Il 27 novembre 1975 Pecorelli si iscrisse alla Loggia P2

Carmine Pecorelli consolidò, nel corso degli anni settanta, la sua attività giornalistica tentando di limitare i suoi legami diretti con i servizi segreti pur non potendo fare a meno dei finanziamenti neri che mantennero il suo giornale. «Op» non era in grado di autofinanziarsi e venne costantemente retta dal denaro pagato da aziende statali e parastatali <125 coinvolte con i servizi segreti e talvolta da uomini della Democrazia cristiana. Ciò nonostante il giornalista nei suoi articoli non risparmiò critiche nemmeno agli stessi finanziatori. Un chiaro esempio fu la campagna scandalistica contro il presidente della Finmeccanica Camillo Cruciani e l’andreottiano Franco Evangelisti <126.
Dalle carte ritrovate nello studio di Pecorelli sembrerebbe che ulteriori finanziamenti arrivassero da Vito Miceli, dalla Montedison e dalla Democrazia cristiana, attraverso le figure di Flaminio Piccoli e il vicesegretario amministrativo del partito Egidio Carenini.
Per almeno dieci anni fu testimone delle guerre interne nei servizi segreti, dal Sid al Sismi; una congrega di massoni e piduisti accumunata da un doppio giuramento con lo Stato e la Massoneria, segnata dalla divisione in fazioni contrapposte <127. Prese le difese di alcuni protagonisti di tali battaglie interne, come nel caso di Vito Miceli nel 1974. Il capo del Sid venne arrestato su ordine della magistratura di Padova per un presunto coinvolgimento nel Golpe Borghese, nello scandalo del Sid parallelo e per aver avuto legami con il gruppo della Rosa dei Venti. Carmine Pecorelli difese Miceli <128 scrivendo contro il generale Maletti ed il suo collaboratore Labruna, in una campagna che si concluse con l’arresto degli stessi nel 1976 <129. La loro destituzione servì soltanto a portare ai vertici del Sismi e del Sisde numerosi uomini della P2, mentre per il giornalista significò perdere determinati agganci come fonte d’informazione. Sebbene con il tempo i rapporti con il generale Maletti si distesero, arricchendo il patrimonio informativo di Carmine Pecorelli. I primi riferimenti alla Loggia Propaganda si possono reperire in un articolo di «Osservatore politico» del gennaio 1972: “Una snella ed efficientissima organizzazione, ottimamente mimetizzata, alla conduzione della quale è preposto un Personaggio della quale non possiamo rivelare l’identità essendo Egli pressoché ignoto alla quasi totalità degli iscritti militanti. Questo personaggio è l’elemento determinante delle più delicate e complesse vicende della vita politica italiana” <130.
Il giornalista sostenne Gelli nel conflitto massonico contro il Gran Maestro Lino Salvini esprimendo con toni goliardici la sua scarsa considerazione del fenomeno del Grande Oriente d’Italia, come si evince da tale articolo.
“La massoneria è una cosa che fa morire dal ridere. Ma è anche una bottega per coloro che la sanno sfruttare. Tra l’altro si credono gli uomini del destino incaricati dal Padreterno di tracciare le mete per la salvezza del paese. Basta conoscerne qualcuno per farsi un’idea precisa sulla massoneria. I fratelli si elogiano reciprocamente, si danno del venerabile, dell’illustrissimo, del potentissimo, come se fosse vero. Si baciano tre volte, ma sono sicuro che si staccherebbero reciprocamente gli orecchi, tanta è l’invidia che c’è tra loro. Medici e professionisti in cerca di baiocchi, burocrati in cerca di protezioni, industriali squattrinati e ufficiali in via di pensionamento, intriganti, imbroglioni, falsi moralisti, tutta una ramazzaglia di arrivisti e mitomani” <131.
Il 27 novembre 1975 Pecorelli si iscrisse alla Loggia P2 <132. Dalla controparte sembrò esserci interesse nei confronti di «Osservatore politico», già dal 1972, a tal punto da proporre la trasformazione del giornale, durante una riunione del direttivo svoltasi a Firenze presso l’hotel Baglioni, in agenzia stampa diretta della Loggia. Un’entrata d’informazioni utili e veicolari vagliate dal Venerabile e dalle alte sfere dell’organizzazione. Decisione che venne successivamente scartata dal Gran Consiglio, sebbene non mancò l’aiuto reciproco tra il giornalista e Licio Gelli attraverso notizie fornite dal Venerabile. Il giornalista, seppure interessato a pubblicare notizie ed informazioni provenienti dalla Loggia, non accettò di sottostare al controllo informativo.
“Qualcuno ha detto che siamo l’agenzia del SID. Qualcun altro, l’agenzia di Miceli. Ognuno a tirare acqua al suo mulino, in un gran groviglio di inganni e cortine fumogene, pur di nascondere, pur di inquinare. La verità è che Op ha una sua propria autonoma, rete di informatori. E che è bene introdotta in certi ambienti. E che mette in circolo tutte le notizie, nessuna esclusa, che riesce a raggiungere. Lasciando alla intelligenza e alla libertà dei suoi lettori analisi e giudizi. Il nostro archivio, il nostro pubblico, fa fede di questo. Questo nostro costume è talmente originale, talmente straordinario per il giornalismo italiano, da risultare sconvolgente e pericoloso per tutti gli attuali uomini del sistema”.
