e nella provincia di Bruxelles.
Il secondo elemento che avvicinava gli interessi degli italiani al PCB aveva a che fare con la sua strategia di avvicinamento ai partiti socialdemocratici negli anni Settanta. I comunisti belgi erano infatti l’interlocutore privilegiato per Berlinguer che cercava, attraverso il dialogo con gli uomini di Van Geyt, di ricevere informazioni utili sul PSB e sui suoi obiettivi in ambito internazionale. Dal canto suo il PCB sembrava lieto di fornire questo servizio, convinto che il progresso delle relazioni tra i socialisti e i comunisti in Belgio avrebbe aiutato il processo di alleanze tra questi due gruppi in politica nazionale.
Infine gli italiani erano interessati al progresso della Federazione Belgio del PCI, vale a dire l’evoluzione politica del partito comunista tra gli immigrati italiani – o di origine italiana – in Belgio. Questo costante impegno sarà certificato dai favorevoli risultati del PCI in Belgio nelle elezioni europee del 1979, dove i comunisti riuscirono ad essere primo partito tra gli emigrati.
Durante la prima parte degli anni Settanta, due erano le figure del PCB ad intrattenere una relazione più stabile con gli italiani. Il primo era l’allora responsabile alle relazioni internazionali, Jean Blume, e il secondo era il già noto Jacques Moins. Figura intellettuale del partito, con un passato nella resistenza, Blume era stato portatore di istanze innovatrici <234 nel partito ed aveva sostenuto il progetto eurocomunista fin dalle origini <235. Egli era il dirigente che normalmente inviava i rapporti sulle attività del PCB ai responsabili degli esteri del PCI e colui che ne spiegava l’indirizzo politico. Legato soprattutto ai rapporti con la minoranza italiana in Belgio, Moins aveva dimostrato da tempo il suo interesse verso le vicende italiane. Leggeva abitualmente «l’Unità» e «Rinascita» e spesso era chiamato in causa nella cura delle relazioni tra la Federazione Belgio del PCI e il PCB. Il suo interesse nei confronti della politica italiana era noto ovviamente anche al PCI che lo aveva spesso invitato in Italia per assistere ai congressi del partito o alle feste dell’Unità <236.
Nel biennio ’74-’75 fu intenso lo scambio di messaggi tra i belgi e gli italiani riguardo soprattutto la posizione dei socialisti belgi e le possibilità di un accordo con i comunisti. Negli anni dei cosiddetti governi Tindemans (una serie di governi conservatori guidati dal leader del partito cristiano-fiammingo Leo Tindemans), socialisti e comunisti si trovarono insieme all’opposizione, il che alimentò in quest’ultimi le aspettative per un possibile governo insieme al PS.
Nel dicembre del 1974, Blume inviò una serie di note al PCI nella quale illustrava una situazione politica che vedeva molto lontane le prospettive di incontro tra i socialisti e i partiti di centro, manifestando un certo sollievo al riguardo <237. Ai fini della riuscita della strategia dei comunisti di un’alleanza con i socialisti, era, infatti, determinante il fatto che quest’ultimi rimanessero abbastanza lontani dai partiti di centro come il PSC che altrimenti avrebbero certamente preteso l’esclusione del PCB da qualsiasi progetto di coalizione politica. Il partito comunista si trovava per la prima volta in un momento favorevole per auspicare un cambiamento radicale nella società belga e in questo senso, in chiave internazionale, era importante mostrarsi vicini a dei partiti comunisti come l’italiano o il francese che in quegli stessi anni stavano avanzando verso progetti di alleanze politiche che coinvolgessero sia altri partiti di sinistra, nel caso francese, sia anche il centro cattolico, nel caso italiano. La prospettiva di un’alleanza con i socialisti era ancora considerata, nel 1975, la «tache principale du parti» <238 ma era presente, adesso, uno
specifico riferimento alla prospettiva di un allargamento di quest’ultima anche ai movimenti operai di matrice cristiana con la prospettiva di una «politique de profondes réformes antimonopolistes». Sostanzialmente «une ligne d’opposition qui en même temps prenne résolument appui sur les revendications et les luttes réelles des masses travailleuses pour la défense de l’emploi, des conditions de travail et du pouvoir d’achat» <239.
