Un combattente antifascista, dalla Lunigiana a La Spezia, dalla guerra di Spagna alla liberazione da Buchenwald

Fondo archivistico: Insmli, fondo Aicvas
Sezione: sezione fotografica
Fasciscolo: 81
Deposito o donazione: donazione
Diritti: Insmli
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[…] Immagine qui ripresa da http://www.antifascistispagna.it/?page_id=7&ricerca=2702
Fivizzanese di nascita ma spezzino d’adozione, Renato Bertolini nasce il 30 marzo 1905, vive fino all’età di tredici anni nella frazione di Soliera Apuana, rimanendo orfano dei genitori e trasferendosi nel 1918 a La Spezia dove vivono le sorelle del padre. Di mestiere falegname, arruolatosi in Marina fino a raggiungere il grado di sottufficiale, Bertolini frequenta i gruppi della chiesa protestante, partecipando nell’aprile 1928 ad un campo annuale dell’Associazione Cristiana dei Giovani Protestanti (ACGP) a Bocca di Magra. Nei dialoghi con i partecipanti il professor Jacopo Lombardini parlava di dignità nazionale offesa, di libertà contestate, di illegalità del fascismo, ma la non indicava come avrebbero potuto contribuire a cambiare lo stato delle cose, in una posizione di non collaborazione e non di lotta al fascismo. <310
Interessante la figura di Lombardini, nato a Gragnana, frazione di Carrara, volontario nella prima guerra mondiale e successivamente antifascista, divenne un predicatore ed educatore protestante, aderirà al Partito d’Azione e si unirà alla Resistenza piemontese, verrà catturato nel marzo 1944 e deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, dove morirà il 25 aprile 1945. <311
La memorialistica ci parla di un episodio accaduto nel settembre 1929 che rappresenta una svolta per Bertolini. Mentre si trova nella zona dell’Arsenale militare a La Spezia, un gruppo di camicie nere si avventa su alcuni operai ritenuti colpevoli di volantinaggio di manifestini clandestini, pestandoli selvaggiamente: Bertolini interviene e riesce a far cessare il pestaggio, ma compromette la sua posizione. <312
Di lì a breve, Bertolini prende la decisione di espatriare. Assieme ad un certo Corradini, di «idee socialiste», il 1º giugno 1930 espatria clandestinamente in Francia con una barca a remi rubata partendo da Ventimiglia, venendo denunciato e condannato per furto ed espatrio clandestino a quattro mesi di reclusione in contumacia. <313
Residente a Nizza, trova impiego presso “La Frigidaire”, una fabbrica di frigoriferi che incarica Bertolini di trovare una soluzione per installare nelle automobili una cella frigorifera che funzioni con il motore acceso. La casa automobilistica Citroën inoltre incarica Bertolini di elaborare nuove plance di legno per le autovetture più lussuose. <314
Nel 1933 è fra i partecipanti ad una conferenza comunista tenutasi il 28 gennaio, in cui interviene «l’anarchico Baldini Mario reduce da Mosca»; la conferenza è interrotta da un’irruzione della polizia francese, e per Bertolini viene richiesta l’iscrizione in ‘Rubrica di Frontiera’, per «perquisizione e vigilanza», in caso di rientro in Italia. <315
Dal 1933 fino alla metà del 1936 vive a Marsiglia dove ricopre la carica di segretario del PCd’I della sezione cittadina. Nell’agosto 1936 parte con altri antifascisti per la Spagna e viene inquadrato nella centuria “Gastone Sozzi”. Questa formazione prende il nome del comunista romagnolo morto in carcere a Perugia il 6 febbraio 1928 a nemmeno 25 anni in seguito alle torture inflittegli dalla polizia fascista.
