Sul caso Felice Ippolito

Il Presente studio non ha la pretesa di fornire un’esauriente ricostruzione dei fatti concernenti la ricerca e lo sviluppo della fisica nucleare applicata in Italia, dai suoi primi passi nel dopoguerra fino alla fine del periodo aureo, a seguito del “caso Ippolito” esploso nell’estate del 1963. Ho voluto piuttosto individuare, all’interno di un campo di ricerca così vario e così ricco di spunti collocati a cavallo di più discipline storiche (storia e filosofia della scienza, dell’economica e dell’industria, della cultura e della politica), alcuni snodi focali ed emblematici che permettano di sviluppare un percorso che indaghi i motivi di quello che appare come un meraviglioso tentativo di far recuperare all’Italia il tempo perduto a causa del regime fascista, in termini di sviluppo tecnologico e scientifico, ma anche culturale e politico. Un tentativo che ottenne risultati di rilievo mondiale nel dopoguerra ma che si tradusse anche in una nuova sconfitta, nei primi anni ’60, di fronte all’emergere dell’incapacità dello Stato di riformare se stesso per tener dietro ai rapidi mutamenti, non solo tecnici, che la tecnologia d’eccellenza pretende per mantenersi tale.
In mezzo a questi snodi focali, il trait d’union, è stato individuato in Felice Ippolito, interessato alla ricerca nucleare quale geologo esperto in prospezioni minerarie ed in seguito nominato Segretario Generale dei comitati nucleari dalla loro istituzione, nel 1952, fino al “caso” giudiziario e mediatico esploso nell’estate del 1963, che portò alla sua incarcerazione ed all’insabbiamento della pianificazione nucleare da lui avviata. Ippolito come grand commis, quindi, come “figura chiave”, emblematica e rappresentativa di un complesso ambiente culturale composto da intellettuali, scienziati ed alti funzionari che parteciparono ad una rete di rapporti all’interno della quale si elaborarono delle organiche strategie di sviluppo per il Paese.
Ippolito come referente e portavoce di una comunità scientifica che si caratterizzava in quegli anni per il suo rapporto estremamente dialettico e consapevole con la società italiana e mondiale declinata in tutti i suoi aspetti, dalla classe politica al mondo dell’industria e dell’economica, dal mondo della cultura alle classi subalterne.
Per comprendere l’incontro tra Ippolito e la comunità dei fisici, ho ripercorso brevemente, sfruttando la precisa bibliografia in merito e l’interessante memorialistica, quello che si presenta come il “mito fondativo” della fisica nucleare italiana, ovvero l’esperienza dei “ragazzi di via Panisperna” e di Enrico Fermi, mettendo particolarmente in luce gli elementi di anomalia della stessa che rende ingiustificato il termine di “scuola italiana”. L’inizio della crisi della fisica italiana viene fatto risalire simbolicamente al 6 dicembre 1938, ovvero alla data della partenza di Fermi per Stoccolma, dove avrebbe ritirato il premio Nobel prima di espatriare negli Stati uniti, in fuga dalle leggi razziali ma soprattutto dall’incapacità del Regime fascista di comprenderne e sostenerne le iniziative. Se Fermi partì per un viaggio che lo portò ad essere un perno fondamentale del Manhattan project, che avrebbe realizzato la prima bomba atomica, la nostra attenzione si sposta su chi rimase sulla banchina di quella stazione, ovvero Edoardo Amaldi, che pur con molti dubbi alla fine scelse di rimanere in Italia diventando il punto di riferimento per eccellenza, in virtù del suo carisma scientifico ed umano, della comunità dei fisici italiani nel dopoguerra.
Il successivo capitolo punta a mettere in luce il rafforzarsi in Amaldi di un punto di vista autonomo su quello che doveva essere il rapporto tra la ricerca scientifica ed il mondo della politica e dell’industria. Amaldi rifiutò nei fatti il ruolo di “tecnico apolitico”, che oltre oceano andava difendendo Fermi con il suo operato ed il rifiuto di partecipare alle prese di posizione pacifiste di molti suoi colleghi. Il suo allievo Amaldi invece fin dal dopoguerra iniziò a tessere una rete di rapporti, con l’industria e le aziende controllate dallo Stato, caratterizzata da uno spirito di servizio per l’interesse comune che lo spinse, nel momento in cui venne chiamato dagli industriali elettrici privati a far parte del CISE, il primo centro nucleare italiano, a porre importanti condizioni alla sua partecipazione. Condizioni improntate alla difesa della propria autonomia nella ricerca ed al principio secondo cui essa doveva porsi al servizio dell’intera collettività e non andare a vantaggio di pochi gruppi privati. Oltre agli scritti del fisico romano e ad alcuni suoi carteggi, ho esaminato in particolare le tensioni tra Amaldi ed i committenti del CISE tra il 1946 ed il 1950 per come emergono dai verbali del CdA del Centro, in cui erano presenti importanti e rappresentative personalità dell’industria pubblica e privata. L’obiettivo è stato di mettere in luce gli elementi che in seguito avrebbero fatto sì che la consapevolezza maturata dai fisici nel gestire i rapporti con l’industria e la politica, trovassero in Ippolito il promotore ideale. Inoltre ho cercato di porre in luce, sempre attraverso le carte del CISE, la costante ricerca di autonomia dei fisici anche dal CNR, altra battaglia che sarebbe stata risolta a loro favore grazie all’intervento di Ippolito che portò alla nascita di un Comitato Nazionale di Ricerche Nucleari dipendente dal Ministero dell’Industria.
