Nella notte del 23 ottobre 1943 viene paracadutato al Passo dei Carpinelli Domenico Azzari

Militari inglesi e americani impegnati in una missione oltre la linea del fronte nelle valli dello Zerasco (Foto in Archivio Brian Lett) – Fonte: Ist. Resistenza Apuana cit. infra

Missione Rutland
Nella notte del 23 ottobre 1943 viene paracadutato al Passo dei Carpinelli Domenico Azzari, sergente radiotelegrafista della Marina Italiana. Lunigianese di Vigneta di Casola, era l’unico componente della Missione “Rutland”, con il compito di aiutare a rientrare al Sud i militari alleati fuggiti dai campi di concentramento e favorire il sorgere di movimenti antifascisti. Ad Azzari si affianca il cognato Angelo Marini. Attraverso giovani antifascisti carraresi rifugiatesi a Regnano, stabilisce i primi contatti con Viareggio e il CLN di Firenze e con città come Sarzana, Genova, Parma, Reggio Emilia. A dicembre, grazie alle sue indicazioni, c’è il primo lancio per una formazione partigiana in Valdarno; seguono lanci sulle Panie per i viareggini e quindi a Tea. I lanci si intensificano tra maggio e giugno ‘44, in un’area che va da Perugia a Parma e La Spezia, anticipati da messaggi trasmessi da Radio Londra. Vengono paracadutati in questi territori armi ed altri materiali. È stato calcolato che una trentina di lanci siano da ricondurre alla sua attività, tra cui in Lunigiana quello di Mommio. Nel maggio 1944 viene paracadutato ad affiancarlo il maggiore inglese Johnston che, non condividendo il criterio usato dall’Azzari nella scelta della destinazione dei lanci, gli ordina di trasferirsi a Zeri [provincia di Massa-Carrara] presso il Maggiore Gordon Lett. Azzari non accetta e si limita a trasferirvi il radiotelegrafista e le attrezzature, mentre egli rimane a svolgere l’attività come partigiano, vicecomandante della III brigata Spezia. […]
Missione Blundell
Il maggiore Gordon Lett, dopo l’8 settembre, evade da un campo dove era tenuto prigioniero in val Padana e raggiunge i monti di Zeri dove avvia la costituzione del “Battaglione Internazionale”. Nel luglio ‘44 gli viene assegnata la funzione di capo missione di collegamento, “Missione Blundell”, che lo rende in grado di ottenere dagli Alleati rifornimenti di armi e materiali bellici per la sua formazione e per le altre della zona da lui indicate. Lanci in quel territorio erano avvenuti anche prima, attraverso i contatti che le formazioni erano riuscite a stabilire con i Comandi alleati. Tramite la “Blundell” giungono comunque aiuti che favoriscono l’attività partigiana anche con lanci nella zona apuana, del Bardine e di S. Terenzo. Nel marzo 1945 il maggiore, anche a seguito di contrasti con i comandi partigiani della Divisione Liguria e del Battaglione Muccini, attraversa la Linea Gotica e si ricongiunge con le truppe alleate. Lo sostituisce il maggiore Henderson, che nell’ultimo mese di guerra assegna ai partigiani della Spezia e della Val di Magra il compito di interrompere le comunicazioni sulla Cisa, a Pontremoli, e sull’Aurelia, di sabotare i ponti e i collegamenti, di attaccare il comando. A questo si riconduce il fallito tentativo del 15 aprile 1945 di elementi della IV Zona operativa ligure, di attaccare Pontremoli: l’arrivo di una colonna tedesca, forse a causa di una fuga di notizie, provoca la ritirata dei partigiani che lasciano sul terreno cinque morti.
