Ma il giorno successivo i reparti nazifascisti tornano a Vinca uccidendo buona parte dei superstiti tornati nel frattempo in paese

Il monumento alla memoria delle vittime della strage di Mommio, Frazione del Comune di Fivizzano (MS). Fonte: il Corriere Apuano, art. cit. infra

Fino alla fine di giugno, due furono gli episodi di lotta alle bande che coinvolsero la popolazione civile: gli eccidi di Mommio, in comune di Fivizzano, e quello di Forno, in provincia di Massa.
Gli episodi di Mommio e Sassalbo di Fivizzano si inseriscono in una vasta operazione di rastrellamento da parte di reparti tedeschi, coadiuvati da truppe della Guardia Nazionale Repubblicana, della X Mas e di “Mai morti”, provenienti da Massa, La Spezia e Reggio Emilia, in una zona strategica, vicina al valico appenninico del Cerreto e alla statale della Cisa. La resistenza qui era sempre più minacciosa, alimentata dagli aviolanci eseguiti nel vicino campo di Massicciana, rafforzata – negli armamenti e nella reputazione – da azioni importanti (il disarmo del presidio del Cerreto e le frequenti incursioni sulla statale 63 appena fuori Fivizzano) e con ogni probabilità amplificata agli occhi dei tedeschi dalle delazioni dei fascisti locali. La notte fra il 4 e 5 maggio, circa 2mila uomini divisi in tre colonne provenienti da Massa, La Spezia e Reggio Emilia attraverso il Passo del Cerreto, circondano la Valle del Rosaro. Si tratta di tre compagnie dei battaglioni 905 e 906, del Reparto esplorante della “Göring” e di alcune unità fasciste, al comando del colonnello Almers, comandante della 135a Brigata da Fortezza della Wehrmacht. I centri di Mommio e
Sassalbo sono stretti con manovra concentrica.
I partigiani di Sassalbo, guidati dal comunista Almo Bertolini, “Oriol”, riescono a sganciare verso il monte La Nuda, risparmiato dal rastrellamento, mentre gli abitanti riescono a sfuggire al rastrellamento, una parte riparando nei boschi del monte Casarola, un’altra parte fuggendo attraverso le valli del Taverone e del Lucido. Pare poi che l’abitato riesca a scampare alla devastazione perché trovato libero da qualsiasi traccia di presenza partigiana. A Mommio, invece, la formazione del Marini è sorpresa dai tedeschi e sgancia troppo tardivamente, lasciando alcuni suoi uomini nelle mani dei tedeschi. Il ritrovamento nelle case di Mommio del materiale di un lancio caduto nella notte precedente viene considerata dai tedeschi una prova della connivenza del paese con la resistenza e decreta la condanna a morte dei suoi abitanti: i civili sono rastrellati, poi in parte deportati nel campo di Marinella, tappa intermedia del viaggio verso la Germania, in parte fucilati nella piazza del paese insieme ai partigiani catturati, in parte uccisi nelle campagne circostanti. 70 case sulle 72 esistenti sono distrutte. Una testimone ricorda che nei giorni precedenti il paese “aveva un’aria di festa, anche i bambini avevano al collo il fazzoletto rosso e giocavano ai partigiani”, e descrive una “piccola repubblica partigiana” <23: insomma il mancato rispetto delle più elementari norme di sicurezza fu pagato a caro prezzo.
Il rastrellamento prosegue ancora per alcuni giorni, mietendo altre vittime fra gli inermi contadini della zona. In particolare a pochi chilometri dal paese, presso la casa cantoniera del valico del Cerreto, vengono fucilati due partigiani e cinque civili. Complessivamente sono 21 le vittime del ciclo operativo, fra partigiani e civili, tutti uomini dai 22 ai 50 anni (tranne un anziano di 68 anni) <24.
Paolo Pezzino <1, La strage di Forno ed il suo contesto storico, Comune di Massa: <1 Riprendo, con alcune modifiche, quanto già da me scritto in Crimini di guerra nel settore occidentale della linea gotica, in Gianluca Fulvetti e Francesca Pelini, a cura di, La politica del massacro. Per un atlante delle stragi naziste in Toscana, Napoli, l’ancora del mediterraneo, 2006.

