Nel giugno 1981, per la prima volta nella storia repubblicana, la DC era costretta a rinunciare a Palazzo Chigi

A ridosso delle elezioni Pio La Torre era stato nel frattempo rieletto segretario regionale del PCI. Tornava da Roma, dove era stato membro della Direzione nazionale, per le sue qualità personali, le molteplici esperienze e, soprattutto, il suo legame con la realtà e i problemi della Regione. <787 Nel quadro di quella che all’inizio degli anni Ottanta veniva prospettata come la nuova guerra fredda, caratterizzata dalla corsa agli armamenti – da una parte la crescente militarizzazione sovietica e l’invasione dell’Afghanistan, dall’altra il rilancio della politica di contenimento del comunismo – la NATO aveva deciso di installare missili nucleari in cinque paesi, tra cui l’Italia. <788 Nel contesto dell’alleanza atlantica, il governo esprimeva, il 7 agosto 1981, il proprio sostegno all’amministrazione americana. Stabiliva così l’installazione di 112 missili Cruise a Comiso, in Sicilia, dove esisteva una base militare in disuso, al fine di controbilanciare i sistemi missilistici sovietici sul teatro europeo. In ottobre il ministro degli Esteri Colombo riferiva alla Camera che la realizzazione del programma rappresentava la premessa per una costruttiva trattativa con l’URSS, tanto che, partita da una posizione iniziale di rigetto, nel frattempo si era decisa ad accettare l’inizio di formali negoziati. In ordine al tema del disarmo sul piano dei rapporti Est-Ovest, l’impegno del governo italiano, chiariva il titolare della Farnesina, era di negoziare ogni qualvolta possibile e non interrompere il processo iniziato a Helsinki nel 1975. <789 Secondo i comunisti italiani non aveva però senso parlare di denuclearizzazione se al centro del Mediterraneo si veniva a collocare una grande base come quella di Comiso. Per La Torre, fervido pacifista, era necessario impedire che l’isola divenisse una «portaerei nel Mediterraneo», in un’area dove focolai di guerra erano peraltro già presenti in Medioriente, Palestina e Libia. Si gettava così con passione nella costruzione di un movimento per la pace. In occasione della prima grande manifestazione nazionale, organizzata a Comiso, l’11 ottobre, accusava inoltre la DC siciliana: come faceva Nicoletti a ignorare che la decisione del governo violava, ancora una volta, lo Statuto autonomo? Mentre i siciliani assistevano al dilagare della guerra di mafia, la costruzione della base significava «voler chiudere gli occhi per non vedere e tapparsi le orecchie per non sentire», offrendo «un boccone ghiotto» di 200 miliardi per gli appalti mafiosi. <790
All’Hotel Zagarella, il 15 novembre, nel corso del congresso della DC palermitana Lima accusava perciò il PCI siciliano di non essere autonomo rispetto alle direttive della Segreteria nazionale, dimostrando scarsa sensibilità verso una costruttiva politica di solidarietà autonomistica. L’intervento più seguito era comunque quello del redivivo Ciancimino, che, con tono minaccioso, a un certo punto raggelava l’uditorio: “Qualcuno sostiene che le Brigate Rosse avrebbero intenzione di lanciare un’offensiva in Sicilia. A questo punto, noi autentici interpreti della coscienza, della dignità, della passione, della storia, ma soprattutto del coraggio di tutto il popolo siciliano, annunciamo con chiarezza che non accettiamo provocazioni. Questa è una guerra bieca e vile. E chi ci chiama a combattere con le armi, troverà armi. E chi intende seminare morte troverà morte”.
