Sulla RSI sta calando un velo che lascia intravedere solo i contorni delle cose e dei personaggi

Il 18 gennaio 1945 si svolge una riunione tra Graziani, Pavolini, Buffarini Guidi, Pellegrini Giampietro, l’ambasciatore Rahn e altri gerarchi tedeschi. Il clima è teso e i camerati germanici e italiani si rinfacciano colpe e responsabilità di una crisi che sta conducendo rapidamente verso la disfatta finale. Anche in questo caso, aleggia il fantasma del tradimento. Graziani si lamenta perché in alcuni ambienti tedeschi gli italiani sono ritenuti traditori e incapaci di combattere; Rahn, dal canto suo, rinfaccia a Graziani l’elevato numero di disertori delle forze armate di Salò, peraltro destinato ancora a crescere. E’ uno scambio di accuse pesanti tra uomini che della fedeltà e dell’onore credono di aver fatto una ragione di vita. Ma, in fondo, sembra essere anche un gioco delle parti. I tedeschi hanno già avviato degli incontri in Svizzera con alcuni emissari degli Alleati <672. Anche gli italiani stanno cercando un contatto.
Un ruolo importante, negli “ultimi tempi del regime”, è svolto dal Cardinale di Milano Ildefonso Schuster. L’alto prelato ha contatti, personali e per il tramite di intermediari, con diverse autorità in lotta tra di loro. Con i tedeschi e con gli americani. Con i fascisti e con i partigiani. Schuster vuole evitare che i propri fedeli, e più in generale gli abitanti delle regioni dell’Italia settentrionale, diventino vittime della furia distruttrice dei tedeschi al momento della ritirata. Ma vuole, soprattutto, che il trapasso dei poteri, ormai prossimo, non sia radicale e violento. E’ lecito e doveroso, da un punto di vista cristiano, evitare una “resa dei conti”; è opportuno e necessario, da un punto di vista politico, impedire un’insurrezione generale.
Il 13 marzo 1945, Mussolini fa pervenire al Cardinale Schuster alcune proposte di trattativa da consegnare agli Alleati attraverso i canali della Santa Sede. Al di là della premessa autogiustificatoria, Mussolini manifesta la volontà di “evitare nuovi lutti alle popolazioni dell’Italia Settentrionale e preservare dalla totale distruzione quel che ci rimane del patrimonio industriale ed agricolo” e “per dimostrare che l’amore per l’Italia è anteposto ad ogni interesse di partito e di idee” propone che le FF.AA. della Repubblica Sociale mantengano l’ordine nelle città e nei paesi “fino a che non intervengano accordi diretti tra il Comando alleato e quello della RSI”. Chiede che il Comando alleato provveda al disarmo delle formazioni partigiane “prima delle formazioni regolari della RSI”. Chiede, inoltre, come “condizione assoluta per le trattative e la firma dell’accordo”, che nei confronti di fascisti, soldati, civili impiegati nei vari uffici e delle loro famiglie “vengano, all’atto che gli accordi presentati, siano firmati, immediatamente a cessare gli arresti, i processi e abolita ogni altra forma di persecuzione attraverso la Commissione di epurazione in funzione a Roma”. Infine, “gradirebbe conoscere la sorte che avrebbero i membri del governo e quanti hanno avuto funzioni di comando nella RSI (arresto, campi di concentramento, esilio)” <673.
La proposta avanzata da Mussolini viene respinta dal CLNAI. Gli stessi Alleati hanno già deciso, a Casablanca, di imporre, alle potenze dell’Asse, la resa incondizionata. D’altra parte, Mussolini non è in grado di porre condizioni. Soprattutto in questo momento. La RSI è entrata ormai nella sua ultima fase. La disfatta è imminente. La sconfitta è totale: politica, militare, ideologica. Morale. A fine marzo, il generale Facdouelle, Capo di Stato Maggiore delle Brigate Nere, invia, a tutte le unità, una circolare in cui denuncia “deficienza di carattere militare da parte di ufficiali di ogni grado, sottufficiali ed anche militari di truppa, e cioè insincerità, disonestà, poca fermezza di propositi, obbedienza fiacca agli ordini ricevuti; manifestazioni di critica demolitrice […]; scavalcamento della via gerarchica per ottenere quanto fa comodo, ricorso alle raccomandazioni e al favoritismo; poca serietà in pubblico; vana spavalderia; casi di disonestà nelle mansioni amministrative, speculazioni, ecc; casi di delazioni verbali, anonime e sottoscritte, su questioni che sovente sono risultate infondate; uso della parola Fede senza praticarne il concetto vero, come avviene da parte di chi cerca di evitare l’assegnazione ai reparti operanti; appropriazioni indebite a danno di civili commesse da parte di singoli o di reparti” <674.
