Per convincere i cittadini americani che la trama comunista è un pericolo l’amministrazione Truman lancia il programma FELP

Nonostante che né l’Unione Sovietica né i partiti comunisti europei avessero in mente di intraprendere una nuova guerra o la via rivoluzionaria <266, l’amministrazione Truman, dovendo motivare di fronte all’opinione pubblica la svolta delle relazioni con l’URSS e sopratutto l’intervento negli affari europei (per cui in cambio di aiuti economici, sia a Francia che ad Italia, si richiedeva di espellere i partiti comunisti dai propri governi), inizierà, a partire dalla fine del 1946, a diffondere la parola d’ordine che i comunisti stanno passando all’offensiva e che spetta agli Stati Uniti difendere i baluardi della democrazia <267.
‘Quegli anni – scrive lo storico Richard Freeland – erano gli anni in cui il timore del comunismo dominava gran parte della vita, dei pensieri e della politica degli americani’ <268. Ci si accorgerà molto tempo dopo che tale timore e tali pericoli erano stati ingigantiti e alimentati dal Dipartimento di Stato americano per affrontare una serie di problemi che la strategia dell’intervento economico, politico e militare aveva sollevato all’interno degli Stati Uniti e che potevano essere risolti soltanto agitando, dall’esterno, lo spettro del pericolo comunista <269. A febbraio del 1947 l’ambasciatore inglese a Washington dichiara al Dipartimento di Stato, a nome del proprio governo, che l’Inghilterra non è più in grado di assistere finanziariamente la Grecia e la Turchia. George Marshall, che è stato appena nominato Segretario di Stato, ottiene da Truman l’autorizzazione a intervenire in favore dei due paesi, ma si trova di fronte all’ostacolo del Congresso, che, dominato dai repubblicani, si oppone a ulteriori finanziamenti in politica estera. Il rifiuto del Congresso preoccupava oltremodo il segretario Marshall e lo stesso Truman e ottenere l’approvazione ad aiutare economicamente i governi conservatori in Grecia e Turchia divenne la questione primaria. Il 12 marzo 1947 Truman in persona è costretto a recarsi di fronte al Congresso per leggere il celebre discorso che passerà alla storia come l’enunciazione della Dottrina Truman <270: ‘La gravità della situazione che il mondo si trova di fronte in questi giorni mi obbliga a intervenire di fronte al Congresso riunito in seduta plenaria. Sono in gioco la politica estera e la sicurezza nazionale del nostro paese. […] La sopravvivenza della Grecia è oggi messa in pericolo dalle attività terroristiche di migliaia di uomini armati agli ordini dei comunisti […]. Come nel caso della Grecia, se anche la Turchia ha bisogno di aiuto, gli Stati Uniti questo aiuto devono poterlo garantire […]. In questo momento nella storia mondiale ogni nazione deve scegliere tra due modi di vita alternativi. La scelta spesso non è una scelta libera. Un modo di vita è basato sulla volontà della maggioranza, ed è contraddistinto da libere istituzioni, da governi rappresentativi, da libere elezioni, dalla garanzia delle libertà individuali, dalla libertà di pensiero e di religione, e dalla libertà dall’oppressione politica. Un secondo modo di vita è basato sulla volontà della minoranza imposta con la forza alla maggioranza. Esso poggia la propria esistenza sul terrore e sull’oppressione, su una stampa e una radio controllate, su finte elezioni e sulla soppressione delle libertà personali. Io credo che debba essere politica degli Stati Uniti appoggiare i popoli liberi che tentano di opporsi al giogo delle minoranze armate o dalle pressioni esterne’ <271.
Nonostante ciò la situazione non si sblocca, i repubblicani continuano a mostrare un notevole dissenso, anche se mitigato dalle crescenti pressioni dell’opinione pubblica. Il Congresso concede una parte di aiuti per Grecia e Turchia, ma il Segretario di Stato decide che bisogna inventare qualcosa per sgomberare il terreno dagli ostacoli che i repubblicani di fatto contrapporranno alla nascita del piano Marshall <272. L’unico modo per condizionare il Congresso, scrive Clayton in un memorandum a Marshall, è l’influenza dell’opinione pubblica: ‘gli Stati Uniti non potranno assumere la direzione del mondo, a meno che la popolazione degli Stati Uniti non subisca uno choc tale da appoggiarla’ <273.