Nessuno aveva mai parlato prima di allora di possibili azioni delle BR in Sicilia, neanche in forma riservata. A preoccupare i presenti era dunque quel “noi” usato da Ciancimino, non riferibile né ad un pluralis maiestatis né tantomeno al popolo democristiano. Al suo discorso seguiva comunque un’ovazione, anche se chi applaudiva – come dal palco della presidenza un impietrito Lima – si rendeva conto di aver assistito a una intimidazione pronunciata per conto di terzi e firmata da gruppi mafiosi. <791 Eletti in conclusione i componenti della nuova Segreteria, con 13 componenti il gruppo di Lima risultava il più numeroso. <792 L’improvvisa morte di Gioia, pochi giorni dopo, gli spianava definitivamente la strada, chiudendo un’epoca nella storia della DC palermitana. <793
Nel corso delle indagini su Sindona, frattanto, i magistrati milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turone avevano scoperto nell’ufficio di Licio Gelli, a Castiglion Fibocchi (Arezzo), un elenco di 962 persone appartenenti a una loggia massonica segreta chiamata Propaganda 2. Scoppiava uno scandalo di portata nazionale (e non solo). <794 Veniva fuori che la P2 si finanziava con le tangenti e i proventi del contrabbando petrolifero e che, nel 1974, grazie anche alle pressioni e alle spinte dell’allora sottosegretario Lima, aveva ottenuto la nomina del generale Raffaele Giudice (anch’egli palermitano) a comandante generale della Guardia di finanza. <795 Appena insediato, Giudice aveva promosso generale Donato Lo Prete, “fratello” insieme al quale metteva da parte numerosi validi ufficiali per collocare altri piduisti nei posti più importanti delle Fiamme gialle. Con la P2 ai vertici della GdF iniziava un colossale contrabbando petrolifero e una girandola di frodi fiscali, di cui più avanti veniva a conoscenza il SID indagando su Mario Foligni, un faccendiere impegnato nella costituzione di un Nuovo partito popolare (che avrebbe dovuto sottrarre voti alla DC nel 1976) che aveva trattato un traffico con alcuni funzionari maltesi e libici. Anche i servizi erano però nelle mani della P2 tanto che, invece di informare la magistratura, l’indagine finiva in un dossier segreto denominato “M.FO.BIALI” consegnato a Gelli.
Lo scandalo divampava solamente nel 1979, quando Mino Pecorelli, un giornalista venutone in possesso, ne pubblicava alcuni stralci su OP-Osservatore Politico, settimanale di sua proprietà. Il documento era così scottante che la pubblicazione gli costava la vita. <796 Al “processo dei petroli”, più avanti, sarebbero stati condannati sia Giudice sia Lo Prete, mentre la classe politica, coinvolta dall’ennesimo caso di malaffare e sperpero del denaro pubblico, ancora una volta ne sarebbe rimasta fuori. <797
Per il coinvolgimento di numerosi suoi esponenti e il fatto che Gelli avesse agito per anni indisturbato, la DC ne usciva fortemente screditata. Caduto il governo Forlani, nel giugno 1981, per la prima volta nella storia repubblicana la DC era costretta a rinunciare a Palazzo Chigi. Nasceva il pentapartito, l’alleanza tra liberali, socialdemocratici, repubblicani, socialisti e democristiani, mentre Giovanni Spadolini, segretario del PRI, diventava il primo presidente del Consiglio non democristiano. <798
Da un’intervista di Berlinguer a Eugenio Scalfari, nel luglio 1981, prendeva pertanto vita una locuzione destinata a raccontare l’Italia per gli anni a venire: i partiti erano talmente diventati delle macchine di potere e clientela, che, per sottolineare come per i comunisti la passione politica non fosse invece terminata, il segretario del PCI poneva la discriminante del rispetto delle istituzioni e dell’austerità nei comportamenti pubblici nei termini di una “questione morale”. <799
Nella DC aveva inizio un’inevitabile fase di riflessione.
[NOTE]
787 Sull’ultima fase della biografia cfr. E. Taviani, Il “ritorno” in Sicilia, in T. Baris – Gregorio Sorgonà (a cura di), Pio La Torre. Dirigente del PCI, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo 2018, pp. 179-196. Sugli aspetti principali della sua politica cfr. P. La Torre, Le ragioni di una vita, De Donato, Bari 1982; Domenico Rizzo, Pio La Torre. Una vita per la politica attraverso i documenti, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003; Giovanni Burgio, Pio La Torre. Palermo, la Sicilia, il PCI, la mafia, Centro studi Pio La Torre, Palermo 2010.