[…] Erano le settimane che precedettero e seguirono le stragi di Sant’Anna di Stazzema e di Monte Sole-Marzabotto, quelle più note a livello nazionale; settimane nelle quali la strategia militare nazista evolse in quella “guerra ai civili” teorizzata e dimostrata dagli storici che si sono occupati di quei fatti.
L’avanzata dell’esercito alleato lungo la Penisola dopo lo sfondamento della linea Gustav a Montecassino nel maggio 1944, portò alla riorganizzazione dell’esercito nazista -sostenuto dai reparti della RSI -lungo una nuova linea del fronte, la “Gotica”, tra la Versilia e la costa adriatica tra Marche ed Emilia Romagna, passando per le Apuane e l’Appennino.
Per i nazisti la crescente presenza dei partigiani era intollerabile, ma le formazioni dei “ribelli” erano difficili da contrastare sul campo. Così venne messa in atto una strategia diversa quanto terribile: se non si possono colpire direttamente i partigiani si può mettere a ferro e fuoco il territorio dove questi operano e, soprattutto, si possono dare esempi indimenticabili entrando nei paesi e facendo strage di quanti lì vivono.
Quello pubblicato qui sotto è un elenco delle stragi e degli eccidi più rilevanti, quelli dove il numero delle vittime tra i civili fu più elevato, dove l’efferatezza degli atti dimostra quanto l’uomo possa diventare animale. Ma ci sono altre decine di episodi drammatici, sparsi nel territorio da Zeri a Montignoso: una raccolta più completa si può trovare nell’Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia (www.straginazifasciste.it)
Mommio -4, 5 maggio. Rastrellamento nell’alto fivizzanese per la presenza di bande partigiane. Mentre Sassalbo non è oggetto di rappresaglia a Mommio vengono uccisi 19 civili e 3 partigiani.
Forno -13 giugno. A Forno i partigiani hanno il loro comando: tedeschi e fascisti entrano in paese all’alba: cinquanta uomini vengono deportati in Germania, altri fucilati. Si conteranno 68 vittime.
Ponticello -3 luglio. Durante un rastrellamento, cinque civili vengono prelevati nei pressi di Dobbiana, scortati fino a Ponticello dove, il mattino successivo, sono fucilati nel piazzale della chiesa.
Canova di Aulla -24 luglio. In uno scontro rimangono uccisi alcuni tedeschi. Per rappresaglia viene bruciato il paese e fucilati 8 civili.
Marciaso di Fosdinovo -3 agosto. Dopo uno scontro fortuito tra genieri tedeschi e partigiani il paese viene minato e bruciato: muoiono 6 anziani che non sono riusciti a mettersi in salvo.
Bardine San Terenzo e Valla -19 agosto. I partigiani uccidono 17 tedeschi che avevano fatto razzia di bestiame. I soldati del battaglione di Reder uccidono a Bardine 53 prigionieri, a Valla altre 114 persone tra cui 63 donne e 11 bambini. Tra loro anche il parroco, don Michele Rabino.
Guadine di Massa -24 agosto. I tedeschi percorrono il paese sparando: si contano 13 vittime, tra cui cinque donne.
Vinca -24 agosto. Le SS di Reder con membri della Brigata Nera massacrano la popolazione, in prevalenza donne (95) e bambini (26): in totale 144 vittime; tra loro anche il parroco, don Luigi Ianni.
Massa -10 settembre. Dieci religiosi ed altre persone, tra cui tre sacerdoti, catturati nella Certosa di Farneta, vengono fucilati a piccoli gruppi in diversi luoghi della città di Massa: si contano 37 vittime.
Tenerano di Fivizzano -13 settembre. Dopo un’azione contro i partigiani, i nazifascisti scendono in paese dove uccidono 16 persone.
Bergiola Foscalina -16 settembre. Un militare di Reder viene ucciso tra Massa e Carrara; un reparto tedesco inizia la strage nel paese vicino. Si conteranno 71 vittime tra cui 40 donne e 17 bambini.