Per convincere i cittadini americani che la trama comunista è un pericolo per la democrazia e la pace, e al tempo stesso per debellare i progressisti che insieme agli isolazionisti si oppongono al piano Marshall, l’amministrazione Truman lancia il programma FELP (Federal Employee Loyalty Program) <274. Ufficialmente dovrebbe servire ad indagare sulle presunte infiltrazioni comuniste negli Stati Uniti, in pratica verrà usato per provocare nell’opinione pubblica lo choc suggerito da W. Clayton. T. Clark (il texano promosso procuratore generale da Truman) e E. J. Hoover (direttore dell’FBI) vengono incaricati di guidare l’operazione <275. Ai due vengono concessi due mesi (siamo nel marzo 1947) per mettere a punto un programma di offensiva generale in sintonia con le esigenze del piano Marshall. Ad aprile Kennan, incaricato da Marshall per fare il bilancio di previsione per gli aiuti economici per l’Europa, informa il Segretario di Stato che saranno necessari oltre 15 bilioni di dollari in tre anni, aggiungendo che nel caso in cui Italia, Francia e Inghilterra non riceveranno gli aiuti economici essi non potranno durare oltre la fine dell’anno, precipitando inevitabilmente nella bancarotta <276. In tal caso gli Stati Uniti perderebbero non solo i mercati europei ma anche quelli dell’America Latina <277.
Riuscire ad ottenere tanto denaro, una cifra mai richiesta da alcun governo degli “States” per aiutare l’economia di altri paesi, significava intraprendere un braccio di ferro con il Congresso. Ai primi di giugno Marshall annuncia pubblicamente il proprio piano (ERP, European Recovery Program) in un discorso all’Università di Harvard. Marshall eviterà con cura ogni riferimento all’Unione Sovietica o al comunismo, il piano ‘non è diretto contro alcuna nazione o dottrina, è diretto contro la fame, la povertà, la disperazione e il caos, qualsiasi governo che sia disposto a collaborare […] troverà piena collaborazione da parte del governo americano’ <278. L’offerta verrà pertanto rivolta all’Unione Sovietica e personalmente a Molotov, il quale, dopo essersi incontrato con i ministri degli Esteri francese e inglese, rifiuterà la proposta consigliando ai partiti comunisti europei di fare altrettanto <279. Abilmente addossata all’Unione Sovietica la responsabilità della non cooperazione, Marshall avverte il pericolo dell’ostilità del Congresso e comanda a Clark e Hoover di dare avvio al loro programma. La posta in gioco era tale da richiedere un’azione di forza per battere la resistenza del Congresso <280. In perfetto sincronismo con le mosse del Dipartimento di Stato l’FBI e l’ufficio del Procuratore generale avviano l’operazione FELP <281. Allarmata in tal modo l’opinione pubblica e di riflesso il Congresso, i repubblicani abbandonano le proprie riserve chiedendo maggiore incisività sull’operato di Clark e Hoover e venendosi a trovare per la prima volta dalla stessa parte del governo <282. La fantasia e lo zelo di Clark e Hoover non hanno limiti, inventandosi ogni sorta di strumento atto a mettere fuori combattimento tutti gli oppositori alla propria linea politica e in pratica per debellare ogni forma di dissenso. Ad un certo punto lo stesso Truman si preoccupa dei metodi di Clark e Hoover, definendoli “metodi da Gestapo” <283.
Ma nonostante queste critiche nulla si fa per porre fine a tutto ciò. Intanto in Europa, l’uscita delle sinistre dal governo e i relativi scioperi sindacali di protesta rafforzano gli allarmismi del governo americano che ha buon gioco a propagandare ulteriormente il pericolo dell’offensiva comunista. In patria l’FBI guida l’ondata repressiva, in Europa la neonata CIA invia i suoi uomini a Roma e a Parigi <284. Il 19 dicembre 1947 Marshall presenta al Congresso il piano che porta il suo nome. Truman fa sapere alla Camera e al Senato che non c’è tempo da perdere, il piano va approvato entro l’aprile 1948 perché il 18 aprile si terranno le elezioni politiche in Italia e per quella data l’Italia, dice Truman, rischia di cadere nelle mani dell’Unione Sovietica. Se l’Italia va tutto il mediterraneo la segue <285. Insistendo su questa linea Truman poneva i repubblicani, ancora ostili agli aiuti economici, con le spalle al muro di fronte all’opinione pubblica. Non approvare il piano Marshall al più presto, cominciavano a scrivere i giornali influenzati dal Dipartimento di Stato, significava consegnare di fatto l’Italia intera ai comunisti. Non per niente Marshall aveva definito il dibattito in atto al Congresso ‘la più grande decisione della nostra storia’ <286. Nelle stesse ora in cui al Congresso si discute il piano Marshall, il 25 febbraio 1948 in Cecoslovacchia cade il governo e il potere passa ai comunisti <287. Il “Washington Post” esce in edizione anticipata e in prima pagina a titoli cubitali scrive: ‘La Russia avanza verso l’Occidente. Quale è la prossima tappa?’ Una freccia indica come primo obiettivo l’Italia <288.
