In Valtellina i quadri partigiani non comunisti ebbero sostanzialmente due origini

Val Masino (SO). Fonte: Wikipedia

Accanto al lavoro militare, i comandanti garibaldini comunisti erano consapevoli della necessità di un alacre lavoro politico. “Non essendoci a disposizione un numero di compagni sufficiente, pensammo di reclutare tra i simpatizzanti migliori alcuni elementi per farli entrare nel Partito” così Ario e Silvio, che organizzarono i nuclei di partito nei distaccamenti della 40^ Brigata. “Molte riunioni furono fatte per spiegare o comunque chiarire i compiti militari e politici dei Distaccamenti e sviluppammo tutto il programma del CLN. Furono fatte riunioni dei nuclei di partito e spiegammo i loro compiti e le funzioni dei compagni nelle formazioni. Segnalammo alla federazione l’urgente necessità di avere la nostra stampa nelle formazioni” <20. In un documento senza data, ma collocabile tra il giugno e il luglio del 1944, il vice Commissario di Brigata Gino esponeva ai Commissari di Distaccamento il punto di vista del comando
partigiano in tema di propaganda politica. “La propaganda, che dovrebbe dare una coscienza politica al combattente per la libertà, è stata un po’ trascurata finora in quanto gli avvenimenti hanno impedito la propulsione di essa. Da oggi i Commissari politici incaricati a detta mansione, dovranno svolgere un’intensa azione di propaganda al fine di rendere comprensibile a tutti i combattenti il movente della nostra lotta contro l’invasore tedesco e il traditore fascista”. Parlando del CLN, che Gino definisce il nuovo governo degli italiani, il vice commissario si raccomanda: “i combattenti devono anche conoscerlo in tutti i suoi atti e in tutto il suo valore affinché essi vedano sempre che il loro interesse e l’interesse dei lavoratori è salvaguardato ed è il movente principale della lotta di liberazione nazionale” <21.
Tuttavia, il lavoro politico incontrò grosse difficoltà dovute soprattutto alla cronica mancanza di agit prop: “questo comando non è tanto contento in quanto, mancando dei compagni capaci, il lavoro dei nuclei non rende come dovrebbe; anche i Commissari non sono all’altezza dei loro compiti. Pur tuttavia, ora si inizierà una serie di circolari che si crede colmeranno queste lacune, poiché stiamo allestendo una segreteria della Brigata. Si sta preparando il giornale della Brigata e si è certi che se ne trarranno buoni profitti” <22.
Nei mesi estivi, comunque, i progressi sul fronte politico furono di scarso rilievo e in autunno si dovette ricominciare daccapo. Il 14 ottobre 1944, in una riunione dei compagni del Comando di Divisione fu stigmatizzata la poca coscienza politica dei nuovi partigiani, ma in ottemperanza alle direttive del Partito Comunista si decise di reclutare tutti i simpatizzanti, escludendo solo gli elementi di moralità molto dubbia <23. Furono nominati i responsabili di partito per ogni distaccamento, battaglione e brigata; fu deciso che i compagni dei distaccamenti si sarebbero riuniti due volte alla settimana, che con la stessa frequenza i responsabili dei distaccamenti avrebbero incontrato i loro omologhi dei battaglioni e che una volta alla settimana si sarebbero riuniti tutti i compagni della brigata <24.
Nei mesi di ottobre e novembre, la propaganda politica cominciò a dare i suoi frutti: “In questa Brigata si è dato impulso al lavoro politico con riunioni e conferenze fatte ai Patrioti. I commissari svolgono bene il loro lavoro. […] le riunioni politiche sono state oggi esplicate dai Commissari nei distaccamenti IV e X discutendo: in uno della disciplina nelle formazioni partigiane e nell’altro leggendo e commentando il fascicolo “La nostra lotta”. Particolare attenzione fu dedicata ai più giovani: “A Cataeggio [n.d.r.: Frazione del comune di Val Masino (SO)] sono stati adunati tutti i giovani del Paese dai 16 anni in avanti ed è stata loro spiegata l’organizzazione del Fronte della Gioventù. Alla richiesta fatta loro di organizzarsi tutti hanno aderito” e alle donne: “è stato formato a Cataeggio un Gruppo di Difesa della donna composto da 35 donne. Anche a Filorera 15 donne si sono organizzate. A queste donne è stata tenuta una conferenza dove veniva loro spiegata l’utilità e la necessità di questa organizzazione” <25.
