Velio Spano, animatore di Radio Milano

Infine, il progetto di intervenire tra le truppe italiane destinate in Etiopia si concretizzò nella missione di Velio Spano in Egitto, incaricato dal comitato antifascista eletto al congresso di Bruxelles: Spano arriva in Egitto nel novembre 1935, prende contatti con settori antitaliani della borghesia egiziana e con alcuni connazionali sensibili alla propaganda antifascista. <55
Anche se la missione era stata preparata accuratamente nei mesi precedenti, Spano ne lamenta la disorganizzazione in una lettera al Comitato internazionale del 14 gennaio 1936 <56 e, tuttavia, nei limiti delle forze che si sono potute impiegare, la missione non è priva di qualche successo.
Spano riporta del clamore suscitato a Porto Said della propaganda antifascista e contro la guerra. <57
In una serie di articoli apparsi su “Stato operaio” nel 1938, Paolo Tedeschi (pseudonimo di Spano) sottolinea la polarizzazione tra le truppe italiane in transito per i porti egiziani, divise tra entusiasti alla guerra e riluttanti e sensibili alla propaganda antimilitarista <58 e descrive l’impatto che la distribuzione di volantini ha sui soldati imbarcati sui piroscafi in transito per il Canale di Suez. <59
Che l’azione di Spano avesse avuto un certo successo è testimoniato anche dalla preoccupazione suscitata nell’ambasciata italiana al Cairo. <60
L’ingresso delle truppe italiane in Addis Abeba, nel maggio del 1936, cambia la prospettiva propagandistica del Pci che, pur riconoscendo che l’occupazione della capitale etiope non avrebbe posto fine alle operazioni militari, deve tuttavia fare i conti con la realtà di un regime che, proprio in occasione della proclamazione dell’impero, ottiene il massimo consenso popolare. <61
55 A. Mattone, Velio Spano: vita di un rivoluzionario di professione, Della Torre, Cagliari, 1978, p. 24.
56 In Apc 513 – 1 – 1393, p. 1.
57 Ibidem, p. 3.
58 Gli articoli, dal titolo Esercito e milizia nella guerra d’Etiopia, sono apparsi nei numeri 1, 2, 4 e 7 del 1938.
59 Idem, n. 2, p. 27.
60 Telespresso del Consolato di Porto Said n. 2341/312, in Archivio storico Ministero affari esteri, Busta “Ambasciata del Cairo”, A63, 294/2.
61 v. S. Colarizi, L’opinione degli italiani sotto il regime. 1929–1943, cit.; a p. 206–207 riporta alcuni esempi di note fiduciarie che testimoniano la demoralizzazione dell’antifascismo di fronte alla conquista di Addis Abeba.

Gino Candreva, Nazionalismo e comunismo di fronte alla Guerra d’Etiopia, in História: Debates e Tendências, vol. 13, núm. 1, enero-junio, 2013, pp. 150-166, Universidade de Passo Fundo, Passo Fundo, Brasil

Archivio di Radio Sardegna

Nel 1936 arriva a Radio Barcellona un altro giovane sardo. Si chiama Velio Spano, trentun anni, nato a Teulada, dirigente di primo piano del Partito comunista, giornalista di grande valore, condannato a cinque anni di carcere dal tribunale speciale fascista. Spano organizza una redazione, con trasmissioni fatte di rapide traduzioni del notiziario spagnolo e informazioni provenienti dal fronte. Per confondere l’intercettazione fascista l’emittente va in onda con il nome di Radio Milano.
«Velio parlava con gli italiani catturati dagli antifranchisti – racconta la moglie Nadia – li intervistava e le loro voci arrivavano alle famiglie. Ma soprattutto dava notizie della guerra».
Di Radio Barcellona Velio Spano è fondatore, animatore, persino speaker.
Tutti lo conoscono con il nome di Pablo.
Rimane fino al 1938, quando il partito gli chiede di trasferirsi a Tunisi per coordinare l’azione degli esuli antifascisti.
«Di quella esperienza ebbe sempre un ricordo molto bello», spiega ancora la moglie, «perché fu una sorta di “scuola di massa”», come ricorderà Elio Vittorini nel suo “Politecnico”.
