La battaglia della Corsica nel settembre 1943

Fonte: Corsica Oggi cit. infra

Il 9 settembre 1943 “ha luogo l’insurrezione generale” preparata per mesi “dai resistenti raggruppati nel Fronte Nazionale”. Così recita una targa affissa nel porto di Bastia.

Fonte: Corsica Oggi cit. infra

Poco più in là, la torretta del sottomarino Casabianca ci racconta anch’essa di una pagina triste della storia di Corsica e d’Europa. L’occupazione dell’isola da parte delle truppe italiane – e poi tedesche – durante la seconda guerra mondiale. Questa triste e sanguinosa vicenda, s’intreccia però con pagine importanti della storia d’Italia, che molti Corsi – comprensibilmente – non conoscono, dato che non fanno parte della storia nazionale francese e non vengono insegnate nella scuole.
La prima cosa che balza all’occhio è proprio la data del 9 settembre. Che è il giorno dopo l’8 settembre 1943. La data in cui l’Italia si arrese e firmò l’armistizio per uscire dalla guerra.
L’insurrezione generale, dunque, ebbe luogo sostanzialmente senza alcuna reazione da parte dei militari italiani, dato che il loro Paese aveva ufficialmente deposto le armi il giorno prima. E per fortuna. Dato che le truppe italiane presenti in Corsica contavano 80.000 uomini, a fronte di una popolazione isolana di circa 200.000. Una reazione armata degli italiani sarebbe sfociata in un massacro.
L’occupazione, che finirà ufficialmente il 4 ottobre 1943, era iniziata nel novembre 1942.
Decisa dai tedeschi come reazione alle mosse degli alleati, viene lasciata all’alleato italiano. L’Italia, da 20 anni governata dal regime totalitario fascista guidato da Benito Mussolini, aveva incluso la Corsica, così come altri territori del Mediterraneo, nelle sue mire annessionistiche.
Nel corso degli anni ’30 i fascisti avevano finanziato e appoggiato un filone irredentista presente in Corsica e favorevole all’annessione da parte dell’Italia, che però restò sempre minoritario nell’isola. Le rivendicazioni fasciste aumentano anzi il sentimento pro-francese. Il 30 dicembre 1938 il ministro degli esteri italiano Galeazzo Ciano, dopo un colloquio col giornalista e scrittore Paolo Monelli, scrive sul suo diario: “Monelli reduce dalla Corsica mi conferma ciò che sapevo: e cioè che un irredentismo corso non esiste e che tutto il Partito di Petru Rocca non conta più di dieci persone”.
Nel 1942, i primi mesi di occupazione si svolgono senza particolari tensioni con la popolazione. Il potere viene lasciato alle autorità civili francesi del governo collaborazionista di Vichy, mentre da parte italiana ci si limita alle attività di propaganda di vario tipo per suscitare un sentimento filo-italiano: vengono organizzate distribuzioni di farina e i medici militari si rendono disponibili ad assistere la popolazione. Molti militari italiani di stanza nell’isola sono Toscani e hanno spesso parenti che hanno lavorato in Corsica come braccianti. Le autorità spiegano che l’occupazione è atta a prevenire un possibile attacco da parte degli alleati.
La resistenza agli occupanti però esiste, e va sempre più organizzandosi. Si tratta soprattutto di militanti del Partito Comunista, che fin dal 1940 si oppongono al governo collaborazionista di Vichy. Le azioni contro gli occupanti italiani sono di scarso rilievo, per il timore delle rappresaglie contro la popolazione civile e per la preponderanza numerica delle forze di occupazione italiane. Nel dicembre 1942 il generale Giraud dà inizio alla missione “Pearl Harbor”, che ha lo scopo di costituire una rete di resistenti ai quali vengono forniti armi e apparecchi radio. Il generale De Gaulle nel gennaio 1943 invia a sua volta in Corsica il capitano Fred Scamaroni, con il compito di prendere informazioni sui partigiani corsi e tentare di unificare le diverse componenti della Resistenza, in vista di un possibile appoggio a un eventuale futuro sbarco alleato nell’isola; Scamaroni viene catturato dall’OVRA nel marzo 1943 e si suicida in carcere per non parlare. La rete delle FFL (Forces Françaises Libres) da lui costituita viene decimata.