Missione Balloonet
Il maggiore inglese Johnston – paracadutato nel maggio 1944 presso il Passo dei Carpinelli con altri ufficiali e militari esperti in sabotaggi – organizza, anche con elementi locali, una banda ben fornita di armi e viveri attraverso i lanci e che agisce soprattutto con azioni lungo la ferrovia Aulla – Lucca. Successivamente il maggiore si sposta nel versante emiliano, continuando tuttavia a mantenere contatti anche con la nostra zona, dove nell’agosto ’44 convoca a Regnano i partigiani di quattro province (Apuania, Spezia, Lucca e Reggio Emilia) per favorire la costituzione di un coordinamento tra le formazioni. In quella riunione si forma la “Divisione Lunense” di cui una brigata è al comando del maggiore Oldham. Anch’egli già prigioniero come Lett, dopo l’8 settembre si era fermato in Garfagnana dove aveva organizzato un gruppo di giovani. Vicecomandante è Roberto Battaglia, giunto in zona attraverso un altro lancio. Johnston dopo il trasferimento in Emilia, favorisce l’arrivo di lanci nella zona reggiana, dove nel corso dei mesi si crea una certa tensione con i gruppi locali. Poiché egli indirizza, raccoglie e distribuisce i lanci, i garibaldini lo accusano di favorire soprattutto le formazioni democristiane, critica che viene rivolta anche ad altre missioni inglesi. Nel dicembre ‘44, l’ufficiale viene richiamato dal suo Comando e raggiunge gli Alleati nel sud l’Italia. Al suo posto rimane il maggiore Wilcokohson, già attivo nel modenese.
Missione Turdus
Nella notte tra il 15 e il 16 luglio 1944 il SOE (Special Operations Executive, organismo che sovrintende alle missioni britanniche) fa paracadutare in Garfagnana, a Bosco di Careggine, il capitano Roberto Battaglia (capomissione), il tenente Alvaro Giusti ed il radiotelegrafista Vincenzo Casale. Per un errore di 37 chilometri, il lancio avviene nel campo del maggiore Antony Oldham, che aveva fatto segnalazioni non autorizzate. Gli uomini ed il materiale erano destinati al maggiore Johnston che fa ritirare il materiale ma lascia gli uomini in quella formazione e ad Oldham il comando della “Turdus”. Questa come le altre missioni promuove azioni di sabotaggio e favorisce l’arrivo di rifornimenti con i lanci. Oldham apprezza le qualità diplomatiche di Battaglia nel tenere le relazioni non facili tra i componenti della Divisione Lunense, compito non facile per lui che era estraneo all’ambiente in cui si trovava ad operare. Ai primi di dicembre, dopo il fallimento di un attacco dei partigiani che causa gravi perdite la missione si conclude e i responsabili passano le linee.
Missione Galia
A fine dicembre ’44 nella zona collinare non lontano dalle case di Chiesa di Rossano dove opera Gordon Lett, è previsto l’arrivo della Missione “Galia”: il lancio di 33 paracadutisti inglesi per azioni di sabotaggio dietro le linee e far credere ai tedeschi che tra i partigiani ci siano cospicue forze alleate.
La mattina del 27 dicembre, disturbato da forte vento, un Douglas C47 sgancia sei paracadute con altrettanti bidoni di rifornimento, ma non riesce a riprendere quota a causa di una turbolenza e si schianta a terra, incendiandosi. Le bombe e le munizioni che sono a bordo esplodono una dopo l’altra, nessuno può avvicinarsi: per i membri dell’equipaggio non c’è scampo. I partigiani estrarranno sette cadaveri: in paese, nelle prime ore del mattino del 1° gennaio 1945, si svolgono i funerali. Sono cinque americani e due inglesi e vengono sepolti nel piccolo cimitero locale: a guerra finita gli inglesi saranno traslati nel cimitero genovese di Staglieno, mentre gli americani riposano in patria. Subito dopo i funerali compaiono sopra Rossano altri sei aerei C47 scortati da alcuni caccia: a bordo ci sono i paracadutisti inglesi la cui missione, assieme ai partigiani, è di impegnare le truppe tedesche lungo le strade della ritirata ostacolando il passaggio le colonne di uomini e mezzi.
Redazione, Alcune delle principali Missioni compiute dagli Alleati nel territorio della provincia di Apuania fra il 1943 e il 1945, Istituto Storico della Resistenza Apuana

Dopo l’imboscata sul monte Gabberi e la morte di Luigi Mulargia, Lombardi e Consani sembravano aver perso la spavalda sicurezza con la quale avevano affrontato le prime azioni armate ed i primi scontri a fuoco.
La paura delle infiltrazioni di falsi fuggiaschi e soprattutto la responsabilità per la vita dei compagni di lotta a loro affidata, li costrinse a riesaminare la posizione logistico-militare dei Cacciatori delle Alpi. Le prospettive della formazione erano tutt’altro che rosee, e si presentavano anzi per il futuro piene di incognite e di pericoli.