La centuria viene costituita il 3 settembre, inizialmente destinata al fronte d’Aragona, ma poi inquadrata nella Colonna Libertad del PSUC e dell’UGT, e mandata sul fronte di Madrid. Nella “Gastone Sozzi” Bertolini trova altri fuorusciti della provincia di La Spezia: Vittorio Orlandini di Santo Stefano Magra, Domenico Rolla e Ugo Muccini di Arcola, quest’ultimo caduto nella battaglia dell’Ebro il 9 settembre 1938 e alla cui memoria verrà intitolata una brigata partigiana nella Resistenza lunigianese. <316
Renato Bertolini assume il nome di battaglia di Vittorio Sarpi, così citato anche nel diario di Muccini, per evitare rappresaglie alla sua famiglia in caso di cattura e successivamente passa al Battaglione Garibaldi, poi Brigata, come tenente della 3ª compagnia. Bertolini viene ferito due volte: la prima, nel giugno 1937, sul fronte di Huesca, mentre si trova in auto con Ilio Barontini, comandante del Battaglione Garibaldi a Guadalajara e successivamente commissario politico della XII Brigata Garibaldi, ed un proiettile d’artiglieria colpisce la macchina; la seconda, nel febbraio 1938, in Estremadura. <317
Con il crollo del fronte della Catalogna, Bertolini attraversa la frontiera francese il 9 febbraio 1939. È internato prima ad Argelès-sur-Mer e a Gurs, ad ottobre dello stesso anno viene trasferito nel campo di Vernet d’Ariège, che abbiamo visto essere destinato a concentrare i prigionieri ritenuti più pericolosi, e viene schedato con il nome di Vittorio Sarpi. <318
Nel luglio 1943, Bertolini è tradotto nel forte di Replaton a Modane, in Savoia, non lontano dal confine italiano. Sopraggiunto l’8 settembre, nella stessa notte i tedeschi circondano il forte, arrestano tutti e conducono i prigionieri a Compiègne. Il 17 gennaio 1944 viene deportato in Germania nel campo di Buchenwald, nella regione della Turingia. <319
Durante i 14 mesi di prigionia entra a far parte del Comitato Clandestino Militare Internazionale che prepara l’insurrezione del campo, comandando la componente italiana del Comitato, minoritaria all’interno del campo, a sua volta inserita nella Brigata Latina, con francesi, belgi e spagnoli. L’11 aprile, approfittando dell’arrivo delle truppe americane attestate ormai nella vicina Weimar, i detenuti assaltano le torri di guardia per prendere il controllo del campo e vengono disarmati e prese prigioniere le SS di guardia del campo, consegnate alle truppe statunitensi al loro arrivo. <320
In un’intervista rilasciata nel novembre 2006, per il progetto “Voci della Memoria” a cura dell’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, il figlio Claudio Bertolini racconta la vita di suo padre e riguardo all’esperienza di Buchenwald dichiara: «La cosa che mio padre mi ha sempre ricordato, che gli ha fatto più male di tutte, è stata quella di arrivare con un campo… nel campo di Buchenwald, passando seminudo, come tutti gli altri, in una… lungo un corteo di abitanti di Buchenwald, in pieno inverno con almeno 10 gradi sotto zero, così mi descrisse lui, perché c’era il ghiaccio dappertutto, sul treno, sulla strada eccetera, erano scalzi e camminarono per quattro Km. fino al campo di Buchenwald. Alla Liberazione tentarono di avere dei contatti con la popolazione. La popolazione disse che non sapevano nemmeno dell’esistenza del campo e che non avevano mai visto queste persone arrivare al campo di Buchenwald. Questo è forse l’episodio che gli è rimasto e che gli ha fatto più male di tutto.» <321
Alla fine della seconda guerra mondiale, Bertolini si reca prima a Parigi dalla moglie e successivamente fa ritorno a La Spezia. Un aneddoto singolare raccontato dal figlio è la presenza del nome del padre nella lista degli indesiderati alla frontiera anche nel dopoguerra, che costringerà Bertolini a subire una perquisizione ad ogni passaggio di frontiera italiana. Questo stato di cose si prolungherà fino al 1978, quando su interessamento di Umberto Terracini si riuscirà a riparare all’ingiusto decreto.
