Riscritto l’assetto territoriale e urbanistico del sistema di relazioni tra Parma e Colorno

Torrile (PR). Fonte: Wikipedia
Fonte: Chiara Garini, Op. cit. infra

L’emergenza di un problema riguardante la differenza sostanziale che si dà per confronto tra vecchio e nuovo paesaggio riguarda dunque, in primo luogo, un cambiamento dei parametri di definizione delle configurazioni territoriali rispetto alla trasformazione del paesaggio in cui si rappresentano e vengono percepite.
Tali mutamenti, che interessano tanto lo spazio fisico che quello cognitivo, non si limitano solo a trasformazioni territoriali in funzione dell’evoluzione e del cambiamento di sistemi di esigenze e modelli di organizzazione sociale e territoriale nella differenza per confronto tra storia del passato e attuale; bensì raccontano un cambio radicale di logiche e dispositivi concorrenti alla trasformazione del paesaggio, in netta discontinuità con la storia e la memoria dei luoghi; come pure, una mutazione genetica di attori e realtà interagenti (territoriali, sociali, culturali, politiche ed economiche) nei processi di trasformazione.
I processi di banalizzazione sintattica e semplificazione grammaticale del paesaggio sono stati dirompenti e con effetti devastanti sui caratteri originali del paesaggio della Bassa. Recenti e nuove trasformazioni in ambito rurale hanno alterato importanti sistemi di organizzazione strutturale del paesaggio agrario: molti elementi della fitta rete di testimonianze storiche, se pur conservati, hanno subito una pesante decontestualizzazione con conseguente perdita dei legami con l’organizzazione complessiva dei contesti in cui si inseriscono; l’edificazione diffusa in ambito rurale ha perso quel fondamentale legame di tipo strutturale tra insediamenti e aree produttive agricole e il sistema delle case sparse derivante dall’organizzazione storica dello spazio agricolo ha perso la forza di ordine strutturante le configurazioni di paesaggio. Più in generale, parte di quel lessico che spiega le relazioni di piccola scala è andato perduto, lasciando spazio a nuove formulazioni lessicali in cui regole vecchie e nuove si confrontano senza dialogare nel paesaggio in trasformazione. Alla scala territoriale, mentre si rafforzano sempre più le relazioni orizzontali in direzione est-ovest, il sistema di organizzazione storica del territorio in direzione nord-sud subisce una metamorfosi nelle forme dispersive e confuse di una città in continua estensione verso una campagna sempre più urbanizzata e sempre meno coltivata.
Il sistema di crescita delle formazioni lineari in filamenti urbani discontinui o areali tra loro saldati sta determinando nuovi paradigmi di rappresentazione del paesaggio in funzione dell’habitat contemporaneo, dove acquistano sempre più importanza gli spazi della circolazione, del consumo e della comunicazione che prolificano sul territorio in rapida trasformazione per situazioni di paesaggio in continua riformulazione.

Fonte: Chiara Garini, Op. cit. infra
Fonte: Chiara Garini, Op. cit. infra
Fonte: Chiara Garini, Op. cit. infra
Fonte: Chiara Garini, Op. cit. infra
Fonte: Chiara Garini, Op. cit. infra
Fonte: Chiara Garini, Op. cit. infra

[…] La nuova fisionomia delle città e del territorio sempre più è improntata dalle geografie di potere del mercato globale (o locale globalizzato) e dalle nuove economie di produzione, commercializzazione e consumo di beni e servizi (a forte contenuto informativo e sempre più di natura immateriale); mentre la formazione di nuove logiche di consumo, della circolazione e di comunicazione ha contribuito in modo determinante al mutamento sostanziale del rapporto tra territorio e popolazioni, non più dato per legame di identificazione tra i luoghi e chi li abita, quanto piuttosto per relazione di natura contrattuale tra spazio e utente che lo pratica.