Si trattava in effetti di una ventina di uomini, già individuati dai fascisti e perciò maggiormente esposti quotidianamente a possibili attacchi di fascisti e tedeschi.
Nei giorni successivi a quella terribile giornata, presero dunque contatto con il sergente radiotelegrafista Domenico Azzari, nome di battaglia “Candiani”, della missione inglese “Rutland”, che aveva stretti rapporti con l’antifascismo della Versilia. Era infatti stato lui ad organizzare il lancio aereo che a febbraio di quello stesso anno avevano fatto arrivare armi e munizioni alla Foce di Mosceta, grazie alle quali era stata armata la resistenza versiliese. Azzari che stava procedendo all’arruolamento di patrioti per l’attività di guerriglia alle spalle del nemico, li aveva invitati a raggiungerlo nell’alta Lunigiana, ai confini con Garfagnana, dove sarebbero stati più sicuri, meglio alloggiati e nutriti.
Allo scopo di fare una ricognizione dei luoghi dove intendevano trasferirsi la mattina di venerdì 21 aprile, Lombardi, Consani e Ottorino Balestri erano partiti dalla stazione di Pietrasanta, diretti a Equi Terme, passando per Sarzana.
[…] Anche Domenico Azzari, che vive a Genova, pur con qualche difficoltà, ha confermato che Lombardi, Consani e Balestri quel giorno effettivamente si stavano recando da lui, e che a Sarzana c’era qualcuno che doveva accompagnarli ai monti dove lui li aspettava. Qualcuno che per ragioni sconosciute si vide costretto a lasciarli soli e senza alcuna copertura per molte, troppe ore.
Si è pensato, nel tentativo di ricostruire la vicenda dei tre partigiani, che ad attenderli ci fosse il sarzanese Sirio Veneziani <40, anch’egli agente del servizio segreto inglese e stretto collaboratore di Azzari, ma è lo stesso ufficiale ex telegrafista che smentisce questa ipotesi. «No, non c’era Veneziani quel giorno – afferma oggi – non sono però in grado di ricordare quale delle persone di mia fiducia possa quel giorno avere avvicinato i giovani versiliesi». <41
Comunque fossero andate le cose, i tre giovani, dopo aver parlottato sul da farsi si lasciarono convincere da una proposta di Balestri, il quale a Sarzana aveva una vecchia conoscenza, il suo superiore capitano Luigi Saudino (nel frattempo promosso al grado di maggiore), con il quale fino all’anno precedente aveva prestato servizio militare in Sardegna, come ufficiali del 21° Reggimento di Fanteria.
[…] Quando però i militi si avvicinarono ai giovani per iniziare la loro perquisizione scoppiò improvviso il finimondo. Gino Lombardi estrasse velocissimo la rivoltella che aveva nascosto, come gli altri due, nelle maniche del giaccone all’altezza del polso, e sparò sui due militari che aveva di fronte, il milite scelto Carmine Carta e il milite Eugenio Canci, ferendoli entrambi a morte. Si girò poi di scatto puntando l’arma sugli altri militi presenti ma, nella rotazione del corpo inciampò in uno sgabello, perdendo per un attimo l’equilibrio, e proprio in quell’istante Lombardi fu raggiunto da dei colpi d’arma che lo uccisero sul colpo. […]
40 Veneziani era nato a Sarzana il 21 dicembre 1917, e pur avendo svolto un ruolo di primo piano nell’organizzazione della Resistenza armata in Lunigiana e in Val di Magra, non è mai apparso sulle cronache e nelle pubblicazioni scritte sulla lotta partigiana. Di carattere schivo e riservato Sirio Veneziani aveva fatto parte della Missione Rutland fin dal 1 gennaio 1944, inquadrato nel Comando della Divisione Lunense, III Brigata “La Spezia”, dove era rimasto fino al 15 agosto di quell’anno, per passare poi alla Brigata Muccini di Sarzana, come ufficiale di collegamento speciale per la Missione inglese.
