Solo recentemente l’opera di Evola ha iniziato a essere presa in considerazione anche in ambienti in precedenza ostili

Nonostante Evola abbia ricoperto un ruolo importante nella formazione culturale di varie organizzazioni extraparlamentari neofasciste, il suo nome è pressoché sconosciuto per i non “addetti ai lavori”. È quindi necessario interrogarsi in merito alla carenza di attenzione prestata alle sue opere in Italia (circostanza ricordata dallo stesso Evola nella sua autobiografia). <23
Stando a quanto afferma Gianfranco De Turris, segretario della Fondazione Julius Evola, la cultura ufficiale è piena di pregiudizi nei confronti del filosofo romano. <24
Nel celeberrimo <25 “Cultura di destra”, infatti, Furio Jesi gli riservò parole al vetriolo. <26 Il libro in questione, nonostante alcune sue manchevolezze strutturali, <27 è diventato un classico della storiografia, e, sempre stando a De Turris, viene citato ogni qual volta si parli di Evola. <28
Per quanto riguarda le motivazioni di carattere dottrinario, la concezione del razzismo di Evola è stata a lungo uno dei motivi per i quali egli è stato ostracizzato.
Evola viene comunemente considerato il «teorico del razzismo spirituale ». <29 Questa definizione è fuorviante, poiché il razzismo di Evola non intendeva essere solamente spiritualistico. <30 Partendo dal presupposto che il razzismo di Evola dovesse esulare da un’analisi dell’aspetto biologico, infatti, i suoi detrattori gli hanno contestato degli scritti che non sono compatibili, per l’appunto, con una concezione razziale esclusivamente spiritualistica.
Evola, in realtà, ha provveduto ad assegnare caratteri razziali a tre componenti che, in base alla sua opinione, costituiscono l’uomo: corpo, anima e spirito.
Il corpo rappresenta il dato meramente biologico, l’anima è la mediatrice fra spirito e corpo, mentre lo spirito ha il compito di “guidare” il corpo.
Evola in questo modo ha conferito maggior dignità allo spirito, ma non ha escluso il razzismo biologico dalla propria concezione razziale.
Una delle opere che più viene contestata al filosofo romano è la curatela della versione italiana dei “Protocolli dei savi anziani di Sion”. Questo testo, lungi dall’essere opera di una setta segreta ebraica avente lo scopo di dominare il mondo, è stato in realtà prodotto attorno al 1900 dalla polizia segreta russa. Quando Evola curò l’edizione italiana, questa circostanza era già nota da molto tempo. Il quotidiano londinese “Times” aveva infatti dimostrato la falsità dei “Protocolli” già nel 1921.
Indubbiamente le critiche concernenti quanto scrisse Evola nell’introduzione e nella postfazione del testo sono ben più comprensibili. Evola utilizza infatti parole ambigue, sostenendo ad esempio che «[…] il problema della loro “autenticità” è secondario e da sostituirsi con quello, ben più serio ed essenziale, della loro “veridicità”» <31 e che «l’autore dei “Protocolli” avrebbe scritto quello che ebrei fedeli alla loro tradizione e alla volontà profonda d’Israele penserebbero e scriverebbero». <32
I “Protocolli” vennero pubblicati poco prima dell’introduzione delle leggi razziali. <33
Non bisogna dimenticare che Evola emerse dall’anonimato proprio quando le stesse furono introdotte, <34 motivo per cui, pur essendo un detrattore dei riconoscimenti ufficiali, <35 potrebbe essere insorta una volontà di gratificazione.