Il capitolo “Ippolito, perché è il più giovane”, introduce la figura di Ippolito a partire dall’ambiente culturale napoletano, liberale e meridionalista, e dai suoi rapporti con il chimico e dirigente dell’IRI Francesco Giordani. Attraverso la bibliografia e gli archivi dell’ente, ho esaminato la nascita del CNRN sull’asse Ippolito Giordani Pietro Campilli (il Ministro dell’Industria che sostenne il progetto). Nel capitolo successivo si esaminano le tensioni con l’industria privata ed il CNR che seguirono la nascita del CNRN e dell’INFN, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che di fatto sottrasse al CNR anche lo studio della fisica fondamentale. In particolare ho posto in evidenza gli elementi più rilevanti della “Guerra delle due barbe”, ovvero la rivalità tra Giordani e il Presidente del CNR Colonnetti che caratterizzò i primi anni di attività del CNRN (1952-1955).
Anche in questo caso il punto di vista privilegiato, ma non unico, sono i verbali del CdA del CISE che testimoniano in maniera efficace le posizioni ufficiali dei soggetti coinvolti. L’obiettivo di questi due capitoli è mettere in evidenza l’estrema “coerenza” dell’incontro tra i fisici rappresentati da Amaldi e la politica scientifica portata avanti da Ippolito e Giordani, capaci di soddisfare sia le loro ambizioni tecnico scientifiche (con l’avvio di alcune importanti realizzazioni) che etiche e politiche. In particolare l’avvio della progetto che porterà alla costruzione del sincrotrone di Frascati da un lato soddisfò un’esigenza decennale della comunità, dall’altro fu l’occasione per l’avvio di importanti collaborazioni con l’industria pubblica.
Un capitolo intermedio, su tematiche di politica nucleare internazionale, si è reso necessario per introdurre il tema dell’iniziatica ‘Atoms for peace’ che fece da spartiacque all’analoga politica nazionale in materia di energia nucleare. Senza la pretesa di un inquadramento bibliografico e critico complessivo, ho scelto di render conto della rappresentazione offerta da uno dei protagonisti di quegli anni, ovvero il francese Bertrand Goldschmidt, che ritengo abbia influenzato grandemente il punto di vista di Ippolito e degli Amici del Mondo in merito e sappia quindi rendere in maniera particolarmente efficace il clima di “euforia atomica” che determinò fondamentali scelte di politica energetica europea.
Il capitolo “Atomi e padroni del vapore” esamina l’inizio della collaborazione di Ippolito con l’ambiente culturale che ruotava attorno alla rivista «Il Mondo» diretta da Mario Pannunzio. Ripercorrendo le pagine della rivista ho messo in evidenza un percorso di progressiva maturazione di due ambiti tenuti inizialmente ben distinti come la tecnologia atomica (considerata fino all’iniziativa ‘Atoms for Peace’ solo nelle sue applicazioni militari) e la questione della produzione energetica (vista nella prospettiva della lotta contro i monopoli e per la nazionalizzazione del settore).
Questi due aspetti trovano gradualmente un motivo di incontro proprio grazie all’intervento di Ippolito, a metà degli anni ’50, che inizia a tessere un discorso unitario tra crescente richiesta energetica, sviluppo della tecnologia nucleare e nazionalizzazione del settore.
Nel VII capitolo ho ripreso il filo delle vicende del CNRN a cavallo della Conferenza di Ginevra, momento chiave nel rilancio della politica nucleare italiana. In particolare ho esaminato il crescente clima di ostilità tra il Comitato e l’industria privata (l’Edison in particolare) che sfociò in una vera e propria “gara atomica”, e le cause che portarono alle dimissioni di Giordani dalla Presidenza del Comitato. Nel seguente capitolo “Come Mattei all’Agip” ho delineato le difficoltà istituzionali che dovette affrontare Ippolito da segretario plenipotenziario del CNRN ed il conseguente sviluppo di un modus operandi problematico che ebbe importanti conseguenze nella creazione del “caso” che sarebbe esploso. Oltre alle fonti documentarie, in questo caso mi sono avvalso in particolare della ricostruzione operata da Luigi Sebastiani (su cui tornerò in seguito) fondata in particolare su archivi governativi e giudiziari. Ho dato particolare spazio all’esemplare costituzione di alcune società anonime, tanto necessarie a supplire alla mancanza di personalità giuridica del Comitato, quanto avversate dagli organismi governativi di controllo.