Malgrado le precauzioni prese <26, l’opera di propaganda politica fece sorgere in alcuni partigiani non iscritti al PCI l’impressione che taluni combattenti fossero più uguali degli altri: “la propaganda politica era attiva – ricorda l’allora comandante di distaccamento Germano Bodo – per merito soprattutto del Partito comunista che inviava alle formazioni pubblicazioni e giornali del Fronte della Gioventù, dell’Unione delle donne italiane. Ne guadagnava il dibattito e il confronto politico, diretto soprattutto da Maio (alias Mario Abbiezzi, anche soprannominato Ario, nda), un compagno molto preparato, vicino con il suo insegnamento ai partigiani. Certo non mancarono in me e nei miei amici non comunisti momenti di grande perplessità quando, in qualche occasione, fummo esclusi dalle riunioni dei comandi: ci sentimmo in quelle ore emarginati, fuori gioco, appartenenti ad una categoria quasi inferiore” <27.
Nel 1967 Giulio Spini, comandante garibaldino, comunista ma cattolico e non iscritto al PCI in un incontro dei capi e commissari garibaldini con lo storico Franco Catalano confermerà l’isolamento dei non comunisti testimoniato da Germano Bodo: “questo gruppo (i.e. il gruppo comunista, nda) era portato ad arroccarsi e ricordo che un certo choc mi veniva dal sapere per esempio che alcune decisioni erano prese ad altissimo livello, a livello riservatissimo ad esclusione di altri, i quali nella fase esecutiva o anche nella fase delle materie di carattere materiale erano ammessi, ma erano evidentemente esclusi dalla grande strategia” <28. Giuseppe Giumelli, che si scontrò fortemente col Comando di divisione, riferisce questo arroccamento dei capi comunisti soprattutto alle decisioni relative ad esecuzioni di fascisti e spie: “Se si trattava di fare una azione ci si andava tutti, ma “questo qui deve essere fatto fuori o quell’altro lo dobbiamo andare a prendere” era una cosa di cui si vedevano gli effetti immediati e non l’inizio e la causa” <29. In effetti, il Partito comunista cercava di mantenere uno stretto controllo sulle formazioni partigiane: “Vi era però dall’interno una specie di formazione di partito, un tribunale di partito […]. Vi erano anche degli Ispettori di Partito evidentemente” <30. Anche Giuseppe Giumelli sottolinea la regia politica del movimento garibaldino: “Durante l’estate, riesplosero fra me e Nicola motivi di dissenso in relazione ad imprese che lasciavano spazio a forti critiche. Seppi che i partiti avevano lanciato un attacco politico notevole e che le azioni recavano un po’ quel marchio. Giunsero fra di noi opuscoli di propaganda e arrivarono da Milano persone del tutto ignare di tecnica di guerriglia. Gente che nulla aveva a che fare coi partigiani” <31. Nella testimonianza di Cesare Parravicini, comandante di distaccamento a Postalesio, vicino a Sondrio, la distinzione fra partigiani comunisti e non comunisti assume tratti radicali. “La maggior parte di quelli che sono stati con me e che poi sono aumentati lo hanno scelto per un motivo prettamente ideale. Cioè pensavano che liberarsi da una dittatura fosse lo scopo principale […] Invece ho avuto la netta impressione che la formazione garibaldina, come poi praticamente si è visto e si rivede ancora adesso, fosse l’unica formazione in mano ai comunisti i quali avevano […] una direzione nettamente politica, con tendenza ad impadronirsi del potere e usavano dei mezzi che a me non andavano; a me il terrorismo assolutamente non andava” <32.