Fosse del Frigido -16 settembre. I circa 170 detenuti nel carcere di Massa vengono trasportati nel fiume Frigido e uccisi a raffiche di mitragliatrice. Si conteranno 147 vittime: tra queste una donna di Zeri che era stata incarcerata per macellazione abusiva.
Avenza -10 novembre. Alcuni partigiani sequestrano tre militari germanici: i tedeschi mettono in atto una rappresaglia in Avenza rastrellando una settantina di uomini e uccidendone 11.
Regnano di Casola -23 novembre. I tedeschi occupano Regnano, dove ha sede il comando della III Brigata lunense “Spezia”. Il paese è devastato e vengono fucilati 13 civili.
Redazione, Iniziarono a Mommio le terribili stragi del 1944, il Corriere Apuano, 24 aprile 2019

All’inizio dell’aprile 1944 i tedeschi occupanti erano sempre più preoccupati per la guerriglia partigiana. Heinrich Himmler, il numero due con Hermann Göring del regime nazista, dichiarò l’Italia occupata “zona infestata dalle bande”, e pochi giorni dopo la Wehrmacht e le SS si accordarono per collaborare nella lotta ai “ribelli”. I fascisti della Repubblica Sociale, con sempre meno autonomia, svolsero un ruolo di complemento, sotto il comando dei tedeschi. Ma con ferocia non minore. “La giustizia negata” di Daniele Rossi, presidente della Sezione Anpi di Fivizzano-Casola, insegnante in una scuola superiore spezzina, è un libro di grande interesse: documenti, testimonianze, immagini spiegano che cosa fu la lotta ai “ribelli” nelle zone, confinanti con La Spezia, del settore occidentale della Linea Gotica. E’ il racconto di tutte le terribili stragi compiute in quest’area, un atto accusa verso i responsabili, una denuncia della loro impunità nel dopoguerra.
Il primo rastrellamento che si concluse con una strage fu quello nell’area attorno al passo del Cerreto, a Sassalbo e soprattutto a Mommio. L’operazione fu condotta il 3, 4 e 5 maggio 1944 dalla 135a Brigata da fortezza tedesca di guarnigione nello spezzino, da altre truppe tedesche e da reparti fascisti della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) e della X Mas, che aveva sede nella nostra città. A Mommio e nella zona circostante furono uccise 21 persone. Aristide Giuseppe Alberini di Magliano raccontò: “I più tremendi furono i fascisti garfagnini”. Tra i caduti ricordo il partigiano spezzino Ottavio Manfroni, detto “Speza”, perché era spezzino, del Felettino. In sua memoria la futura III Brigata Garibaldi prenderà il nome di “La Spezia”. Il paese di Mommio fu dato in fiamme, i suoi abitanti furono fatti prigionieri, radunati nel campo di smistamento di Marinella di Sarzana (nella colonia Fiat, poi Olivetti) e poi in molti casi avviati al lavoro forzato in Germania. Qualcuno fu impiegato alla Spezia a recuperare i morti che erano rimasti sotto i bombardamenti. A guerra finita, i criminali nazisti condannati all’ergastolo non scontarono alcuna pena, perché la Germania non accettò la richiesta di estradizione. I fascisti di carcere ne fecero pochissimo.
Il 9 giugno i partigiani costituirono la “libera Repubblica di Forno”, nel territorio di Massa. Il 13 giugno, per rappresaglia, i nazisti della 135a Brigata e i fascisti della X Mas, al comando di Umberto Bertozzi, organizzarono il massacro: 60 morti. Bertozzi appare la figura più sanguinaria e crudele dell’intero gruppo nazifascista. Se la cavò con soli sei anni di carcere. Il 17 agosto la banda “Ulivi” di Carrara fu chiamata da un gruppo di paesani di Bardine di San Terenzo Monti, esasperati per le requisizioni del bestiame da parte delle SS. L’azione provocò 16 caduti tedeschi, un morto tra i partigiani. Il 19 agosto uomini della divisione di Walter Reder e altri reparti SS rastrellarono l’area. I morti furono 159. Le vittime furono legate agli alberi e ai pali di sostegno delle vigne e poi uccise e lasciate a decomporsi nel caldo agostano. I responsabili tedeschi non furono mai estradati. Il 24 agosto ebbe inizio un rastrellamento dell’intera area apuana, ad opera del gruppo di Reder e di altre truppe tedesche e di un centenario di fascisti della Brigata Nera apuana. Tredici i morti a Guadine, 6 a Castelpoggio, altri nei paesini vicini. Vinca fu sterminata: 143 morti, nella stragrande maggioranza donne, anziani e bambini. Perché Vinca? Nella memoria della comunità, racconta Rossi, la responsabilità ha un nome: Giovanni Bragazzi, sergente della Brigata Nera di Carrara, che aveva sposato una donna di Vinca e da lei si era separato, con molti contrasti. Una sorta di vendetta privata. Undici fascisti carrarini furono condannati all’ergastolo nel 1950, le pene furono ridotte nel 1952. Al resto pensò l’amnistia: Bragazzi fece solo cinque anni di carcere.