Dal 1946 al 1947 riveste il ruolo di Segretario della federazione spezzina del PCI e poi di vicesegretario regionale ligure fino al 1954. Nello stesso anno viene inviato a Vienna in qualità di segretario della Federazione Internazionale della Resistenza (FIR) e rimane nella capitale austriaca fino al 1964. Fra le altre cariche ricoperte nelle varie associazioni si segnala quella di membro della Direzione Nazionale dell’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti (ANPPIA), del consiglio nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), segretario dell’AICVAS e presidente dell’Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti (ANED). Nel dicembre del 1964 fa ritorno da Vienna e si trasferisce a Roma dove rimarrà fino alla sua morte avvenuta il 23 febbraio 1983. <322
[NOTE]
310 Ibid., p. 27
311 S. Mastrogiovanni, Un protestante nella Resistenza: Jacopo Lombardini, Claudiana, Torino 1985
312 AA.VV., Antifascismo e Resistenza alla Spezia (1922-1945), ISRSP, La Spezia 1987, p. 51
313 Copia della nota della Prefettura di La Spezia al Console d’Italia a Bruxelles, 7 marzo 1931 e Prefettura di Massa-Carrara al MI, DGPP, AGR, CPC, 8 giugno 1933, in ACS, MI, CPC, cit., b. 575, fasc. Bertolini Renato
314 G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., p. 28
315 Copia del Telespresso Nº 3952 del Consolato d’Italia a Nizza al Ministero dell’Interno, 22 marzo 1933, in ACS, MI, CPC, cit., b. 575, fasc. Bertolini Renato
316 A. López (a cura di), La Centuria Gastone Sozzi, Quaderno AICVAS n. 4, Roma, 1984, anche in formato digitale, http://www.antifascistispagna.it/wp-content/uploads/2016/10/Q4-Centuria-GSozzi.pdf; Muccini ha anche lasciato un diario sulla sua esperienza in Spagna: A. Bianchi (a cura di), Il diario di Ugo Muccini, F. Angeli, La Spezia 1988
317 AA.VV., Antifascismo e Resistenza alla Spezia, cit., pp. 51-52; la biografia curata dall’AICVAS conferma la data di giugno 1937 per la ferita sul fronte di Huesca, mentre secondo la biografia curata dall’ISGREC sarebbe da anticipare al febbraio 1937.
318 Nel volume curato da Giuseppe Chiappini, fra le documentazioni presenti, vi è una foto che ritrae Bertolini assieme ad altri due compagni nel campo di Gurs, e il documento della Commission Militaire Internationale che attesta il suo passaggio nel campo di Argelès-sur-Mer.
319 Bertolini è uno dei 1947 uomini deportati quel giorno da Compiègne, un viaggio durato tre giorni, con una sola sosta per mangiare, a Treviri, e numerosi tentativi di evasione, http://www.memorialcompiegne.
fr/iso_album/14._convoi_du_17_janvier_1944.pdf
320 Una ricostruzione degli eventi è riportata nelle memorie di un altro deportato a Buchenwald, Gilberto Salmoni; G. Salmoni, Buchenwald, una storia da scoprire, Fratelli Frilli, Genova 2016; G. Salmoni, Una storia nella Storia. Ricordi e riflessioni di un testimone di Fossoli e Buchenwald, Fratelli Frilli, Genova 2013
321 L’intervista è disponibile all’indirizzo https://vimeo.com/111852859, mentre sul sito dell’Istituto spezzino è disponibile la trascrizione completa, http://www.isrlaspezia.it/wpcontent/uploads/2013/09/Intervista-a-Claudio-Bertolini.pdf
322 G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., p. 31
Federico Bedogni, Volontari antifascisti lunigianesi nella guerra civile spagnola, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2018

[…] Se il libro di Giorgio Neri ha contribuito a rinnovare il ricordo di Rolla, altrettanto farà, per Bertolini, un libro a più mani di prossima pubblicazione. Ne ho parlato con il figlio Claudio, che lo ha fortemente voluto: il racconto che potete leggere di seguito è il frutto dei suoi ricordi, già trasmessi anche a Giuseppe Chiappini, autore di un altro bel libro recente, “Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola. 1936-1939”, dedicato anche alla figura di Bertolini.
