Un Arsènio Lupin nella tipografia de l’Unità

… Per prima cosa vi spiego a cosa corrisponde “bozze in colonna”.

C’era una volta nelle tipografie dei quotidiani una macchina chiamata “linotype” che con mezzi qui non necessari alla spiegazione formava righe in piombo (vedi foto); che poi unite formavano una colonna su cui si passava un rullo inchiostratore e poggiando una lista di carta sopra (umida) e impressa con un rullo asciutto facendolo scorrere sopra le righe faceva sì che il testo veniva letto dal responsabile della pagina a cui l’articolo era destinato e lo stesso redattore faceva le correzioni, se c’erano, con la biro o matita.

La stessa bozza veniva restituita all’addetto alla linotype il quale rifaceva la riga con la dovuta correzione.

Capito?

L’autore quando era un giovane tipografo

Impaginavo (cioè mettevo in ordine le colonne di piombo ed i relativi titoli su un piano prestabilito e sistemavo il tutto, con grande accortezza, onde fare una pagina che voi vedete ora sui quotidiani ma la pagina di una volta era il doppio delle attuali… quindi il lavoro di impaginazione era molto più impegnativo)…

Impaginavo l’Unità dopo le 23 nell’anno 1948 a novembre e dicembre nel palazzo di corso Valdocco in Torino dopo il mio lavoro di 10 ed anche 12 ore in un’altra tipografia dove ero stipendiato.

All’Unità andavo gratis… tanto per dare un contributo, e risparmio, a Capellaro Renzo che era l’economo… e diventammo molto amici… per questo!

Gianni Rodari – Fonte: Wikipedia

Torniamo a Rodari, il grande giornalista, romanziere ed idolo dei ragazzi (e relativi genitori) che non si accontentavano del Corrierino dei Piccoli e Topolino. Era lì all’Unità per due mesi onde fare esperienza giornalistica.

Aveva un vizio balordo. Il “vizio” era quello di mettersi in tasca le bozze, piegandole con cura perché erano lunghe anche 30/40 cm.

Perché? Perché se gli veniva un’idea per un racconto o poesia o battute ne scriveva un appunto o altro nel retro e se le metteva in tasca… ed io e gli altri impaginatori diventavamo matti nel cercare le “sue” bozze onde avere idea della lunghezza da riservare all’articolo stesso. Lo chiamavamo “Arsènio Lupin”. Un compagno stupendo!

di Alfredo Schiavi