«Quanto si poteva afferrare, tenendo l’udito di dentro a una cuffia di un apparecchio a galena, verso le prime voci non fasciste che finalmente giunsero a noi: Madrid, Barcellona. Ricordate l’inverno del 1936-1937? Ogni operaio che non fosse un ubriacone, e ogni intellettuale che avesse le scarpe rotte, trascorreva la sera curvo sulla radio a galena».
Il regime fascista subì il colpo e mise in piedi Radio Verdad, con il compito di contrastare Radio Barcellona sulle stesse lunghezze d’onda e alle stesse ore con trasmissioni che agli ascoltatori dovevano sembrare emesse dalla penisola iberica e che invece venivano irradiate dall’Italia. Era la “guerra delle onde”.
Più fantasiosa e meno cruenta di quella fatta con bombe e fucili ma non meno efficace. Il fascismo, ostile a ogni libera manifestazione di pensiero, aveva capito da subito che le radio straniere potevano incrinare quell’immagine di ordine sociale, consenso assoluto e compostezza politica che il Duce voleva propagandare agli italiani. Le parole dovevano essere solo d’ordine. Nel 1930 cessò per legge l’attività dei radioamatori: bisognava evitare che si ripetesse la “beffa di Nizza”, quando nel 1926 un giovane avvocato, Sandro Pertini, con un piccolo apparecchio aveva inviato i suoi messaggi antifascisti verso la costa ligure.
Vito Biolchini, Le radio probite, in Radio Brada. 8 settembre 1943: dalla Sardegna la prima voce dell’Italia Libera (a cura di Romano Cannas; prefazione di Jader Jacobelli, pp. 18.19, © 2004 Rai Radiotelevisione Italiana

L’intervento in difesa della Repubblica spagnola ha offerto all’antifascismo italiano l’opportunità di lanciare un’offensiva radiofonica contro l’Italia fascista, la Germania nazista; in questo modo tornarono a far sentire la propria voce sulla scena italiana, incrinando il monopolio fascista dell’informazione e della propaganda. L’ascolto delle trasmissioni antifasciste assume dimensioni e caratteri tali da provocare una mobilitazione da parte dell’apparato e degli stessi vertici del regime. Infatti, le autorità di Pubblica Sicurezza adottarono numerosi provvedimenti di polizia e venne allestita una difesa radiofonica […] Negli anni del conflitto spagnolo si pongono le basi di quanto sarebbe avvenuto durante la Seconda guerra mondiale con l’ascolto di massa per l’Italia di Radio Londra. Il fenomeno dell’ascolto clandestino accompagna l’intera parabola discendente del fascismo, rappresentando uno degli aspetti del progressivo distacco della popolazione dal regime che arriverà al culmine durante la guerra mondiale[…] Il problema è quello di dare un assetto ed una forma efficace alle trasmissioni. Un ruolo di primo piano viene svolto da Velio Spano (Paolo Tedeschi). Egli ha alle spalle una lunga esperienza di agitatore e di propagandista sia in Italia che nell’emigrazione. Le direttive del Centro estero [del Partito Comunista d’Italia] giungono direttamente da Mario Montagnana. I dirigenti del centro ricevono una serie di indicazioni riguardanti l’attività radiofonica da parte di Togliatti. L’utilizzazione della radio, non solo in Spagna, ma anche in Francia ed in Italia, è uno dei temi al centro dei colloqui dell’emissario del PcdI, Aladino Bilbotti, a Mosca, con il segretario dell’Internazionale comunista. Togliatti lamenta la debolezza dell’azione di propaganda del partito, indicando la radio come possibile strumento per sistemare la situazione […] L’attività radiofonica doveva tener conto del distacco esistente tra il mondo dell’emigrazione politica e la relatà della società italiana. Solo così può assicurarsi seguito anche da parte degli altri antifascisti del paese. Raccomandazioni simili vengono date alle emissioni di Radio Tolosa da destinare agli italiani in Francia. Secondo Togliatti, infine, bisognava intervenire anche sui soldati italiani che combattevano in Spagna [dalla parte dei franchisti]. Le emissioni di Radio Milano hanno delle caratteristche diverse rispetto a quelle delle altre emissioni in lingua italiana. Radio Milano si presenta come una radio clandestina, ufficialmente estranea alla Repubblica spagnola, che parla direttamente in nome del Partito comunista d’Italia. Queesta iniziativa serve a far credere che l’emittente si trovi in territorio italiano. Con questo stratagemma i comunisti cercano di accreditare l’esistenza nel Paese di una forte organizzazione clandestina. Si rivelerà uno strumento prezioso nelle mani dei comunisti […] Le emissioni di Radio Milano vengono affidate a Velio Spano, affiancato a sua volta da Gino Morellato: lavoreranno in contatto con Luigi Longo, il quale è il principale esponente del Pcdi in Spagna. Parallelamente all’attività di radio Milano prosegue l’azione di propganda condotta dai comunisti attraverso le stazioni ufficiali della Spagna repubblicana.