Gli Stati Uniti sono sconvolti. Il 31 marzo 1948 il piano Marshall è approvato.
[NOTE]
266 Sui dispacci delle ambasciate USA circa l’assenza di pericolo rivoluzioni comuniste, vedi US Foreign Relations, 1946, vol. III, pp. 434, 446, 459, 468, 471, 472.
267 Cfr., A. Gambino, op. cit., pp. 330 – 336.
268 R. M. Freeland, The Truman doctrine & the origins of Mc Carthysm, p. 3, New York 1970.
269 Ivi, pp. 5 – 12.
270 Sull’argomento vedi P. Viola, op. cit., pp. 255 – 263.
271 R. Faenza M. Fini, op. cit., p. 231.
272 Cfr., House of Commette on Foreign Affairs, Assistance to Greece and Turkey, pp. 16 – 18, Washington 1947.
273 R. Faenza M. Fini, op. cit., pp. 232 – 233.
274 Programma che segnalerà l’inizio del maccartismo (il senatore J. MacCarthy del Wisconsin diventerà negli anni Cinquanta l’emblema della guerra fredda e la guida della crociata anticomunista in America).
275 Cfr., R. Faenza M. Fini, op. cit., p. 233. Sull’alleanza Clark – Hoveer vedi anche E. Bontecou, The Federal loyalty-security program, Ithaca 1953.
276 Cfr., Freeland, op. cit., p. 152.
277 Clayton scriveva in un memorandum del 31 maggio 1947 che se l’America Latina perde i propri mercati in Europa Occidentale, gli USA perderanno i propri in America Latina. (Cfr., Clayton Papers, memorandum The European crisis, box 42).
278 Department of State Bulletin, vol. 16 p. 1159, Washington 1947.
279 Più cauto si mostrerà Togliatti in Italia che pur criticando gli aspetti e le mire espansionistiche implicite nel piano Marshall oscillerà spesso tra un atteggiamento ostile, di netto rifiuto, e un atteggiamento attendista, di impasse. Per un quadro generale della situazione in Italia vedi soprattutto A. Gambino, op. cit., pp. 361 – 428.
280 Cfr., R. Faenza M. Fini, op. cit., p. 235.
281 Prima in sordina fanno arrivare ai giornali la notizia che l’esperto di affari asiatici del governo è un simpatizzante di Mao Tse-tung, poi giovandosi del crescente consenso della stampa attaccano 23 dirigenti del Dipartimento di Stato accusandoli di “sospetta attività filocomunista” e allontanandoli improvvisamente dai loro incarichi. Sulle prime mosse di Hoover e Clark vedi B. Andrews, Washington witch hunt, New York 1948.
282 Cfr, R. Faenza M. Fini, op. cit., p. 235. Sull’argomento vedi E. J. Hoover, Master of deceit, New York 1958.
283 Cfr, R. Faenza M. Fini, op. cit., p. 237.
284 Ibidem.
285 Cfr., Freeland, op. cit., pp. 246 – 247.
286 “Washington Post”, 7 gennaio 1948, p. 1.
287 Sull’argomento vedi P. Viola, op. cit., pp. 255 – 259.
288 La reazione ai fatti di Praga da parte dei comunisti e dei socialisti italiani, tutta tesa a difendere l’operato del Partito comunista ceco, viene citata dalla stampa americana come riprova della subordinazione a Mosca della sinistra italiana. Effettivamente la situazione cecoslovacca e l’atteggiamento inflessibile del PCI e del PSI contribuiranno non poco a influenzare negativamente l’elettorato italiano. Gli stessi fatti serviranno anche al primo ministro De Gasperi per scagliarsi contro il Fronte popolare e contro il Cominform. Cfr., R. Faenza M. Fini, op. cit., pp. 239 – 240.
Vincenzo Aristotele Sei, Italia e Stati Uniti, l’alleato ingombrante, Tesi di laurea, Università degli Studi della Calabria, 2014