Dorothea Dix

Quando Dorothea Dix nacque, nel 1802, i pazienti psichiatrici erano solo “malati di mente”, privi di ogni tutela sociale e oggetto del disinteresse o peggio della brutalità da parte dei cosiddetti sani.
Un padre fortemente religioso e severo le trasmise un’educazione dura ma decisamente incentrata sui valori di solidarietà e carità. Valori che la portarono giovanissima a fondare una scuola per ragazze, in cui anche alle donne meno abbienti fosse permesso di ottenere un buon livello di istruzione.
Furono sempre gli stessi valori a portarla nelle carceri per offrire assistenza e alfabetizzazione ai detenuti. Un’esperienza che la segnò profondamente poiché fu costretta a prendere atto delle indicibili condizioni in cui i carcerati vivevano. In particolare i detenuti affetti da psicopatologie, che in molti casi non avevano compiuto alcun crimine se non quello di essere malati, erano oggetto di abusi sessuali, maltrattamenti e violenze di ogni genere.
A partire dagli anni ’40 dell’800 questa donna piena di coraggio e di forza di volontà iniziò a viaggiare visitando carceri, ospedali, ospizi per controllare e denunciare lo stato di abbandono delle persone che vi venivano recluse.
Dal Rhode Island alla Pennsylvania, dall’Indiana al North Carolina non vi fu stato degli USA in cui Dorothea non combatté la sua battaglia. Tanta tenacia la portò fino al Congresso, che arrivò a concederle 12 milioni di acri per costruire il più grande complesso di strutture destinate ai malati con problemi mentali, ai sordi, ai ciechi, alle donne sole, a tutti coloro che non potevano accedere alle cure.
Purtroppo il presidente Pierce mise il veto sulla legge e bloccò la costruzione.
Scoraggiata, Dorothea decise di andare a vivere in Europa dove prese atto delle enormi differenze di classe che si stavano manifestando anche nella cura dei malati.
Tornata negli USA divenne coordinatrice delle infermiere dell’esercito dell’Unione. Nel 1863 fu spogliata della qualifica, forse a qualcuno non piaceva la sua imparzialità nel curare allo stesso modo i soldati nel Nord e quelli della Confederazione.
Esautorata dall’esercito tornò al suo lavoro di riformatrice sociale. Combatté per altri vent’anni, fino alla morte che la colpì nel 1881, per i diritti delle persone affette da psicopatologie, contribuendo in maniera determinante a far nascere un sentimento diffuso di solidarietà e vicinanza a queste persone, che in molti casi ancora oggi sono purtroppo gli ultimi tra gli ultimi.

da Cannibali e Re