Stefano De Tomasso, Voci dalla Spagna. La radio antifascista e l’Italia (1936-1939), Rubbettino Editore, 2016

Velio Spano con Giorgio Amendola

Spano fu inviato nel 1938 a Tunisi direttamente dal centro comunista di Parigi, come già accennato, per organizzare e coordinare i compagni che operavano in Tunisia e per rinsaldare i vincoli di solidarietà e collaborazione fra gli antifascisti italiani e la Residenza francese.
Appena giunto, Spano stabilisce infatti immediati contatti con il gruppo dei giovani antifascisti italiani (Maurizio Valenzi, i fratelli Loris, Ruggero, Nadia e Diana Gallico, Michele Rossi, Marco Vais, Ferruccio e Silvano Bensasson) ed entra nell’ufficio politico del Partito comunista tunisino, di cui diventerà in breve uno dei dirigenti.
Instancabile e immediatamente operativo, Spano lavora da subito al “Proclama agli italiani di Tunisia” diffuso nel dicembre del ‘38, e si impegna senza risparmio di energie per attivare contatti, con gli esponenti della borghesia italiana di Tunisi, con i rappresentanti francesi della stessa Residenza e con i membri del partito socialista, soprattutto per raccogliere fondi per la creazione del già citato quotidiano antifascista di Tunisi, Il Giornale (1 marzo 1939), di cui Giorgio Amendola (inviato in Tunisia dal Comitato centrale del PCI in Tunisia per molti mesi nel 1939) divenne direttore e Velio Spano caporedattore.
Velio Spano cura inoltre, per l’altro giornale antifascista tunisino, L’Italiano di Tunisi, con lo pseudonimo di Antiogheddu, la rubrica “Dalla Sardegna”, dedicata in particolare alle centinaia di sardi che lavoravano nelle miniere di proprietà della “Phosphates Tunisiens”. In quel periodo il regime fascista esortava gli emigrati in Tunisia a rientrare nell’isola, a seguito della costruzione di Carbonia, presentata dalla propaganda di regime come “stupenda realizzazione” che avrebbe permesso di sfruttare le immense ricchezze del sottosuolo sardo <27.
[…] Allo scoppio della guerra, Amendola viene rimandato in Francia dove ha famiglia, mentre Spano rimane in Tunisia, anche se più volte tenta di raggiungere l’Italia.
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel giugno ’40 a fianco della Germania moltissimi italiani in Tunisia, fascisti e antifascisti, vengono tradotti nei campi di concentramento, compresi i militanti comunisti. Spano passerà alcune settimane di dura prigionia a Sbeitla, nel sud tunisino.
Nel momento più difficile per i comunisti italiani in Tunisia – con il Partito comunista francese ufficialmente sciolto e di conseguenza i contatti con il centro di Parigi interrotti, i partiti antifascisti italiani profondamente divisi, l’ondata di repressione in Tunisia – Spano continua ad operare con caparbietà nel Partito comunista tunisino, che contava allora un centinaio di membri e una ventina di cellule.
È opportuno a questo punto fare anche un inciso sul contesto nazionalistico nel quale il PCT si trovava in questi anni ad operare. Fino a quel momento, l’urgenza della lotta al nazifascismo aveva adombrato tutte le altre questioni e in particolare quella, improcrastinabile, dell’indipendenza dei popoli ancora sotto giogo coloniale. L’universo dell’antifascismo esprimeva una generica solidarietà con i tunisini, o gli algerini, dominati dalla Francia, ma non si andò mai oltre le dichiarazioni di principio per l’autodeterminazione di tutti i popoli <28.
