Il 1971 si concluse quindi con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, con la soddisfazione degli USA e con la speranza che tale assetto politico risultasse duraturo

L’ambasciatore americano all’inizio del 1971 si dedicò ad un’analisi approfondita del PCI.
Egli riteneva che i comunisti si stessero sempre più avvicinando all’area di governo e anche il PSI stava assumendo un atteggiamento a loro favorevole.
Il PCI era definito da Martin come «il nostro principale nemico in Italia» <46 se non avesse cambiato rotta e si fosse schierato su posizioni occidentali.
Per garantire l’assenza del PCI dalla formazione di governo era necessario agire su due fronti: il primo era quello che riguardava il PSI, partito che non avrebbe dovuto più partecipare al governo, il secondo era la realizzazione della riforma della DC, che doveva mettere da parte le sue divisioni interne e rafforzarsi.
Entrambi gli interventi però non potevano essere realizzati nel breve termine: escludere i socialisti era una strada impraticabile, in quanto non era possibile pensare di formare un governo senza di essi; per quanto riguarda invece la riforma della DC, si sarebbe dovuta attendere la conclusione delle elezioni presidenziali. <47
Sia Nixon che Kissinger condividevano l’analisi compiuta da Martin sullo scenario politico italiano; infatti, ritenevano che il problema cardine dell’instabilità italiana non fosse tanto il potere e il consenso che il PCI andava via via assumendo, quanto la responsabilità dei partiti di governo che erano sempre più deboli e divisi e le cui mancanze costituivano terreno fertile per l’avanzata dei comunisti. <48
La DC ormai era definita un «semi-partito» formata da un numero notevole di correnti, tra le quali era presente una grande differenza ideologica, mentre il PSI si spingeva sempre più verso sinistra.
Martin poi compiva un’analisi più dettagliata dei rischi che un’eventuale presa di potere del PCI avrebbe comportato.
Le ripercussioni principali si sarebbero avute in termini di politica estera, in quanto la détente in questo periodo storico era vista come il mantenimento dello status quo e quindi era indispensabile che l’Italia continuasse a far parte del blocco occidentale. <49
È in tale quadro che si inserisce la visita del Presidente del Consiglio Colombo e del Ministro degli Esteri Moro negli USA.
La leadership americana vide in questa visita la possibilità per avere finalmente un chiarimento riguardo allo stato di salute della politica italiana.
Tale incontro infatti fu caratterizzato da un vero e proprio «bombardamento di pressioni» <50 sulla DC e sulla sua condizione.
Nixon durante un colloquio con Colombo chiese alcuni chiarimenti sulla situazione del partito e il Primo Ministro italiano continuò a rassicurare il Presidente sostenendo che seppur di sinistra, le correnti all’interno della DC non avrebbero compiuto un’alleanza con i comunisti, che l’Italia sarebbe rimasta nel blocco occidentale e che non ci sarebbe stato spazio per altro se non per lo scudocrociato.
Nel giugno del 1971 l’intelligence americana effettuò uno studio intitolato “Potere rosso e prospettive in Italia”, all’interno del quale proponeva un’analisi approfondita del PCI e della sua evoluzione.
La prima caratteristica individuata era come il PCI voleva apparire, ovvero un partito che assumeva sempre più caratteri democratici, la seconda caratteristica invece riguardava in che posizione effettivamente si trovasse il Partito comunista: un partito ancora legato con l’URSS.
Si notò che il PCI stava espandendo sempre più il suo consenso, sia a livello locale che a livello nazionale e che di conseguenza una sua possibile partecipazione al governo non era così irrealistica. <51
Subito dopo il viaggio negli USA, il governo Colombo entrò in crisi a causa del Partito repubblicano che mostrò l’intenzione di voler ritirare dal governo i suoi ministri con il rischio di provocare la sua caduta.
Il governo Colombo in ogni caso sopravvisse ma allo stesso tempo si erano venute a creare altre dinamiche che preoccupavano Martin.
