I partigiani della Centocroci

Panorama da Centocroci verso Varese Ligure (SP). Fonte: ISR cit. infra

Nel mese di febbraio 1944 si formò in Val Gotra vicino ad Albareto, la Banda Beretta; si tratta di un gruppo indipendente formato da alcuni uomini guidati dai fratelli Cacchioli, Gino e Guglielmo, nome di battaglia di entrambi: “Beretta”. Nel giro di un mese la Banda fu già operativa: l’8 marzo alcuni uomini del gruppo attaccarono di notte il presidio tedesco stanziato a Centocroci, recuperando un buon bottino di armi. […]
Nel gennaio 1945, dato l’imminente pericolo del rastrellamento, la Brigata Beretta abbandonò la Val Gotra e si sganciò in piccoli nuclei per occultarsi dai tedeschi e dagli alpini della Monte Rosa. Terminata l’operazione “Totila”, la brigata è di nuovo operativa e in febbraio gli uomini della formazione riuscirono a distruggere un autocarro di una colonna tedesca, provocando al nemico 25 morti e diversi feriti; nello stesso periodo venne distrutto il ponte di Guinadi. In marzo l’afflusso di patrioti, portò alla nascita della III Brigata Beretta al comando di “Birra”, Giuseppe Molinari, e del commissario Nino Tassi, “Tevere”. Verso la fine del mese, alla pari delle altre formazioni, anche la I, la II e la III Beretta, sono coinvolte in una fase riorganizzativa e si riuniscono nella Divisione Cisa, guidata da Guglielmo Cacchioli e Don Mario Casale.
I gruppi della Divisione continuarono con l’attività di sabotaggio, provocando gravi danni alle truppe tedesche. Secondo le operazioni emanate dal Comando Unico il 5 aprile 1945 per la liberazione della Valle del Taro, alla Divisione della Cisa era assegnato il compito di attaccare i presidi del Passo della Cisa e lungo la linea ferroviaria; infine di liberare Pontremoli. Le Brigate Beretta procedettero all’attacco dei caselli posti lungo il tragitto ferroviario tra Pontremoli e Guinadi, e contro il presidio pontremolese. Il 27 aprile le formazioni occuparono e liberarono Pontremoli.
Costanza Guidetti, Comando Militare Nord Emilia. Dizionario della Resistenza nell’Emilia Occidentale, Progetto e coordinamento scientifico: Fabrizio Achilli, Marco Minardi, Massimo Storchi, Progetto di ricerca curato dagli Istituti storici della Resistenza di Parma, Piacenza e Reggio Emilia in Rete e realizzato grazie al contributo disposto dalla legge regionale n. 3/2016 “Memoria del Novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del Novecento”

All’inizio dell’autunno [1944] le brigate erano otto, di cui quattro erano legate al Pci: la 12 a Garibaldi, spostatasi dalla zona di Bardi a quella della Val Parma, la 31a Garibaldi e la 32 a, composta principalmente dal gruppo del Penna, e la 47a. Rimanevano le due brigate Julia, legate alla Dc e due Giustizia e Libertà sotto il partito azionista. A queste si aggiunse anche la Brigata Beretta, facente parte prima del gruppo “Centocroci”.
[…] Il mese di dicembre fu segnato una intensa attività organizzativa di ricostruzione, da parte del C.U.O., che portò alla nascita di due nuove formazioni: la 135 a brigata Garibaldi (sorta da un gruppo della 12 a comandato da Dario) e la 2 a brigata Beretta; vennero anche riorganizzati gli schieramenti e i compiti operativi delle brigate sia di attacco, sia di controllo dei presidi e del territorio.
[…] Un ruolo molto importante nel movimento parmense, fu quello ricoperto dai fratelli Beretta, Guglielmo e Gino Cacchioli, che fondarono rispettivamente, la I e II Brigata Beretta, operanti nella zona di Albareto, comune della Val Taro; Guglielmo Cacchioli divenne in seguito Comandante della Divisione “Cisa”. Si tratta di una Divisione che, pur dipendendo formalmente dal Comando Unico, preservava il proprio carattere autonomo ed operava a cavallo della Cisa e la Liguria. Purtroppo tutta la documentazione relativa ai Beretta è in possesso di privati, non rintracciabili e non è presente nell’Archivio dell’Istituto Storico della Resistenza di Parma.