[…] Nella primavera-estate del 1941, nel pieno della repressione del governo collaborazionista di Vichy (1940-44), quando il PCT tiene il suo 2° Congresso, si sposa la tesi dell’avvicinamento tra i vari gruppi politici ed etnici che componevano la società tunisina e si apre finalmente un vero dibattito sulla “questione tunisina”, che si concluderà con la pubblicazione delle cosiddette “tesi politiche di giugno”, a cui Velio Spano diede il contributo fondamentale, mostrando grandissimo intuito politico e coraggio <30.
È un testo spartiacque poiché – ed è proprio l’intervento di Velio Spano che lo renderà possibile – sancisce la consapevolezza della necessità politica e strategica di un avvicinamento e di un coordinamento fra nazionalisti neo-desturiani e comunisti tunisini <31.
L’obiettivo delle tesi era quello di radicare il partito comunista nel composito contesto tunisino, proclamando finalmente la necessità della lotta alla dominazione coloniale, considerata dominazione capitalistica per eccellenza. Le rivendicazioni miravano fra l’altro all’ottenimento del diritto di voto per i tunisini e all’instaurazione di un regime democratico rappresentativo in Tunisia.
Com’era prevedibile, sul partito si abbatte un’ondata di repressione senza precedenti: come già accennato, Velio Spano, divenuto il vero responsabile del PCT, nel 1942 viene condannato a morte in contumacia per ben due volte: la prima dal Tribunale Militare Marittimo di Biserta con l’accusa di contravvenire ai decreti intesi a reprimere l’attività comunista (marzo) e la seconda dal Tribunale Militare Speciale di Tunisi per la detenzione a fini di propaganda di volantini d’origine e ispirazione straniera di natura tale da nuocere all’interesse nazionale (giugno).
Le condanne vengono dichiarate in contumacia e, fortunatamente, mai attuate, poiché il grande intuito politico di Spano gli fece scegliere al momento giusto la via della latitanza.
Durante l’occupazione tedesca in Tunisia (novembre 1942), e mentre la Gestapo lo ricercava freneticamente, Velio Spano (ovviamente sotto falso nome) continua a mantenere stretti contatti da un lato con i gollisti e dall’altro con i neo-desturiani, per organizzare la resistenza.
Il 31 dicembre 1942, si apre a Tunisi in gran segreto la 2° Conferenza di Informazione del PCT, nella quale Spano fu protagonista: pur sottolineando le difficoltà del dialogo dovute ai diversi orientamenti politici, egli ribadì ancora una volta la necessità di un collegamento stretto con il Neo-Destûr. Senza sottovalutare la difficoltà nel cercare di mobilitare la popolazione musulmana contro i tedeschi, percepiti dall’opinione generale come alleati naturali (per la ben nota teoria del “nemico del mio nemico”), egli espresse una grande fiducia nei confronti di Burguiba, leader dell’ala sinistra del partito, quella più vicina ai comunisti, che a suo avviso avrebbe portato sicuramente a un avvicinamento perché, come egli stesso ribadiva, i comunisti sono i soli difensori coerenti degli interessi sociali dei lavoratori, degli interessi nazionali del popolo tunisino.
Quando, l’8 aprile del 1943, le truppe inglesi e americane si ricongiungono in Tunisia e, nei giorni seguenti, le principali città tunisine vengono liberate una dopo l’altra (7 maggio, liberazione di Tunisi; 12 maggio resa dell’esercito tedesco; 9-10 luglio 1943, sbarco delle forze alleate in Sicilia; 25 luglio caduta del fascismo), Spano potrà finalmente rientrare da uomo libero in Italia, anche se solo dopo l’armistizio del settembre e per precauzione sotto il falso nome di Paolo Tedeschi. Il 16 ottobre 1943 egli giunge a Napoli.
[NOTE]
27 Le notizie dalla Sardegna arrivavano in Tunisia grazie a Mario Manca, motorista sul peschereccio della cooperativa “Sant’Efisio”, che recapitava clandestinamente il materiale propagandistico al piccolo nucleo di comunisti cagliaritani.