Walter Reder fu arrestato nel 1948 in Baviera dagli americani ed estradato in Italia, dove venne processato a Bologna per le stragi di San Terenzo e di Vinca e poi di Sant’Anna di Stazzema e di Marzabotto e condannato all’ergastolo. Scarcerato nel 1985 per volontà del governo Craxi, rientrò in Austria accolto come un eroe. Nel 1986 dichiarò a un settimanale: “Non ho bisogno di giustificarmi di niente!”. Negli atti processuali contro Reder si legge, riguardo a Vinca: “Il cadavere di una povera vecchia mendicante è stato ritrovato con un palo conficcato nel didietro. Un’altra donna che era in stato di gravidanza assai avanzato, dopo essere stata uccisa fu sventrata ed il feto schiacciato con i piedi. Un’altra donna è stata ritrovata con un palo conficcato nei genitali. A Vinca i bimbi in fascia venivano lanciati in aria e poi fatti segno con arma da fuoco”. Il 13 settembre l’orrore arrivò a Tenerano, dove furono bruciate vive due famiglie. Il 17 settembre a Bergiola Foscarina, 71 vittime. Nello stesso giorno i circa 160 detenuti del carcere di Massa furono presi in consegna dalle SS: 147 fra loro furono portati sull’argine del torrente Frigido, fucilati e interrati in alcuni crateri provocati da un bombardamento […]
Giorgio Pagano, La cosa migliore che abbiamo avuto, e che abbiamo…, Città della Spezia, 20 aprile 2023

La richiesta da parte dei pubblici ministeri militari consisteva nel far giungere in aula una parte veramente significativa di possibili testimonianze, in quanto il processo era rivolto all’intera operazione svolta dal “Reparto esplorante H. Göring” “contro i banditi e i loro fiancheggiatori” <54 che si era strutturata in vari episodi collocati fra i mesi di marzo ed aprile 1944 in una vasta area dell’Appennino Tosco-emiliano che comprendeva diverse province:
le località di Monchio, Susano, Costrignano (Mo) e Cervarolo (Re) il 18 e 20 marzo 1944; Monte Morello e il 10 aprile 1944; il territorio di Vallucciole e del Falterona (Ar) e Castagno d’Andrea (Fi), con azioni di strage compiute fra il 13 e il 18 aprile 1944; infine Mommio, una frazione di Fivizzano in Lunigiana il 4 e 5 maggio 1944.
[…] Alcuni di tali processi costituiscono i più importanti casi giudiziari della storia della nostra giustizia, sia ordinaria che militare, poiché per la gravità dei fatti, per il numero di vittime e di parti civili costituite in giudizio, non vi sono in Italia precedenti giudiziari che siano comparabili ai processi celebrati a La Spezia fra il 2003 e il 2008. I processi per l’eccidio di Monte Sole-Marzabotto (con oltre ottocento vittime civili e circa centocinquanta parti civili costituite), quello per la strage di Sant’Anna di Stazzema a Lucca, con circa quattrocentosettanta vittime civili, quello per la strage di Civitella in Val di Chiana (più di duecento vittime) o, ancora, quello per gli eccidi di Bardine di San Terenzo e Vinca (Massa) con oltre trecentocinquanta morti tra la popolazione civile. Nello stesso arco temporale inizia l’istruttoria sugli eccidi commessi dal Reparto SS “H. Göring” sul territorio dell’alto Appennino tosco-emiliano, compreso fra le province di Firenze, Arezzo, Massa-Carrara, Modena e Reggio Emilia, in cui s’inserisce la strage di Vallucciole dell’aprile 1944. Il gruppo degli inquirenti di La Spezia si reca sul territorio per integrare le notizie provenienti dal materiale documentario attraverso l’ascolto di eventuali testimoni con l’intento di realizzare un quadro indiziario sufficiente ampio e approfondito e richiedere così l’apertura di un processo penale. A Stia, rammenta V. Frulloni <97, uno dei primi intervistati, si reca un gruppo di magistrati, accompagnato da agenti di polizia giudiziaria e due rappresentanti del governo della RFT, proprio con l’obiettivo di raccogliere gli elementi testimoniali iniziali.
