I network anticomunisti

Il carattere globale del presunto attacco sovietico fece sì che anche la risposta a simile minaccia si concretizzasse nella formazione di veri e propri network, istituzionali e non, i cui nodi superavano la dimensione nazionale e, in alcuni casi, continentale. Le reti che si vennero a creare ebbero caratteristiche molto diverse tra loro: organizzazioni stay behind, i centri di addestramento alla controinsorgenza, le agenzie internazionali di propaganda, associazioni culturali, sindacati, think thank, logge massoniche, agenzie di stampa, organizzazioni economiche o religiose. Nonostante i network avessero obiettivi e modus operandi molto differenti, essi giocarono ruoli distinti ma complementari all’interno della lotta anticomunista dell’Occidente. <50
Il panorama storiografico riguardante le reti anticomuniste transnazionali è piuttosto scarno. Due tipi di approcci hanno caratterizzato le ricerche svolte su questo tema. Entrambi sostengono l’esistenza di una cosiddetta “Internazionale Nera”, intendendo con questa espressione una rete transnazionale di soggetti appartenenti organizzazioni di stampo principalmente neofascista. Di questo network avrebbero fatto parte movimenti extraparlamentari, partiti, logge massoniche, servizi di sicurezza, apparati militari. Ciò che distingue i due approcci è invece il tipo di struttura e le funzioni che essa avrebbe effettivamente svolto all’interno della guerra fredda e negli episodi di terrorismo che hanno caratterizzato quegli anni.
Il primo network che fu creato in funzione anticomunista fu la Stay Behind – Net, una rete di eserciti paramilitari clandestini organizzati dalla NATO nell’Europa Occidentale, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, il cui compito era coadiuvare le forze armate regolari in caso di un attacco armato dell’Unione Sovietica. La creazione di tali eserciti aveva carattere estremamente riservato. Della sua esistenza erano infatti tenute all’oscuro persino le istituzioni parlamentari dei paesi ospitanti. Gli eserciti venivano infatti istituiti inseguito ad accordi stipulati tra la CIA statunitense e i servizi di sicurezza di ciascun paese. Il caso più famoso è senza dubbio quello italiano, dove il soggetto assunse il nome di “Organizzazione Gladio”, creata intorno alla metà degli Anni Cinquanta tramite un accordo secreto tra la CIA e il SIFAR. <51 Il ruolo della Stay Behind – Net nell’ondata di terrorismo che si abbatté sull’Europa, e in particolare e in Italia, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Ottanta è tutt’ora oggetto di dibattito. In ‘NATO’s Secret Armies. Operation Gladio and Terrorism in Western Europe’, <52 Daniele Ganser riconduce gli attentati a una regia unica di matrice atlantica, che avrebbe promosso e pianificato le stragi attraverso le cellule nazionali della Stay Behind – Net, le quali, a loro volta, avrebbero utilizzato come manovalanza le organizzazioni neofasciste presenti sul territorio. Il tutto sarebbe stato organizzato al fine di destabilizzare l’ordine sociale per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica una compressione della democrazia, ostacolando in questo modo l’avanzata comunista in Europa e in particolare in Italia, dove vi era uno dei partiti comunisti più forti e numerosi del Vecchio Continente. Questa interpretazione è stata fortemente criticata da altri studiosi come Peer Henrik Hansen, <53 Philip Davies <54 e Leopoldo Nuti, <55 i quali sottolineano l’inconsistenza del lavoro di Ganser dovuta all’assenza di qualsiasi evidenza scientifica. Ma a prescindere dal suo coinvolgimento o meno nelle stragi, l’esistenza di un network segreto finanziato e armato dalla CIA d’intesa con i servizi segreti locali, di cui le istituzioni parlamentari erano tenute all’oscuro, addestrato alle tecniche della controinsorgenza e della guerra rivoluzionaria, <56 dimostra che la paura di un attacco comunista in Europa non era percepita solo da ambienti politici militanti, ma anche dai vertici del Trattato Atlantico, e che le teorie della guerra non ortodossa erano state recepite anche di vertici della NATO.