28 Gli stessi partiti comunisti europei, e in particolare quello francese, espressero tutta la loro incapacità, a quell’epoca, di affrontare con lucidità le questioni nazionali soprattutto in Algeria, ma anche negli altri paesi soggetti a dominazione coloniale.
30 Il testo integrale delle tesi di giugno è consultabile presso gli Archivi del Centro di Documentazione Nazionale di Tunisi.
31 Vi si legge: Il fronte unico del popolo tunisino deve esprimersi in un’alleanza fra tutte le forze politiche che hanno come obiettivo principale la liberazione della Tunisia e, particolarmente, tra il P.C. e il Destûr; si sottolinea che l’obiettivo del PCT non potrà essere realizzato se non nella lotta per la liberazione della nazione tunisina dal giogo dell’imperialismo e nell’indipendenza di questo paese (art. XIV).
La natura profondamente differente del P.C. (partito rivoluzionario della classe operaia e del popolo sfruttato) e del Destûr (partito nazional-riformista, avente solo saltuariamente degli scopi obiettivamente rivoluzionari) non deve assolutamente impedire la realizzazione di questa alleanza (art. XV).
Patrizia Manduchi, Un militante antifascista in Tunisia: Velio Spano a Tunisi, Ammentu – Bollettino Storico e Archivistico del Mediterraneo e delle Americhe, N. 8 gennaio-giugno 2016

Archivio di Radio Sardegna

Velio Spano (Teulada, 15 gennaio 1905 – Roma, 7 ottobre 1964) è stato un politico e antifascista italiano, membro dell’Assemblea costituente e senatore per le prime quattro legislature. Nacque a Teulada il 15 gennaio 1905 da Attilio e Antonietta Contini. Nel 1910 la famiglia si trasferì a Guspini, importante centro minerario, dove il movimento socialista era presente, forte e ben organizzato. A Guspini il giovane Spano ebbe modo di conoscere le lotte della classe operaia e dei minatori, rimanendone segnato. Nel centro minerario compì anche i primi studi, proseguiti poi a Cagliari, nel Liceo Dettori, dove conseguì la maturità classica. Nel 1923 si iscrisse alla FGCI, partecipando alle lotte popolari che si svolsero a Cagliari in seguito alla Marcia su Roma. Nel dicembre del 1923 la famiglia si trasferì a Rodi, mentre Velio si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma. Nel 1924 entrò a far parte dei gruppi dirigenti della FGCI del Lazio. A Roma conobbe anche Antonio Gramsci, col quale si intrattenne spesso in lunghe discussioni sulla “questione sarda”. Su quei colloqui con Gramsci Velio Spano scriverà più tardi:«A quelle conversazioni devo senza dubbio, almeno in parte, di essere diventato un comunista». Nella primavera del 1925 dirige a Roma, con Altiero Spinelli, il Gruppo Comunista Universitario. Nel 1926 il Partito lo invia a Torino per guidare il locale Gruppo Comunista Universitario. Nel 1927, abbandonati gli studi, entra a far parte dell’apparato illegale della FGCI col nome di battaglia di “Mariano”. A Torino viene arrestato, condannato a 2 mesi di carcere e proposto per l’assegnazione al confino. Contemporaneamente, mentre si trova in carcere, è deferito al Tribunale Speciale di Roma per il reato di ricostituzione del Partito Comunista d’Italia e condannato a 6 anni di reclusione, che sconterà tra il 1928 e il 1932. Sull’esperienza del carcere, arricchito nella preparazione politica e nel carattere, scriverà nel 1930 alla famiglia: “Non ho perduto un centimetro della mia statura”. Viene scarcerato nel dicembre del 1932 per effetto dell’amnistia del decennale. In seguito ad un nuovo ordine di cattura, nel gennaio del 1933 decide di espatriare in Francia. A Parigi Velio entrò a far parte dell’apparato illegale del Partito Comunista Italiano all’estero, assumendo compiti di direzione e di collegamento con i lavoratori emigrati. Nell’ottobre del 1934 curò insieme a Romain Rolland la diffusione di un appello, cui aderirono numerosi intellettuali francesi, che chiedeva la liberazione di Gramsci e l’invio di una delegazione d’inchiesta per verificare le condizioni dei detenuti politici nelle carceri italiane.Nel novembre del 1935 si trova in Egitto per svolgere, per