Nella città, cambia l’organizzazione delle attività commerciali sia in termini di distribuzione spaziale che temporale: dalla struttura commerciale diffusa di vendita al dettaglio e integrata alla funzione residenziale, alla concentrazione in centri commerciali e grandi catene di distribuzione (malls, ipermercati, ecc.) decentrati e decontestualizzati rispetto al territorio circostante; dalla produzione artigianale e manifatturiera a base territoriale locale alle catene in franchising di aziende multinazionali; dal mercato “a cielo aperto” nelle piazze e lungo strada (i mercatali), a quello in spazi chiusi e iper-protetti di edifici privati aperti al pubblico; dalle forme del commercio a breve raggio misurato “a passo d’uomo” a quello dello shopping in tempi ristetti per spazi distanti e più ampi del consumo.
Si tratta di nuove forme del consumo che hanno inciso profondamente sul “cambio di pelle” del paesaggio e che rappresentano uno dei principali fattori di formazione e proliferazione dei non-luoghi.
Il fenomeno di diffusione su tutto il territorio di nuovi centri del consumo (di beni e servizi, ma anche di suolo e risorse territoriali) dati in forma concentrata di grandi strutture di vendita o in quella dispersiva e iterata di nuovi insediamenti commerciali riguarda un’emergenza territoriale problematica a varie sfaccettature: urbanistica, come nuova centralità territoriale ed elemento di destrutturazione urbana; ambientale, come agente consumatore di suolo e risorse territoriali e spazio artificiale che genera inquinamento, cementificazione e traffico veicolare; paesistico, come forma di edificazione della “città estesa e in estensione” che produce frammentazione e deterritorializzazione; economico, come elemento distruttore delle economie locali e della filiera di microimprenditorialità che, oltretutto, implica elevati costi di infrastrutturazione.
Un problema che emerge con particolare evidenza nel margine nord di Parma, ma anche, seppur in modo discontinuo, lungo tutta l’asta dell’Asolana, dove la proliferazione di non-luoghi nelle forme di nuovi spazi del consumo e della circolazione si è di frequente tradotta in brani di paesaggio sfigurato dai nuovi interventi: non solo in ragione dell’incompatibilità morfologica e funzionale di tali oggetti e della loro estraneità al contesto, ma anche del loro impatto distruttivo sulle residue componenti storiche di paesaggio e sulle trame originali di strutturazione del territorio. Ancor più per l’incidenza dei nuovi interventi sulla trasformazione degli apparati funzionali del sistema insediativo (quello infrastrutturale, in primis) e, indirettamente, su quello sociale e culturale: nel loro porsi come nuovi poli di attrazione sociale, urbana e territoriale che hanno acquisito il ruolo di “centralità” nell’organizzazione degli spazi insediativi e, nel medesimo tempo, ne hanno rappresentato un fondamentale fattore di disgregazione.
Più in generale, il proliferare sul territorio di questi nuovi spazi artificiali produce non solo un costante e sempre più rilevante consumo di suolo, ma anche la formazione di situazioni sempre più indeterminate dove gli spazi sono sempre più vuoti di valori e sempre più pieni di costruito.
Rispetto a tale quadro allarmante, va tuttavia osservato che la dimensione problematica delle nuove economie urbane improntate da un linguaggio “locale globalizzato” si esprime ben oltre i nuovi centri del consumo e l’insieme degli apparati deputati alla circolazione di beni, attività e servizi. Essa infatti può ragionevolmente essere estesa anche all’emergenza di nuove pratiche di commercializzazione del territorio, espresse in forme che spesso celano un’erosione silenziosa di capitale territoriale per la produzione di capitale economico.
