I Myosotis o Non ti scordar di me

Myosotis alpestris

La letteratura dotta, la tradizione popolare e la pubblicistica rosa hanno fatto a gara per alimentare con poesie, racconti e leggende, il fascino malinconico e crepuscolare di queste pianticelle alle quali è attribuito il valore simbolico di ricordo del passato e di invito a non dimenticare, espresso dal loro battesimo più ricorrente.
Una leggenda fra le tante ne giustifica il popolare appellativo con una dimenticanza dei Padreterno quando assegnò un nome a tutti gli esseri viventi ed alle cose.
Terminata l’immane opera della Creazione, Egli avrebbe tralasciato di nominare una pianticella in apparenza insignificante che si lamentò con la flebile invocazione: “Non ti scordar di me”.
Richiesta, prontamente accolta, ed assunta a denominazione ufficiale in tutte le lingue ed i dialetti del mondo, meno che in Liguria dove si preferì associarla agli occhi della Madonna.
Sono veramente pochi i letterati che si sono sottratti ai fascino di questi fiori dall’aspetto così delicato ed indifeso.
Gli hanno dedicato versi modesti cantori e celebrati autori come Volfango Goéthe, che li chiamò “Fioretti belli a meraviglia”, Alfred De Mousset, Marmontel e Longfellow, per arrivare al senatore Paolo Mantegazza, coautore di un libro sulle Leggende Dei Fiori apparso alla fine dell’800.
Egli sostiene di aver rinvenuto, nella biblioteca di Cristiania, un antichissimo manoscritto dove sarebbe narrata la vera leggenda riguardante la nascita dei Myosotis, frutto dell’omaggio d’amore di un semidio greco (non meglio identificato) ad una ondina nordica della quale si era innamorato. Respinto dapprima dalla bella dea marina, il giovane, per provare la propria origine divina, le offrì una coppa nella quale aveva mescolato il cielo, il sole, il mare e le stelle; questo prodigio convinse l’ondina a ricambiare il sentimento.
Nel bere il contenuto della tazza, lasciò cadere alcune gocce sui licheni che improvvisamente fiorirono trasformandosi nei primi “Non ti scordar di me” della Storia.
Un’altra sdolcinata favoletta parla, invece, di una coppia di bambini i quali, dopo aver vissuto assieme la prima infanzia, furono costretti a separarsi. Al momento dell’addio, cogliendo ciascuno un piccolo fiore azzurro, promisero di pensarsi tutte le volte in cui ne avessero visto uno eguale. Divenuti anziani si incontrarono casualmente senza riconoscersi. Per terra, provvidenzialmente, spuntava un Myosotis; i due si chinarono contemporaneamente facendo certamente scricchiolare le stanche giunture per l’immane sforzo di coglierlo ed immediatamente si riconobbero, dando stura alle lacrime.
I testi tedeschi aggiungono un’altra vicenda dal sapore decisamente iettatorio per giustificare la nascita del noto battesimo popolare.
I protagonisti sono questa volta una coppia di innamorati; durante una scampagnata, giunti sulla riva di un laghetto, il giovane nell’intento di raccogliere i fiori azzurri nati sulla riva cadde in acqua, cercando invano di mantenersi a galla, senza mai mollare il mazzolino. Prima di esalare l’ultimo “glu glu”, riuscì ad emettere la ormai fatidica invocazione di non esser dimenticato che nella lingua locale suona così: “Vergísz meín nicht!”.
Edoardo VIII°, Duca di Windsor e Wallis Simpson, forse la coppia più celebre dei favolosi anni trenta e seguenti, erano soliti scambiarsi omaggi a base di Myosotis. L’addobbo della loro fastosa cerimonia nuziale fu allestito esclusivamente con migliaia di “Non ti scordar di me”; anche il colore dell’abito della sposa era intonato alle sfumature di celeste e rosa tipiche delle minuscole corolle.
Tornando ad argomenti meno frivoli, il genere Myosotis comprende una cinquantina di specie native delle regioni temperate del vecchio mondo, prevalentemente localizzate negli ambienti umidi, tranne alcune dissidenti, amanti dei terreni assolutamente aridi.
Il loro battesimo, originato dalla fusione di due radici della lingua greca “muòs” (topo) ed “ous” (orecchio) è nato per opera di Dioscoride con lo scopo di descriverne l’aspetto pubescente e di precisarne il disegno delle foglie, la cui forma ricorda appunto l’orecchio dei sorci.
I Myosotis presenti in Liguria sono sette ai quali si possono aggiungere due sosia di tutto rilievo: l’Omphalodes verna e l’Eritrichium nanum.
Come avviene per tutte le appartenenti all’affollata Famiglia delle Borraginacee, gli insetti debbono compiere delicate operazioni per superare l’ apertura della corolla inclinata in avanti.
Anzitutto, appoggiarsi allo stilo ed allo stimma sporgenti all’esterno; quindi, scostare le antere ben nascoste per raggiungere il nettare situato alla metà del tubo corollino.
Naturalmente, a questo punto, il polline biancastro contenuto nella guaina formata dall’unione delle antere fuoriesce depositandosi sulla testa e sul petto del visitatore.
I loro fiori, ben noti a tutti per la grazia della forma, la delicatezza dei colori ed il richiamo che esercitano sui sentimenti dell’umana natura, sono praticamente ignorati dai dialetti locali italiani dove non esistono denominazioni differenti dal consueto appellativo del volgare nazionale.
Il valore simbolico attribuito a queste piante è quello della salvezza da tutto ciò che potrebbe rattristare ed addolorare.
Gli antichi medici greci chiamavano i Myosotis “hièraklion”, (“Erba consacrata”) perché li ritenevano capaci di far recuperare la vista ai ciechi.
Oggi nessuno da credito a supposizioni di questo tipo anche se sopravvive l’abitudine di usarli per bagni oculari o lavaggi alle orecchie infiammate.
Gli erboristi non li giudicano adatti a curare nessun genere di malattia, nonostante contengano sali di potassio che li rendono consigliabili in tisana come ricostituente per gli affaticamenti cerebrali.
I Myosotis costituiscono un Genere diffuso allo stato selvatico nelle zone a clima temperato tanto dell’emisfero boreale, quanto di quello australe. Se ne contano cinque specie in Sudafrica, una dozzina nel Nord America, e quasi altrettante in Australia e Nuova Zelanda. La maggior parte sono pero sparse nelle diverse zone dell’Eurasia.
Sono piante erbacee annuali o perenni, con foglie mollemente vellutate da peli non pungenti, le radicali con picciolo, le caulinari sessili.
I fiori, sempre raccolti in infiorescenze scorpioidi, hanno le corolle convolute, come accartocciate su se stesse, con il tubo moderatamente lungo e diritto, la cui bocca è quasi sempre chiusa da cinque brevi, ottuse, dentellate scaglie nude, mentre il lembo si distende in lobi rotondi. Gli stami sono molto brevi ed inclusi.
Attorno alla fauce esiste sovente un anello colorato che serve come indicazione agli insetti impollinatori, mentre il colore della corolla varia di intensità a seconda della diversa età del fiore. I frutti sono acheni con quattro facce lisce. lucide ed ovoidali.
Myosotis alpestris F.W Schmidt (VII- VIII. Nasce nei pascoli, sulle rupi e nei luoghi sassosi dai 1800 sino ai 2500m) E’ specie irsuta a peli appressati e rizoma corto. Alta sino a 20cm. Le foglie basali sono ellittiche spatolate, talvolta picciolate, mentre le cauline sono sessili, da ovate a lineari. I fiori, in cime dense hanno color azzurro vivo o scuro a centro giallo; hanno il calice biancastro, vellutato, quasi argentino, rivestito da peli uncinati o diritti.