Tuttavia lo stesso Blume ricordava come ci fossero ancora gravi problemi che frenavano l’attività del partito e ne indebolivano l’incisività politica. La mancanza di coesione era data dall’attività della federazione di Liegi che in molti casi aveva agito contro gli interessi e le prospettive del partito e della sua dirigenza, soprattutto nel caso dell’UDP <240. Interessante era, infine, la definizione stessa di Leninismo che, nel documento fornito da Blume al PCI, non veniva definito nei suoi dettagli ma del quale veniva data un’accezione larga che implicava per il partito stesso «un effort incessant pour le renforcement de son organisation, de son influence et de sa cohésion, non pas au détriment des autres, mais dans l’intérêt de tout le mouvement et de l’ensemble de ses composantes» <241.
Questo clima di tensione dovuto alla posizione conservatrice tenuta dalla federazione di Liegi aveva portato frizioni anche con la stessa Federazione Belgio del PCI. Risaliva all’ottobre di quell’anno, ad esempio, una lettera del presidente della federazione dei comunisti italiani in Belgio, Nestore Rotella, indirizzata alla direzione del partito a Bruxelles, in cui lamentava il poco sostegno e interesse che la federazione di Liegi aveva accordato all’iniziativa dei suoi uomini a proposito di una manifestazione antifascista a Liegi. Nella parte finale della missiva sottolineava il poco dialogo che vi era tra le due federazioni provato dal fatto che: «la Fédération de Liége du P.C.B., tout en possédant les noms et les adresses de nos dirigeants régionaux, ne s’est jamais adressée directement à eux, mais toujours par l’intermédiaire des camarades espagnols» <242.
Nell’agosto dello stesso anno si registrò un rapporto del membro del PCI Angelo Oliva, nel quale si tracciava un’analisi accurata della situazione politica in Belgio e di quella del PCB. Il rapporto indugiava in particolare sull’interesse dei comunisti belgi nei confronti della politica dei suoi omologhi italiani e delle possibilità di un contatto fra questi. In particolare, annotava Oliva, un dirigente di primo piano belga «ci prega di tenerlo informato su iniziative e prese di posizione del PCI, sia in campo nazionale che europeo, esaminare la possibilità di un contatto a Bruxelles o a Roma tra PCI e PCB» <243. Un mese e mezzo più tardi la sezione esteri del partito italiano ricevette una nota di Baldanesi incaricato, in questo caso, di analizzare le possibilità di contatto tra i socialisti belgi e i comunisti italiani <244. La sua relazione, che fu molto ottimista riguardo questo aspetto, contribuiva a certificare un interesse molto forte da parte della direzione di Berlinguer riguardo la possibilità di una intensificazione degli scambi con i socialisti anche del Belgio.
Questo spirito da parte negli italiani nei confronti comunisti belgi e della loro prospettiva di unione con il PS fu riaffermato dal messaggio che la direzione del PCI inviò al congresso del PCB del gennaio 1976 in cui si affermava “Benché le condizioni specifiche dei nostri due paesi siano alquanto differenti, sia in Belgio che in Italia si fanno duramente sentire le conseguenze della crisi che investe ormai tutto il mondo capitalista. […] Ciò accresce ancora la responsabilità delle forze popolari, di orientamento comunista e socialista e di ispirazione cristiana dinanzi alle quali sta oggi il compito, a livello nazionale e su scala europea occidentale, di ricercare tutte le possibili convergenze per combattere con successo la crisi e creare le condizioni, con la loro lotta, per soluzioni capaci di promuovere profonde trasformazioni sociali e strutturali e di dare perciò risposta positiva ai grandi problemi della società” <245.