“Dialoghi plutonici” si riallaccia al precedente capitolo su «Il Mondo» e riprende il discorso dei rapporti sempre più stretti tra Ippolito e «Il Mondo» a partire da una breve panoramica sulle vicissitudini politiche che portarono alla nascita del Partito Radicale finalizzata ad introdurre i convegni degli Amici del Mondo. Tra questi abbiamo esaminato in particolare i convegni “La lotta contro i monopoli” e “Atomo ed elettricità” e la campagna pubblicistica sostenuta a loro sostegno in particolare da Ernesto Rossi. Usando gli atti dei convegni e analizzando i molti articoli in merito apparsi sulla rivista, ho messo in evidenza il processo che portò, a partire da posizioni antistataliste, al definirsi della presa di posizione nazionalizzatrice espressa durante il convegno “La lotta contro i monopoli”. Di “Atomo ed elettricità” ho ritenuto di particolare interesse l’identificazione operata tra esigenze tecnicoscientifiche dell’energia nucleare e opzione nazionalizzatrice che portò ad una lettura prettamente politica delle scelte tecniche da operare in materia di filiere tecnologiche. Lettura che, come evidenzieremo, Ippolito non condividerà a favore di una approccio che preferisce le soluzioni particolari alle analisi universali.
Il decimo capitolo tratta della pianificazione nucleare operata dal CNRN nel contesto europeo – con l’adesione all’Euratom – e italiano – con il varo del primo piano quinquennale e soprattutto della costruzione della centrale atomica di Garigliano. In esso ho indagato, esaminando fonti d’archivio, in particolare le drammatiche dimissioni di Carlo Salvetti dalla direzione del Centro di Ispra, significative di una prima rottura all’interno della comunità dei fisici e dei rapporti intercorsi tra lui ed Ippolito. Di seguito ho esaminato il processo che portò alla costruzione delle prime centrali atomiche in Italia con particolar attenzione alla collaborazione tra CNRN e Banca Mondiale che portò alla costruzione della centrale di Garigliano e che sintetizzò istanze meridionaliste e nucleariste.
Il capitolo “Dal CNRN al CNEN” esamina il percorso politico che portò alla nascita del CNEN nel contesto delle trattative per il primo Governo di Centrosinistra e della nazionalizzazione dell’energia elettrica. L’obiettivo è stato in particolare mettere in evidenza le tensioni che andarono delineandosi all’interno del nuovo ente elettrico, l’ENEL, tra le posizioni rappresentate dal Direttore Generale Angelini ed il consigliere Ippolito.
Gli ultimi due capitoli rendono conto in modo antologico dell’aspetto più ampiamente trattato dalla storiografia esistente sul tema, ovvero il “caso” mediatico e giuridico che prese il nome del Segretario Generale del CNEN e che portò alla sua incarcerazione. Grazie alla ricostruzione della fase processuale, operata principalmente da Sebastiani, ho ricostruito il quadro politico e gli avvenimenti che portarono alla messa in stato di accusa di Ippolito, nell’estate del 1963, ed alla sua incarcerazione l’anno successivo, che ebbero come diretta conseguenza il drastico ridimensionamento dei programmi nucleari del CNEN. Infine ho proposto un’analisi delle ipotesi interpretative date al “caso Ippolito” evidenziando anche alcuni aspetti che, per varie ragioni, non sono stati ancora indagati.
In ultima analisi il presente studio tenta di mettere in luce la complessità della materia trattata che, pur prestandosi per molte ragioni alle semplificazioni complottistiche e dietrologiche di stampo giornalistico, risulta incomprensibile senza una contestualizzazione capace di connettere il percorso della fisica nucleare italiana (che a partire dall’esperienza dei “ragazzi di via Panisperna” tende a pensarsi e muoversi come una “comunità” portatrice di propri interessi e ideali), il dibattito filosofico, culturale e tecnico sulle ragioni e sui mezzi dell’intervento dello Stato nell’economia e sul ruolo di intellettuali e scienziati nella società, ed infine la storia politica italiana, europea ed internazionale che portò alla nascita del Centrosinistra.
Igor Londero, Felice Ippolito intellettuale e grand commis – La ricerca nucleare in Italia dal dopoguerra al primo centrosinistra, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 2011/2012