41 La conversazione si è svolta in occasione della stesura di questo libro fra Azzari e Werther Bianchini, ex partigiano sarzanese, che per molti anni si è battuto perché emergesse la verità sulla morte dei tre patrioti e perché la loro memoria fosse ricordata a Sarzana. Del resto come si vedrà successivamente lo stesso Bianchini fu in qualche modo testimone della fucilazione di Consani.
Giovanni Cipollini, Gino Lombardi, Piero Consani e i “Cacciatori delle Apuane” nella Resistenza Versiliese, in (a cura di) Giovanni Cipollini e Pino Meneghini, Dalla Versilia a Sarzana. La morte di Gino Lombardi e Piero Consani Comandanti Partigiani, Comune di Seravezza (LU) – Comune di Sarzana (SP) – ANPI Sarzana, 2005

In Lunigiana, però, era accaduto qualcosa di molto concreto fin dall’ottobre 1943, cosicché si può forse collocare in questo fatto la vera origine del movimento partigiano nelle due regioni confinanti di Lunigiana e Garfagnana.
Erano le due di notte del 23 ottobre 1943. Quella notte un aereo britannico, un quadrimotore Halifax, sorvolò i prati montani di Tea e lasciò cadere due paracadute: al primo era appeso un uomo, tale Domenico Azzari, all’altro un apparato radio rice-trasmittente. Era il terzo tentativo, dopo altri due, falliti per le avverse condizioni atmosferiche. Questa volta l’operazione, denominata missione Rutland, era riuscita, anche se l’Azzari era atterrato, invece che nei prati di Tea, nella zona di Capoli e dovette attendere il mattino per recuperare la radio.
Queste notizie e quelle che seguono sono state attinte dall’interessante e molto particolareggiato libro di Giuseppe Alessandri La Val d’Aulella nella linea Gotica Firenze 2014, Edizioni della Meridiana.
Chi era Domenico Azzari? Riporta l’Alessandri: ” Classe 1920, proveniente da Castiglioncello (minuscola frazioncina di Casola Lunigiana) da una famiglia di mezzadri dalle non eccelse condizioni economiche ( e per migliorare le quali il padre era stato costretto a emigrare in Australia), ultimata la quarta elementare Domenico aveva potuto proseguire gli studi presso il seminario di Genova, grazie all’opera di proselitismo che i padri cappuccini del capoluogo ligure andavano svolgendo in questa parte di Lunigiana più sperduta, nell’intento di convincere le famiglie ad affidare loro i figlioli affinché potessero continuare a studiare ricevendo al contempo una formazione religiosa. Fatto ritorno a casa a quindici anni senza alcuna prospettiva di lavoro, a diciotto l’Azzari sarebbe riuscito a entrare nella Regia Marina sfruttando, anche in questo caso, l’intercessione di un religioso, il parroco di Regnano Don Euclide Rapalli. Frequentato il corso a La Spezia, ne uscì col grado di sergente radiotelegrafista. L’8 settembre 1943 lo colse a Napoli, dove il rimorchiatore sul quale era imbarcato era fermo per delle riparazioni. Qui assisté all’occupazione del porto da parte dei tedeschi ed egli, non volendo passare dalla loro parte (l’Azzari era già o diventerà comunista), riuscì a raggiungere Salerno dopo lo sbarco alleato del 9 settembre e finì in una caserma insieme ad altri militari sbandati. Ma ecco che il colonnello britannico comandante della Special Force, venuto a conoscenza della qualifica di marconista dell’Azzari, gli propose di essere paracadutato nel territorio della R.S.I. per favorire il passaggio del fronte dei prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento e per favorire la nascita di un movimento partigiano. L’Azzari, considerato anche che questo gli avrebbe permesso di ricongiungersi alla sua famiglia, accettò. Nasceva, così, la missione “Rutland” che sarà uno dei primi punti di contatto costituito dagli alleati in territorio nemico e che favorirà la nascita di un consistente movimento partigiano con abbondanti lanci di armi, di esplosivi, di generi alimentari e anche di denaro.
Appena fattosi giorno, dunque, l’Azzari (nome in codice : Candiani), recuperata la radio-trasmittente, rientrò nella sua casa di Castiglioncello e mise in funzione l’apparecchio. E, intorno al 10 novembre, riuscì a stabilire il primo contatto con la Special Force britannica. I contatti avrebbero poi preso una cadenza trisettimanale (due diurni e uno notturno).