Man mano che la resistenza si organizza, la repressione degli occupanti italiani si fa più dura. L’OVRA, la polizia politica fascista e le Camicie Nere arrestano, deportano e fucilano molti resistenti corsi, soprattutto nel periodo giugno-luglio 1943; C’è chi fornisce il dato di 172 partigiani uccisi o fucilati e 474 deportati in Italia, chi parla di 860 deportati.
Intanto la guerra per l’Italia e la Germania va male, e la situazione politica e militare del regime fascista sta precipitando. Il 10 luglio, gli Alleati sbarcano in Sicilia e il 25 luglio Mussolini viene destituito. I Tedeschi, che iniziano a diffidare dell’alleato italiano, portano in Corsica a fine luglio la brigata d’assalto “SS Reichsfhürer” per affiancare le truppe d’occupazione italiane. In Corsica i vertici militari italiani emanano ordinanze che moltiplicano i divieti, nel tentativo di limitare le attività della Resistenza, ma nello stesso tempo tra i soldati e tra gli ufficiali l’incertezza e il disorientamento si fanno sempre più forti. Un colonnello delle Camicie Nere, Gianni Cagnoni, prende contatti con la Resistenza, dichiarando la propria disponibilità ad appoggiare “i patrioti”.
L’atmosfera degli ultimi giorni prima dell’8 settembre – data in cui l’Italia si arrese e firmò l’armistizio – è segnata dall’esecuzione di Jean Nicoli, uno dei fondatori del Fronte Nazionale in Corsica; catturato a fine giugno ad Ajaccio, viene processato a Bastia a fine agosto, insieme ad altri esponenti della Resistenza, dal Tribunale militare di guerra delle forze armate italiane in Corsica. Nicoli viene condannato a morte con altri due partigiani e la sentenza viene eseguita il 30 agosto in modo particolarmente efferato, a pochi giorni dalla capitolazione dell’Italia.
Dai documenti di quei giorni sappiamo che la sera dell’8 settembre il generale Magli, comandante delle forze italiane in Corsica, e il generale tedesco von Senger cenarono insieme alla mensa del comando, a Corte. Magli lo informò proclama del maresciallo Badoglio, capo provvisorio del governo italiano, in seguito all’armistizio. Senger dichiarò che avrebbe lasciato l’isola ed ebbe assicurazione da Magli che la ritirata non sarebbe stata disturbata dalle truppe italiane. Nella stessa serata, intorno alle 22, il generale Magli diramò alle truppe ed ai comandi altri ordini per una corretta applicazione della parte del messaggio di Badoglio in cui si imponeva alle truppe italiane di “reagire a qualsiasi attacco da qualunque parte esso venisse”.
Ma non era alla fuga che erano preparati i tedeschi. Alle 0.30 del 9 settembre le truppe tedesche tentarono un “colpo di mano” nel porto di Bastia. Ad un segnale convenuto, mentre vari gruppi bloccavano gli accessi al porto, attaccandone il personale di vigilanza, marinai giunti con mezzi da sbarco, appoggiati dal fuoco delle armi su di essi installate, assalirono diverse navi da guerra italiane, incendiandole o sequestrandone l’equipaggio.
Le perdite italiane furono sicuramente superiori sia in ragione della sorpresa per la reazione tedesca sia per la reazione, in molti casi tenace, comunque tentata da parte italiana.
I tedeschi dunque non lasciano l’isola. Così come non lasciano il Nord Italia, dove liberano Mussolini e creano la “Repubblica Sociale Italiana”, che combatterà contro gli Alleati fino alla sconfitta finale, nel 1945. Il 24 aprile è tutt’oggi festa naziona in Italia, ed è chiamato “Festa della Liberazione” dal nazi-fascismo.
In Corsica tra settembre e ottobre ’43 arrivano truppe francesi e nordafricane appoggiate dagli Alleati, ma la liberazione dell’isola non avrebbe potuto svolgersi in modo così rapido – meno di un mese – se i militari italiani avessero aiutato i tedeschi, o fossero rimasti totalmente neutrali. […] L’esercito fu fedele ai proclami di Badoglio e rispose ai tedeschi, appoggiando in alcuni casi direttamente l’azione delle truppe di liberazione francese.

