La tipografia partigiana a Torre Pellice

Prima pagina de ‘Il Pioniere’ del 27 aprile 1945. Fonte: Raffaella Tallarico, art. cit. infra

I redattori partigiani sentono e descrivono il fascismo come l’incarnazione stessa del male, come un fenomeno quasi diabolico. L’analisi politica di norma sfugge alle loro capacità. Ad essi basta la denuncia e l’anatema; la condanna proviene da un rifiuto che non tollera mediazione o indugi. La divisione tra fascismo ed antifascismo è manichea al grado estremo. A questo retaggio sfuggono pochi autori partigiani. È ad esempio il caso degli articoli politici di «Giustizia e Libertà», notiziario dei patrioti delle Alpi Cozie, organo della II Divisione alpina Giustizia e Libertà del Cuneese <8, in cui i compilatori degli articoli sono studenti universitari ai quali non manca un embrione di preparazione politica. Un altro esempio è «Il Pioniere», organo della V Divisione alpina Giustizia e Libertà della val Pellice e della val Germanasca <9.
La stampa delle bande di Giustizia e Libertà presenta una notevole autonomia e nei suoi fogli si trova una maggior varietà di posizioni e un piglio critico più accentuato. La stampa giellista è una delle prime a comparire e a cercare di divulgare le idee e i princìpi della democrazia, ripudiando drasticamente le strutture del vecchio Stato monarchico. La rivoluzione democratica di cui parla è un modello di organizzazione decentrata dello Stato per rompere il centralismo ed infondere un respiro federalistico all’articolazione dei poteri e alla partecipazione dei cittadini. La stampa periferica delle formazioni gielliste presenta i suoi esempi migliori, oltreché più continui, proprio in Piemonte. Una delle esperienze di maggiore interesse è proprio quella rappresentata da «Il Pioniere»: esso proporrà spesso articoli d’impostazione politica, quasi sempre ripresi dalla stampa ufficiale del partito.
[NOTE]
8 M. GIOVANA, Storia di una formazione partigiana, Torino, Einaudi, 1964.
9 AA.VV., Il Pioniere, Torino, Claudiana, 1976.
Rosaria Popolo, Il Pioniere. Un giornale partigiano nelle valli valdesi, La Beidana, numero 89, Società di Studi Valdesi

Il paese dorme ed essi arrivano alla spicciolata, aprono la porta, entrano e riprendono il posto lasciato a fine turno. Rimettono in funzione la linotype. Non sappiamo cosa pensi ciascuno di loro, ma sappiamo che ogni operaio rischia di essere arrestato, imprigionato e ammazzato. Perché quello che qui viene ciclostilato è materiale clandestino.
Stanotte che è autunno, sulla carta qui nascostamente trasportata da Borgo San Dalmazzo, stamperanno Il Pioniere, periodico delle formazioni Giustizia e Libertà della Val Pellice, della Val Chisone e della Valle Germanasca.
ll Pioniere, la cui redazione è composta da Gustavo Malan, Fredino Balmas, Giulietto Giordano e Archimede Modonese, arriverà fino a 15.000 copie, ed è forse tra le poche pubblicazioni partigiane a non bucare un’uscita (Claudio Pavone, Una guerra civile) e a mantenere tra il giugno e l’ottobre 1944 una cadenza settimanale, per continuare, tra il novembre 1944 e l’estate 1945, con la pubblicazione di otto numeri.
Il ritmo accelera – oltre al Pioniere la tipografia clandestina L’Alpina stampa tanta parte del materiale resistente di tutto il Piemonte – la notte è breve, il nemico è a cinquanta passi, nella caserma Ribet, via Arnaud, Torre Pellice. Alla prima luce, alla porta c’è già Anna con la cartella, e le staffette sono pronte con le borse e gli zaini. E con le borse e gli zaini pieni, le ragazze – tra loro ci sono Eldina, 17 anni, e Gina – risaliranno la valle fino al mobile fronte della guerriglia partigiana. Qualcuna scenderà invece fino alle città, per consegnare la stampa al gruppo dirigente del Partito di Azione.
Chi combatte non ha molto tempo per leggere e nemmeno l’agio per farlo. Tuttavia tanti di loro fissano gli occhi sulle parole stampate, e le abbracciano nello sguardo. Perché per essi, in larga parte figli delle Valli dell’eresia preluterana di Valdo, che hanno imparato a leggere nelle scuole dei borghi, sorte su queste montagne, prima ancora che lo stato unitario rendesse obbligatoria l’istruzione elementare, le parole sono importanti, tanto quanto i proiettili o gli esplosivi. Esse sono armi di conoscenza e di quella libertà, sanguinosamente e ostinatamente cercata e difesa dal popolo valdese, qui insediatosi attorno al 1100 e per quattro secoli oggetto di persecuzioni.
Salvate dalla demolizione da un gruppo di volontari tra cui Sergio, figlio di Guido Benech, uno dei partigiani più fidati del Comandante Malan, da Roberto Malan stesso, da Giulio Giordano, diciottenne partigiano, e poi Commissario di Brigata, macchine e materiali della tipografia clandestina L’Alpina di Torre Pellice, sono in esposizione nei locali dell’ex Caserma Ribert, diventata nel 2013, con la collaborazione del Comune, di cui sono diventate proprietà, Museo della Resistenza e della Stampa clandestina […]
Annalisa Alessio, Quegli incredibili fogli clandestini della Resistenza valdese, Patria Indipendente, 19 settembre 2021

