La risposta di Luzzatto al Comitato costituisce un significativo episodio conclusivo circa le vicende dalmate a Ca’ Foscari

Il 25 luglio e l’8 settembre 1943 vengono ricordate come date che segnarono una netta cesura nella storia del Paese: il crollo dello Stato italiano, la sua rinascita nella forma del Regno del Sud sotto controllo militare alleato e la creazione al nord di uno stato fantoccio, quale era la Repubblica Sociale Italiana, comportarono il disfacimento anche di quanto la dittatura aveva edificato a livello propagandistico nei decenni precedenti. Rispetto alla Dalmazia, i propositi irredentisti e di “grandezza imperiale” che avevano caratterizzato non solo il ventennio mussoliniano e la prima parte della guerra ma già buona parte del periodo liberale si erano completamente dissolti con la fine del regime: il 19 agosto 1943 aveva avuto fine l’esperienza del Governatorato dalmata con la soppressione dell’amministrazione della regione, le cui competenze sarebbero ora spettate ai prefetti provinciali di Zara, Spalato e Cattaro. <378
La Dalmazia diveniva così non più una regione annessa, bensì, come era stato in pratica fin dall’inizio, una regione occupata: tramontati del tutto gli intenti annessionisti, si era affermata la consapevolezza che all’imminente resa agli Alleati avrebbe corrisposto la perdita definitiva da parte italiana di qualunque possedimento o rivendicazione sulla costa orientale dell’Adriatico.
Da quel momento in poi, assieme a tutte le velleità propagandistiche del ventennio precedente, della Dalmazia non si sentì più parlare: salvo una nota del segretario del Partito Fascista Repubblicano Alessandro Pavolini un mese dopo l’armistizio, nella quale riferiva della situazione di Zara, “salvata” dall’annessione croata per mano dei tedeschi, <379 l’occupazione da parte di Pavelic di buona parte dei territori dalmati dell’ex-Governatorato, unitamente alla condizione di sudditanza della Repubblica sociale e all’impegno dei fascisti e dei nazisti a combattere l’avanzata anglo-americana lungo la penisola, non lasciavano più alcuno spazio al mito adriatico. Di ciò si aveva avuto percezione soprattutto a Venezia, il cui entusiasmo per la questione adriatica e imperiale era del resto scemato ben prima del crollo del regime: già sul finire del 1942, di fronte agli iniziali segni di cedimento del fronte nazifascista, l’entusiasmo aveva lasciato il posto alla preoccupazione per la salvaguardia della città dinnanzi all’incalzare del nemico e dei bombardamenti. L’intellettualità e l’élite veneziana distogliendo lo sguardo dal fronte- dati i frequenti insuccessi che sconfessavano quella linea militarista e di grande potenza che per più di un decennio aveva caratterizzato l’immagine del fascismo della città- abbandonarono del tutto il discorso mitico su Venezia. Solo pochi araldi della grandezza veneziana proseguirono nella pubblicazione di opere pseudo-scientifiche o a carattere divulgativo, attività che comunque sarebbe del tutto cessata al sopraggiungere dell’8 settembre. <380
Anche nell’ambiente di Ca’ Foscari di fronte allo svolgersi degli eventi, veniva meno quell’entusiasmo che aveva portato l’università a partecipare e ad amplificare le ambizioni del regime. Ciò andava di pari passo alla scarsa partecipazione alla vita universitaria sia degli studenti che dei docenti: in termini di iscrizioni, come si è visto, per l’anno accademico 1943-44 esse si erano dimezzate rispetto al precedente 1942-43, pur restando in ogni caso ben oltre la media del periodo prebellico. E finirono per ridursi nel successivo anno accademico (1944-45) a 4.184 unità. <381
Analogamente al picco del 1942, questi dati devono essere letti in relazione al clima nazionale e al mutato contesto bellico e non corrispondono certamente alla frequenza: infatti, come ebbe a dire il rettore Luzzatto, nell’ultima fase della guerra l’università venne “disertata dalla quasi totalità degli studenti e dalla maggior parte dei professori, parecchi dei quali dovettero subire settimane e mesi di prigione e dovettero cercare scampo in luoghi nascosti d’Italia oppure in Svizzera” (ma questo destino di clandestinità, prigioni ed esilio dovette riguardare in effetti delle minoranze). Ca’ Foscari si mantenne comunque attiva nell’offrire alcuni corsi per merito “dei pochi docenti rimasti in sede”. <382
Scorrendo i verbali del Consiglio di Facoltà si riesce ad avere una chiara idea del fenomeno: nella seduta del 7 novembre 1944 erano presenti solo cinque professori, rettore incluso, non in grado, quindi, di raggiungere il numero legale. Si cita in particolare questa occasione perché essa fu l’ultima nella quale Ca’ Foscari si adoperò in un’iniziativa a favore degli studenti dalmati, istituendo la già citata borsa di studio alla memoria del presidente della sezione veneziana della Dante. <383