[…] “Primo grado di giudizio: il Tribunale militare di Verona con la sentenza n. 43 pronuncia il 6 luglio 2011:
[…] in relazione ai fatti di Mommio-Fivizzano del 4 e 5 maggio 1944 dichiara gli imputati Fritz Olberg, Ferdinand Osterhaus, Wilhelm Stark e Hans Georg Winckler responsabili di concorso nel reato continuato loro ascritto e li condanna alla pena dell’ergastolo [omissis] <103”
[NOTE]
54 Così si legge nel dispaccio militare firmato dal comando tedesco a Roma, versato in atti giudiziari.
97 Intervista registrata il 24 luglio 2010 presso l’abitazione di V. Frulloni.
103 Sentenza pronunciata il 6 luglio 2011 e depositata il 4 ottobre sempre del 2011. Nel giudizio di secondo grado la Corte militare di Appello, seconda sezione, con la sentenza n. 107 del 26 ottobre 2012 (depositata il 10 dicembre 2012) assolve gli imputati per il reato di continuazione, ma mantiene la condanna dell’ergastolo per tutti in relazione ai reati loro ascritti, punibili con la pena massima anche in difetto dell’aggravante della continuazione. La conferma definitiva delle condanne viene resa definitiva dal giudizio della Corte Suprema di Cassazione, prima sezione, con la sentenza del 19 marzo 2014 (depositata il 30 luglio 2014).
Lino Rossi, Testimoniare il trauma. Ricordi individuali e memorie giuridiche nel processo penale di Verona sulle atrocità di guerra in Toscana, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2016

La lapide nel cimitero di Vinca, Frazione del comune di Fivizzano (MS), con i nomi delle 144 vittime della strage compiuta dal 24 al 27 agosto 1944. Fonte: resistenzaapuana.it
Il monumento collocato nel cimitero di Vinca in onore delle 144 vittime della strage compiuta dal 24 al 27 agosto 1944. Fonte: resistenzaapuana.it

Nell’agosto 1944 i comandi tedeschi del 75° Corpo d’Armata responsabile della protezione della Linea Gotica occidentale sono messi a dura prova dalla crescente attività del movimento partigiano che disperso sulle alture apuane sabota ponti ferrovie strade rallenta i lavori di fortificazione del tracciato difensivo e tende ripetute imboscate alle truppe occupanti. Il 18 agosto un automezzo tedesco è attaccato lungo la strada tra Monzone e Vinca: nell’episodio perde la vita un ufficiale nazista. Gli Stati generali della 16^ Panzer Grenadier Division “Reichsführer SS” riuniti a Massa decidono di reagire pianificando un ampio rastrellamento sul massiccio montuoso delle Apuane. L’azione riceve l’ordine operativo direttamente dal generale Max Simon ed è curata dal colonnello Looss sin nei minimi dettagli, preceduta da uno scrupoloso lavoro di spionaggio e di esame del territorio grazie anche alle delazioni di “infiltrati” fascisti. Si discute del rastrellamento una prima volta la sera del 21 agosto presso il quartier generale di Massa, dove Looss impartisce alla ventina di ufficiali presenti spiegazioni sui rispettivi compiti. Una seconda riunione si tiene la sera del 23 presso il comando del tenente Saalfrank a Carrara, ed è preseduta da Reder, che riceve nuovamente da Simon il comando dell’operazione. Dal comando del maggiore Walter Reder responsabile del 16° Battaglione Esplorante dipendono diverse compagnie appartenenti alla “Reichsführer SS”, quale il reggimento corazzato, unità della Flak e del servizio logistico assieme ad altre unità delle SS e della 20^ Divisione da Campo della Luftwaffe, oltre a un centinaio di brigatisti neri carraresi messi a disposizione dal colonnello Giulio Lodovici. Il raid antipartigiano esordisce la notte del 24 agosto per terminare soltanto tre giorni dopo. Ogni paese incontrato sul cammino dei tedeschi è raso al suolo, le abitazioni date alle fiamme, le chiese demolite, mentre coloro che non sono riusciti a fuggire in tempo nei boschi vicini – anziani malati e infermi uomini e donne colti alla sprovvista dal rastrellamento – sono fucilati senza pietà.