Costanza Guidetti, La struttura del comando nel movimento resistenziale a Parma, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2017-2018

Il nome
La Brigata partigiana “Centocroci” prende il nome dall’omonimo valico fra Val di Vara (La Spezia) e Val di Taro (Parma).
La storia della “Centocroci”, ovvero due storie
Le vicissitudini della Brigata possono essere scandite su due periodi: il primo che va fino al 20 gennaio 1945 e il secondo che parte da tale data. Dopo il 20 gennaio 1945 la Brigata infatti si scinde in due tronconi: uno rimane legato al vecchio comandante Federico Salvestri “Richetto” [n.d.r.: anche Ricchetto] e aderisce al “Comando unico parmense”, l’altro (comandante Alberto Perego “Wollodia” e commissario Terzo Ballani “Benedetto”) si sposta invece decisamente nel territorio spezzino, proclamandosi successivamente garibaldino (aderendo cioè alle Brigate Garibaldi, di ispirazione comunista).
Per narrare le vicende della Brigata Centocroci garibaldina occorre comunque partire dall’origine.
La “Centocroci” dalla nascita al Comando Unico (luglio 1944)
La “Centocroci” nasce per un’iniziativa composita, al di là del passo di Centocroci, fra fine del 1943 e inizio del 1944.
Da un lato ci sono i fratelli Cacchioli (Gino e Alberto), appartenenti ad una famiglia di proprietari terrieri già emigrati in Inghilterra, i quali organizzano a Groppo di Albareto un gruppo detto “Beretta” (perché Gino Cacchioli acquista di tasca sua alcuni fucili ed appunto una pistola Beretta, da cui deriverà il nome di battaglia), compiendo azioni già nel febbraio 1944. A loro si uniscono altri “ribelli” per cui, con l’obiettivo di procurarsi armi, vengono attaccati una pattuglia fascista a Sesta Godano e un posto di avvistamento aereo a Centocroci.
Dall’altro lato, poco dopo, si costituisce un gruppo intorno all’ex sottufficiale dei Carabinieri Federico Salvestri (“Richetto”), in servizio all’8 settembre 1943 ad Agazzano (Piacenza). Salvestri, venuto via da lì, raggiunge Borgotaro (PR) e quindi si ferma nella zona di Caranza, Ranghe e Varese Ligure (SP). E proprio la notte del 4 marzo 1944 c’è un incontro nell’Albergo “Alpino”, a Centocroci, fra questi due segmenti iniziali. Nasce così il gruppo che da aprile-maggio prenderà il nome “Centocroci” (derivandolo, secondo la testimonianza del ten. De Lucchi “Mario”, dal luogo in cui la formazione ha il primo morto). Comandante della formazione è “Richetto”, vice Gino Cacchioli (“Beretta”), commissario è invece un vecchio antifascista spezzino di fede comunista (Aldo Costi “lo Zio”). Numerose sono le adesioni spezzine al gruppo che si presenta fin dal principio politicamente composito: gli spezzini sono l’ala sinistra, coloro che si riconoscono in Cacchioli ruotano invece in un’area vicina alla Democrazia Cristiana e ai liberali, mentre “Richetto” rappresenta la così detta componente militare, ispirata ad un lealismo monarchico.
In questo periodo la “Centocroci” compie numerose azioni, riceve il primo aviolancio alleato sul monte Penna, cui seguiranno numerosi altri, intreccia rapporti molto amichevoli con il maggiore inglese Gordon Lett, esce indenne dal grande rastrellamento del 22-26 maggio 1944.
Nel frattempo, nel giugno 1944, nasce il Territorio Libero del Taro che però crolla a causa della massiccia controffensiva nazi-fascista a luglio. Proprio a luglio la formazione ha un periodo difficile in concomitanza con la battaglia di Pelosa in cui cadono alcuni partigiani (v. approfondimento). A seguito dello sbandamento intervenuto, il gruppo “Beretta” si separa dal grosso della “Centocroci” mentre “Richetto” diventa comandante di essa e la riorganizza a partire dal 20 luglio.
Quando dal 23 al 28 luglio 1944 nasce il Comando Unico e la Ia Divisione Liguria (sotto la guida del colonnello Mario Fontana) la “Centocroci” è annoverata nelle formazioni che convergono sul Comando Unico.
