La pista anarchica incominciò presto a mostrare delle crepe

Il 12 Dicembre del 1969 esplose una bomba nella sede della Banca nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana, contemporaneamente ad altre tre a Roma, una in un’agenzia della Banca Nazionale del Lavoro e altre due presso l’Altare della Patria. Una quinta bomba rimase inesplosa in Piazza della Scala, a Milano, nella filiale della Banca Commerciale Italiana.
Nella sentenza di primo grado così i giudici descrivono gli effetti della bomba:
«Erano le 16.30 di venerdì 12 Dicembre 1969 […] Ai primi accorsi da Piazza Fontana l’interno della banca offriva subito dopo un raccapricciante spettacolo: sul pavimento del salone,che recava al centro un ampio squarcio, giacevano fra i calcinacci e resti di suppellettili, vari corpi senza vita ed orrendamente mutilati,mentre persone sanguinanti urlavano per il terrore. […] Quattordici erano i morti (aumentati a sedici entro il 2 Gennaio). Gravemente feriti restavano all’interno della sede bancaria altri 45 clienti. Vari feriti contavano anche il personale della banca: tredici elementi che lavoravano al pianterreno nel salone; quattordici al primo piano, cinque al secondo piano,uno al terzo» <101.
L’Italia intera si fermò: dalla fine della guerra non era mai accaduto un fatto di tale violenza e gravità.
Il bilancio totale delle vittime, di tutti gli attentati avvenuti in quella terribile giornate, fu di 16 morti – tutti di Piazza Fontana e centocinque feriti <102.
Nell’immediato, gli attentati del 12 Dicembre, provocarono un generale sbandamento, sia fra le forze politiche sia nella società civile.
L’attentato era avvenuto in concomitanza con il rinnovo del contratto dei metalmeccanici e l’acuirsi della crisi politica apertasi con la scissione socialista nel luglio del 1969, che aveva dato vita al governo monocolore di transizione guidato dal democristiano Rumor <103.
Ci si interrogò sulla prosecuzione o meno della formula di centro-sinistra, sulla possibilità di elezioni anticipate, fino all’idea della proclamazione dello stato d’emergenza.
Controversi furono anche i messaggi lanciati alla popolazione da parte dei vertici di Stato, sulla modalità di risposta agli attentati; mentre il Presidente del Consiglio, invitava cautamente i cittadini a «riconoscersi nella legge», il comunicato del Capo di Stato Saragat, esortava la popolazione alla mobilitazione per «assecondare l’opera della giustizia e delle forze dell’ordine democratico nella difesa della vita contro la violenza omicida» <104.
Fin da subito le indagini sulla strage di Piazza Fontana si dimostrarono difficoltose, immediatamente vennero messi in atto depistaggi con l’occultamento delle prove e la creazione di prove false, che diedero vita ad un lungo iter processuale che non ha portato alla condanna dei colpevoli, ma solo all’individuazione dell’area politica cui facevano riferimento i gruppi eversivi coinvolti.
In un primo momento, si decise di intraprendere la “Pista Anarchica”; la sera stessa del 12 Dicembre, furono fermate per accertamenti 80 persone. A Roma fu fermato Mario Merlino ,membro della “22 Marzo”, mentre a Milano fra i tanti ricordiamo Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda, fondatore del gruppo anarchico prima citato , che proprio in quei giorni si trovava nella città lombarda per essere interrogato dai magistrati sulle bombe della primavera precedente <105.
La notte del 15 dicembre 1969, lo stesso giorno in cui si erano tenuti i funerali per le vittime della strage, il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, trattenuto in questura nonostante non gli fosse contestata nessuna specifica scusa, precipitò misteriosamente da una finestra del palazzo della Questura di Milano.
All’interno dell’ufficio al momento dell’interrogatorio erano presenti quattro sottoufficiali di Pubblica sicurezza, ma non Luigi Calabresi, il commissario dell’ufficio politico che condusse gli interrogatori, da subito additato dalla sinistra extraparlamentare, come il responsabile dell’omicidio <106.
Alla stampa la morte di Pinelli venne presentata come un suicidio, a causa del crollo dell’alibi dell’interrogato; nonostante ciò si diffuse immediatamente un sentimento di sospetto fra la popolazione, rendendo l’episodio un duro colpo per la credibilità delle istituzioni.
La competenza del caso fu affidata a Roma, per la probabile connessione che vi era fra gli attentati e per l’ipotetico coinvolgimento del gruppo anarchico romano “22 Marzo”, nella strage di Piazza Fontana <107.
Poche ore dopo la strage, si procedette all’arresto di Pietro Valpreda, detto il “ballerino”, per la professione esercitata, indicato dal tassista Cornelio Rolandi come l’uomo che nel pomeriggio del 12 dicembre era sceso dal suo taxi in piazza Fontana, recando con sé una grossa valigia. La testimonianza del tassista da subito poco plausibile fece sorgere l’idea che in realtà l’uomo salito sul taxi non fosse Valpreda , ma un suo sosia, Antonino Sottosanti, un infiltrato nel circolo anarchico di Pinelli nel quale era conosciuto – per via dei suoi trascorsi – come «Nino il fascista» <108. La pista anarchica incominciò presto a mostrare delle crepe, sia per la debolezza delle accuse, sia perché venne dimostrato che molti componenti sia del Circolo anarchico 22 marzo di Roma che del Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa di Milano, erano in realtà informatori <109. Mario Merlino, che aveva accusato i suoi compagni di Roma di essere i colpevoli dell’attentato, si scoprì essere un militante di Avanguardia Nazionale, in stretto contatto con Delle Chiaie, stessa cosa era accaduto nel circolo milanese, in cui Salvatore Ippolito, conosciuto come il “compagno Andrea”, era in realtà un infiltrato della polizia.