In allineamento con i nuovi codici di linguaggio dell’“era dalla globalizzazione”, si assiste allo sviluppo di forme di marketing urbano e territoriale <12 in insieme eterogeneo di strategie di “autopromozione pubblicitaria” e “rilancio sul mercato” del sistema locale nella logica di competizione all’interno del sistema unificato dalle nuove tecnologie informatiche. Si tratta di forme insidiose di commercializzazione delle città, del territorio e del paesaggio che spesso concorrono a determinare distorsioni semantiche, immagini falsificate del reale e abusi nell’utilizzo delle risorse territoriali, nel disinteresse del bene comune o nell’interesse esclusivo di pochi privati: dal city al landscape marketing, il rischio comune è quello di trattare la città e il paesaggio al pari di prodotti da immettere o rilanciare sul mercato unitamente a quello di produrre e incentivare trasformazioni nella logica occasionale delle economie di mercato.
In relazione a questo quadro di cambiamenti e di profonde trasformazioni, le stesse popolazioni cambiano insieme al loro paesaggio.
[…] Nei nuovi quadri di assetto urbano e del sistema economico, l’indebolimento della struttura sociale e la crisi dei sistemi di valore della tradizione si accompagna alla progressiva perdita dell’identità culturale del territorio espressa per legame di comunanza tra luoghi e le popolazioni locali. Tale emergenza riguarda non solo la dimensione metropolitana e urbana dei centri abitati maggiori, ma anche il sistema insediativo dei centri minori in territorio extraurbano, dove le frazioni e i vecchi borghi rurali di campagna non hanno più identità di paese definita <13 e tendono sempre più ad assumere le sembianze rururbane di campagna urbanizzata: con il rischio di trasformarsi in “paesi dormitorio”, per sostituzione della vecchia “gente della Bassa” con abitanti notturni e nuova “gente straniera”, slegata da qualsiasi legame di comunanza con i luoghi e priva di “senso della comunità”. La stessa realtà del centro abitato di Colorno non è esente da tale rischio <14, per indebolimento strutturale dell’identità culturale e sociale del centro urbano <15, ma anche per marginalizzazione territoriale ed economica derivante dal ridisegno complessivo della geografia insediativa e delle relazioni territoriali sull’asta dell’Asolana.
La nuova geografia derivante dalla riorganizzazione degli apparati urbani e produttivi sul territorio tra Parma e Colorno ha infatti riscritto l’assetto territoriale e urbanistico del sistema di relazioni tra Parma e Colorno, con effetti rilevanti sul paesaggio Colorno e di San Polo di Torrile, in funzione di una serie accelerata di trasformazioni riguardanti i nuovi sviluppi insediativi e infrastrutturali spiegati nell’arco di pochi anni (2006-2010). Nel ridisegno complessivo, il territorio di Colorno è forse quello che ha subito le maggiori conseguenze, in termini di indebolimento e marginalizzazione territorio, oltre che di ridefinizione complessiva. Sul Comune di Colorno sono infatti ricadute le scelte del Comune di Torrile, che ha optato per un potenziamento industriale e residenziale, ma anche di Parma stessa, che nel settore nord ha scaricato le esternalità negative implicate nei nuovi interventi <16. La recente apertura (nel 2009) della nuova tangenziale in variante al tracciato storico della strada Asolana, al fine di ridistribuire il traffico veicolare sul collegamento da Parma a Colorno e all’Oltre Po (verso Sabbioneta e Mantova) in posizione esterna ai centri di San Polo di Torrile e di Colorno, ha inoltre avuto la conseguenza indiretta di rimuovere la distinzione tra parti a nord e sud del paese di Colorno rispetto al torrente Parma (data in disegno urbanistico della fine del secolo scorso), sostituendosi come limite di separazione del territorio urbano dato non più per differenza topologica tra “due sponde”, ma per spazi chiusi dentro o fuori il segno del nuovo tracciato infrastrutturale. Va tuttavia rilevato che la realizzazione della nuova infrastruttura, se da un lato ha comportato pesanti effetti negativi derivanti dall’inclusione e dal ridimensionamento di ampie parti del territorio; dall’altro, ha aperto nuove opportunità legate all’effetto positivo sull’ambiente urbano, non solo per decongestionamento dei centri abitati, liberati da consistenti flussi di traffico veicolare; ma anche al fatto involontario di aprire nuove possibilità per ripensare il paese di Colorno rispetto alla piazza che fronteggia la Reggia, divenuta nel tempo spazio di passaggio e di transito veicolare anziché luogo di sosta ed anche, rispetto al superamento di una percezione differente e separata degli spazi al di qua e al di là del torrente, retaggio storico di geografie cognitive del passato e di modi di vedere il paesaggio di Colorno rispetto ai segni d’acqua.