Ed ecco che l’Azzari inizia la sua attività organizzativa per dare vita a un movimento partigiano. Di grande aiuto gli fu il cognato Sante “Angiolino” Marini.
[…] Dicevamo che il Marini fornì un aiuto prezioso al cognato Azzari. Dalla sua posizione di impiegato comunale, infatti, gli fornì i nomi di certi sfollati che erano in contatto con ambienti antifascisti, nonchè i nomi di due ufficiali inglesi fuggiti dai campi di concentramento e nascosti in località Castelletto, nel comune di Giuncugnano, dove si stava formando una piccola banda partigiana. In questo modo, con l’aiuto dei lanci di armi e di altro materiale concordati con gli alleati grazie ai contatti con la rice-trasmittente, l’Azzari riuscì a creare prima la banda partigiana di Regnano e, poi, nell’agosto 1944, collaborando col maggiore inglese Oldham, la “Divisione Lunense” che unificò e diresse il movimento partigiano in Lunigiana e in Garfagnana.
Mario Pellegrinetti, L’origine del movimento partigiano in Lunigiana e in Garfagnana

Non mi pare di poter presentare un “caso” specifico da affiancare a quelli emersi nel ricco dibattito su genere e Resistenza nell’area emiliana e romagnola. Tuttavia, lo studio da me condotto su storie di vita di partigiane di Massa e Carrara mi permette di stabilire una certa corrispondenza fra la tradizione politica, che in questa specifica situazione dell’alta Toscana ha radici in un contesto repubblicano, anarchico, socialista, e un certo modello di Resistenza femminile <1. Nelle storie di vita delle partigiane carraresi ciò che colpisce innanzittutto non è solo il dichiarato rapporto con le armi – molte partigiane intervistate sono donne che hanno preso parte alle azioni di banda – ma la presenza nel racconto di strategie di mascheramento, di travestimento, utilizzate per rendere le armi ancora oggi accettabili all’interno di un universo simbolico e culturale di genere <2. E nonostante tutto questo investimento per stabilire una continuità rispetto alla tradizionale funzione femminile della cura, sia le armi, strumenti eminentemente maschili, sia la sperimentazione di comportamenti, attitudini e ambiti nuovi indotti dalla vita di banda contaminano profondamente l’immagine della partigiana.
[NOTE]
1 G. BONANSEA, Immagini e simboli nei racconti di partigiane carraresi, in A Piazza delle Erbe! L’amore, la forza, il coraggio delle donne di Massa Carrara, Massa Carrara, Provincia di Massa Carrara, 1994.
2 Si ricordi l’importante compito di collegamento con le forze alleate della V Armata svolto da Vera Vassalle per armare le formazioni partigiane tra Apuane, Lunigiana, Lucchesia, pistoiese e modenese. A questa si aggiunge l’azione di Anna Maria Gamerra, che operò nell’area livornese. Entrambe sono medaglia d’oro della Resistenza (R. VANNI, La Resistenza dalla Maremma alle Apuane, Pisa, Editrice Gaiardini, 1972). È interessante, a proposito del discorso su genere e armi, che il racconto della morte di Cristina Ardemagni, partigiana combattente della Versilia, si svolga all’insegna dell’uso dell’arma fino al momento estremo: «Quando cadde, colpita da una scheggia di mortaio, sebbene ferita a morte, continuò a manovrare la sua mitragliatrice ad acqua» (F. BERGAMINI, Per chi non crede: antifascismo e resistenza in Versilia, pubblicazione dell’ANPI, con il patrocinio dell’Istituto storico provinciale lucchese della Resistenza, 1983).
Graziella Bonansea, Frontiere della ricerca: punti di fuga tra memoria e storia in Donne, guerra, politica. Esperienze e memorie della Resistenza, (a cura di Dianella Gagliani, Elda Guerra, Laura Mariani, Fiorenza Tarozzi), Quaderni di discipline storiche, 13, Università di Bologna, ISBN 88-491-1481-8, CLUEB Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna, 2000, Volume pubblicato con un contributo del Dipartimento di Discipline storiche e del Comitato regionale per le celebrazioni del 50° anniversario della Resistenza e della Liberazione – Emilia-Romagna

L’otto di agosto 1944, giorno successivo alla nascita della “Muccini”, si tenne a Regnano la riunione che sancì la costituzione della Divisione Garibaldi Lunense.