Fonte: Corsica Oggi cit. infra
Fonte: Corsica Oggi cit. infra
Fonte: Corsica Oggi cit. infra

L’artiglieria italiana fu decisiva per vincere la battaglia del passo di Teghime del 2-3 ottobre 1944 contro i tedeschi. Le steli che si ergono a Teghime, però, sono scritte in francese, arabo e berbero, e ricordano le sole truppe francesi e nordafricane. Non si fa cenno al contributo dei militari italiani. Il pannello che descrive la battaglia parla anzi di un “esercito italiano in rotta” che, almeno in Corsica, in rotta non era.
[…]
Redazione, Il 9 settembre… viene dopo l’8, Corsicaoggi, 9 settembre 2016

A Bastia, il giorno 8, si trovavano alcune motozattere tedesche (F366, F387, F459, F612, F623 e altre due o tre) e la motocisterna Waltram. In mattinata, nel corso del suo trasferimento verso porti della Sardegna, giunse un convoglio italo-tedesco, costituito dalla motonave Humanitas e Sassari, due cacciasommergibili tedeschi (2203 e 2219) e dalle torpediniere Ardito (capitano di corvetta Silvio Cavo) e Aliseo (capitano di fregata Carlo Fecia di Cossato). La partenza per la prosecuzione del viaggio era prevista per la mezzanotte. Sui mercantili italiani erano imbarcati militari tedeschi addetti alle mitragliere. Al largo della costa era in pattugliamento la corvetta Cormorano (tenente di vascello Antonio Raiani). Poco prima della mezzanotte l’Aliseo uscì dal porto in attuazione degli ordini. Appena fuori si accorse che il personale tedesco delle navi in porto aveva iniziato un attacco immediato e proditorio sia contro l’altra unità italiana di scorta al convoglio sia contro il MAS 543 (11) e le navi mercantili; in particolare l’Ardito fu gravemente danneggiato dal fuoco dei cannoni, avendo le caldaie colpite, l’artiglieria di prora resa inservibile e molti uomini uccisi. Il personale delle navi italiane fu in breve tempo neutralizzato e fatto prigioniero, compreso il comandante del Comando Marina, capitano di vascello Enzo Vannini (poi liberato per intervento diretto dell’ufficiale di Marina tedesco di collegamento). Anche gli edifici militari del porto vennero occupati. All’alba del 9 Bastia fu riconquistata dalle truppe italiane, con liberazione delle navi catturate. Le unità tedesche, imbarcato il personale tedesco addetto alle armi antiaeree dei due mercantili, mollarono gli ormeggi e uscirono dal porto. Furono accolti dal fuoco preciso e determinato delle batterie costiere della Marina e dell’Esercito e da quello dell’Aliseo e del Cormorano che, in breve tempo, affondarono buona parte delle imbarcazioni tedesche costringendo le unità superstiti, in parte danneggiate, a trovare scampo in costa. Successivamente, le navi italiane, riparate alla meglio, diressero per le acque di Portoferraio.
(11) Il MAS 543, al comando del guardiamarina Carlo Coda di San Ferdinando, era partito dalla Spezia l’8 alle 10:30. Alle 15:10, per avaria, entrò a Bastia.
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale, Anno XXIX 2015, Editore Ministero della Difesa