Con la fine della guerra e la definitiva sconfitta del nazifascismo, il panorama nazionale e internazionale mutarono totalmente: la Dalmazia, dapprima occupata dalle truppe di Tito e in seguito divenuta parte integrante della nuova Jugoslavia socialista, assistette assieme all’Istria e a Fiume a quel fenomeno di massa che nell’arco di brevissimo tempo l’avrebbe completamente depauperata dell’elemento italiano. Nel primissimo dopoguerra Ca’ Foscari, non senza difficoltà, riprese la sua normale attività grazie a una stabilizzazione e normalizzazione delle iscrizioni e a una rinnovata frequenza ai corsi di studenti e docenti. In questo contesto, nell’ottobre 1947 pervenne al rettorato una lettera da parte del neonato Comitato Nazionale per la Venezia Giulia e Zara (più tardi noto come Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia- ANVGD) nella quale il coordinatore degli studenti Ferruccio Predolin, soffermandosi sulle difficili condizioni degli esuli giuliano-dalmati, in attesa che il governo predisponesse dei provvedimenti adatti al caso, si appellava al rettore affinché concedesse gratuitamente l’iscrizione a tutti quegli studenti esuli che ne avessero fatto richiesta. <384 Un appello parzialmente accolto, allorché Luzzatto, “in attesa di eventuali probabili provvedimenti da parte del Governo a loro favore”, si prodigò al fine di garantire “in via del tutto eccezionale” una forma di iscrizione per tutti coloro che, in possesso di documentazione in grado di provarlo, fossero stati esuli da Zara e dalla Venezia Giulia, limitata soltanto al primo trimestre dell’anno accademico 1947-48.385 I provvedimenti governativi non tardarono ad arrivare. Sul finire degli anni ‘40 il nuovo Stato italiano si prodigò a sostenere in ambito economico il diritto allo studio di tutti quegli studenti profughi provenienti dalla zona B del Territorio Libero di Trieste, dall’Istria e dalla Dalmazia tramite facilitazioni e sussidi limitati ai casi di maggior bisogno (ciò a causa delle scarse disponibilità di bilancio). <386 Un provvedimento che si inseriva nelle politiche dei governi di fine anni ’40 e primi anni ’50 tese a trovare una soluzione a un fenomeno, quale l’esodo, che nel giro di meno di un quinquennio era diventato di massa.
La risposta di Luzzatto al Comitato costituisce un significativo episodio conclusivo circa le vicende dalmate a Ca’ Foscari: della questione adriatica, dell’italianità della Dalmazia e di tutto l’impianto celebrativo retrostante, sopravviveva forse solo il ricordo.
Quasi quarant’anni di propaganda martellante incentrata su assunti come l’odio asburgico verso gli italo-dalmati, la “superiorità razziale” sugli slavi, la geomorfologia italiana della regione e i trascorsi storici di Roma e Venezia non erano probabilmente riusciti a radicarsi nel contesto culturale ed accademico che li aveva prodotti, sebbene lo avessero pesantemente condizionato al punto da fornire un’educazione politica anti-scientifica e anti-storica agli studenti, ma nemmeno nella mentalità collettiva. Si può quindi pensare al mito della Dalmazia come un fallito tentativo di mobilitazione popolare, una sorta di manifesto propagandistico cui anche Venezia e Ca’ Foscari avevano fornito un non piccolo contributo intellettuale, culturale e politico.
[NOTE]
378 R.D. 19 agosto 1943, n. 747, Soppressione del Governatorato della Dalmazia.
379 Appunto per il Duce, in «Acta dell’Istituto storico Repubblica Sociale Italiana», II, 4, 1988, pp.4-5.
380 M. Fincardi, I fasti della “tradizione”, pp. 1515-1516.
381 Annuario del R. Istituto Superiore di Scienze economiche e Commerciali di Venezia per gli anni accademici 1943-44 e 1947-48, p. 118.
382 Ibid., p.2.
383 ACF, Verbali del Consiglio di Facoltà (dal novembre 1939 al 30 giugno 1945), seduta del 7 novembre 1944, Comunicazioni.
384 ACF, Serie Rettorato, “Scatole lignee” (1912 – 1966), b. 32/B, Studenti (1930-1950), f. 7, Studenti in condizioni particolari: profughi, sfollati, alluvionati (1944-1946), n. 1008, lettera del Comitato Nazionale per la Venezia Giulia e Zara a Ca’ Foscari, 7 ottobre 1947, oggetto: Facilitazioni agli studenti esuli.
385 Senza possibilità di rilascio di certificati attestanti l’immatricolazione. ACF, Serie Rettorato, “Scatole lignee” (1912 – 1966), b. 32/B, f. 7, n. 1008, lettera del rettore Luzzatto al Comitato Nazionale per la Venezia Giulia e Zara, 9 ottobre 1947, oggetto: Facilitazioni agli studenti esuli.
386 ACF, Serie Rettorato, “Scatole lignee” (1912 – 1966), b. 32/D, f. 6, Sussidi post-bellici agli studenti profughi (1952-1953), minuta di lettera del Ministero degli Interni al prefetto di Venezia, 1 dicembre 1952, oggetto: Sussidi straordinari a favore di studenti universitari profughi giuliani e dalmati ed appartenenti a famiglie del Territorio Libero di Trieste. Anno accademico 1951-52.
Alessio Conte, Ca’ Foscari e l’imperialismo adriatico. La Dalmazia nell’università veneziana tra studi e ideologia, Tesi di laurea magistrale, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno accademico 2016-2017