Di particolare interesse era il rapporto sul congresso che lo stesso Abdon Alinovi inviò alla direzione del partito. Tre furono i temi che vennero affrontati con maggiore interesse da parte del membro del PCI. Il primo era ancora il rapporto con il PS e le possibilità delle alleanze. A suo parere i comunisti manifestavano ancora un’attitudine, sulla questione dell’unificazione europea, che reputava «insufficientemente audace» <246. Probabilmente il nodo principale al quale Alinovi guardava con sospetto era la concezione dell’allargamento del mercato interno nell’unione che Van Geyt, alla vigilia del congresso definiva in questi termini: “Le Parti communiste amplifiera encore ses efforts en vue de contribuer à la transformation démocratique de la CEE dans le respect de l’indépendance nationale des pays membres. Une telle transformation devrait toucher à la fois aux institutions de la CEE de façon, notamment, à y donner des droits nouveaux aux organisations des travailleurs – et aux relations entre les Etats membres qui doivent reposer sur l’égalité, la souveraineté et l’avantage réciproque. La circulation sans frein des marchandises et des capitaux, qui est actuellement le fondement économique de la CEE, en fait le champ clos de la concurrence monopoliste ; il y aggrave les déséquilibres, y installe l’insécurité et donne aux effets de la crise un caractère cumulatif. Quant aux relations politiques actuelles entre les Etats membres leur véritable nature est illustrée par les points d’appui qui trouvent les forces réactionnaires et conservatrices de l’Europe capitaliste pour maintenir et consolider leur pouvoir” <247.
Gli eccessivi accenni all’indipendenza delle singole nazioni e lo sguardo critico nei confronti dell’idea di maggiore integrazione, anche economica, dentro la CEE, venivano probabilmente considerati come degli eccessi di prudenza che quindi gli italiani non avevano. In seguito, il rapporto indugiò anche sull’interesse dei belgi nei confronti del PCI e della sua politica: “[…] naturalmente vi è stato molto interesse attorno al nostro Partito ed ai suoi successi. Ho constatato che la “mobilità” in Europa già consente acquisizione di esperienza italiane, per esempio da parte di numerosi compagni belgi che vengono alle nostre feste de l’Unità, che frequentano le nostre manifestazioni ecc. All’interno del Partito, e soprattutto da parte degli organi di stampa e della RAI-TV vi è un intenso impegno di forze di sinistra a favore del nostro partito e della sua politica. È stata espressione di ciò il fatto che tra i delegati stranieri io sia stato l’unico intervistato dalla radio belga”. <248
Un ultimo elemento sul quale ci si sofferma nel rapporto è il problema dell’opposizione di Liegi che in quel congresso non fu eletta in blocco al CC. Egli lascia trapelare un giudizio critico nei confronti dell’atmosfera che si respirava in sala tra i vari delegati, quasi come se si volesse promuovere lo scontro con la federazione dissidente. <249 Le parole che Alinovi utilizzò per descrive «la solita federazione di Liegi <250» rendeva chiaro il fatto che le numerose divergenze tra Bruxelles e Liegi erano ben note anche fuori dal Belgio e probabilmente interessavano anche il PCI.
Nonostante, il modesto peso del partito belga non sembrava che il PCI avesse mai provato a “scavalcarlo” preferendone il più importante partito socialista per privilegiare il dialogo tra i comunisti italiani e i socialdemocratici belgi. Sarebbe questo, probabilmente, uno dei motivi che portarono il PCI a rifiutare, sempre nel 1976, un incontro pubblico con il sindacato unico belga della FGBT <251. I comunisti belgi, infatti, venuti a sapere dell’invito da parte del sindacato egemonizzato dai socialisti chiesero agli italiani di rifiutare l’invito in quanto avrebbe finito per aiutare i socialisti a discapito dei comunisti <252.