I movimenti eversivi di destra stavano prendendo contatti tra loro con lo scopo di realizzare un colpo di Stato, possibilità giudicata negativamente dall’ambasciatore che più volte rimarcò la non necessità di tali azioni in un paese democratico.
Il MSI tentò anche di far ottenere al suo leader, Giorgio Almirante, un incontro con Nixon, per iniziare a stringere rapporti con l’amministrazione americana.
Kissinger consigliò al presidente di rifiutare l’invito e di non instaurare alcun contatto con esponenti del Movimento sociale. Il presentimento del National Security Advisor andava nella direzione di un tentativo del movimento neofascista di riacquistare credibilità agli occhi dei cittadini italiani, tramite appunto l’instaurazione di legami con l’amministrazione USA.
Uno scenario che è importante analizzare è quello che si venne a creare durante il periodo di campagna elettorale per le elezioni amministrative e i suoi risultati.
Il MSI fu il grande vincitore della tornata elettorale, guadagnando molti consensi soprattutto alle regionali in Sicilia a scapito della DC; la riuscita del PSI era tutto sommato positiva, per il PCI invece non poteva dirsi lo stesso.
In un colloquio tra Fanfani e l’ambasciatore americano si compì un’analisi approfondita dei risultati elettorali e ci si focalizzò sulla sconfitta dei comunisti.
Fanfani sosteneva che in realtà tale risultato fosse frutto di un accordo tra PSI e PCI; il PCI, infatti, avrebbe spinto i suoi elettori a votare per i socialisti in quanto ciò non avrebbe fatto altro che spingerli ulteriormente verso sinistra. <52
Per quanto riguarda il successo missino, Martin sostenne che l’avanzata del partito era stata tale solo grazie a un voto di protesta compiuto da coloro che solitamente erano soliti votare Democrazia Cristiana.
Nella visione dell’ambasciatore, il progresso del MSI non si sarebbe concluso con una partecipazione politica a livello statale, ma poteva risultare utile nel dare un’ulteriore spinta alla necessità di riforma della DC.
Nel dicembre del 1971 si tennero le elezioni per il Presidente della Repubblica, elezioni seguite con grande attenzione da Washington.
Martin nei mesi precedenti condusse alcune valutazioni riguardo alla possibile candidatura di Aldo Moro, che però poteva contare su un numero esiguo di voti che non gli avrebbe dato la possibilità di essere eletto; l’ambasciatore però considerava la possibilità che Moro adottasse tale strategia per impedire l’elezione di Fanfani. <53
Moro infatti volle partecipare ad una seduta dell’ONU negli USA e cercare di incontrare il Presidente.
L’ambasciatore intuì subito quali fossero le intenzioni di Moro ma si decise comunque per autorizzare la visita.
Le speranze di Moro vennero infrante al momento dell’incontro con Nixon, in quanto il presidente si concentrò su questioni riguardanti lo scenario internazionale e non quello interno italiano, non dando così alcuna possibilità a Moro di richiedere il suo supporto. <54
Il primo candidato fu Fanfani, che però non riuscì ad ottenere i consensi necessari e di conseguenza la sua elezione non andò a buon fine.
A lui subentrò la figura di Giovanni Leone, che riuscì ad ottenere i voti necessari grazie al voto di MSI e dei partiti di centro, <55 elezione accolta positivamente da Washington in quanto sanciva definitivamente uno spostamento verso il centro.
Il 1971 si concluse quindi con l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, con la soddisfazione degli USA e con la speranza che tale assetto politico risultasse duraturo. <56
[NOTE]
46 GUARNA L., op.cit., p.193;
47 Ivi p.194;
48 Ivi, p.200;
49 Ivi, p.197-198;
50 Ivi, p. 203;
51 GENTILONI SILVERI U., op.cit., p.48;
52 GUARNA L., op.cit., p. 227;
53 Ivi, p. 237;
54 Ivi, p.239;
55 COMINELLI L., op.cit., p.109;
56 GENTILONI SILVERI U., op.cit., p.62.
Nicole Todisco, Gli USA e la questione del compromesso storico durante l’amministrazione Ford, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2021-2022