D’altra parte, il comando di divisione garibaldino promuoveva la presenza di non comunisti nei quadri partigiani. In Valtellina i quadri non comunisti ebbero sostanzialmente due origini: una autoctona, da cui i comandanti Giuseppe Giumelli, Clorindo Fiora e Cesare Parravicini e una derivante dal gruppo del Colonnello Carlo Croce che nell’autunno del 1943 dopo essere stato sconfitto dai tedeschi nella battaglia di S. Martino nel Varesotto aveva dovuto riparare in Svizzera. Il programma di Croce era di tornare in Valtellina, dove aveva vissuto, portando con sé un numero di ufficiali reduci dalla battaglia di S. Martino per unificare sotto di sé l’intero movimento partigiano. Croce fu intercettato e ucciso dai tedeschi nel luglio del 1944 poco dopo aver varcato la frontiera italiana, ma alcuni suoi ufficiali si inserirono nel movimento garibaldino come comandanti di distaccamento e fra questi Germano Bodo, Vieri Vanni e Carlo Baruffi <33.
Dunque, dicevamo, non pochi furono i partigiani estranei al PCI che il Comando di Divisione mise al comando di distaccamenti. Ad essi però impedì ogni attività politica e richiese sempre il rispetto del vincolo di lealtà nei confronti del Comandante: “l’importante era che non ci fosse attività politica […] dai non comunisti; che ci fosse solo del lealismo verso il comandante” <34. Nei distaccamenti, l’attività politica si risolse talvolta nella propaganda di partito. Il 25 ottobre 1944, nella relazione sul 2° viaggio in Valtellina, Neri, vice comandante del Raggruppamento Divisioni Garibaldine Lombarde, riportò le riserve di Giulio Spini: “[Spini] lamenta anche che nelle formazioni si sia fatta propaganda politica di un solo partito, afferma che si è fatto il reclutamento del PC, che l’Ispettrice sanitaria Angela, credendolo comunista senza l’aggettivo cattolico, gli abbia confidato […] che sarebbero presto cominciate le nostre infiltrazioni nella 90^ per conquistarla completamente” <35. I commissari politici erano per Cesare Parravicini la quinta colonna del Partito Comunista nei distaccamenti: “Nicola per ogni battaglione che c’era, erano magari così: venticinque trenta uomini, ci metteva il suo Commissarietto che non faceva nient’altro che il ruffianetto per andare a riferire, come si pensava più che altro” <36. Non si pensi ad una mera nota di colore: la posizione di Parravicini era condivisa da altri comandanti partigiani in bassa e alta valle. Come abbiamo visto, l’attività dei commissari politici a partire dall’ottobre 1944 fu nel complesso diversa da come la dipinge Parravicini: attività di informazione e formazione politica sui temi della lotta partigiana, ma il punto di vista del comandante di Postalesio, per essere parziale, non fu senza conseguenze sul modo in cui i partigiani non comunisti giudicarono il lavoro politico del comando di divisione.