In Corsica, l’8 settembre 1943, era dislocato il VII corpo d’armata con le divisioni di fanteria Cremona e Friuli, due divisioni e un reggimento costieri, raggruppamenti speciali, più unità varie di artiglieria, del genio, della Milizia. Un complesso di circa 80.000 uomini, sparso per tutta l’isola, dovendo difendere le coste. Il contingente italiano era ‘affiancato’ dalla brigata motocorazzata rinforzata SS Reichsfuhrer, poco più di 5.000 uomini ma concentrati, perché massa di manovra, e dotati di mezzi d’indiscussa capacità e potenza. Lo stesso 8 settembre, verso mezzanotte, con azione improvvisa i tedeschi eseguirono un colpo di mano sulle installazioni portuali di Bastia. Le unità italiane, affiancate subito da patrioti corsi, reagirono con decisione: il porto fu rioccupato dopo aspri combattimenti e la situazione, il mattino del 9, era completamente ristabilita. Altri scontri a fuoco con i tedeschi si ebbero nei giorni 9, 10 e 11 settembre in varie località dell’isola, tra le quali Porto Vecchio, Sartena e Bonifacio. Qui intanto era iniziato l’arrivo dalla Sardegna della XC divisione Panzer Grenadiere rinforzata, ribaltando a favore dei tedeschi il rapporto di forze in fatto di armi e di mezzi. L’ordine di considerare i tedeschi quali nemici, pervenuto in Corsica l’11 settembre, trovò quindi i reparti italiani già in lotta e pronti a un’azione coordinata. Questa fu fissata, d’accordo e in concorso con i patrioti, riarmati fin dal 9 settembre, per il giorno 13. Ma fu prevenuta dai tedeschi che la sera del 12 sferrarono un attacco di sorpresa contro il presidio di Casamozza, che fu perduto dopo aspra lotta. L’indomani anche Bastia fu occupata dai tedeschi. Si svolsero altri combattimenti e proseguirono, con carattere difensivo da parte italiana, fino al 17 settembre, mentre andava organizzandosi la collaborazione con le unità francesi del I corpo d’armata che avevano iniziato lo sbarco nella protetta conca di Ajaccio il 13 settembre. Questa collaborazione si realizzò nelle operazioni combinate franco-italiane per la definitiva liberazione dell’isola. Preceduta da azioni italiane nei giorni 23 e 24 settembre, che portarono alla riconquista di Porto Vecchio, Scotta e Bonifacio, l’operazione conclusiva si sviluppò contro le posizioni di Bastia dal 29 settembre al 4 ottobre. Furono combattimenti assai aspri e le forze italiane impegnate, preponderanti nel complesso operativo, si comportarono egregiamente. Dal 9 settembre al 14 ottobre le forze italiane in Corsica ebbero 245 morti e 557 feriti. Il contributo offerto dalle truppe italiane in Corsica alla causa alleata fu notevole, ma fu soprattutto importante per il morale dell’esercito, non per nulla due dei gruppi di combattimento che entrarono in linea nei primi mesi del 1945 erano costituiti dai reparti delle divisioni Cremona e Friuli.
Massimo Multari, I militari dopo l’8 settembre in La Resistenza dei militari, Annali del Dipartimento di Storia, 2/2006, Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, Biblink editori, Roma, 2006

Un’immagine di folla in festa per la liberazione della Corsica – Fonte: Google

La Corsica, occupata dalle forze dell’Asse nel 1942, è stato l’unico paese in cui, dopo l’8 settembre [1943], le divisioni italiane “Cremona” e “Friuli”, insieme alle loro unità di supporto, hanno combattuto secondo i metodi di guerra convenzionali, avendo la meglio su una divisione corrazzata tedesca ed una brigata motorizzata SS. Il merito principale va al comandante delle “truppe italiane della Corsica”, generale Giovanni Magli, ed ai suoi uomini, rimasti disciplinati e bene inquadrati. E’ questo un esempio, altamente significativo, di ciò che si sarebbe potuto ottenere anche altrove, con il prestigio di capi simili a quel generale. Alcuni giorni prima dell’armistizio, era pervenuta al Magli la “memoria 44”, sul comportamento da tenere con i tedeschi, in caso di loro probabili reazioni. Perciò, la situazione era tenuta sotto controllo. A nulla valsero le due visite del generale Kesserling nell’isola, per indurre il comandante italiano ad una stretta collaborazione. Così, quando la 90ª divisione tedesca, proveniente dalla Sardegna, si accinse ad attraversare la Corsica per imbarcarsi a Bastia, facendosi scudo della brigata SS, fu lo scontro, a volte durissimo, lungo tutti gli itinerari di movimento. Negli ultimi giorni di settembre [1943] giunsero in aiuto, ad Ajaccio, unità francesi della 1ª divisione marocchina, ma solo dopo che gli italiani avevano ormai sopportato la parte più dura dei combattimenti. Da quel momento, le operazioni sul fronte di Bastia proseguirono congiuntamente, fra italiani e francesi. La 90ª corazzata tedesca e la brigata SS furono costrette ad imbarcarsi, dopo aver subito gravissime perdite ed abbandonato gran parte del loro materiale, tanto che questo episodio potrebbe paragonarsi alla Dunkerque tedesca della seconda guerra mondiale.
I bersaglieri italiani, entrati per primi nella città ormai distrutta di Bastia, cedettero questo onore ai francesi. Alle unità italiane vennero in seguito ritirate le armi pesanti, per consegnarle agli alleati, secondo le clausole armistiziali. Da parte sua il generale De Gaulle si rifiutava persino di stringere la mano al generale Magli, il vero liberatore della Corsica. Vi fu grande amarezza fra gli italiani. Quelle due nostre divisioni rientrarono nella primavera del ’44 in Patria, per costituire i due omonimi gruppi di combattimento della
guerra di liberazione. Gen. Ilio Muraca in Atti del Convegno storico LE FORZE ARMATE NELLA RESISTENZA di venerdì 14 maggio 2004, organizzato a Savona, Sala Consiliare della Provincia, dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Savona (a cura di Mario Lorenzo Paggi e Fiorentina Lertora)