Sul piano delle reti non militari, sempre in ambito europeo, una ricerca pionieristica da un punto di vista storiografico fu portata avanti all’inizio degli anni Novanta da Jeffrey Bale. Nella sua tesi dottorale intitolata The “Black” Terrorist International: Neo-Fascist Paramilitary Networks and the “Strategy of Tension” in Italy, 1968-1974, <57 l’accademico statunitense elabora una mappatura dei legami del neofascismo italiano con le organizzazioni terroristiche europee ed extraeuropee, interpretando queste relazioni e le attività a esse correlate come declinazioni territoriali della guerra fredda. In particolare, grande importanza riveste all’interno di questo studio di un’organizzazione nota come Aginter Press, che ufficialmente operava come un’agenzia di stampa internazionale con corrispondenti in gran parte di Europa, Nord e Sud America, Asia e Africa. Le attività dell’Aginter Press rappresentano uno degli oggetti principali della ricerca condotta dal giornalista Frederic Laurent. Nel libro “L’Orchestre Noir”, <58 l’autore francese individua le mission dell’organizzazione, che comprendevano: – attività di spionaggio coperte dal PIDE, la polizia politica portoghese, da svolgere di concerto con i servizi di sicurezza di altri paesi come Spagna, Grecia, Stati Uniti e Germania Ovest; – reclutamento di mercenari e addestramento alle tecniche della guerra rivoluzionaria e della controinsorgenza; – organizzare azioni di “intossicazione politica” e coordinale attraverso una direzione strategica con i regimi militari europei e le organizzazioni politiche ritenute “affini”.
“Molto di quel che sappiamo sull’Aginter Press si deve inoltre alle indagini della magistratura italiana sulle stragi. Secondo il magistrato Guido Salvini, l’agenzia dirigeva dei corsi di formazione in Portogallo e in Africa, durante i quali si addestrava i partecipanti alle tecniche di sorveglianza e pedinamento, di combattimento, di interrogatorio sia attivo che passivo, tecniche di terrorismo e sabotaggio. Particolare attenzione era conferita alla guerra psicologica e all’infiltrazione, oltre che un dettagliato addestramento all’eliminazione fisica degli avversari in ogni sua fase, dall’osservazione alla cancellazione di qualsiasi traccia. <59 Per quanto riguarda l’orientamento politico dell’Aginter, era composta «da specialisti nella lotta contro la “sovversione” e caratterizzata non solo, o non tanto, essa era da un’ideologia fascista, quanto da una scelta di campo in favore dei “valori occidentali”, ovunque fossero minacciati dai comunisti e dai loro alleati, e attenta nei primi anni ‘60 soprattutto alla tematica della difesa della “presenza bianca” nei pochi territori africani rimasti in mano agli europei». <60 Un simile orientamento politico si prestava pertanto a “larghe intese”, non disdegnando nemmeno il contatto con i servizi di sicurezza «dei principali Paesi occidentali, anch’essi impegnati nella comune battaglia contro il comunismo e che potevano essere interessati ad “appaltare” all’agenzia operazioni sporche, quali attentati o azioni di sabotaggio o reclutamento di mercenari per il Paesi del Terzo Mondo, che non potevano essere condotte ufficialmente e in prima persona da entità governative». <61
Per quanto riguarda la strategia politica dell’Aginter Press, grande rilevanza assume un documento intitolato ‘La nostra azione politica’, rinvenuto durante una perquisizione negli uffici dell’agenzia a Lisbona:
“Noi pensiamo che la prima parte della nostra azione politica debba essere quella di favorire l’installazione del caos in tutte le strutture del regime. […] Questo porterà a una situazione di forte tensione politica, di paura nel mondo industriale, di antipatia verso il governo e verso tutti i partiti: in questa prospettiva deve essere pronto un organismo efficace capace di riunire attorno a sé gli scontenti di ogni classe sociale: una vasta massa per fare la nostra rivoluzione. […] A nostro avviso la prima azione che dobbiamo lanciare è la distruzione delle strutture dello Stato sotto la copertura dell’azione dei comunisti e dei filo-cinesi. Noi, d’altronde, abbiamo già elementi infiltrati in tutti questi gruppi; su di loro dovremo evidentemente adattare la nostra azione: propaganda ed azioni di forza che sembreranno fatte dai nostri avversari comunisti e pressioni sugli individui che centralizzano il potere ad ogni grado. Ciò creerà un sentimento di antipatia verso coloro che minacciano la pace di ciascuno e della nazione; d’altra parte ciò peserà sull’economia nazionale”. <62
L’ultimo passo citato risulta particolarmente importante poiché menziona un tipo di tattica denominata false flag. Questo tipo di operazione consiste nel compiere un’azione, generalmente con effetti destabilizzanti per l’ordine sociale, e attribuirne la responsabilità alla fazione avversaria. Lo scopo è quello di fornire una giustificazione a eventuali azioni cruente che altrimenti potrebbero risultare ingiustificate o eccessivamente cruente. <63 Operazioni di questo tipo rientrano nella categoria più ampia delle pseudo-operations, oggetto di una monografia <64 redatta da Lawrence Cline.