Myosotis arvensis

Myosotis arvensis Hill. (Annuale. IV- VI. Nasce vive nei luoghi aridi sino ai 1400m). E’ a fusti sdraiati, ascendenti o eretti, robusti e ramosi, alti sino a 50cm. Le foglie sono quasi sessili, oblanceolate ed acute, le cauline più piccole. I fiori sono portati in infiorescenza allungata ed hanno la corolla azzurra a fauce gialla allargata a coppa ed il calice irsuto. Simile è: Myosotis ramosissima R in S. che differisce per avere le foglie basali lanceolate ed ottuse, il calice a peli uncinati, la corolla ad imbuto.
Myosotis nemorosa Besser che differisce per essere Bienne, e non stolonifero, foglie con peli rivolti verso la base.
Myosotis sylvatica Hofm. (Biennale. VI- VII. Nasce nei boschi umidi dai 500 sino ai 1800m). E’ pianta con fusti ascendenti deboli, ramosi e fogliosi, alti sino a 50cm. Le foglie sono ovate, sessili ed a pelosità sparsa. I fiori, portati in racemi terminali allungati e nudi hanno la corolla blu violetto a lembo piano, il calice caduco arrotondato alla base e lacinie strette e peloso. Simile è: Myosotis decumbens Host. che differisce per essere perenne con rizoma strisciante, calice irsuto corolla a lembo blu chiaro.

Come raccoglierli e coltivarli.
Cogliere fiori o esemplari di Myosotis non reca danno all’ambiente purché ci si limiti a poche piantine o ai semi. Nel giardinaggio queste nostre umili specie possono mettere in mostra tutta la loro proverbiale grazia ornamentale, ampliata da una nutrita schiera di specie e varietà orticole facilmente reperibili presso le ditte specializzate.

Myosotis sylvatica

Vanno alloggiati in terreno sciolto ed umido, annaffiati con frequenza e, dopo il primo anno di fioritura, provvederanno da soli a diffondersi in tutti i luoghi dei giardino. I Myosotis orticoli in genere sono ibridi, derivati dal nostro Myosotis sylvatica e vegetano meglio se posti vicino ad un laghetto o in terreno costantemente impregnato d’umidità. Quando questa sistemazione non è possibile, si deve intervenire con frequenti annaffiature.
Le specie annuali o i biennali, in genere tutti gli ibridi. si seminano a primavera in vassoi o cassette, possibilmente nel loro tradizionale humus boschivo per essere sistemati definitivamente prima dell’inverno.
I perenni si moltiplicano agevolmente dividendoli prima o dopo la stagione fredda, separando le diramazioni radicanti.

di Alfredo Moreschi