Torniamo, con l’aiuto di Claudio, al giugno 1930, a Ventimiglia. Bertolini si imbarcò con Giuseppe Corradini, operaio socialista spezzino. Rubarono una barca a remi. Giunti in Francia, Renato fece avere al proprietario i soldi necessari a comprarne una nuova. Prima socialista poi comunista, Bertolini visse dal 1930 al 1933 a Nizza e dal 1933 al 1936 a Marsiglia, dove ricoprì la carica di segretario della sezione cittadina del Partito Comunista d’Italia. La notizia della sollevazione militare guidata dal generale Franco spinse il giovane Renato a combattere per la Repubblica spagnola già nell’agosto 1936, prima ancora che l’Internazionale Comunista prendesse la decisione di creare le Brigate Internazionali. Si arruolò nella Centuria “Gastone Sozzi”, formata prevalentemente da comunisti italiani -c’erano anche gli arcolani Ugo Muccini e Domenico Bruno Rolla e il socialista santostefanese Vittorio Orlandini- e costituitasi formalmente a Barcellona, sotto il comando di Francesco Leone, il successivo 3 settembre, quasi contemporaneamente alla Sezione italiana della Colonna “Ascaso”, composta, invece, prevalentemente, da anarchici ed esponenti di Giustizia e Libertà. La Centuria “Sozzi” fu poi incorporata nel Battaglione “Garibaldi” della 12° Brigata Internazionale. Bertolini, con il nome di battaglia di Vittorio Sarpi, partecipò alla difesa di Madrid, alla battaglia del Jarama e a quella di Guadalajara. In quest’ultima località si scontrarono, dall’8 al 22 marzo 1937, i volontari fascisti e antifascisti italiani: l’esito fu favorevole agli antifascisti, e 310 volontari fascisti -tra i quali una trentina provenienti dalle province di Spezia e Massa- furono fatti prigionieri. Fu una vittoria esaltante: per la prima volta crollava il mito dell’invincibilità di Mussolini.
Ma cosa fare dei prigionieri? Il dirigente comunista Luigi Longo dettò la linea: rieducare i prigionieri “en el sentido de la libertad y de la democracia”, proponendo che fosse qualche comunista italiano a farsene carico. Furono dapprima Giuseppe Alberganti, poi Renato Bertolini a occuparsi di questo lavoro. Bertolini lo fece a partire dal giugno 1937. A metà del mese egli aveva partecipato alle operazioni militari sul fronte di Huesca. I repubblicani furono sconfitti e Bartolini fu ferito alla testa da una granata e trasportato nell’ospedale di Benicasim, in provincia di Valencia, dove rimase per alcuni giorni. Fu lo stesso Longo, in occasione di una visita in ospedale, a chiedergli di trasferirsi a Valencia per il nuovo incarico. Bertolini lavorò per suddividere i prigionieri in tre categorie: i “fascisti convinti”, da mantenere in carcere; gli “indifferenti”, sui quali svolgere un lavoro politico separandoli dai fascisti attivi; e i “buoni”, favorevoli alla Repubblica, che potevano o lavorare o essere inquadrati nelle Brigate Internazionali, come in alcuni casi avvenne.
Assegnato ad altro incarico, Renato fu nuovamente ferito in Extremadura nel dicembre 1937, dovette assistere al progressivo ripiegamento delle forze repubblicane, fino a quando, nel febbraio 1939, dopo l’occupazione franchista della Catalogna, riparò in Francia, dove condivise con migliaia di combattenti e profughi la terribile sorte dell’internamento, prima ad Argeles e a Gurs, e poi , da ottobre, nel campo di Vernet d’Ariege, una gelida distesa di baracche abbandonate. Vi restò quattro anni, fino al luglio 1943, quando fu trasferito nel forte di Modane. Sopraggiunse l’8 settembre 1943, con l’armistizio: quella stessa notte i tedeschi circondarono il campo e condussero i prigionieri a Compiegnies. Il 19 gennaio 1944 Bertolini fu deportato in Germania nel campo di Buchenwald. Qui entrò a far parte del comitato clandestino che preparò e diresse l’insurrezione dell’11 aprile 1945. I deportati assaltarono, disarmati, le torri di guardia e presero prigionieri 800 SS. Due giorni dopo arrivarono gli alleati, ma il campo era già sotto il controllo della Resistenza.
Finita la seconda guerra mondiale, Bertolini fu dal 1946 al 1947 il segretario della Federazione spezzina del Pci, poi vicesegretario regionale del Pci fino al 1954. Nello stesso anno fu inviato a Vienna, come segretario della Federazione Internazionale della Resistenza. Rientrò a Roma nel 1964, per ricoprire incarichi dirigenti nelle associazioni dei partigiani (Anpi), dei deportati (Aned), dei volontari in Spagna (Aicvas). Ebbe amicizie profonde con Umberto Terracini, Luigi Longo, Giancarlo Pajetta e altri dirigenti di primo piano del Pci. Probabilmente qualcosa si ruppe nel suo rapporto con il gruppo dirigente spezzino del Pci. Ma questa è una storia ancora da scrivere.
Giorgio Pagano, Renato Bertolini, dalla guerra di Spagna alla liberazione di Buchenwald, Città della Spezia, 21 maggio 2017