Dal rastrellamento del 3 agosto 1944 alla nascita della IV Zona Operativa nel dicembre 1944 e al rastrellamento del 20 gennaio 1945
Il 3 agosto del 1944, i tedeschi, con il sostegno dei fascisti, attuano un massiccio rastrellamento per colpire i partigiani, accerchiando con 5000 uomini il Monte Gottero e il Monte Picchiara. In quest’occasione la resistenza armata e il neonato Comando Unico rischiano di essere liquidati a causa delle caratteristiche della manovra nemica e della complessiva non preparazione dei partigiani derivante dalla crescita caotica del movimento.
Ci sono però due “bande” che reagiscono con efficacia, non disperdendosi: si tratta della “Cento Croci” guidata da Federico Salvestri, “Richetto”, operante a nord del Monte Gottero, e la Brigata “Val di Vara” guidata da Daniele Bucchioni, “Dani”, operante nella zona di Calice.
La buona capacità di reazione della “Centocroci” è dimostrata non solo dalla resistenza ordinata opposta al nemico ma anche dal fatto che pochi giorni dopo il rastrellamento la Brigata è già in grado di provvedere, nelle zone che da essa dipendono, all’espletamento di funzioni utili alla vita civile quotidiana[1].
La riorganizzazione delle formazioni procede arrivando in dicembre alla creazione della IV Zona Operativa e, poiché la “Centocroci” è promossa al rango di Divisione, il nuovo Organigramma prevede un Comando IV Zona da cui dipende una 1a Divisione Liguria Monte Picchiara: da quest’ultima dipendono la Brigata Garibaldi “Gramsci”, con i Battaglioni Vanni, Matteotti-Picelli, Gramsci (in seguito Maccione) e la Colonna “Giustizia e Libertà”, nonché una 2a Divisione Centocroci (formata dalle Brigate Varese e Zerasco).
Va a questo punto notato che in precedenza, addirittura dal settembre, ma progressivamente in modo più incisivo fra novembre e dicembre, “Richetto” ha cercato di rendersi sempre più autonomo rispetto al Comando della IV Zona. Comunque sia, ai primi di dicembre 1944, la Centocroci ha 830 uomini e il grosso delle sue forze è sull’omonimo passo e a Rio (quindi nello Spezzino).
Arriva così il rastrellamento del 20 gennaio 1945: quasi in concomitanza con esso cade nel corso di una delicata missione il partigiano della Centocroci, poi Medaglia d’Oro alla memoria, Nino Siligato.
Durante il rastrellamento (v. per un approfondimento: via 20 gennaio 1945 e via Monte Gottero) vero e proprio la divisione “Cento Croci”, lasciata scoperta dalla formazione “Coduri” della VI Zona Operativa, dopo aver dovuto desistere dal combattimento, tenta, fra 20 e 21 gennaio 1945, lo sganciamento attraverso il Gottero e raggiunge, con parecchie perdite di uomini (fra essi, catturato e fucilato successivamente, c’è Renato Corradini) e materiali, la cima del monte la sera del 21 gennaio, per poi ridiscendere verso la Val di Taro.
Nel corso di tale sofferta operazione però avviene di fatto una divisione fra gli uomini: la parte spezzina resta sostanzialmente unita e raggiunge l’obiettivo prefissato dal comando della IV Zona Operativa, mentre il gruppo che rimane con “Richetto” e “Benedetto” decide di andare verso Monte Groppo e scendere su Squarci (Albareto-PR) incorrendo in un’ulteriore, drammatica avventura.
La sera del 23 gennaio, 17 partigiani, compresi il comandante Federico Salvestri “Richetto” e il commissario politico Terzo Ballani “Benedetto”, vengono catturati dai Tedeschi, anche se successivamente il commissario “Benedetto” tornerà libero, insieme ad alcuni compagni, grazie ad uno scambio di prigionieri e “Richetto” riuscirà a scappare.
Dopo il rastrellamento del 20 gennaio 1945: scissione della “Centocroci” e avvio della “Centocroci” garibaldina
Durante la sua assenza “Richetto” viene rapidamente sostituito da Alberto Perego “Wollodia” (si trova anche “Vollodia” o “Volodia”), situazione già formalizzata dal Comando della IV Zona Operativa il 28 gennaio 1945[2]. Ma “Richetto”, riuscito a scappare e rientrato ai primi di febbraio, non accetta la situazione. Ciò, in un quadro piuttosto complesso a livello di rapporti fra i due tronconi effettivi in cui ormai la “Centocroci” è scissa, il Comando IV Zona e il Comando Unico Parmense, verso cui tende “Richetto”[3].