788 Sulla questione degli euromissili, in generale, cfr. Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, II, Gli anni della guerra fredda. 1946-1990, Laterza, Roma-Bari 2015, pp. 628-634; sulla crisi cfr. Jack Baker, Welcome to Comiso. World War II and the Cold War Operation Husky & Ground Launched Cruise Missile, Create Space, 2013; sul coinvolgimento della mafia cfr. Paolo Gentiloni – A. Spampinato – Agostino Spataro, Missili e mafia. La Sicilia dopo Comiso, Editori riuniti, Roma 1985; Bruno Marasà (a cura di), Gli anni di Comiso 1981-1984. Documenti, testimonianze e interventi, Istituto Gramsci siciliano, Palermo 1986.
789 AP, CD, Leg. VIII, Discussioni, 1° ottobre 1981, p. 33548. Sul ruolo italiano nella nuova guerra fredda cfr. Antonio Varsori, L’Italia nelle relazioni internazionali dal 1943 al 1992, Laterza, Roma-Bari 1998, pp. 206-245.
790 AIGS, FPLT, b. 33, Relazione scritta per la manifestazione nazionale di Comiso, 6 ottobre 1981.
791 V. Vasile, Salvo Lima, cit., p. 248.
792 ACS, MI Gab. 1981-1985, Partiti politici, b. 5, DC, f. Palermo, Nota prefettizia, 20 novembre 1981.
793 All’inizio del 1981 l’ex ministro della Marina mercantile fu protagonista dello scandalo dei “traghetti d’oro”, per cui venne accusato di peculato, truffa ai danni dello Stato ed esportazione illegale di capitali. Fu assolto, prima di morire in seguito a un intervento chirurgico, a 57 anni. Vari dirigenti DC lo commemorarono in Centro studi Nuovo Sud (a cura di), Ricordo di un leader. Giovanni Gioia, Edigraphica sud Europa, Palermo 1982.
794 Risultavano iscritti tutti i capi dei servizi segreti, 195 ufficiali dei diversi corpi armati, magistrati, prefetti, questori, banchieri, uomini d’affari, funzionari pubblici e giornalisti, ambasciatori e docenti universitari. I parlamentari nell’elenco erano 44, 41 dei quali del pentapartito e 3 del MSI. Cfr. S. Flamigni, Trame atlantiche. Storia della loggia massonica segreta P2, Kaos, Milano 1996.
795 Secondo le dichiarazioni del generale Ferdinando Dosi e del tenente colonnello Maurizio Fronzoni, subito dopo Lima andava da Giudice ad incassare i trasferimenti di vari funzionari in precedenza raccomandati. Cfr. Il caso Andreotti Tanassi Giudice di fronte al Parlamento in seduta comune, a cura dei Gruppi parlamentari del PCI, Roma 1985, pp. 18 e 40.
796 S. Flamigni, La loggia P2, in Storia d’Italia, cit., La criminalità (a cura di L. Violante), XII, 1997, pp. 449-450.
797 Luigi Marini, La corruzione politica, in Storia d’Italia, cit., La criminalità (a cura di L. Violante), XII, 1997, pp. 351-354. Dai due processi sulle frodi petrolifere emergeva l’esistenza di una rete di corruzione che collegava fra loro il mondo imprenditoriale e quello dell’amministrazione. Per Andreotti e Tanassi, coinvolti nella nomina di Giudice, il Parlamento respingeva nel 1985 la richiesta a procedere avanzata dalla Procura di Torino.
798 P. Ginsborg, L’Italia del tempo presente. Famiglia, società civile, Stato 1980-1996, Einaudi, Torino 1998, p. 266.
799 Che cos’è la questione morale, in «la Repubblica», 28 luglio 1981. Cfr. anche E. Berlinguer, La questione morale. Eugenio Scalfari intervista Enrico Berlinguer, Aliberti, Roma 2012.
Vincenzo Cassarà, Salvo Lima. L’anello di congiunzione tra mafia e politica. 1928-1992, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2019