Dopo la Rivoluzione dei Garofani e la conseguente caduta dell’Estado Novo, molti dei componenti dell’Aginter Press ripararono in Spagna, che divenne il nuovo fulcro dell’anticomunismo europeo. Al network italo-spagnolo è dedicato Transnational neofascim in the Twentieth Century: Spain, Italy and the Global Neo-Fascist Network, <65 di Matteo Albanese e Pablo del Hierro. In questo accurato lavoro, gli autori ne ricostruiscono la nascita e l’evoluzione, partendo dai legami tra Francisco Franco e Benito Mussolini sino ad arrivare fino al 1981, anno del fallito colpo di stato passato agli annali come il 23F, passando per le stragi di Montejurra e della Calle Atocha.
Oltre i confini dell’Europa, l’unico network che toccò una dimensione mondiale fu la World Anti-Communist League. Il primo tentativo di ricostruzione delle origini e delle attività della WACL si deve a Scott Anderson e Lee Anderson. In Inside the League, i due giornalisti focalizzano l’attenzione sul ruolo del network e della sua propaggine latinoamericana di cui si dirà in seguito, nelle campagne anticomuniste portate avanti in America Centrale a partire dagli anni Ottanta. Lo stesso argomento è stato ripreso dalla giornalista Penny Lernoux, la quale si concentrò principalmente sui conflitti tra la Chiesa Cattolica ufficiale e la nascente Teologia della Liberazione, una nuova dottrina cristiana, spingendo molti teologi ad abbracciare il marxismo e la lotta armata. <66
Altri scritti sulla WACL provengono da Pierre Abramovici. Il giornalista francese è autore di numerose inchieste iniziate dagli archivi dell’Ordine Domenicano a Parigi, che hanno dimostrato il coinvolgimento della WACL nella repressione dei cattolici progressisti in America Latina. <67 Creata nel 1966 come ampliamento della Asian Pacific Anti-Communist League (APACL), il primo congresso della WACL, che ebbe luogo a Tai’peh vide la partecipazione di 170 delegazioni provenienti da 60 nazioni, con una preponderanza di componenti asiatiche. Erano inoltre presenti diverse organizzazioni internazionali come la Christian Anti-Communist Association, la Christian Anti-Communist Crusade, l’European Freedom Council e l’Inter-American Confederation of Continental Defense. Oltre le delegazioni dei vari paesi erano presenti anche diverse personalità che da anni erano in prima linea nella lotta al comunismo tra cui Suzanne Labin. <68 La WACL era organizzata in sezioni nazionali e continentali, più altre organizzazioni internazionale come quelle sopramenzionate che partecipavano regolarmente ai congressi. La direzione generale spettava a un direttivo in cui vi era sempre una componente taiwanese. <69 L’obiettivo ultimo delle organizzazioni che componevano il network era il collasso definitivo del comunismo, inteso sia come regime politico esistente sia come ideologia stessa. La minaccia marxista, considerata più dal punto di vista della sovversione interna ai paesi dell’Occidente, giustificava la lotta con qualsiasi mezzo contro l’avanzata comunista e spingeva a considerare i soggetti disposti a instaurare un dialogo con le forze comuniste come dei burattini dell’Unione Sovietica. <70 Molte delle attività dell’organizzazione e i suoi legami con l’eversione nera rimangono tutt’ora sconosciuti. Tuttavia, secondo Abramovici, autore della più recente pubblicazione sulla WACL, la lega non ebbe alcun ruolo diretto nella lotta globale contro il comunismo durante la guerra fredda, come non ebbe grandi influenze all’interno del processo di definizione delle policy riguardanti l’anticomunismo dei vari paesi in cui operava. <71 In ogni caso, è opinione concorde che il network fu un importante veicolo di diffusione delle teorie della controinsorgenza e della guerra rivoluzionaria, nonché uno strumento per le organizzazioni neofasciste, in particolare per quelle europee, di acquisire visibilità e libertà di movimento in tutti quei paesi in cui la WACL era radicata.