Fonte: lacorsainfinita cit. infra

L’occupazione della Corsica e il rafforzamento del dispositivo di difesa dal novembre 1942 in entrambe le isole tirreniche (Sardegna e Corsica) era una precauzione contro possibili sbarchi alleati, dopo quello del Marocco e la perdita dell’Africa. L’occupazione da parte del nemico, temuta anche dai tedeschi che tenevano qui impegnata una forza consistente, più che una minaccia terrestre era vista come un pericolo per il lancio di bombardamenti ancora più pesanti sulle regioni centro meridionali del Reich e dell’Italia settentrionale che non si potevano raggiungere da Londra. La Corsica sembra una portaerei puntata al centro dell’Europa.
Come in tutte le caserme anche in Corsica l’annuncio dell’ 8 sera arrivò inaspettato creando confusione, sconcerto e insicurezza. Sconcerto perché i soldati lo vennero a sapere un’ora prima da Radio Londra (quella che non dovevi ascoltare ma anche l’unica che tutti ascoltavano). La cosa non suonava però del tutto nuova a qualcuno. Era arrivata il 4 settembre la memoria 44, datata 2, in cui si diceva “se del caso foste attaccati dai tedeschi il compito dei reparti italiani sarà quello di “far fuori” la Brigata corazzata SS tedesca Reichs Fuhrer”. Una direttiva questa che, priva com’era di fantasia, nel “far fuori” !! una brigata corazzata tedesca e per giunta SS (erano cose che facevamo giornalmente), e priva di ulteriori chiarimenti, aveva destato non poca apprensione nei comandi. Come diceva Alberto Sordi nel Film “Tutti a casa” sta a vedere che i tedeschi si sono alleati con gli americani e ci sparano addosso. Magli era giunto da alcuni mesi in Corsica, e aveva avuto tutto il tempo per ambientarsi. La prima cosa che si sentì chiedere dai tedeschi era inframezzare le nostre truppe con le loro e l’immissione di artiglieri germanici nelle batterie costiere italiane dopo il 25 luglio.
Magli la prese come una offesa al buon nome delle sue truppe, ma ora capiva tutto. Non era neanche nuova come idea. La Corsica in base alle condizioni dell’armistizio del 1940 era praticamente smilitarizzata, pur essendo sotto il Governo civile di Vichy fino al novembre ’42. Dopo ogni potere passò agli Italiani, e gli unici armati in servizio erano un piccolo corpo di gendarmeria. Quando la notizia dell’armistizio arriva a Magli non gli resta che chiamare a rapporto tutti i sottoposti e raccomandare “…ove mai si attentasse da parte di chicchessia ad esprimere atti che possano offendere il nostro sentimento di italiani e di soldati, la reazione deve essere immediata”. I suoi ordini non si discostavano di molto dal comunicato ufficiale. Subito dopo, si reca però ad accogliere l’ospite che aveva invitato a cena quella sera, il generale Von Senger und Etterlin, comandante delle truppe tedesche. Già con il bisogno che avevano di uomini e mezzi in Russia i tedeschi tenevano una brigata corazzata delle SS in Corsica.
Non era eccedenza, forse erano ancora dei novellini in addestramento, ma sempre pericolosi. I tedeschi sanno, gli italiani sanno ma non c’è ancora nulla di Ufficiale dagli alti comandi. L’atmosfera è fredda. Quando anche la comunicazione ufficiale arriva, Magli, convoca Von Senger nel suo studio personale, lontano dagli altri commensali, e lo informa che da quel momento le forze italiane non avrebbero più potuto fornire alcuna assistenza a quelle tedesche. Von Senger assicura che i tedeschi se ne andranno pacificamente. Fan sempre così quando sanno di essere in difficoltà e svantaggio, non amano gli eroismi, ma !!! ma se capita l’occasione le promesse son sempre quelle da marinaio. Mentre Magli dispone il rilascio di detenuti politici e partigiani corsi, gli arriva notizia, all’una circa di notte, che un piccolo nucleo di truppe tedesche ha attaccato il porto di Bastia. Per andar via da un’isola occorre controllare il Porto d’accordo ma occorre controllarlo anche per ricevere rinforzi.
Gli Italiani non la mandano giù dopo le promesse e si riprendono l’installazione a cannonate. Coi soldati e marinai italiani si battono anche le camicie nere e ci sono già i primi caduti. Von Senger si scusa, un tedesco è un tedesco e la parola data dovrebbe pur significare qualcosa fra gentiluomini. Addossa la colpa ai sottoposti per salvare la faccia da Prete (benedettino) che si ritrova. Magli, dal canto suo, finge di credergli, ma gli consegna il testo del messaggio che si appresta a diramare alle sue forze: “non sarà tollerato alcun atto di ostilità nei riguardi delle truppe italiane; alla forza si risponde con la forza; al fuoco col fuoco”. Come apparirà anche dal riquadro sottostante la nostra non è una forza indifferente anche se ci mancano validi mezzi corazzati. Per i tedeschi poi, spostati in Sardegna dove attendevano lo sbarco, è un onere in più reimbarcarsi per la Corsica. Lo scontro alla fine penderà dalla nostra parte perche i tedeschi valutano sempre forza effetto. Scontro con perdite notevoli ed effettivi benefici li portarono ad optare per l’abbandono della Corsica. Avvenne così in tanti altri posti ma la “Storia” dell’8 settembre non ne parla.
Da quel momento le scaramucce si estendono a tutta la Corsica. Da Roma continua il silenzio radio. Negli anni ’50, anche un monarchico di provata fede come lui, Magli, esprimerà, tutto il suo sdegno per essere stato tenuto all’oscuro dell’imminente armistizio, malgrado che in un colloquio del 1° settembre con il Principe di Piemonte e con Roatta avesse espressamente chiesto notizie in merito. Nel sud della Corsica si ha notizia che i reparti della Sardegna, e fra questi un’altra divisione corazzata tedesca, stiano trasbordando “Via Bonifacio” per rinforzare il contingente Corso. I tedeschi hanno quindi intenzione di perdere si la Sardegna, ma non la Corsica. Ma quante divisioni corazzate avevano, quando stavano collassando di brutto in Russia? Ora non è più tempo di difendersi, fra un po’ la situazione si farà calda. Occorre attaccare i tedeschi prima che questi diventino troppo forti. Se si uniscono le forze del Nord con quelle del Sud, lungo la strada costiera l’unica strada praticabile, non c’e né più per nessuno. Anche per questo, Magli riceve il comandante dei partigiani corsi, Paolo (Paulin) Colonna d’Istria ex ufficiale della Gendarmeria, per concordare piani operativi comuni.
Redazione, La battaglia della Corsica nel settembre 1943, lacorsainfinita