Il fallimento della Repubblica, che è sociale nel nome e nel suo atto costitutivo, è sancito anche dalla risposta operaia, con gli scioperi del mese di marzo e con il boicottaggio delle elezioni delle commissioni incaricate di attuare la legge sulla socializzazione delle imprese <675.
Nella visione ossessiva del fascismo di Salò, anche il popolo ha tradito: “Di fronte alla realtà della guerra, come si sono comportate le masse? Non certo bene. Esse – forse senza accorgersene – tradirono la loro causa e quella della Patria, non avendo dato al governo fascista tutta la necessaria solidarietà […] La “socializzazione” poi, ideata dal fascismo, poteva essere soltanto realizzata mercé una seria collaborazione da parte degli interessati. Questo finora si è verificato raramente. La massa degli operai ostenta la sua indifferenza al nostro programma sociale” <676.
La situazione, ormai, sta precipitando. Il 14 aprile si svolge a Gargnano, nella villa di Mussolini, una riunione tra i principali gerarchi fascisti e nazisti per ricercare una via d’uscita. Pavolini propone di ripiegare verso un “ridotto alpino” in Valtellina per un’ultima, estrema resistenza. I tedeschi disapprovano, fanno obiezioni, reagiscono energicamente. Pavolini insiste. Gli alleati germanici sono irritati. Alla fine la spuntano. Il clima è teso, lo spirito cameratesco è ormai una sostanza evanescente, come la nebbia del lago. Sulla RSI sta calando un velo che lascia intravedere solo i contorni delle cose e dei personaggi. Può bastare per trasfigurare la realtà e trasformarla in mito. Il mito dell’onore, della fedeltà, della parola data, dell’alleanza con i valorosi camerati germanici. Il mito del coraggio, della “bella morte”, dei ragazzi di Salò. Della Patria. Tutti ingredienti per una ricostruzione nostalgica, tanto vicina alle posizioni del revisionismo storico quanto lontana dalla Storia e dalla realtà.
[NOTE]
672 Sui contatti, sulle trattative più o meno ufficiali, sugli ”intrighi”, sui principali personaggi che porteranno alla resa tedesca vedi: Adriano Pino, L’intrigo di Berna. Diplomatici, generali, agenti segreti: la verità sulla fine della guerra in Italia, Mondadori, Milano 2010; Elena Aga Rossi, Bradley F. Smith, Operazione Sunrise. La resa tedesca in Italia 2 maggio 1945, Mondadori, Milano 2005 [1ª edizione: 1979; 1ª edizione italiana: Feltrinelli, Milano 1980]; Allen Welsh Dulles, La resa segreta, Garzanti, Milano, 1967.
673 Riportato in I. Card. Schuster Arcivescovo di Milano, Gli ultimi tempi di un regime, “La Via”, Milano 1946, pp.104-105.
674 Citata in Ricciotti Lazzero, Le Brigate nere, Rizzoli, Milano 1983, pp. 230-231.
675 Alla Fiat, “su 30.725 operai e 1951 impiegati le astensioni furono 31.450, le schede bianche 547, le nulle 274, le valide 405: nemmeno lo 0,80% aveva espresso la propria adesione ai propositi demagogici del fascismo!”, Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana, cit., p.494.
676 Roberto Farinacci in “Regime fascista”, 24 marzo 1945. Citato in ivi, p. 495.
Antonio Gioia, Guerra, Fascismo, Resistenza. Avvenimenti e dibattito storiografico nei manuali di storia, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Salerno, Anno Accademico 2010-2011