L’incontro, voluto da due ufficiali inglesi il maggiore Johnston <236 e il maggiore Oldham <237 vide la presenza di diversi comandanti partigiani e, per la neonata brigata, la partecipazione del comandante Contri e del vice commissario politico Dario Montarese “Brichè”. Anche in questo caso nessun inviato del CPLN apuano e del GPA [Gruppo Patrioti Apuani] presenziò all’importante riunione che aveva lo scopo di organizzare sotto un comando centralizzato le formazioni partigiane che coprivano il territorio apuoversiliese sino al confine con la provincia di La Spezia.
Unica presenza della zona di Massa al convegno di Regnano fu quella di Renato Galletti “Nett” vice comandante della formazione “S. Ceragioli” delle Casette, arrivato per esporre al maggiore Oldham la questione della ricetrasmittente catturata ai tedeschi. Il comando della Divisione fu affidato al maggiore Oldham mentre il ruolo di commissario politico venne ricoperto da Roberto Battaglia “Renzo Barocci” <238.
Il comando divisionale fu posto sul monte Tondo al confine tra Lunigiana e Garfagnana. In questa prima fase <239 la divisione era composta dalla prima Brigata “Garfagnina” con comando a Careggine e dalla Brigata “Muccini”.
[NOTE]
236 A capo della missione inglese “Balloonet” venne paracadutato nel maggio del 1944 assieme ad altri uomini nei pressi del Passo dei Carpinelli col compito di aggregare uomini del posto per compiere azioni di sabotaggio. Dopo un breve periodo trascorso nella zona e anche a causa di contrasti avuti con partigiani che si erano uniti al suo gruppo, Johnston prese contatti a metà giugno nella zona di Mommio con un commissario politico di una Brigata Garibaldi operante nel reggiano e decise di trasferirsi in quella zona. Come visto ai primi di agosto tornò nel territorio apuano per presenziare al convegno di Regnano, da lui voluto, con lo scopo di unificare su base interprovinciale e interregionale le formazioni presenti nel territorio della Garfagnana, della Lunigiana, dello spezzino, della costa apuana e reggiane. Johnston rimase operativo nel reggiano passando con gli uomini dalle sua missione dalle Brigate Garibaldi alle Fiamme Verdi in novembre. Attraversò le linee il 24 dicembre 1944. Notizie più dettagliate sulle missioni alleate nel territorio apuano in M. Bernieri “Missioni alleate e Resistenza italiana” Aldus, Carrara, 1996.
237 Ex prigioniero di guerra evaso da un campo di prigionia tedesco dopo l’8 settembre 1943, scelse di fermarsi nel territorio della Garfagnana per organizzare un proprio gruppo di partigiani e continuare la lotta contro i tedeschi. Fu nominato comandante della Divisione Garibaldi Lunense nel convegno di Regnano. Passò il fronte la notte fra il 4 e 5 dicembre 1944.
238 Roberto Battaglia nasce a Roma il 17 febbraio 1913 laureatosi in Lettere si dedicò a studi sulla storia dell’arte. Fu partigiano delle formazioni di Giustizia e Libertà. Nella notte fra il 15 e 16 luglio 1944 venne paracadutato assieme ad altri due compagni a Bosco di Careggine in Garfagnana. Questi uomini componevano la missione inglese “Turdus” che avrebbe dovuto scendere presso il maggiore Johnston. Per un errore del pilota e per i segnali da terra non
autorizzati degli uomini del maggiore Oldham, vennero lanciati a trentasette chilometri dal proprio obiettivo. Autorizzato da Johnston a rimanere con il gruppo di Oldham, Battaglia diventò il suo più stretto collaboratore. Nominato commissario politico della Divisione Garibaldi Lunense attraversò la linea del fronte assieme ad Oldham ai primi di dicembre. Nel dopoguerra si iscrisse al partito comunista. Decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Marco Rossi, Il Gruppo Patrioti Apuani attraverso le carte dell’archivio A.N.P.I. di Massa. Giugno – Dicembre 1944, Tesi di laurea, Università di Pisa, 2016