I due re della risata nel 1950 giravano l’ultimo film a Nizza…

Stan Laurel e Oliver Hardy a Sanremo (IM) nel 1950
© Moreschi

… Nizza, gli studi della Victorine sono là, calcinati sotto il sole di Provenza, un cielo troppo azzurro, che minaccia di screpolarsi, e un frinire di cicale ossessivo, come un bolero di Ravel.

A inventarsi questi studi cinematografici fu un ricco californiano, Rex Ingram. In America aveva girato I quattro cavalieri dell’Apocalisse, poi era sceso nell’età del jazz sulla Costa Azzurra e si era comprato, fra il 1923 e il 1925, la grande villa bianca del principe Victor Masséna, alle spalle di Nizza, per farne una Hollywood mediterranea. E qui Ingram chiese a Jean Vigo di girare A propos de Nice, mentre lui stesso si dava da fare intorno a un film che si doveva intitolare Mare Nostrum. L’elenco dei registi è glorioso, da Barrault a Duvivier, da Becker a Carnè, a Truffaut, a Ophuls, a Douglas. Così i film prodotti, da Macao l’enfer du jeu a Les enfants du paradis, da Lola Montes a Nuit américaine a Le joyau du Nil. Una pellicola «impegnata».

Nel lungo elenco c’è un film che colpisce l’immaginazione, non tanto per la regia, di Léo Joannon e John Berry, o per il titolo, Atollo K., ma per il nome dei protagonisti: Stan Laurel ed Oliver Hardy.

Sì, Cric e Croc, Stanlio e Ollio, il Grasso e il Magro, quarant’anni fa hanno girato il loro ultimo film, l’unico fuori dall’America, sotto questo cielo da malinconia, in quest’assordante musica di cicale, dentro gli studi della Victorine e il mare al rosmarino e pini d’Aleppo di Nizza.

L’ho ricordato qualche settimana fa a Osvaldo Soriano. Era a Parigi, nella sua casa sul boulevard Saint-Michel. Non sa che el Gordo e el Flaco, come li chiama lui nel suo Triste, solitario y final, il più struggente omaggio narrativo ai due re della risata, hanno girato il loro ultimo film a Nizza. Manuel, il figlio di Soriano, ha pochi mesi, piange, la madre è scesa a comperare il latte.

«In quel film – dice Soriano – un critico ha scritto che ogni volta che cadevano in terra sembrava non dovessero più rialzarsi. Imitavano se stessi, ma con infinita stanchezza».

Soriano con loro ha chiuso: da quando ha portato una copia del suo romanzo sulla tomba di Stan Laurel a Los Angeles, non gli va di parlarne, perché, come ha scritto in Ribelli, sognatori & fuggitivi (Manifesto libri), gli ricordano la dolente figura del padre, José Vincente, inventore ed eterno perdente. Ma è incuriosito perché Atollo K. è un tassello che gli manca. Lui in Triste, solitario y final si era inventato un personaggio, il giornalista Soriano, che insieme al celebre detective di Raymond Chandler, Philip Marlowe, cerca di capire perché a metà degli Anni Cinquanta Hollywood ha rifiutato la più celebre coppia della risata cinematografica.

Così il capitolo di Atollo K diventa importante. La guerra, i divorzi con il produttore Hal Roach, qualche film che Oliver Hardy gira senza Stan Laurel, nuovi contratti con un colosso come la 20th Century Fox, che non accetta improvvisazioni sul set, spingono ai margini del cinema Cric e Croc.

I due, per capire se hanno ancora un posto al mondo, s’imbarcano in una lunga tournée per l’Europa… E’ a questo punto che entrano in scena i produttori europei, decisi a sfruttare la popolarità del Magro e del Grasso. La francese Films Sirius, l’inglese London Films S.A. e l’italiana Fortezza Film, chiedono al parigino Léo Joeannon e all’americano John Berry, di prendere Stan Laurel e Oliver Hardy per un soggetto di Piero Tellini e René Wheeler di tema pacifista, anti bomba atomica, che dovrebbe chiamarsi: Atollo K., o Terra di Robinson Crusoe, o Utopia.

Nell’intenzione degli sceneggiatori doveva essere un film serio, impegnato. Con Cric e Croc che cosa può diventare? In giro, fra amici, nessuno lo ricorda. Flaminia Siciliano alla Curcio, la casa editrice che sta pubblicando in video-cassetta i film di Cric e Croc, dice di non averlo in programma.