Quando la propaganda politica si tinse troppo di rosso, il Comando di Raggruppamento intervenne per rimproverare i commissari politici e riportarli sulla via maestra della politica di unità nazionale: “I commissari politici in generale – scrisse l’ispettore Riccardo alla Delegazione lombarda del Comando generale – non conoscono il loro mestiere. Essendo dei comunisti confondono la vita di partito con la linea politica di Fronte Nazionale. I nuclei di partito come organizzazione non esistono. A questo proposito mi sono intrattenuto con la compagna Elsa, attualmente vice commissario politico di Brigata circa l’organizzazione dei nuclei” <37. In effetti gli alti Comandi garibaldini non si stancarono mai di istruire i comandanti delle formazioni sui compiti dei commissari politici e sulla necessità di distinguere l’attività politica dalla propaganda di partito. In un documento senza data, ma probabilmente della prima estate 1944 il Comando Generale per l’Italia occupata inviava a tutti i comandi regionali e alle formazioni un documento sulle funzioni del commissario politico in cui si leggeva: “va chiarito innanzitutto che il commissario politico presso le formazioni partigiane a qualunque partito appartenga non è mai membro del comando in funzione di rappresentante di un partito politico, bensì in funzione di rappresentante del CLN”. Seguiva un elenco delle funzioni del commissario: è responsabile della disciplina degli uomini e della loro educazione politica e morale, secondo le direttive del CLN; tiene informati i partigiani degli avvenimenti più importanti; organizza riunioni in cui vengono discussi i problemi inerenti la vita e l’organizzazione delle formazioni; controlla i rapporti tra partigiani e famiglie; è responsabile dei rapporti fra la formazione e la popolazione locale <38. L’8 agosto 1944 il Comando generale delle Brigate Garibaldi emanava una nuova circolare a tutte le formazioni in cui ribadiva i concetti sopra illustrati: “richiamiamo la vostra attenzione sulla necessità di controllare da vicino l’attività di ogni formazione, di ogni Comando, di ogni singolo garibaldino perché sia effettivamente applicata la linea politica nazionale e unitaria che più volte abbiamo illustrata nelle nostre direttive […] E’ necessario controbattere con i fatti la propaganda di certi avversari che le formazioni garibaldine siano unità di partito e che la vita vi sia impossibile o difficile per i non comunisti. E sui commissari politici: “la linea deve essere quella del CLN. Non si deve attaccare nessun partito e nessun partito deve essere esaltato. Il commissario è il commissario di tutti e rappresenta il CLN nel suo complesso” <39. Erano parole abbastanza chiare che ritroviamo nelle istruzioni ai commissari che il Comando di Raggruppamento inviò a tutte le formazioni: “Il commissario politico è delegato dal CLN […] il commissario politico rappresenta gli interessi di tutti i patrioti di qualsiasi idea politica e religione” <40.
Anche la direzione del Partito comunista fece sentire la sua opinione in tema di propaganda politica. Fra le carte del Comando di Raggruppamento, conservate nel Fondo Resistenza dell’archivio dei Musei Civici di Lecco, si trova un dattiloscritto intitolato “Istruzioni per tutti i compagni e le formazioni di partito” e firmato Ercoli. In otto punti Palmiro Togliatti riassumeva la linea politica del PCI nella Resistenza. Tra questi si legge: “2) Il partito realizza questa linea [l’insurrezione generale del popolo per la liberazione da tedeschi e fascisti, nda] sulla base dell’unità di tutte le forze popolari, antifasciste e nazionali […] già organizzate nei Comitati di Liberazione. L’insurrezione che noi vogliamo deve essere non di un partito o di una parte sola del fronte, ma di tutto il popolo, di tutta la nazione. 3) Ricordarsi sempre che l’insurrezione che noi vogliamo non ha lo scopo di imporre trasformazioni sociali o politiche in senso socialista o comunista, ma ha come scopo la liberazione nazionale e la distruzione del fascismo. Tutti gli altri problemi verranno risolti dal popolo domani una volta liberata tutta l’Italia, attraverso una libera consultazione popolare e l’elezione di un’assemblea Costituente” <41. Era l’enunciazione della politica di unità nazionale, che Togliatti aveva concordato con Stalin prima del suo ritorno in Italia.
In verità, i fatti, i documenti e le testimonianze delle divisioni e delle brigate Garibaldi ci fanno credere che presso i comandi garibaldini inferiori lo scopo della attività politica all’interno del movimento partigiano fosse diverso sia dalla mera propaganda di partito sia dalla politica di unità nazionale. Il suo scopo era infatti di accreditare il movimento garibaldino come l’unico movimento partigiano in grado di combattere radicalmente il nemico nazifascista, senza esitazioni e senza infingimenti e di porre da subito, con i mezzi della lotta partigiana, le basi della nuova Italia antifascista. Si trattava di fondare politicamente la superiorità del movimento garibaldino su ogni altra organizzazione antifascista e partigiana. Vedremo come l’istanza di rinnovamento fosse presente anche nel movimento partigiano non garibaldino dell’alta valle. Ma per i dirigenti dell’alta valle il rinnovamento si basa su una rete di istituzioni politiche ed economiche che ora devono cospirare e organizzarsi per uscire allo scoperto al momento della liberazione e costituire la spina dorsale del nuovo ordine politico, mentre per i dirigenti garibaldini il rinnovamento
nasce solo dall’annientamento del nazifascismo, dal ferro e dal fuoco della lotta partigiana e dalla progressiva espansione del movimento garibaldino stesso. “Homines novi”, dovettero credersi gli uomini del Comando garibaldino e forse lo erano davvero. Certo per loro la politica non era solo propaganda comunista, ma lo strumento indispensabile per la liberazione del Paese.