conto del PCI, azione di propaganda tra le truppe italiane che muovono verso Suez. Nel corso degli anni 1935-1937 svolse numerose missioni clandestine in Italia, come inviato del centro estero del Partito, con l’obiettivo di mantenere viva una certa attività antifascista organizzata. Nel 1937 è in Spagna e partecipa alla guerra civile come membro dello Stato maggiore del comandante Juan Modesto. In Spagna avrà compiti di organizzazione dei servizi radio, che permetteranno di parlare direttamente col popolo italiano. “Radio Milano”, diretta da Velio Spano, era una tra le frequenze più ascoltate in Italia, come testimoniano anche i numerosi arresti effettuati sotto questo capo d’imputazione. Verso la fine del 1937 fece rientro a Parigi, dove assunse l’incarico, insieme a Mario Montagnana, di direzione de L’Unità; svolgendo, per tutta la durata dell’anno 1938, anche un’intensa attività politica a favore del Fronte Popolare e organizzando una scuola di Partito in Lorena. Nell’ottobre del 1938 venne inviato dal PCI a Tunisi col compito di rafforzare l’attività antifascista, orientare la numerosa comunità italiana tunisina e rinsaldare i legami di amicizia col governo democratico francese. Spano iniziò a Tunisi una intensa attività di propaganda, stabilendo numerosi contatti con giovani antifascisti italiani, come Maurizio Valenzi, i fratelli Loris, Ruggero, Diana e Nadia Gallico, Michele Rossi, Marco Vais, Ferruccio e Silvano Bensasson e altri iscritti al Partito Comunista Tunisino. Il lavoro di mobilitazione e propaganda sviluppato da Spano permise di costituire un quotidiano, chiamato Il Giornale, da contrapporre al fascista Unione. Intorno al 1939 il quotidiano venne sequestrato e definitivamente soppresso.La situazione degenerò rapidamente allo scoppio della guerra, quando il PCT entrò nella clandestinità. Nel maggio del 1939, intanto, Velio sposa Nadia Gallico. Velio avrebbe preferito fare rientro in Italia, come già avevano fatto diversi esponenti del Partito, ma la Direzione del PCI gli chiese di restare in Tunisia. Nel 1940 venne arrestato e rinchiuso, insieme ad altri comunisti italiani, nel campo di concentramento di Sbeitla, dove rimase fino alla caduta di Parigi (giugno 1940). Nel 1941 Velio riorganizzò il Partito Comunista Tunisino divenendone di fatto il principale dirigente. Negli anni della guerra, inoltre, stabilì preziosi contatti con i gollisti e i socialisti francesi e con il partito arabo del Neo-Destour di Bourghiba per una lotta comune contro il governo collaborazionista di Vichy. Nel novembre del 1941, in seguito alla denuncia di un delatore, la maggior parte del gruppo dirigente del Partito Comunista Tunisino venne arrestata. nel processo che seguì Velio Spano, sfuggito alla cattura, fu condannato a morte in contumacia. La condanna venne replicata nel giugno dello stesso anno con l’accusa di “riorganizzazione di partito disciolto e propaganda delle parole d’ordine della Terza Internazionale”. Nonostante la caccia spietata della polizia fascista continuò ad operare nella clandestinità e nel dicembre del 1942 tenne una conferenza dei quadri dirigenti del PCI. In quello stesso anno, quando la Tunisia fu invasa dalle truppe italiane, Spano svolse un intenso lavoro politico tra i soldati, organizzando fra loro nuclei comunisti e distribuendo giornali di propaganda antifascista. Liberata la Tunisia nel maggio del 1943, Spanò poté uscire dalla clandestinità e fare rientro, il 16 ottobre dello stesso anno, in Italia. Rientrato a Napoli Spano, insieme a Eugenio Reale, Marcello Marroni e Clemente Maglietta, diresse il PCI nell’Italia liberata. In questo periodo lavorò per rafforzare l’organizzazione del Partito Comunista Italiano e per radicarne l’atteggiamento unitario e nazionale tra la base e i militanti sparsi in tutto il Meridione. Dal dicembre del 1943 assunse la direzione dell’edizione meridionale de L’Unità. Nel gennaio del 1944 prese parte al Congresso di Bari del Comitato di Liberazione Nazionale dove, insieme a Reale, allineandosi alle posizioni di