Così chiedo a Lorenzo Ventavoli, a Torino, una delle grandi memorie sui sogni in celluloide, di aiutarmi a trovare quel film. Non passa una settimana e mi invita nella sua saletta di proiezione di via Pomba.Ventavoli ha parlato con Boschetto, un bizzarro collezionista di sedici millimetri. E Boschetto ha una copia, un po’ rovinata, di Atollo K.

Nel buio parte la pizza e inizia l’ultima storia di Stanlio e Ollio. Un vecchio zio ha lasciato una eredità. Ma quando il Grasso e il Magro vanno dall’avvocato per raccoglierla, hanno una brutta sorpresa. Le tasse lasciano loro solo pochi spiccioli, un vecchio battello e un’isoletta nei mari del Sud. S’imbarcano per il loro atollo, a bordo trovano due clandestini, l’apolide Antonio e l’emigrante Giovanni. Vengono presi da una violenta tempesta che li scaglia su di un’isola. Come moderni Robinson Crusoe si costruiscono una casa con i rottami della barca e vivrebbero sereni se non arrivasse una giovane e bella cantante a farli innamorare e se non si scoprisse che l’isola è un ricchissimo giacimento d’uranio… Il film scivola via con la voce sexy di Suzy Delair, un’attrice piccante e rotondetta, fra le smorfie di un giovane Vittorio Caprioli, le gag stonate di Cric e Croc, burattini ingessati, dagli occhi malinconici e la pelle vetrosa. Stan ha perso venticinque chili. Mentre le bobine si srotolano nel buio della sala, Ventavoli e Boschetto lanciano un nome, indirizzato all’attore che interpreta la parte di Giovanni il clandestino, il bel muratore bruno e anarchico.

«Quello è Adriano Rimoldi», dice Ventavoli. E’ un attore torinese, ha recitato con De Sica ne I bambini ci guardano.

Rimoldi è un cognome familiare: il mio amico Giovanni, il nipote di Luigi Carluccio, il critico d’arte, si chiama Rimoldi. Che gli sia parente? Lo cerco, sta cambiando galleria. Sì, dice, un fratello di suo padre, Adriano Rimoldi, è stato attore. Ma non si ricorda che abbia girato un film con Stan Laurel e Oliver Hardy. Chiederà a suo padre. Qualche giorno dopo andiamo in via Duchessa Jolanda, da Attilio Rimoldi. In casa, ordinate dentro gli album, le fotografie della lunga carriera di attore di Adriano, e i ritagli di giornale con i suoi successi, da Addio giovinezza a Gente così, da Tosca a Caccia tragica. E’ morto nel 1965.

Chiedo se non ci siano delle testimonianze sulla lavorazione di Atollo K. Non ha mai scritto di quando era nel cast con Stan Laurel e Oliver Hardy? Forse han passeggiato insieme sul lungomare di Nizza e di Cannes…

Il signor Attilio scompare e ricompare con un mazzetto di lettere, cartoline. Dice che è possibile che lì dentro qualcosa ci sia, sono passati tanti anni, non ricorda più. C’è una lettera del 18 settembre del 1950, datata Saint-Raphael. Dice: «Carissimo Tilli, eccomi, finalmente rimesso dal cascatone fenomeno che mi ha rotto i testicolucci per circa un mese. Mentre stavo girando una scena a bordo del battello su cui si svolge una gran parte del film, una balaustra alla quale stavo appoggiato ha ceduto ed io ho fatto un volo di circa tre metri. Il guaio è che il battello non si trovava, come tutti i battelli che si rispettino, in mare; si trovava sull’Atollo che è un bel posticino cosparso di rocce. Fortuna ha voluto che, cadendo, battessi violentemente le gambe contro il bordo del battello…».

La lettera continua con descrizioni di luoghi e precisazioni: «Io mi tratterrò qui tutto il mese di settembre più o meno giacché in cinematografo non si può mai sapere nulla di preciso, poi avrò tre notti di lavoro a Nizza e, quindi, partirò per Parigi dove ne avrò un altro mesetto in studio».