Poco dopo, nel mese di agosto, la direzione del PCI ricevette una nota di Renato Sandri riguardo alla missione che gli fu affidata dal partito riguardo in Olanda Belgio e Lussemburgo. Durante il suo soggiorno in Belgio, ebbe occasione di incontrare sia i delegati del PS che, ovviamente, quelli del PCB. Anche in questo caso l’immagine che l’italiano ebbe dei socialisti fu abbastanza positiva mentre più ponderato fu il suo giudizio sul partito di Van Geyt. Il delegato che i comunisti belgi inviarono per dialogare con Sandri fu Jean Terfve. Quest’ultimo era uno degli «éléments du PCB les plus favorables à l’eurocommunisme» <253. Inoltre, avendo partecipato più volte a incontri internazionali fra partiti comunisti, l’ultimo nel giugno di quell’anno, questi aveva sempre mostrato grande attenzione per le proposte di Berlinguer. Ad esempio egli parlò di una «extraordinaire allocution» <254 del leader italiano quando, a Berlino, difese l’autonomia e l’indipendenza di ogni partito comunista. L’incontro fra lui e Sandri fu abbastanza cordiale ma non diede molti elementi di ottimismo al dirigente italiano. Quest’ultimo lamentava il fatto che: “essi hanno riferito sulla strategia unitaria del loro partito nei confronti del PSB (singolarmente senza riferirsi al recentissimo congresso del loro partito, forse per evitare di parlare della larga resistenza emersa in una delle più forti organizzazioni)” <255.
Al di là di questo elemento di scetticismo, dal rapporto si evince che la conoscenza degli italiani delle vicende in Belgio fosse abbastanza buona. Sandri non indugia molto su questo elemento e si limita ad affermare: «la situazione in Belgio è nota, dato i continui contatti del nostro partito» <256.
[NOTE]
234 Nicolas Naif, L’eurocommunisme en Belgique, cit., p. 276
235 Cfr. Jean Blume, Drôle d’agenda, Fondation Joseph Jacquemotte, Bruxelles, 1985, 2 vol.
236 Jacques Moins, Souvenirs (1929-2011), cit., pp.188-190
237 APC, Estero, 1974, mf.084, 677
238 APC, Estero, 1975, mf.202, 0127
239 APC, Estero, 1975, mf.202, 1138
240 APC, Estero, 1975, mf.202, 1147
241 Ibidem.
242 Carcob, Lettera di Nestore Rotella alla Direzione del PCB, 20 Ottobre 1975, in Archivio Jacques Moins, Fascicolo “Rapport avec Féd. Liégeoise oct 1975”
243 APC, Nota di Oliva, Estero, 1975, mf.207, 0783
244 APC, Estero, 1975, mf.210, 0537
245 Carcob, Lettera della direzione del Partito comunista Italiano alla direzione del PCB in Archives du XXIII Congrès du PCB, Faldone “Partis Frères”, messages
246 APC, Nota sul congresso del Partito comunista del Belgio, Estero, mf. 289, 0427
247 Carcob, Rapport présenté par L. Van Geyt in Archives du XXIII Congrès du PCB, Faldone Travaux du Congrès, pp.13-14
248 Nota sul congresso del Partito comunista del Belgio, in APC, Estero, 1976, mf. 289, 0429
249 Nota sul congresso del Partito comunista del Belgio, in APC, Estero, 1976, mf. 289, 0428
250 ibidem
251 APC, Estero, 1976, mf. 240, 020
252 APC, Estero, 1976, mf. 240, 016
253 Nicolas Naif, L’eurocommunisme en Belgique, cit., p. 175
254 Carcob, Note di mss de Jean Terfve, 29 juin 1976, in Archives Jean Terfve: années 1970, Scatola F, Fascicolo Conférence PD d’Europe Berlin 29-30 juin 1976
255 Nota di Sandri su Viaggio in Olanda Belgio e Lussemburgo, in APC, Estero, 1976, mf. 241,
1169 p.14
256 Nota di Sandri su Viaggio in Olanda Belgio e Lussemburgo, in APC, cit. p.11
Mario Amodeo, Il PCI a Bruxelles. Le relazioni tra i partiti comunisti italiano e belga negli anni dell’eurocomunismo (1974-1979), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2014-2015