[NOTE]
20 Relazione per la F. e il CM di Ario e Silvio del 10 luglio 1944, cit.
21 40^ Brigata d’assalto Matteotti ai commissari di Distaccamento, Oggetto: Lavoro di propaganda politica da svolgere, firmato Gino, s.d., Issrec, Fondo Cvl Insmli, b1 f5. L’intestazione reca tra parentesi la scritta “Comando Fronte nord”. Il 23 luglio 1944 i due fronti della 40^ Matteotti si trasformarono reciprocamente nella 40^ Brigata Matteotti e nella 55^ Brigata Rosselli. Da qui la nostra attribuzione del testo al giugno-luglio del 1944.
22 Comando 40^ Brigata d’Assalto Garibaldi Matteotti per la Delegazione Comando e il Comando Regionale unificato Lombardo, 20/7, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f6. Il giornale della 40^ Matteotti
23 Il nucleo di Partito del Comando di Divisione alla Federazione del PCI, 14/10/1944, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f5.
24 Ivi
25 Relazione politica al Commissario di Raggruppamento, firmato Nicola e Primo, 24/11/44, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f5.
26 “Facemmo togliere immediatamente tutte le stelle rosse e qualsiasi altra manifestazione che poteva ostacolare e compromettere lo sviluppo del lavoro di massa in questo Comando Militare”, Relazione per la F. e il CM di Ario e Silvio del 10 luglio 1944, cit.
27 Marco Fini e Franco Giannantoni, op. cit., vol II, pag. 39.
28 Incontro dei capi e commissari della 40^ Matteotti, 24 settembre 1967, Issrec, Fondo Anpi, b4 f13.
29 Ivi
30 Ivi.
31 Marco Fini e Franco Giannantoni, op. cit., vol II, pag. 62.
32 Intervista a Cesarino Parravicini, s.d., Issrec, b2 f18.
33 Per l’attività del colonnello Croce in Valtellina cfr Marco Fini e Franco Giannantoni, op. cit., pagg 86-90; Giorgio Gianoncelli Corvi, Uomini e donne nella Resistenza più lunga, Sondrio, Edizioni Polaris, 1998, pagg 29-42.
34 Intervista fatta al prof. Giulio Spini, Issrec, Fondo Anpi, b2 f18.
35 Relazione 2° viaggio in Valtellina: 25/10/1944, firmato Neri, Issrec, Fondo Gramsci, b1 f 3.
36 Ivi.
37 Relazione sulla mia ispezione in Valtellina, 4/8/1944, firmata da Riccardo, Musei Civici di Lecco, Fondo Resistenza, faldone 6
38 Comando generale per l’Italia occupata ai comandi regionali a tutte le formazioni, s. d., Musei Civici di Lecco, Faldone 5, busta “Carte Brigate Rosselli, Fronte Nord, Matteotti”.
39 Comando generale dei distaccamenti e delle Brigate d’assalto alle delegazioni comando a tutte le formazioni, 8/8/1944, Musei Civici di Lecco, Fondo Resistenza, faldone 6.
40 Raggruppamento divisioni d’assalto garibaldine lombarde ai commissari di Divisione, di Brigata ecc., 26/9/1944, Musei Civici di Lecco, Faldone 5, busta “Carte Brigate Rosselli, Fronte Nord, Matteotti”.
41 Istruzioni per tutti i compagni e le formazioni di partito, firmato Ercoli, Musei Civici di Lecco, Fondo Resistenza, faldone 6.
Gian Paolo Ghirardini, Società e Resistenza in Valtellina, Tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, Anno accademico 2007-2008