I centri maggiormente investiti dal rastrellamento sono quelli di Gragnola, Monzone Alto, Equi Terme, Corsano, Lorano, Tenerano, Gallogna, Campiglione, Viano, Vezzanello, Cecina, Terma, Posterla, Colla. Nella frazione [del comune di Fivignano (MS)] di Gragnola, punto nodale della manovra di accerchiamento operata dalle truppe, avviene la prima strage: nove uomini vengono fucilati nei pressi del paese, a seguito di un breve scontro, senza perdite, tra partigiani e nazifascisti. Il massacro tocca il proprio apice a Vinca: punto di convergenza di più direttrici di attacco il paese è raggiunto una prima volta nel pomeriggio del 24 agosto dalla 1^ Compagnia del 16° Battaglione Esplorante guidata dal tenente Segebrecht. Occupato il centro il giorno successivo lo stesso Reder rinforzato dalla 2^ e 3^ compagnia e da un plotone di brigatisti neri si dedica all’annientamento definitivo di ogni forma di vita esistente nella vallata. I suoi reparti setacciano scrupolosamente la valle di Vinca, stanano i residenti nascosti nelle grotte e nei boschi ed eliminano con lanciafiamme, mitragliatrici e granate decine e decine di persone. Il 26 la “battaglia del Sagro”, uno scontro a fuoco fra i tedeschi e alcuni partigiani appartenenti alla Brigata “Ugo Muccini”, distoglie gran parte delle truppe dall’occupazione del paese. Ma il giorno successivo i reparti nazifascisti tornano a Vinca uccidendo buona parte dei superstiti tornati nel frattempo in paese, saccheggiando le case ed incendiando l’intero abitato. Per ben quattro giorni consecutivi dunque le truppe tedesche continuano a massacrare, caso unico in tutta la Toscana occupata. 159 le vittime, in maggioranza donne quasi la metà bambini e anziani con una percentuale non marginale difficile da quantificare, ma intuibile dalle numerose testimonianze raccolte di malati e infermi. 9 muoiono a Gragnola, allora un’exclave del Comune di Fosdinovo, oggi invece integralmente in quelle di Fivizzano.
Gianluca Fulvetti e Marco Conti, Episodio di Vinca Fivizzano 24-27.08.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

Il territorio apuano verrà colpito con ferocia il 19 agosto a Bardine di San Terenzo <292 e a Valla, località del comune di Fivizzano. Alcuni giorni prima, partigiani della formazione “Ulivi” di Carrara, coadiuvati da uomini della “Gerini”, avevano attaccato e ucciso 16 soldati, appartenenti alla divisione, nello scontro vi furono un morto e due feriti fra i partigiani. Le vittime della rappresaglia tedesca furono 159. Un impressionante resoconto della strage, redatto probabilmente dal comando della Brigata Muccini o Lunense, e inviato a tutte le formazioni apuane, si trova conservato in archivio <293. In calce al documento la raccomandazione “i commissari politici ne facciano ampio commento per istigare sempre maggiore odio contro i barbari nemici.”