Facciata della caserma Ribet a Torre Pellice. Fonte: Raffaella Tallarico, art. cit. infra

La Tipografia Alpina di Torre Pellice ebbe un ruolo fondamentale durante la Resistenza. Fondata verso il 1880 da Giovan Pietro Malan, divenne, sin da quegli anni, il centro stampa ufficiale della chiesa valdese che vi commissionava le relazioni sinodali e gli opuscoli divulgativi. Durante gli anni del fascismo continuò a produrre scritti di Lombardini, Miegge, Lo Bue, ispiratori della Resistenza alle valli valdesi. Dopo l’8 settembre 1943 aumentò il lavoro della stampa clandestina, con grave rischio per i tipografi, l’allora proprietario Pier Luigi Pagliai (membro della Giunta clandestina e del CLN di Torre Pellice) e il suo giovane aiutante Enzo Jouve (1915-1992) che ne scrisse successivamente le memorie.
Pagliai e Jouve passavano la notte chiusi in una stanzetta della Tipografia a comporre a mano e impaginare (la maggior parte della stampa clandestina si componeva a mano con un carattere “elzeviro” posseduto da quasi tutte le tipografie, perciò meno identificabile), mentre proprio sulla piazza di fronte stazionavano costantemente Brigate Nere e SS naziste. Il rumore delle macchine poteva destare sospetti, ragion per cui si operava dal tardo pomeriggio sino verso le ventidue e nei periodi di coprifuoco si dormiva in Tipografia. Tutto il materiale veniva successivamente nascosto sotto le assi del pavimento, sempre sperando di non essere presi.
Durante la Resistenza uscirono a migliaia gli stampati clandestini: la prima edizione piemontese di “Italia Libera”, i primi numeri di “Il Partigiano alpino”, “Voce dei campi”, “Voci d’officina”, le garibaldine “La Baita” e “La Forgia”, i “Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà”, opuscoli vari di propaganda specie del Partito d’Azione e del Movimento Federalista Europeo, nonché carte di identità e lasciapassare tedeschi (ovviamente falsi!).
E non dobbiamo dimenticare “Il Pioniere”, settimanale della V Divisione Giustizia e Libertà. Diretto da Gustavo Malan, avvalentesi della collaborazione redazionale di Fredino Balmas, Archimede Modenese e Giulietto Giordano, raggiunse ben presto le 15.000 copie, un vero successo nonostante la clandestinità. Articoli politici, notizie locali, informazioni e controinformazioni sull’attività partigiana riempiono le sue pagine, fedeli all’ideale espresso simbolicamente dal titolo così spiegato nel numero di giugno 1943: «”Il Pioniere” non solo perché desideriamo sia come un pioniere della nuova stampa, ma più ancora perché il nuovo italiano, il nuovo europeo dovrà essere un pioniere. Noi vivremo in un nuovo mondo anche senza andare lontano da casa nostra, noi dobbiamo costruire un nuovo mondo».
Per la distribuzione della stampa clandestina nelle valli erano incaricate le staffette; per quella destinata a Torino si provvedeva mediante bidoni a doppio fondo spediti sui camion della Stamperia Mazzonis. Sul primo scomparto pieno di opuscoli e giornaletti se ne metteva un altro pieno di acqua colorata che, a eventuali verifiche, poteva passare per tintura utile alle stoffe di Mazzonis.
Dal settembre ’43 al febbraio ’45 la Tipografia subì ben undici perquisizioni da parte delle SS naziste, senza risultati. Mai nulla di compromettente fu trovato. Invece Jouve venne arrestato dietro delazione l’11 febbraio 1945. Gli si mostrò molto materiale prodotto dalla Tipografia, ma nonostante i terribili interrogatori, riuscì a salvarsi perché la Liberazione era alle porte. La Tipografia “ribelle” aveva terminato il suo lavoro clandestino, non il suo costante impegno nella stampa di materiali, volantini, libretti, giornali e giornaletti destinati alla crescita e alla maturazione civile della gente.
Bruna Peyrot, Resistere nelle valli valdesi. Gli anni del fascismo e della guerra partigiana, Società di Studi Valdesi, 1995