[NOTE]
50 J. MK Bale, The “Black” Terrorist International: Neo-Fascist Paramilitary Networks and the “Strategy of Tension” in Italy, 1968-197, Berckeley, University of California, 1994, p. 47.
51 Si veda a tal proposito Daniele Ganser, NATO’s Secret Armies: Operation Gladio and Terrorism in Western Europe, Londra, Frank Cass, 2005; Leopoldo Nuti, The Italian ‘Stay Behind’ network: the origin of Operation Gladio, Journal of Strategic Studies, n.30, 2007.
52 Daniele. Ganser, NATO’s Secret Armies.
53 Peer H. Hansen, Review of NATO’s Secret Armies, «Journal of Intelligence History», estate 2005, dispobibile all’indirizzo https://web.archive.org/web/20070826145603/http://www.intelligence-history.org/jih/reviews-5-1.html. Ultima visita 21/02/2018.
54 P. Davies, Review of NATO’s Secret Armies, «The Journal of Strategic Studies», dicembre 2005, 1064-1068.
55 L. Nuti, The Italian ‘Stay-Behind’ network – The origins of operation ‘Gladio’, «The Journal of Strategic Studies», vol. 30, n. 6, dicembre 2007, 955-980
56 Nella sede del Centro Addestramento Guastatori di Alghero, quartier generale dell’Organizzazione Gladio, sono stati ritrovati manuali di addestramento alle tecniche di combattimento citate. A titolo di esempio si veda Casa della Memoria di Brescia, Servizio Informazioni Forze Armate, Ufficio R, «Esercitazione Aquila Bianca-Relazione Conclusiva», fascicolo “Atti Gladio”, 10/11/1965,
57 Jeffrey Bale, The “Black” Terrorist International: Neo-Fascist Paramilitary Networks and the “Strategy of Tension” in Italy, 1968-197, Berckeley, University of California, 1994.
58 Frederic Laurent, L’orchestre Noire, Parigi, Stock, 1978.
59 Tribunale civile e penale di Milano, Ufficio Istruzione 20a, Sentenza ordinanza del giudice Guido Salvini nel procedimento nei confronti di Rognoni Giancarlo e altri, 03/02/1998, p. 368-369.
60 Ibidem, p. 370.
61 Ibidem.
62 Documento citato nella sentenza ordinanza del 3/02/1998, allegato alla nota del R.O.S. in data 14.2.1994, vol.43, fasc.6, ff.17 e ss.
63 Cfr. Philip Jenkins, Under two flags. Provocation and deception in European Terrorism, in «Terrorism», vol. 11, 1988, pp. 275-287. Uno degli esempi più conosciuti di operazione false flag è rappresentato dall’Operazione Northwood. L’intento dell’operazione, ideata nel 1962, era fornire un pretesto per un attacco a Cuba attraverso una serie di azioni messe in atto da agenti statunitensi sul territorio nazionale per poi far ricadere la responsabilità sui gruppi cubani. Il piano non fu mai messo in atto, ma esemplifica in maniera chiara la natura di questo tipo di operazioni. I documenti, prodotti dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, sono liberamente consultabili sul sito del National Security Archive all’indirizzo https://nsarchive2.gwu.edu//news/20010430/index.html. Ultima visita 21/02/2018.
64 Lawrence E. Cline, Pseudo operations and counterinsurgency: lessons from other countries, 2005, pubblicazione in formato elettronica prodotta dall’US War College External Research Associates Program, liberamente consultabile all’indirizzo http://ssi.armywarcollege.edu/pdffiles/pub607.pdf. Ultima visita 21/02/2018.
65 Matteo Albanese, Pablo Del Hierro, Transnational Fascism in the Twentieth Century: Spain, Italy and the Global Neo-Fascist Network, Londra, Bloomsbury Academic, 2016.
66 Penny Lernoux, Cry of the people, New York, Doubleday, 1980.
67 I risultati delle sue ricerche sono riportati in Pierre Abramovici, The World anticommunist League, in Giles Scott Smith, a c. di, Trannational Anti-communism and Cold War. Agents, Activities and Networks, Londra, Palgrave Macmillan, 2014.
68 Pierre Abramovici, The World anticommunist League, p. 121.
69 Ibidem.
70 Ibidem, p. 123.
71 Ibidem, pp.126-127.
Vito Ruggiero, Il neofascismo italiano in America Latina: network anticomunisti transnazionali nel Cono Sur (1977-1982), Tesi di Dottorato, Università degli studi “Roma Tre”, 2019