“Il 16 agosto 1944 un plotone di tedeschi si recò nell’abitato di S. Terenzo, frazione del comune di Fivizzano per eseguire uno dei soliti rastrellamenti di bestiame svuotando quasi completamente le stalle dei paesi. Ad impedire questa inumana spoliazione dei poveri coloni intervenne una pattuglia di partigiani che attaccò senz’altro il prepotente nemico, nello scontro rimasero sul terreno 16 nemici compreso l’ufficiale comandante e ne furono feriti altri quattro. […] alcuni giorni dopo arrivarono sul posto truppe scelte di SS che iniziarono la loro opera assassinando nella canonica il parroco di S. Terenzo, quindi radunarono 105 persone composte in gran parte di donne, bambini e vecchi, 23 dei quali erano sfollati in località Valla. Ai miseri che non sospettavano la misera sorte che li attendeva, fecero eseguire numerose evoluzioni con la motivazione che dovevano fotografarli, finché trovata la posizione più adatta davanti alle mitragliatrici appostate i carnefici assetati di sangue innocente, iniziarono improvvisamente le scariche e falciarono tutti gli infelici. Per tema che alcuno di quei miseri si salvasse gli incivili SS si slanciarono pistola alla mano tra i moribondi già immersi in un lago di sangue e li passarono ad uno ad uno con scariche di pallottole nella testa […] solo una bimba di nove anni ferita in più punti miracolosamente scampò al feroce eccidio. Ancor oggi con gli occhi sbarrati questa bimba orfana, vi narra i particolari della scena. Non contenti di questa orrenda strage i soldati scelti di Hitler trascinarono sul luogo dove era avvenuta lo scontro con i patrioti 52 giovani operai che gli aguzzini avevano portato con loro dalla lucchesia. A questi disgraziati vennero prima legate le mani dietro la schiena quindi vennero legati uno a fianco all’altro con un filo di ferro ai pali di una rete metallica esistente lungo il ciglio della strada. Ultimato questo tragico preparativo fu iniziato il classico giustiziamento con l’abituale colpo di rivoltella in fronte con la classica lentezza partendo dai due estremi della fila per meglio assaporare lo spasimo dei condannati.[…] Il collo degli ultimi assassinati era quasi segato dallo sforzo che gli infelici avevano fatto nel tentativo di liberarsi.” <294
Alcuni giorni dopo, nella notte fra il 20 e 21 agosto, partigiani della formazione “Elio” attaccarono una camionetta tedesca, uccidendo tre SS sulla strada per Castelpoggio, nel comune di Carrara. Anche in questo caso i tedeschi colpirono la popolazione uccidendo cinque persone e incendiando le abitazioni del paese. Il 24 avvenne poi il grande rastrellamento diretto a colpire i partigiani della Brigata Lunense e Muccini e che interesserà tutto il territorio intorno alla Linea Gotica. Seguendo cinque direttrici di attacco: Garfagnana, Massa, Carrara, Castelpoggio e Fosdinovo le truppe tedesche puntarono verso le Apuane e sul paese di Vinca, individuato come la base operativa dei partigiani.
Le vittime della strage, condotta per più giorni da reparti nazisti e fascisti, furono 171. L’azione tedesca determinò lo sbandamento della brigata Garibaldi “U. Muccini”, con molti dei suoi reparti costretti a sganciarsi verso la montagna massese. Le tensioni all’interno della brigata fra i singoli distaccamenti e il comando, incapace di dare un’azione unitaria e coordinata all’azione militare, porterà ad una ridefinizione della composizione e del comando stesso della “Muccini”. Il rastrellamento nazi-fascista interessò anche il territorio sotto il controllo del GPA, provocando vittime nel paese di Guadine, e colpendo anche i paesi di Gronda, Redicesi, Forno e Resceto, ma la formazione riuscì ad evitare scontri e perdite ripiegando verso Antona. Un’interessante cronaca di quei difficili giorni ci arriva da alcune relazioni presenti in archivio.
[NOTE]
292 Sulle stragi tedesche nel territorio apuano vedi D. Rossi, Sangue d’Apuania, ISRA, Pontremoli, 2010.
293 AAM busta 17, fascicolo 10.
294 Ivi.
Marco Rossi, Il Gruppo Patrioti Apuani attraverso le carte dell’archivio A.N.P.I. di Massa. Giugno – Dicembre 1944, Tesi di laurea, Università di Pisa, 2016