I combattimenti in Corsica, condotti principalmente dai reparti italiani, proseguirono. Il 12 i tedeschi riconquistarono Bastia, catturando molti militari italiani, compresi alcuni marinai, che furono trasferiti via mare verso l’Italia. Intervenne anche la resistenza locale, e iniziò il trasporto (con sommergibili e unità militari), via mare, di truppe regolari francesi dall’Algeria. Fu richiesto anche un aiuto alla Marina italiana: i cacciatorpediniere Legionario e Alfredo Oriani, da Malta, furono inviati ad Algeri; qui, sul primo prese imbarco il generale britannico Peake (destinato ad assumere il comando delle operazioni in Corsica) e il suo capo di stato maggiore, 32 commando americani (di cui quattro ufficiali) e furono imbarcate circa 30 t di munizioni per armi italiane da consegnare a Comar Ajaccio. In una brevissima sosta notturna, per ridurne al massimo la visibilità alla popolazione, le navi italiane sbarcarono il loro carico e ripartirono per Algeri. Entro il 1° ottobre furono sbarcati 6500 uomini, di cui circa 5000 impegnati in combattimento. I combattimenti proseguirono fino agli inizi di ottobre, quando le truppe tedesche lasciarono definitivamente la Corsica, traghettando verso l’Isola d’Elba e Livorno.(12) Le perdite francesi della campagna ammontarono a 75 morti, 239 feriti e 12 dispersi. Complessivamente gli italiani ebbero: 637 morti (di cui 245 nelle operazioni con i francesi), 557 feriti e 2152 dispersi.
Giuliano Manzari, Op. cit.