socialisti e azionisti rifiutò la partecipazione del PCI al governo, ponendo come pregiudiziale l’immediata abdicazione del re. Nell’aprile del 1944 partecipò al congresso regionale del PCI siciliano ed intervenne in maniera determinante sull’atteggiamento da assumere nei confronti del separatismo anche in Calabria e poi, nel giugno, in Sardegna, dove si poneva il problema di correggere le posizioni autonomiste del partito. Nel luglio del 1944 entrò a far parte della direzione provvisoria del PCI “operativa” per l’Italia liberata ed in quel mese passò a dirigere, sino al giugno del 1946, l’edizione romana de L’Unità. Nel maggio del 1945 rappresentò la direzione nazionale al 2º Congresso regionale sardo del PCI, sostenendo la necessità di saldare la lotta per l’autonomia a quella per le riforme sociali. Membro della direzione provvisoria nazionale costituita, l’8 agosto 1945, dai due gruppi dirigenti di Roma e Milano, fu membro anche della Consulta Nazionale per la Costituente e sottosegretario all’agricoltura nel Governo De Gasperi II (luglio 1946-gennaio 1947). Al 5º congresso del PCI (dicembre 1945) venne eletto nel Comitato Centrale e nella direzione, dove rimase fino al 9º congresso. […] Morì a Roma il 7 ottobre 1964. Padri e Madri della Libertà

I comunisti italiani furono anche spettatori attivi della politica di assistenza sovietica (sia economica, sia culturale e tecnica) alla nuova repubblica del Mali. L’aiuto dell’URSS avrebbe aiutato i maliani a liberarsi delle vecchie strutture “feudali” e della presenza francese, riorganizzando il sistema produttivo e avvicinandosi al socialismo seguendo una propria via nazionale. Nonostante la forte influenza cinese nel paese, il mondo socialista avrebbe dovuto tener conto delle specificità locali, senza costringere il marxismo africano all’interno di un percorso prestabilito. Oltrepassare le divisioni e abbandonare i vecchi dogmi doveva essere l’imperativo per chi – come il PCI – avrebbe voluto giocare un ruolo da protagonista nel continente senza essere considerato fautore di un’ideologia “paternalista”. Su questo tema ritornò anche Velio Spano, che nel 1961 avrebbe invitato i suoi compagni di partito a superare lo schematismo – in senso strutturale e ideologico – che limitava l’allargamento del movimento antimperialista e dei comunisti. Secondo il senatore sardo, tale approccio avrebbe potuto dare nuova linfa a un processo di progressivo avvicinamento al socialismo, senza forzare le tappe in un ambiente diverso da quello europeo industrializzato. L’impegno di Spano, oltre a dimostrare un suo grande attaccamento per i temi legati all’Africa subsahariana (una situazione che egli stesso definì «familiare»), testimoniò una sua spinta a non rinchiudere gli orizzonti del movimento operaio su modelli europei, poiché questo avrebbe arrestato l’avanzata del movimento socialista nei paesi ove i comunisti non erano in grado di guidare un’avanguardia rivoluzionaria. Il partito italiano, perciò, avrebbe dovuto sviluppare le scelte del XX Congresso del PCUS riguardo alle vie nazionali, cercando di allargarle e farle adottare anche agli altri partiti comunisti per il bene del socialismo mondiale.  […] Il progresso fu al centro dell’analisi politica del PCI verso l’Africa indipendente e la Repubblica di Guinea fu la prima vera protagonista della politica internazionale dei comunisti italiani verso i territori subsahariani. L’avvicinamento di questo paese al socialismo, reso possibile dalla cooperazione dell’Unione Sovietica (interessata a proporre il proprio modello di sviluppo ai paesi ex-coloniali), avrebbe allargato la base di consenso dell’URSS e ne avrebbe anche difeso l’interesse nazionale, che per i partiti comunisti combaciava con quello del movimento operaio stesso. Come si vedrà, seppur nella sua innovazione, il processo delle “vie nazionali” immaginato dal segretario del PCI rimase funzionale alle necessità del movimento comunista internazionale, il cui ruolo non doveva uscire ridimensionato da questa strategia a lungo termine <137.