Per questi suoi comportamenti fuori dagli schemi i massimi vertici della Loggia Propaganda decisero di dargli una lezione. Nel 1976 Pecorelli apprese, da uomini appartenenti alla Loggia, la notizia che la moglie dell’onorevole Francesco Cattanei <133 era stata fermata in possesso di cinquanta milioni di lire e denunciata per illecita esportazione di capitali. La notizia, autentica, compromise la carriera del marito. La stessa fonte piduista <134 riferì che anche la compagna dell’onorevole Luigi Mariotti <135 avrebbe tentato di portare fuori dall’Italia denaro. Quando il 18 marzo 1976 «Osservatore politico» pubblicò la notizia, falsa, Carmine Pecorelli venne querelato dall’onorevole per diffamazione e successivamente condannato per la stessa accusa. Il 18 maggio 1977 Pecorelli inviò a Gelli una lettera di dimissioni <136 comunicando l’intenzione d’uscire dall’organizzazione. A seguito della scissione il giornalista sembrò
continuare ad affiancare la P2, lo notiamo da un articolo comparso in «Op» il 25 giugno 1977: “Si ha un bel dire che sia un covo di golpisti e sovversivi. Vi aderiscono personaggi politici delle più diverse espressioni, ma tutti di primo piano. Militari, magistrati, alti funzionari della pubblica amministrazione. Si può dire che Gelli rappresenti quel che resta dello Stato. E ormai si può aggiungere pure che tutti insieme i fratelli della P2 hanno giurato di far giustizia e pulizia. A cominciare da Palazzo Giustiniani” <137.
Pochi giorni dopo il Tribunale di Roma condannò il giornalista per diffamazione nei confronti dei coniugi Mariotti. Pecorelli espresse il suo disappunto nell’articolo ‘Evviva Mariotti, giustizia è fatta!’ del 13 luglio 1977: «Evviva fratello Mariotti, evviva anche il Maestro Venerabile Licio Gelli, fratello di tutti i fratelli di questo paese di merda! <138».
Ma non fu certo questo l’unico motivo della campagna di «Osservatore politico» contro la loggia di Gelli. I rapporti tra il giornalista e la massoneria erano rovinati già da tempo. Con un articolo che sembrerebbe essere a favore della Loggia Propaganda Due, il 15 agosto 1978, Pecorelli cercò di mostrare ai lettori la pericolosità di un potere occulto sottovalutato: «La potente Loggia P2, loggia coperta, guidata dal Maestro Venerabile Licio Gelli. Costituita da parlamentari, ministri e militari (e rappresenta la crema della massoneria) <139».
[NOTE]
125 Montedison, Finmeccanica, Iri, Enel, Egam, FLAMIGNI, Dossier Pecorelli, p. 18
126 «Dall’on. Evangelisti, Pecorelli riceveva personalmente tre milioni di lire al mese [o forse quattro milioni], in contanti. Ciò mi fu dichiarato dallo stesso Pecorelli e confermato poi da persone molto vicine ad Evangelisti. Ignoro il motivo di tali finanziamenti. Mi risulta però che l’Evangelisti si dava da fare, di più, per trovare ulteriori finanziamenti all’agenzia», dalla testimonianza di Enrico Fiorini, amico del giornalista, FLAMIGNI, Dossier Pecorelli, p. 18. Lo stesso Evangelisti dichiarerà: «in precedenza avevo visto Pecorelli forse due volte a Montecitorio e l’avevo rimproverato scherzosamente per i suoi attacchi; egli, a sua volta, rispondeva che ciò faceva perché non si dicesse che io pagavo», CpiP2,volume 7, tomo 14, p. 769.
127 FLAMIGNI, Dossier Pecorelli, p. 24.
128 «Come mai, da Viggiani a Alavena, da De Lorenzo a Miceli, tutti coloro che si sono succeduti al comando del Sid, hanno sempre avuto a che fare con la magistratura? Come mai la stessa magistratura italiana che nel caso dell’ammiraglio Henke ha riconosciuto al Sid compiti diversi da quelli della polizia, nei confronti del generale Miceli ha inteso adottare parere del tutto diverso? La risposta a tutti questi interrogativi è una sola. Saltando sfumature e passaggi di dettaglio si può risolvere in una affermazione: perché la classe dei politici, per potersi servire al meglio dei servigi del Sid, lungo tutto un decennio ha preferito non provvedere a una chiara e ordinata regolamentazione dei compiti dei nostri servizi», Pecorelli attribuiva la maggior responsabilità del malfunzionamento dei Servizi ad Andreotti, In difesa del capo del Sid, Osservatore politico, 6 dicembre 1975.
129 L’arresto, che avvenne nel febbraio del 1976, con l’accusa d’aver favorito l’espatrio di Guido Giannettini; noto giornalista neo-fascista collaboratore del Sid e gravato di mandato di cattura per la strage di Piazza Fontana.
130 «Osservatore politico», 18 gennaio 1972.
131 «Osservatore politico», 15 gennaio 1975.
132 Tessera n.1750, fascicolo 0235.
133 On. Cattanei, democristiano della corrente di Paolo Emilio Taviani, sottosegretario degli esteri ed ex presidente della Commissione antimafia.
134 Trattasi del giornalista Franco Salomone, uomo di fiducia di Licio Gelli, FLAMIGNI, Dossier Pecorelli, p. 26.
135 On. Mariotti, ministro socialista della Sanità.
136 Citazione p. 25.
137 «Osservatore politico», 25 giugno 1977.
138 Ivi, 13 luglio 1977.
139 Ivi, 15 agosto 1978.
Giacomo Fiorini, Penne di piombo: il giornalismo d’assalto di Carmine Pecorelli, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, Anno accademico 2012/2013