Al momento della sua nomina a comandante partigiano Arta era prossimo ai sessant’anni

Come detto, sulla figura di Giacomo Ferrari sono stati affrontati diversi studi, ricordiamo in particolare il volume intitolato “Giacomo Ferrari, un uomo, una terra, una storia” <212, che comprende saggi riguardanti i diversi aspetti e momenti della vita di Ferrari, e il lavoro pubblicato su “Vite Ritrovate” a cura dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Parma. <213 Tali pubblicazioni fanno luce sulla complessa e importante figura di Giacomo Ferrari, la cui memoria locale, riporta Massimo Giuffredi nell’introduzione al volume su Ferrari, “si è per lo più strutturata sull’immagine gloriosa ma tendente all’oleografico e comunque riduttiva del Comandante Arta, estendendosi al massimo al sindaco della modernizzazione di Parma, negli anni Cinquanta – Sessanta” <214.
La figura di Ferrari infatti non è legata solo al nome di “Arta” e al suo passato antifascista e comunista, ma anche alle posizioni importanti ricoperte nel dopoguerra; egli fu infatti Prefetto di Parma, Senatore, Ministro dei Trasporti sotto il governo di De Gasperi e Sindaco di Parma. Tutti questi eventi, insieme ad una sintesi della sua biografia, vengono riportati nell’Appendice della presente tesi. Proprio per la complessità della sua persona, e la presenza di studi che già l’hanno affrontata, in questo capitolo, ci si concentrerà esclusivamente sulla figura di Ferrari in quanto Comandante Unico, basandosi su quanto emerge dalla documentazione relativa alla lotta di liberazione; tenendo conto, fra le tante cose, che al momento della sua nomina Ferrari aveva raggiunto non solo una certa esperienza, ma anche una certa età dal momento che era prossimo ai sessant’anni.
Arta Comandante Unico
I principali giudizi espressi su Arta, rientrano tutti all’interno delle questioni per la nomina del Comandante Unico che lo hanno visto coinvolto; non sono pervenuti altri giudizi inerenti ad altre questioni che lo riguardavano come capo del Comando. Accanto a questi giudizi e alle parole espresse dallo stesso Arta nelle vicende di cui fu protagonista, si possono ricavare indizi del suo operato di Comandante anche dalle disposizioni e dalle direttive emanate alle formazioni dipendenti. Si tratta di ordini di svariati natura, che nel complesso possono fornirci un’idea sul suo ruolo di Comandante. Iniziamo partendo dalla fine, cioè dal discorso fatto dal Comandante della Divisione Val Ceno, Trasibulo (Ettore Cosenza), in occasione del funerale di Giacomo Ferrari, deceduto il 21 agosto del 1974:
“Arta, prima che il Comandante di tutte le formazioni della provincia di Parma, era per noi anche un padre, come egli sapeva esserlo, buono, affettuoso, pieno di premure ma anche fermo e severo nel richiedere l’osservanza dei principi e dei doveri; egli ci aveva insegnato non solo a rivendicare diritti e libertà calpestate, ma anche in primo luogo, a fare ciascuno il proprio dovere di uomo e cittadini”. <215
Pur trattandosi di un epitaffio, e in quanto tale soggetto a toni nostalgici e benevoli, alcuni dei tratti delineati da Ettore Cosenza sono riscontrabili anche in altre fonti. Passando in rassegna le direttive emanate dal Comando della Zona Ovest, emerge quella volontà di difendere i “diritti e le libertà calpestate” e di pretendere e infondere nei partigiani, la disciplina e il rispetto degli altri. La fiducia riposta nei confronti di Ferrari come guida della Lotta parmense, venne espressa con l’elezione che lo vide nominato all’unanimità, ma anche dall’ex Commissario Unico Mauri, il quale a seguito delle elezioni di ottobre 1944, ritenne che “per la qualità delle persone ed il modo di costituzione, il nuovo Comando sia in grado di funzionare egregiamente. Arta è uno dei nostri migliori elementi gode la fiducia delle brigate Garibaldi e dei compagni. Ha spiccato il senso delle responsabilità e sicura esperienza”. <216
“Gli uomini che lo compongono [il nuovo comando] sono fieri della fiducia che voi avete riposta in essi e sarà scopo supremo della loro attività mostrarsene degni […] tutte le brigate hanno già una storia: un passato glorioso di ardimento e gloria: grande peso e grandissimo onore è assumerne il comando: ma su campo di battaglia vi è posto per tutti , e nell’amore della patria, nella dedizione al dovere, nella virtù combattiva, dal primo all’ultimo siamo tutti sulla stessa linea”. <217
Con queste parole il nuovo Comando Unico salutò le brigate dipendenti; si può leggere nella lettera quell’esortazione all’unione e a fare il proprio dovere, riportate anche da Ettore Cosenza. Dalle parole di Arta e Poe, emerge quanto forte sia il senso della responsabilità affidata loro e la concezione di una lotta unitaria, dove tutti sono chiamati a fare il proprio dovere. Lo spirito e il desiderio di collaborazione, al di là dei colori politici e delle gerarchie, venne subito messo in atto dal nuovo Comando, ciò si evince in una missiva inviata il giorno dopo l’assemblea di Belforte e inviata ai Comandanti di brigata:
“Dai suggerimenti e dalle osservazioni formulati nell’adunanza plenaria tenuta presso questo Comando ieri 23 corr. [ente] sono emersi alcuni criteri fondamentali nei quali i Comandanti di Brigata si sono trovati tutti d’accordo e che il Comando Unico è ben lieto di adottare per la loro saggezza ed opportunità”. <218
Il documento prosegue riassumendo i punti che collegialmente gli esponenti della resistenza hanno condiviso; la volontà e lo spirito unitario e il desiderio di collaborare con i propri comandanti si leggono anche nell’ultimo punto dello scritto: “per meglio usufruire dell’esperienza dei Comandanti delle Brigate e per meglio conoscere i loro desideri, e per contribuire a fondere sempre meglio fra di loro le singole volontà, questo Comando provvederà a convocare ogni mese in assemblea plenaria tutti i Comandanti di Brigata” <219.