Dopo un difficile e frastagliato itinerario si perviene alla formale codificazione della situazione: da una parte si costituisce il raggruppamento Brigate della “Vecchia Centocroci” sotto “Richetto”, alle dipendenze del Comando Unico Parmense, mentre nello Spezzino si stanzia la Brigata (non più dunque Divisione) “Centocroci” (la cui denominazione di “garibaldina” viene assunta definitivamente il 10 aprile 1945), divisa in due compagnie (la prima schierata fra Sesta Godano e Varese Ligure, la seconda nella zona di Varese Ligure).
Poiché alla Brigata Garibaldina, posta agli ordini diretti del Comando IV Zona, viene praticamente ad un certo punto aggregato il Battaglione Costiero di Deiva, il numero degli uomini sale a oltre 400.
Nel frattempo la “Centocroci” spezzina prosegue la sua attività bellica: in particolare a Buto di Sesta Godano (SP) il 21 marzo 1945[4], aiutata dal battaglione “Picelli”, si scontra con gli alpini della “Monterosa” infliggendo loro pesanti perdite.
Infine, nella fase ultima della Liberazione, la Brigata, il cui Comando è a Buto e le cui Compagnie sono a Rio e Varese Ligure, viene fatta spostare in avanti (il Comando a Sesta Godano, le Compagnie a Rio), avendo l’ordine di raggiungere la zona di Cassana, procedere sul monte Parodi e scendere con i V.A.L. (Volontari Arditi Libertà) sulla Spezia.
In realtà, essendo rivelata inutile l’azione sul Monte Parodi per occupare La Spezia, perché l’occupazione della città avviene entro le 17 del 23 aprile 1945 in virtù delle operazioni messe in campo dal Comando Piazza contro i nazi-fascisti ormai in preda alla confusione più totale, la Brigata “Centocroci” viene ad essere una delle componenti garibaldine dell’ultimo scontro bellico della IV Zona, cioè della Battaglia di S. Benedetto.
Nella notte del 23 aprile viene infatti isolato a Riccò del Golfo un forte nucleo composto di 450 tedeschi[5] puntualmente armati, appoggiati da mitragliatrici collocate sul forte Visseggi. Poiché il comandante tedesco non si vuole arrendere, avviene qui il 24 aprile l’ultima battaglia che costa la morte a molti soldati tedeschi e termina verso le ore 18, aprendo la strada della città in cui i partigiani scendono nella mattinata del 25 aprile 1945.
[NOTE]
[1] In data 10 agosto 1944 il Comandante della Centocroci si rivolge alla popolazione di Borgotaro, Compiano, Bedonia, Varese Ligure, comunicando che è stato istituito un servizio di polizia patriottica (Archivio storico I.S.R. La Spezia, Busta 161/foglio 2305).
[2] Archivio Storico I.S.R. La Spezia, Busta 164, Foglio 2312: in data 28 gennaio 1945 il Comando IV Zona provvede alla sostituzione di”Richetto” con Alberto Perego “Wollodia” e conferisce a quest’ultimo e a Terzo Ballani “Benedetto”, in qualità di Commissario politico, la più ampia autonomia per riorganizzare la Divisione. Alla “Centocroci” viene anche ordinato di raggiungere, entro il 1 febbraio 1945, con la sua prima brigata la zona fra Sesta e Costolo e, con la sua seconda brigata, Varese, pronta a spostarsi nella zona della prima brigata.
