La guerriglia disarmata dei romani

Roma: il Tevere. Foto: D. L.

In una Roma da cui i gerarchi fascisti, radunati intorno al Lago di Garda, si tengono per lo più lontani, «[…] ci sono state vere spie, ma non sono io, non sono stati quelli che sotto le torture hanno parlato <63»: sono le parole usate da Gerardo Priori, che decise di passare dall’essere un antifascista sostenitore del Partito d’Azione all’essere un collaboratore della banda Koch. Testimonianza di quanto la delazione fosse una pratica diffusa negli anni dell’occupazione a Roma, anche se in realtà aveva iniziato a prendere piede sotto il regime fascista che, attraverso apposite circolari, aveva obbligato alcune particolari categorie di lavoratori, come ad esempio i portinai, a riferire informazioni o notizie che potessero essere utili a sopire sul nascere qualsiasi tentativo di ribellione.
La pratica della delazione si era particolarmente diffusa, purtroppo, a seguito della promulgazione delle leggi razziali <64 e dell’allontanamento degli ebrei da istituzioni e uffici pubblici. Correva infatti l’obbligo di denunciare qualsiasi violazione, e i cittadini giustificavano la loro identità di delatori utilizzando la scusa del rispetto delle leggi e del senso morale e civico. Questo sistema favorì la nascita di dispute anche all’interno della stessa comunità ebrea: «l’eventualità di ricavare qualche vantaggio finanziario e/o di dare sfogo a risentimenti personali trovava un terreno in cui facilmente attecchire, portando di conseguenza alla delazione, allorché si poneva la questione di occupare o di condividere in clandestinità un’abitazione […]» <65.
Retate, torture e punizioni divennero pane quotidiano con Pietro Caruso, il questore mandato a Roma dai nazisti con il compito di arrestare, insieme alle guardie repubblicane, gli oppositori e gli ebrei.
“C’era una carrozzella che girava con la cappotta alzata, che dentro c’era uno della banda Koch e una spia che ci conosceva molto bene a noi ebrei, perché c’era cresciuto quasi insieme. Dove li vedeva, li additava a questo, che scendeva, scendevano tutti e due: quello della Koch pigliava la pistola, si avvicinavano, gli mettevano la pistola sotto al fianco, quell’altro, la spia, gli metteva la mano nei pantaloni tra la cinta, lo portavano dentro sta carrozzella sempre con la cappotta alzata, gli tappavano la bocca e poi lo portavano via. Da lì, non si sapeva più niente” <66.
Alcuni venivano portati a Regina Coeli, dove potevano ricevere visite e pacchi un paio di volte a settimana. Tuttavia, rimaneva il divieto di comunicare con l’esterno. E allora, le donne la sera si recavano alla passeggiata del Gianicolo, per guardare in direzione del carcere e controllare se, al tramonto, i loro uomini fossero ancora vivi: le fucilazioni, infatti, avvenivano senza che le famiglie ne fossero a conoscenza.
Altri chiedevano di essere ricoverati al Fatebenefratelli, per sfuggire alla deportazione: e allora il primario, Giovanni Borromeo, decise di inventare una malattia, dai sintomi alla terapia, il “morbo di K”.
Poco tempo dopo, i tedeschi entrarono in zona vaticana, non rispettando gli accordi di extraterritorialità, varcando le soglie dell’ospedale proruppero nelle stanze, presero le cartelle cliniche e iniziarono a controllarle. Borromeo, a quel punto, li mise in guardia sulla pericolosità del “morbo di K”, altamente contagioso e letale, che obbligava i malati a stare in isolamento. Le truppe naziste abbandonarono l’ospedale, e decine di ebrei ebbero salva la vita.
K, in realtà, stava ad indicare il cognome dell’uomo che gestiva la gestapo, che stava seminando terrore e morte a Roma in quei mesi: proprio il maggiore Kappler.
Accanto alle organizzazioni militari partigiane, ci furono atti di reazione individuale che, insieme a quelli appena raccontati, divennero noti come “guerriglia disarmata” del popolo romano: le sagrestie delle Chiese divennero rifugio per le famiglie ebree, le donne portavano fiori nei luoghi in cui i nazisti avevano ucciso uno o più prigionieri, i passeggeri di mezzi nascondevano sabotatori che avevano messo dell’esplosivo sotto i sedili delle autovetture tedesche. Consapevoli delle torture in cui sarebbero potuti incappare. Ricorda Giuliano Vassalli, torturato per 22 lunghi giorni, “[…] vi sono stato portato il 3 aprile, appena arrestato, […]. Facevano allontanare tutti i civili prima di entrare con la macchina a via Tasso, perché ero tutto messo in una coperta perché non si vedesse come sanguinavo. Entrato in questa cella vi sono rimasto 22 giorni, legato sempre e costantemente alle mani con le famose manette di ferro, fortissime, che legavano le mani dietro […]. Dormivamo sdraiati con le mani dietro la schiena e venivamo interrotti esclusivamente per gli interrogatori o per quella pagnotta con una minestra che ci davano. […] Era una di quelle celle in cui mettevano i pericolosissimi, quelli da lavorare di più, […] non c’era contatto comune, accesso tra le celle. Ma c’era questo tenente partigiano che venne brutalizzato sicuramente, ma che teneva vivo sé stesso e le celle vicine con canti patriottici” <67.
[NOTE]
63 M. FRanzinelli, Delatori. Spie e confidenti anonimi: l’arma segreta del regime fascista, Mondadori, Milano, 2001, p. 244.
64 RDL (Regio Decreto legislativo) n. 1728 del 17 novembre 1938, che vieta l’ingresso nei pubblici uffici, nonché i pubblici impieghi, ai non ariani: sono proibite anche le nozze miste. Inoltre, era prevista la classificazione dei “soggetti di razza bianca”, sulla base della loro religione e dei loro discendenti. Un processo di “arianizzazione” era previsto per chi dichiarasse di avere almeno un predecessore non dichiarato di razza ariana, e aveva coinvolto
oltre sei mila ebrei, contro i quali si erano quindi scatenati i delatori, alla ricerca di indizi che ne rivelassero la falsità delle dichiarazioni.
65 Balzarro, Roma durante l’occupazione nazifascista: percorsi di ricerca, cit., p. 142.
66 Rai Storia, Roma: l’occupazione tedesca e la Resistenza, in http://www.raistoria.rai.it/articoli/roma-loccupazione-tedesca-e-la-resistenza/3646/default.aspx , [ultimo accesso 11/12/2018].
67 Rai, Testimoni oculari – I torturati di via Tasso, in http://www.rai.it/dl/RaiTv/programmi/media/Contentitem-abe26ada-69cd-4286-a626-fe7a20eebd4e.html, [ultimo accesso 11/12/2018].
Cristiana Di Cocco, L’occupazione tedesca di Roma. Il diario di Giulio Di Legge, Università degli Studi Roma Tre, 2023