Uno dei protagonisti di questa ricerca, il senatore comunista sardo Velio Spano, si rivelò entusiasta della pianificazione economico-sociale espressa nella Guinea di Sékou Touré <138.
[NOTE]
137 S. Pons, Il Pci nel sistema internazionale della guerra fredda, in R. Gualtieri (a cura di) Il Pci nell’Italia repubblicana, Annali della Fondazione Gramsci, Roma, Carocci, 2001, pp. 3-46.
138 V. Spano, cit.
Gabriele Siracusano, La fine di un miraggio politico: lo sguardo del PCI e del PCF sull’Africa subsahariana francofona indipendente (1960-1984): nuove visioni e prospettive africane dei comunisti occidentali, Tesi di dottorato, Université Panthéon-Sorbonne-Paris in cotutela con Università degli studi di Roma Tor Vergata, 2020

Velio Spano – Archivio de “l’Unità” – immagine qui ripresa da Patrizia Manduchi, art. cit.

A Napoli, dal dicembre del 1943 Velio Spano assume la direzione dell’edizione meridionale de «L’Unità». Nel luglio del 1944 entra a far parte della direzione provvisoria del PCI nell’Italia liberata e da quel mese dirige, sino al giugno del 1946, l’edizione romana de «L’Unità». Membro della direzione provvisoria nazionale (costituita, l’8 agosto 1945, dai due gruppi dirigenti di Roma e Milano) e della Consulta Nazionale per la Costituente, fu in seguito sottosegretario all’agricoltura nel Governo De Gasperi (dicembre 1945 – luglio 1946). Al V congresso del PCI (dicembre 1945) venne eletto nel Comitato Centrale e nella direzione, e vi rimase fino al IX congresso.
Eletto deputato alla Costituente per la Sardegna dal 1946 al 1948, fu poi segretario del PCI nell’isola dal 1947 al 1957, sempre presente durante le lotte contadine, l’occupazione delle terre, gli scioperi dei minatori. Nelle elezioni del 1948 venne eletto senatore e poi riconfermato nelle successive legislature nel collegio di Guspini-Iglesias. Nell’agosto del 1949, primo inviato del PCI e de «L’Unità», svolse un viaggio nella Cina comunista all’alba dell’alba dell’epoca di Mao, su cui scrisse un reportage.
Nel 1957 divenne responsabile esteri del PCI, nel 1959 segretario del Movimento Italiano per la Pace e, quindi, membro della Presidenza Mondiale. Morì a Roma il 7 ottobre 1964.
Patrizia Manduchi, art. cit.

Nadia Gallico

[Nadia Gallico Spano: Tunisi 1916 – Roma 2006] Nasce in una famiglia borghese di emigrati in Tunisia. Il padre Renato, avvocato, collaborava con la stampa locale antifascista; i fratelli Loris, Ruggero e Diana erano tutti iscritti al Partito Comunista. La militanza in questo partito valse al fratello Ruggero la persecuzione e al marito di Nadia, Velio Spano, anche lui comunista e dirigente del partito arrivato a Tunisi per sostenere il movimento antifascista italiano, due condanne a morte in contumacia. Prima a Tunisi – città multietnica e variegata per l’apporto di italiani e francesi, ebrei e musulmani, comunisti e gollisti, suore e liberi pensatori – poi in Italia, Nadia si impegnò attivamente nella Resistenza al nazifascismo tanto che, sotto il regime collaborazionista di Petain, durante l’occupazione tedesca della Francia, fu condannata per la sua attività politica. Come il marito anche lei sfuggì alla cattura e, raggiunta fortunosamente l’Italia, divenne protagonista e testimone del processo di rifondazione dello Stato e della nascita della Repubblica. Infatti, fu tra le donne elette all’Assemblea Costituente, parlamentare comunista dal 1948 al 1958, tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane (UDI), presieduta fino al 1958, e del settimanale «Noi Donne» che ha diretto fino al 1945; è stata inoltre attiva nella presidenza dell’ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti).
Renata Natili Micheli, enciclopedia delle donne