[NOTE]
101 Corte d’Assise di Catanzaro, nella sentenza del 23 febbraio 1979.
102 C. Venturoli, “Stragi fra memoria e storia”, Sette Città, 2007, Viterbo.
103 Ibidem
104 P. Cucchiarelli, “Piazza Fontana, Chi è stato?”, suppl. all’Unità, 2005.
105 N. Rao,La fiamma e la celtica, Sperling&Kupfer Editori, Milano, 2008.
106 G. Panvini, Ordine nero, guerriglia rossa, Einaudi, Trento, 2009.
107 Il nome deriva dal “maggio francese”: il 22 marzo 1968 fu occupata l’Università di Nanterre, questo avvenimento diede inizio alle manifestazioni del ’68 in Francia.
108 Paolo Biondani, Non è vero, io quel giorno ero con Pinelli, in Corriere della Sera, 19 giugno 2000.
109 Audizione del dottor Antonino Allegra, Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi – 73° resoconto stenografico della seduta di mercoledì 5 luglio 2000.
Arianna Pepponi, Dal ’68 fascista alla strage di Bologna: l’evoluzione della destra violenta in Italia, Tesi di laurea, Università Luiss, Anno Accademico 2015-2016

La strage del 12 dicembre, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, segna nell’immaginario collettivo italiano una sorta di «frattura nella storia della Repubblica», <43 di impietoso tornante che in una diffusa interpretazione storiografica ha radicalmente cambiato gli scenari della vita pubblica del Paese <44.
Si è scritto da più parti, in toni e in tempi diversi, che la strategia della tensione si è palesata agli italiani in quel venerdì pomeriggio di vie affollate nel centro di Milano, in quelle ore scandite dal rituale passeggio pre-natalizio fra i negozi e le vetrine addobbate a festa, con le imponenti guglie del Duomo sullo sfondo, a guardia di un autunno che era stato caldo e di un inverno che sarebbe stato buio.
L’espressione “autunno caldo”, destinata a divenire una vera e propria categoria concettuale e interpretativa del periodo, è utilizzata per la prima volta dalla stampa italiana il 21 agosto 1969.
A metterla nero su bianco è il quotidiano degli industriali milanesi, “24 ore”, probabilmente, come suggerisce Robert Lumley, per analogia con l’espressione che definiva la stagione delle rivolte razziali negli Stati Uniti, “la lunga estate calda”. <45 La definizione è poi ripresa dalle altre testate d’informazione e “L’Unità”, in una diversa accezione, vi trova dentro tutta la forza delle lotte operaie e la potenzialità del movimento dei lavoratori, perché «l’autunno delle grandi lotte per il contratto, l’autunno «che si preannuncia caldo» come ha scritto oggi uno dei giornali dei padroni […] a Milano è già cominciato». <46
Anche il “Corriere della Sera” di lì a poco farà propria l’espressione, circondandola di un’aura d’allarmismo e preoccupazione per le conseguenze economiche degli scioperi, per le reazioni delle direzioni aziendali e per il clima politico particolarmente teso più in generale. <47
Agli scioperi in massa, ai disordini di piazza, alle violenze e persino ai morti <48, si aggiungono gli stringenti orizzonti ideologici delle varie anime della politica italiana: a destra il “pericolo comunista” fa sempre più paura e chiama i suoi adepti alla guerra controrivoluzionaria, <49 mentre sulla sinistra il regime dei colonnelli greci e la possibilità di un golpe militare pesano come spade di Damocle e giunge inarrestabile d’oltreoceano il vento delle rivoluzioni.
[NOTE]
43 M. Revelli, Le due destre, Bollati Boringhieri, Torino, 1996, p.22.
44 Sul tema cfr: G. Boatti, Piazza Fontana. 12 dicembre 1969: il giorno dell’innocenza perduta, Einaudi, Torino, 2009; L. Manconi, Il nemico assoluto. Antifascismo e contropotere nella fase aurorale del terrorismo di sinistra, in R. Catanzaro (a cura di), La politica della violenza, Il Mulino, Bologna, 1990. In una prospettiva critica, A. Bravo, Noi e la violenza. trent’anni per pensarci, in Genesis, III/1, Viella, Roma, 2004; A. Ventrone, Vogliamo tutto. Perché due generazioni hanno creduto nella rivoluzione 1960-1988, Laterza, Roma-Bari, 2012; A. Sofri, Tutto partì da Piazza Fontana, intervista di R. Delera, Corriere della Sera, 2 aprile 2004 .
45 R. Lumley, Dal ’68 agli anni di piombo, Giunti editore, Firenze, 1998, p.183.
46 B. Ugolini, Un possente sciopero ha bloccato la Pirelli, “L’Unità”, 21 agosto 1969, p.1.
47 Cfr. Scattato l’autunno «caldo». Torino – Fiat: gli operai «sospesi» sono quasi ventimila, “Corriere della Sera”, 4 settembre 1969, p.1.
48 Si pensi, a titolo esemplificativo, ai tragici fatti di Avola (2 dicembre 1968) e di Battipaglia (9 aprile 1969) costati la vita rispettivamente a due braccianti siciliani e a un giovane operaio e una professoressa affacciata alla finestra della sua abitazione, tutti raggiunti dai colpi d’arma da fuoco sparati dalle forze dell’ordine durante manifestazioni dei lavoratori. I feriti sono centinaia.
49 Cfr. il Convegno organizzato dall’Istituto di Studi militari Alberto Pollio nel maggio 1965, cui abbiamo già fatto riferimento.
Claudia Sbarbati, Le stragi e lo stato. Narrazioni su carta dello stragismo italiano: cronaca, memoria e storia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2018