[3] Numerosi sono i riferimenti dell’Archivio I.S.R. La Spezia a proposito della questione che si trascina fino alla fine del marzo 1945. Diamo una sintesi dei riferimenti che riteniamo principali: (Busta 164/foglio 2316): in data 8 febbraio il C.L.N. provinciale si compiace in una lettera rivolta a “Richetto” che quest’ultimo sia vivo ma ribadisce che il comando della “Centocroci” è ormai passato a Wollodia. Nella stessa lettera si fa anche cenno alle vicende e alla tenuta della “Centocroci” nel corso del rastrellamento del 20 gennaio 1945, dicendo che si dovrà vedere in seguito quale giudizio dare su di esso. Sempre il C.L.N. ritorna sulla faccenda il 13 febbraio 1945 (Busta 164/ Foglio 2317) per riaffermare quanto già detto l’8 febbraio, ma le acque si agitano ancora di più. Infatti, in data 15 febbraio 1945, “Benedetto” e “Aldo” della “Centocroci” (componente spezzina), rivolgendosi al Comando IV Zona, a Gordon Lett, al C.L.N., comunicano che nella “Centocroci” ci sono problemi e chiedono di risolverli rapidamente (Busta 164, Foglio 2318). E’ così che il Comando IV Zona il 20 febbraio 1945 ritorna sulla questione e sulla posizione di “Richetto” (Busta 164, foglio 2319), ma questo non evita che il 28 febbraio 1945 numerosi comandanti di reparto della “Centocroci” critichino quanto disposto dal C.L.N. e chiedano di passare in altra zona (Busta 164, foglio 2320) e che “Richetto” comunichi quindi di avere ri-assunto il comando (carta autografa in Busta 164, foglio 2321 a). Infine, ma si potrebbero citare anche altri documenti, in data 6 marzo 1945, il Comando IV Zona (Busta 164/foglio 2324) si rivolge agli uomini della “Centocroci” chiedendo se vogliano far parte della formazione capitanata da “Wollodia” o se vogliano slittare in altre formazioni, mentre, sempre in pari data, “Arta” (Giacomo Ferrari) e “Poe” (Achille Pellizzari), ai vertici, in qualità rispettivamente di Comandante e di Commissario politico, del Comando Unico Parmense, comunicano al Comando Divisione “Centocroci” di sospendere al momento l’invio di uomini. “Richetto” in data 11 marzo 1945 chiede che il nome “Centocroci” rimanga ai reparti rimasti con lui (Busta 164, foglio 2338) e nella stessa data chiede che la bassa di passaggio su Parma sia veloce (Busta 164, foglio 2337). Intanto la “Centocroci” rimasta nello Spezzino si riorganizza, il Comando IV Zona interviene sulla denominazione che assumeranno le formazioni nate dalla scissione avvenuta e ribadisce che la formazione spezzina conserverà il nome di “Centocroci” (Busta 164, foglio 2340). Si arriva al 21 marzo 1945 (Busta 164, foglio 2346) in cui, passato ormai “Richetto” con gli uomini che hanno deciso di stare con lui sotto il Comando Unico Parmense, c’è un verbale di consegna dei materiali ed infine al 23 marzo 1945 (Busta 164, foglio 2349), quando il Comando IV Zona comunica formalmente a “Richetto” (e per conoscenza al Comando Unico Parmense) che la formazione da lui dipendente sarà inquadrata appunto nel Comando Unico Parmense.
[4] Archivio Storico I.S.R. la Spezia, Busta 260/foglio 2304 (Relazione sui fatti di Buto datata 28 marzo 1945).
[5] Secondo Fontana i tedeschi sono 450; per il maggiore Henderson il numero sarebbe invece 120 (Fiorillo, Maurizio, Uomini alla macchia – Bande partigiane e guerra civile – Lunigiana 1943-45, Laterza, 2010, p.264).
(a cura di) Maria Cristina Mirabello, Brigata Garibaldi Cento Croci, ISR, Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea

Caprile Pietro “Bersaglio” Bersagliere
Nato a Sanremo nel 1925. Dopo l’otto Settembre 1943, viene forzatamente arruolato dalla R.S.I. ed inviato In Francia a Hières a lavorare per l’esercito tedesco. Dal Gennaio del 1944 viene trasferito in Germania in un campo di lavoro e addestramento ad Oliberg. Qui aderisce al gruppo di addestramento della divisione Italia e con questa rientra in patria nella stessa primavera. Di nuovo in Francia sotto comando operativo tedesco (da ciò il successivo nome di battaglia “Bersaglio”), rientra in Italia nell’estate del 1944 dopo lo sbarco alleato in Provenza. Fuggito assieme a numerosi altri commilitoni nella zona di Salsomaggiore (Parma) entrerà nella Resistenza con la Brigata “Beretta”, che opera tra le provincie di Parma e Modena, dove resterà fino alla liberazione.
Redazione, Caprile Pietro, la corsa infinita