Giulio Giordano non vuole più essere ripreso né fotografato. Dice che non è la sua faccia che deve finire sui giornali, piuttosto la sua voce. Lui, che fu un partigiano, continua a rendere testimonianza di ciò che ha rappresentato la Resistenza nella sua vita. Classe 1925, vive a Torre Pellice, paesino nell’omonima valle a circa cinquanta chilometri a sud di Torino, che è sede dei maggiori organi amministrativi e religiosi della Chiesa Valdese italiana. Ha militato nella brigata Giustizia e Libertà, 5ª divisione alpina Sergio Toja, attiva nella Val Pellice, insieme a circa 140 compagni del posto.
Giulio aveva 18 anni quando si arruolò fra le fila partigiane.
[…] Uno dei centri della vita partigiana del paese era il Caffè d’Italia: “Lì potevamo parlare tranquillamente; la famiglia proprietaria del locale era dalla nostra”. I militanti erano coordinati da Gustavo Malan, uno studente universitario di tre anni più grande di Giulio. Insieme alla sorella Frida e al fratello Roberto erano il perno della Resistenza in Val Pellice. Proprio Gustavo fondò nel 1952 a Torino l’Istituto italiano di studi europei.
Pochi metri dividono la caserma Ribet dalla tipografia L’Alpina, a Torre Pellice. Nata per stampare materiali per la chiesa valdese, nell’ottobre del 1943 è diventata anche organo clandestino dei gruppi partigiani, e non solo per la valle. “Ha stampato grossa parte del materiale che riguardava la formazione partigiana, almeno il 90% di quello del partito d’azione torinese, fra cui anche gli opuscoli di Giustizia e Libertà“. Inizialmente coinvolto da Gustavo Malan, Giulio era l’unico a lavorare insieme ai due proprietari; poi hanno iniziato a collaborare anche i dieci dipendenti della tipografia: “Lo hanno fatto pur sapendo i rischi che correvano”.
La posizione della tipografia, esattamente di fronte e a pochi passi dalla caserma Ribet, non destava alcun sospetto. Dal febbraio del ’44 nella struttura furono di stanza le camicie nere, e il marzo successivo la occuparono anche le SS. Giulio racconta che ci sono state undici perquisizioni, per fortuna tutte andate a vuoto. “Una volta entrò un gruppo di soldati tedeschi e avevamo appena finito di stampare; uno degli apprendisti è riuscito a buttare sulle copie un blocco di carta bianca per nasconderle, poi è riuscito a sfilare via il materiale appena stampato”. Nel lavoro clandestino due erano le maggiori difficoltà: fondere subito i caratteri da stampare per poi nascondere i piombini e distribuire il materiale nei paesi della valle.
E poi il giornale ‘Il Pioniere’. Creato da Gustavo Malan nel giugno del ’44, era un settimanale. Non era esclusivamente un giornale di banda, contenente dispacci organizzativi e informazioni militari per i gruppi partigiani, ma riportava anche notizie dall’Europa.
Raffaella Tallarico, La Resistenza di Giulio, giovane partigiano, Futura News, 25 aprile 2021