Parlando della crisi nata con la nomina del nuovo Comando Unico, dopo la strage di Bosco di Corniglio, e del contenzioso che nacque con il Nord Emilia e il CLN di Parma, abbiamo analizzato la lettera inviata da Arta e Poe alla Delegazione Nord Emilia e al Comitato parmense, alla fine di ottobre ’44, nella quale il nuovo Comandante e il nuovo Commissario difendono i valori della scelta democratica e libera espressa dai comandanti partigiani. Dalla lettera si evince come Giacomo Ferrari e Achille Pellizzari non facciano, di tutta la questione, un caso personale e polemico e non parlino per difendere la loro nomina appena ottenuta, quanto piuttosto si esprimono a nome di tutti quei “Volontari della libertà [che] combattono per la libertà e la democrazia”. <220 Questo senso di collettività e di essersi fatti portavoce delle volontà di coloro che nelle elezioni a Pietra di Belforte espressero liberamente il loro voto, si avverte anche nella lettera indirizzata a tutti i Comandi di brigata il 12 novembre 1944, nella quale:
“Con vivo compiacimento vi annunciamo che l’incresciosa vertenza relativa al Comando Unico è stata risolta in modo perfettamente conforme alla giustizia e ai sensi democratici che reggono le nostre formazioni […] il comando da voi eletto prosegue quindi nelle sue funzioni con rinnovato prestigio e autorità. Nell’adunanza […] fu decisa la costituzione di una Delegazione del Comando Unico per la zona Est della strada della Cisa. Tale delegazione non sarà un organo autonomo e perciò non costituirà né fomenterà menomazioni di quell’unità così faticosamente perseguita e così lietamente raggiunta” <221.
A vincere non sono stati dunque Arta e Poe, ma la giustizia e l’unità del movimento; anche in questo scritto si può leggere l’importanza attribuita dal Comandante e dal Commissario di essere stati rivestiti della fiducia da parte dei loro uomini, fiducia che non viene compromessa dall’esistenza della delegazione di Comando. Nell’annunciare la costituzione del Comando in Zona Est infatti, viene ribadito alle brigate, come se si trattasse di una rassicurazione, che ciò non intaccherà l’autorità e le funzioni del Comando democraticamente eletto.
Ancora una volta il richiamo all’unione e alla collettività si avverte nella direttiva inviata dal Comando Ovest alla Delegazione Nord Emilia, dove riferiscono le motivazioni del mancato inserimento di Mauri nella compagine del nuovo comando e in virtù delle capacità dimostrate dall’ ex Commissario Unico, chiedono al Comando o al Comitato di affidargli incarichi ugualmente importanti. Si tratta di un gesto non dovuto, che denota anche una certa sensibilità nei confronti del compagno e collega dimissionario:
“Lo snellimento del Comando, la concorde volontà di fare che in esso fossero equamente rappresentate con unanime consenso tutte le forza politiche […] hanno portato alla conseguenza che nel nuovo comando non sia compreso il Prof. Mauri […] tanto i Comandanti delle brigate convenute in assemblea, quanto ai componenti il nuovo Comando Unico, sembrerebbe utile ed opportuno che l’ingegno, l’attività e le doti politiche del Mauri venissero utilizzate nel movimento patriottico”. <222
[NOTE]
212 Giacomo Ferrari, un uomo, una terra, una storia, a cura di M. Giuffredi, G. Massari e M. Rinaldi.
213 Vite ritrovate, Giacomo Ferrari, a cura di T. Ferrari.
214 Giacomo Ferrari, a cura di M. Giuffredi, G. Massari, M. Rinaldi p.20.
215 AISRECP, Fondo Privato “Ettore Cosenza”, busta 3, fasc. 9.
216 Ivi, Fondo Lotta di Liberazione, busta RI, fasc. QC, f.22.
217 Ivi, busta 1 CU, fasc. OV a f.85.
218Ivi, f.34.
219 Ibidem.
220 Ivi, busta RI, fasc. QC, f.4.
221 Ivi, f.5.
222 Ivi, f.3.
Costanza Guidetti, La struttura del comando nel movimento resistenziale a Parma, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2017-2018