Non si può stabilire con certezza quali fossero le scelte di carattere interessato e le scelte mediate invece da radicate convinzioni personali; è però innegabile che Evola costruì la sua concezione razziale proprio per poter garantire una sicurezza il più possibile elevata ad un sistema totalitario. <36
Alcuni autori contemporanei, basandosi anche su scritti successivi, sostengono però che tramite l’antisemitismo evoliano si potesse sviluppare una «logica della sterminabilità». <37
Un’altra delle motivazioni che potrebbero aver contribuito a far cadere nel dimenticatoio le opere di Evola fu la sua aura da santone, enfatizzata dagli stessi membri del M.S.I. e dalle persone che frequentava. Stando ai giovani militanti che erano soliti frequentarlo, per esempio, Evola aveva le «caratteristiche somatiche di un mago». <38 Inoltre Evola era paraplegico, essendo stato coinvolto in un bombardamento a Vienna durante la seconda guerra mondiale. Personaggi con ruoli dirigenziali nel M.S.I. contribuirono ad alimentare la leggenda in merito al filosofo, sostenendo che la sua paralisi fosse un «mistero clinico». <39 In realtà essa era causata da una lesione al midollo spinale. <40
Solo recentemente, grazie anche alla prefazione firmata da Giorgio Galli, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Milano, del volume “Elogio e difesa di Julius Evola”, l’opera evoliana ha iniziato a essere presa in considerazione anche in ambienti che precedentemente erano soliti ostracizzarla. <41
[NOTE]
23 EVOLA, Il cammino del cinabro, p. 9.
24 BRAMBILLA, Interrogatorio alle destre, p. 148.
25 Nicola Rao definisce «leggendario» il volume in questione; RAO, La fiamma e la celtica: sessant’anni di neofascismo da Salò ai centri sociali di destra, Sperling & Kupfer, Milano 20066 (1a ed. Neofascisti! La destra italiana da Salò a Fiuggi nel ricordo dei protagonisti, Settimo Sigillo, Roma 1999), p. 383.
26 Julius Evola viene definito «un razzista così sporco che ripugna toccarlo con le dita», «[responsabile di aver] dato una mano ai forni crematori», e viene inoltre negata una qualsivoglia originalità alla sua opera, poiché viene definito un «rimasticatore»; JESI, Cultura di destra, Garzanti, Milano 1979, rispettivamente p. 91, p. 97, p. 100.
27 Franco Ferraresi ritiene che il testo sia «poco interessato alle dimensioni più propriamente sociopolitiche dei fenomeni»; FERRARESI, La destra eversiva, in Terrorismi in Italia, p. 231. Francesco Germinario, invece, riferendosi all’attribuire ad Evola l’aggettivo «rimasticatore», ritiene che il commento in questione sia «caustico ma francamente inutile, perché si preclude la comprensione delle specificità teorico-politiche evoliane all’interno del dibattito del regime»; FRANCESCO GERMINARIO, Fascismo e antisemitismo: progetto razziale e ideologia totalitaria, Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 101-102.
28 BRAMBILLA, Interrogatorio alle destre, p. 163.
29 RAO, La fiamma e la celtica, p. 49.
30 GIOVANNI DAMIANO, Nota del curatore, in FRANCO FREDA, I lupi azzurri: documenti del Fronte Nazionale, Edizioni di Ar, Padova 2000, p. 15.
31 JULIUS EVOLA, Introduzione, in Protocolli dei savi anziani di Sion: versione italiana con appendice e introduzione, La Vita Italiana, Roma 19383 (1a ed. 1937), p. VIII.
32 Ivi, p. XXIV.
33 Per informazioni di carattere generale sul “Manifesto della razza”, si veda Dizionario dei fascismi, pp. 393-395.
34 GERMINARIO, Fascismo e antisemitismo, p. 74.
35 Evola, nonostante avesse completato il corso di studi in ingegneria, rifiutò di laurearsi poiché disprezzava profondamente i titoli accademici.
36 GERMINARIO, Fascismo e antisemitismo, p. 104.
37 CASSATA, A destra del fascismo, p. 312.
38 SALIERNO, Autobiografia di un picchiatore fascista, p. 139.
39 La definizione in questione è di Pino Rauti; si veda BRAMBILLA, Interrogatorio alle destre, p. 27.
40 Si veda l’esaustiva spiegazione fornita da Gianfranco De Turris in Ivi, p. 154; si veda inoltre CASSATA, A destra del fascismo, p. 270.
41 MICHELE BRAMBILLA, Evola riabilitato da sinistra:“Non fu un cattivo maestro”, Corriere della Sera, 9 luglio 1997, p. 31.
Filippo Cerantola, Franco Freda e la destra radicale italiana. Vicende, personalità e movimenti dagli anni ’50 ad oggi, Tesi di Laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2011/2012