Ciò a dimostrazione della possibilità di trasformare un fattore di debolezza, differentemente spiegato nel territorio dei “non luoghi”, in opportunità per costruire nuovi scenari di sviluppo delle città e del territorio e ricreare nuovi sistemi di relazione paesaggistica attraverso scelte di valore e senso positivo. <17

Fonte: Chiara Garini, Op. cit. infra

[NOTE]
12 Il fenomeno del marketing territoriale e urbano va inquadrato nella logica competitiva di ‘corsa verso l’alto’ indotta dai processi di globalizzazione economica e riflette un nuovo orientamento di carattere imprenditoriale (entrepreneurialism – Harvey, 1990) da parte della pubblica amministrazione e delle elitè locali influenti sulla ‘cosa pubblica’, volte a ‘valorizzare’ le risorse locali dello specifico contesto territoriale in cui agiscono (anche attraverso la costruzione di alleanze tra gli attori locali), al fine di conseguire vantaggi competitivi e di attrarre risorse extralocali. Nello specifico, le tecniche dell’urban marketing possono definirsi come l’insieme delle attività di comunicazione e promozione della città intesa come risorsa territoriale da amministrare con criteri imprenditoriali e, nel contempo, impresa che ‘vende se stessa’ per perseguire il profitto e posizionarsi sul mercato globale rispetto a potenziali investitori-consumatori.
13 “Le Frazioni. Occorre capire quale sviluppo ipotizzare per le frazioni; perché sono le frazioni che non hanno identità di paese definita. Dobbiamo capire come pensiamo di evitare il loro spopolamento e/o contrastare il degrado abitativo che vediamo nelle frazioni. Le abitazioni non utilizzate devono essere recuperate: vanno quindi pensati interventi per recuperare l’esistente, dove possibile, oppure edificare a nuovo ma inserendosi in maniera accettabile nel complesso rurale”. Da: COLORNO 2015. Conoscere per progettare. Report “Territorio”. Documento programmatico della Giunta comunale, Comune di Colorno, dicembre 2008.
14 “Attraverso la domanda ‘che cosa vogliamo per Colorno 2015’ una delle prime riflessioni che si pone alla nostra attenzione è capire ‘cosa non vogliamo assolutamente che Colorno diventi’. Certamente non vogliamo essere un paese dormitorio, rischio che per diversi aspetti corriamo. Per scongiurare questa ipotesi l’unica cosa che possiamo fare è lavorare sul senso di comunità. (…) Ci troviamo oggi ad avere un tessuto sociale fortemente stratificato che vive quotidianamente la difficoltà di relazionarsi.” Da COLORNO 2015. Conoscere per progettare. Report “Comunità”, Comune di Colorno, 2008.
15 Dati riferiti in: COLORNO 2015. Conoscere per progettare. Report “Territorio”, Comune di Colorno, 2008.
16 Dati riferiti in: COLORNO 2015. Conoscere per progettare. Report “Territorio”, Comune di Colorno, 2008.
17 La questione riguarda un aspetto centrale e di valore strategico nello svolgimento della fase di ricerca propositiva in parte III del presente lavoro.
Chiara Garini, Il paesaggio delle differenze. Minacce e opportunità di trasformazione nelle Terre di pianura della Bassa parmense, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013