Orengo non intende dire che la dimensione culturale di un paesaggio sopravvive alla sua distruzione fisica

Mortola, Frazione di Ventimiglia (IM)

In un servizio per la trasmissione della Rai “Scrittori per un anno” <136 Orengo presenta il territorio che fa da sfondo alla sua opera. Innanzitutto sottolinea la continuità tra quel lembo di Liguria e la Provenza francese: «Questo è l’ultimo lembo della Liguria, la Liguria che precipita nella Provenza o forse ancora Provenza che si sporge verso l’Italia». <137 In seguito, elenca le componenti che lo contraddistinguono:
“Alle mie spalle ci sono i Balzi Rossi [n.d.r.: in Frazione Mortola di Ventimiglia (IM), proprio sul confine con la Francia], i Balzi Rossi sono caverne degli uomini primitivi. In pochi metri proprio qui sul confine c’è una strana natura che può essere quella aspra antica arcaica lontana, appunto degli uomini primitivi e poi una terra che è olivi e pini e lavanda, e molte altre cose ancora come gli ultimi scampoli della Belle Époque, qui Voronoff faceva i suoi esperimenti per cercare l’eterna giovinezza, qua è stato uno dei luoghi, essendo vicino a Montecarlo, di grande passaggio di miti cinematografici, proprio qua venivano da Rita Hayworth, Alan Ladd, David Neal, Chaplin. In pochi metri quadri, ripeto, c’è stato un confluire che non è mai smesso di miti che possono essere miti appunto degli dei quelli che apparivano qui fra le rocce e miti fabbricati invece dagli uomini. Qui c’è uno dei più bei giardini d’Europa costruito dagli inglesi che sono i giardini Hanbury”.
Lo scrittore insiste sulla particolarità del luogo. La sua natura, che definisce strana, <138 è plurima: la vegetazione spontanea è affiancata dalle tipiche coltivazioni liguri e da piante esotiche provenienti dal giardino botanico di acclimatazione della Mortola. Ma anche la popolazione umana è straordinaria, fatta da persone comuni e da miti, ovvero da personaggi storici che sono stati idealizzati, assumendo caratteri leggendari e che, per motivi diversi, sono legati a quell’angolo di Liguria-Provenza. Dapprima, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, l’aristocrazia e l’alta borghesia europea (soprattutto inglese e russa), attirata dalla mitezza del clima, dalla bellezza della natura; poi, uomini e donne di cultura, artisti, scienziati, politici, ne hanno fatto un luogo di vacanza o di residenza. In seguito, gli attori hollywoodiani hanno frequentato quelle località.
Per Orengo i miti creati dal cinema hanno un’accezione positiva. La sua posizione è originale, se si pensa allo smontaggio dei miti prodotti dei mass media operato da pensatori e intellettuali a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Primo fra tutti Roland Barthes che con i saggi raccolti in “Mythologies” (1957) si proponeva di fare una “critica ideologica” ai miti francesi di quegli anni e uno “smontaggio semiologico” del linguaggio della cultura di massa. Tra i vari miti di cui si occupa ci sono anche due prodotti cinematografici: Charlie Chaplin e Greta Garbo, citati anche da Orengo.
Quest’ultimo parla di un ristorante alla Mortola, la località dove ha trascorso l’infanzia e parte dell’adolescenza, in cui era possibile imbattersi in attori che nell’immaginario collettivo erano icone:
“Ricordo di aver visto Alan Ladd con una gamba ingessata qui a Montola dove c’era un grandissimo ristorante dove questi attori da Cannes da Montecarlo da Nizza venivano a mangiare. Alan Ladd con una gamba ingessata prima di sapere che fosse Alan Ladd e che quella gamba ingessata veniva da un film che poi avrei amato moltissimo come ‘Il cavaliere della valle solitaria’. Ricordo di aver visto Grace Kelly ai tempi di ‘Caccia al ladro’ prima di aver visto il film”. <139
Al ristorante delle celebrità accenna anche in “Chi è di scena”, racconto che ripercorre le trasformazioni sociali e culturali della città di Torino attraverso cinquant’anni di vita teatrale, in cui ricorda che «a Mortola avevamo un teatro reale, dal vivo, quasi quotidianamente con l’arrivo di tutte quelle figure di scena». <140 Un teatro in cui l’inizio dello spettacolo, il passaggio cioè dalla realtà alla finzione, non era segnalato né dall’apertura del classico «sipario rosso» che introduce in «un altro mondo», né dalla «luce improvvisa» che «marca il “confine”». <141
Gli incontri giovanili con personaggi che normalmente sono visibili solo al cinema, dove sono protagonisti di avventure favolose, rappresentano insomma uno sconfinamento della finzione nella realtà e come tali rimarranno impressi nella memoria dello scrittore e saranno celebrati nella sua opera. Infatti, molti di questi compaiono nella sua narrativa, insieme ad altri miti (scrittori, politici, ecc.) di quel lembo di Liguria.
Orengo cita ad esempio Ava Gardner e Katherine Mansfield negli “Spiccioli di Montale”; in “Chi è di scena” e nell’”Ospite celeste” riporta lo stesso ricordo su Charlie Chaplin-Charlot, che sottolinea l’identità, o meglio la confusione, tra immagine filmica e immagine reale che spesso concerne gli attori cinematografici: «E lui sulla via del ritorno raccontò a Chiara di una volta che a Mortola vide Chaplin trasformarsi in Charlot lungo la riga bianca dell’Aurelia, mimando il bastoncino di canna nella destra e il cappelluccio nero nella sinistra» (Oc, p. 104); parla dello scienziato Serge Voronoff nella “Curva del Latte”, nelle “Rose di Evita”, in “Figura gigante”, “Hotel Angleterre”; ricorda l’episodio della gamba ingessata di Alan Ladd in “Chi è di scena” e in un’intervista, oltre che nella trasmissione “Scrittori per un anno”, e proprio sul film “Il cavaliere della valle solitaria” fa fantasticare il ragazzino protagonista delle “Rose di Evita”; omaggia Grace Kelly nella “Guerra del Basilico” e in “Islabonita”; parla di Vladimir Nabokov, che soggiornò a Mentone, e di Čajkovskij, che soggiornò a Sanremo, in “Hotel Angleterre”.