Una scena di Cane fortunato
Fonte: Wikipedia

Aveva ragione Rimoldi a scrivere «in cinematografo non si può mai sapere nulla di preciso», perché Stan Laurel si ammala di diabete e dovrà essere portato d’urgenza a Parigi. E’ forse la prima volta che Oliver Hardy s’accorge di lui… Fin dai tempi del loro esordio, con Cane fortunato del 1917, si sono frequentati solo sul set. E sul set Hardy ha lasciato che fosse Laurel a pensare a tutto, dai tempi delle gag ai contratti. A lui premeva solo trovare il tempo per fuggire fuori dagli studi verso i campi da golf e i sorrisi delle attricette. Ora sono vecchi, soli, senza famiglia. E quel compagno magro, quel vecchio bambino è l’unica cosa che gli rimanga. Così Hardy porta Laurel a Parigi, lo cura.

Il film si interrompe. Arriva il gennaio del 1951. Anche Adriano Rimoldi è a Parigi. Continuano a testimoniarlo le lettere al fratello Attilio: «Io ho trascorso le Feste calmissimo ed alla esistenzialista cento per cento. Non per nulla vivo nel quartiere di Saint-Germain des Prés a pochi passi dalla casa di Jacques Prévert. (…) Io sono in attesa che Stan Laurel, ormai definitivamente guarito, riprenda qualche chilo del suo già scarso peso, chilo perduto durante il decorso della malattia, giacché nelle condizioni in cui si trova non si potrebbe assolutamente raccordare quanto già girato prima che si ammalasse con quanto dovremmo ora girare in teatro di posa (…)». Il film riprenderà con uno Stan Laurel che pesa venticinque chili di meno del suo già scarso peso. Ma per poco. Racconta ancora Rimoldi: «Stavamo per riprendere la lavorazione ed eccoti che si ammala Oliver Hardy di “grippe” che sta infestando Parigi. Ti dico che la storia della malattia di questo film sembra una burletta».

Adriano Rimoldi li vede vecchi, soli. «Hardy a Parigi cura Laurel malato».

Scena del film Atollo K
Fonte: Wikipedia

… un anno dopo, nel 1952, il film compare in Italia. A doppiare la coppia, come sempre è Alberto Sordi per il Grassone, e Mauro Zambuto per il Magrolino.

Il film è un mezzo disastro. Come aveva annunciato Stan Laurel: «Il film è stato un aborto. Parte del cast parlava francese, altri parlavano italiano e noi due eravamo i soli a parlare inglese. Nessuno, incluso il regista, sapeva minimamente quello che voleva». Anche il Centro Cattolico di Segnalazioni Cinematografiche non è tenero con le platee dei loro beniamini: «La vicenda – scrive – per se stessa è innocua. Qualche scena, qualche situazione un po’ scabrosa, benché l’intonazione comica tolga loro importanza, impongono tuttavia una riserva. La visione, esclusa per i giovani, è ammessa solo per gli adulti».

I due se ne tornano in America, dove il film, tagliato di sedici minuti, arriverà solo nel 1954. Anche per l’America sarà un fiasco. Stan Laurel smetterà di recitare. Oliver Hardy farà qualche particina con John Wayne. Poi anche lui si ritira, va ad abitare in una casa modesta, lontana da Hollywood, mentre Stan ha preso un residence a Santa Monica. Ormai, nell’ultima sconfitta, sono amici, si vedono tutti i giorni. Forse non parlano di cinema, certo non sanno, e Oliver non lo saprà mai, di essere già entrati nella Storia del Cinema. Lo saprà Stan, quando Jerry Lewis andrà a dirglielo. E’ tardi, nel 1957, il 7 agosto, il Grasso è morto per una crisi cardiaca. E lui, Stan, lo seguirà il 23 febbraio del 1965. Ma almeno avrà, lui che è stato l’inventore di Stanlio e Ollio, quella soddisfazione di sapere che sono stati parte della Storia in celluloide.

Mi aveva chiesto Soriano a Parigi: «Triste, solitario y final doveva cominciare a Nizza?». Allora, qualche tempo fa, avrei potuto rispondergli: «Forse». Oggi – mentre il suo libro torna, grazie a Oreste del Buono, in libreria, nei tascabili Einaudi – gli direi di sì.

da un articolo di Nico Orengo, apparso su “La Stampa” del 15 agosto 1991