L’evocazione di questo passato, però, non si traduce mai in una nostalgia fine a se stessa: i personaggi mitici vengono inseriti, per la loro forza evocativa, nell’ambito di un ampio discorso sull’importanza della trasmissione del ricordo e della memoria.
Un valore esemplare, a questo proposito, ha un racconto pubblicato nel 1993 su “La Stampa” e intitolato “La spiaggia dei sogni”. <142 La spiaggia a cui fa riferimento il titolo è quella del Golfo di Cap Martin, a pochi chilometri dal confine italiano. È una notte del passato, «una folla silenziosa, cinquecento, mille persone» è in «attesa». Aspetta il tuffo di una dea. Una ragazza bellissima e completamente nuda esce dalla pineta ed entra nell’acqua: è Brigitte Bardot. Intorno a lei ci sono presenze illustri, i «fantasmi» – il termine è messo in rilievo: è ripetuto e per tre volte compare isolato, seguito da un punto fermo – di epoche diverse che popolano il luogo: da Nietzsche a Winston Churchill, da Picasso al banchiere Rothschild e ai divi del cinema. Sono loro a «protegge[re] ancora la Costa Azzurra, oltre il cemento, la speculazione, i traffici che ogni decennio ciecamente accumula». Lo ribadisce nel finale: “È l’ultimo male [la Caulerpa taxifolia <143], parente vegetale di quel cemento colato, si direbbe mai abbastanza a volontà, su tutta la costa, di qua e di là dal confine, su questa terra di Provenza dolce, dove i fantasmi, il passato, dà alla malinconia la sensazione fisica di un paesaggio così denso di cultura che la miseria speculativa avrà dura a vincerla”.
Orengo non intende dire che la dimensione culturale di un paesaggio sopravvive alla sua distruzione fisica e che, pur se non esiste più nella realtà, il ricordo di ciò che fu è in se sufficiente: tutt’altro. Infatti, in questo passo insiste sulla corporeità dei fantasmi del passato: essi sono in grado di produrre una «sensazione fisica», ovvero di trasformare la «malinconia» in un dolore fisico. Il paesaggio è «denso» della loro presenza. Proteggono il paesaggio, perché si fanno sentire, ispirando e tenendo vivo il ricordo di un passato glorioso: sapere che un luogo è stato lo sfondo di grandi avvenimenti, la scenografia di capolavori cinematografici e ha ospitato grandi personalità, lo mitizza, ne fa un luogo di culto e provoca il desiderio di difenderlo. La “miseria speculativa avrà dura a vincerla” se ad essa si oppone la conoscenza del passato. In questo senso “la salvezza è la memoria”. <144
[NOTE]
136 La puntata è andata in onda il 7 luglio 2009 ed è ora visionabile sul sito della Rai: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-1a18ba8d-f38e-4bd7-994b-073bb1651308.html?p=0
137 Quando parla della Provenza Orengo non si riferisce all’attuale provincia geografica, ma all’antica regione storica, che corrisponde grossomodo alla regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Utilizza quindi il termine in maniera inappropriata. Difatti, identifica Nizza e altre città della Costa Azzurra come appartenenti alla Provenza. Il suo errore sulla Provenza è diverso da quello che commette Francesco Biamonti, il quale flette le coordinate geografiche e avvicina la Provenza (in particolare Tolone e Marsiglia), sua patria culturale, all’Italia, cancellando in maniera polemica le città turistiche della costa italiana: «Un Mistral da legenda personale che nasce e muore dove vuole l’autore, unifica Provenza, Francia, il loro suolo, ai crinali dell’entroterra ligure e al Mediterraneo cui si affacciano», GIORGIO BERTONE, Il confine del paesaggio, op. cit., p. 16.
138 Anche in altre occasioni Orengo si è espresso in questi termini. In un’intervista, per esempio, ha utilizzato l’aggettivo strano per il luogo: «è una Liguria strana», spiegando che è allo stesso tempo tipica e con qualcosa «in più», e ha indicato in questa caratteristica una delle ragioni per cui ne ha fatto lo sfondo fisso della sua opera: «Questo è un fascino ulteriore alla motivazione di scrivere di lì», STEFANIA LUCAMANTE, Intervista con Nico Orengo, art. cit., p. 138.
139 Orengo parla del film Il cavaliere della valle solitaria di George Stevens nelle Rose di Evita, invece, nella Guerra del basilico accenna a Caccia al ladro di Alfred Hitchcock.
140 NICO ORENGO, Chi è di scena!, Torino, Einaudi, 2006, p. 4.
141 Ivi, p. 29.
142 NICO ORENGO, La spiaggia dei sogni. Un mito protetto dai fantasmi. Da Vence a Nizza, la salvezza è la memoria, in “La Stampa”, 8 agosto 1993, p. 13.
143 Nella Guerra del basilico il nome dell’alga è stato modificato leggermente il nome in Caulerpia Taxifolia.
144 Come recita il sottotitolo dell’articolo: Un mito protetto dai fantasmi. Da Vence a Nizza, la salvezza è la memoria.
Federica Lorenzi, Il paesaggio nell’opera di Nico Orengo, Tesi di Laurea, Université Nice Sophia Antipolis en cotutelle internationale avec Università degli Studi Di Genova, 2016