L’arresto di Ferruccio Parri e l’Operazione Sunrise

Ferruccio Parri – Fonte: Wikipedia

Il 2 gennaio 1945 Parri venne catturato dalla Gestapo in un appartamento milanese dove si era appena nascosto sotto falso nome assieme alla moglie: fu interrogato e trasferito nel carcere di Verona. Il suo caso entrò in una complessa trattativa fra i servizi segreti anglo-americani e le autorità naziste in cerca di un salvacondotto. Una volta liberato, trascorse le ultime settimane prima della Liberazione in Svizzera dove incontrò Allen Dulles (agente segreto americano della CIA) [N.D.R.: in effetti la CIA non era ancora stata creata: si trattava della sua antenata , l’O.S.S.] dicendogli con coraggio di voler rientrare al più presto in Italia per riprendere la lotta partigiana. Numerose congetture furono aperte sull’arresto di Parri: dopo la guerra varie voci asserivano che era stato favorito dai servizi segreti inglesi per indebolire la componente di sinistra della Resistenza. La maggioranza degli storici oggi ritiene invece che quello di Parri fu un arresto fortuito.
Redazione, L’uomo della Resistenza: Ferruccio Parri, Gruppo Laico di Ricerca. Associazione Culturale, 7 dicembre 2016

L’arresto di Ferruccio Parri.
Sulle circostanze di questo arresto vi sono versioni contrastanti che andiamo ad analizzare.
La prima è quella che riportano Fucci e Tompkins [48] e che deriva dalle dichiarazioni del dottor Ugo, al secolo Luca Osteria, “un agente dell’OVRA coinvolto in un ambiguo doppio gioco con i partigiani” [49]: intervistato nel 1983, aveva asserito che all’arresto di Parri erano presenti due agenti britannici collaboratori di Sogno: Teresio Grange Catone e Riccardo De Haag Fausto.
[48] Franco Fucci, “Spie per la libertà”, Mursia 1983, p. 333-334 e P. Tompkins, op. cit., p. 324-325.
[49] E. Mannucci, “Parri e il misterioso Tulipano”, Corriere della Sera 31/5/05.
Claudia Cernigoi, Alla ricerca di Nemo. Una spy- story non solo italiana su La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo, supplemento al n. 303, Trieste, 2013

Ferruccio Parri (Maurizio) venne casualmente fatto prigioniero dai nazi-fascisti il 2/1/45. Non riconosciuto subito (fu un agente di polizia a riconoscerlo nei locali dell’Hotel Regina, sede del comando milanese delle SS) fu oggetto di un quasi immediato tentativo – fallito – di liberazione da parte di Edgardo Sogno.
Con «Maurizio» il poliziotto Saewecke (protagonista della vicenda Montanelli) si comporterà con una diplomatica correttezza a cui fa da contraltare il rigore nel proseguimento della repressione: il capitano non sembra proprio essere cambiato. Saevecke ligio al principio sopra espresso affida a Luca Osteria (il doppiogiochista dell’Ovra) l’incarico d’interrogare Parri, ma l’ex provocatore ha in questo momento saltato definitivamente il fosso e per quasi un mese non soltanto concerterà con Parri le risposte, passando poi a Saevecke relazioni dal contenuto inconsistente e fuorviante, ma mostrerà al prigioniero importanti documenti riservati di fonte germanica, finché il 3 febbraio 1945 «Maurizio» viene trasferito al comando centrale di Harster a Verona. A Verona vi rimane fino al 7 marzo quando, per diretto intervento di Wolff viene prelevato e accompagnato in Svizzera insieme al maggiore degli alpini Antonio Usmiani: gli americani ne hanno preteso la liberazione come pregiudiziale prova di buona fede per la continuazione delle trattative avviate con prudenza e in una girandola di personaggi. Ad Harster Wolff dà a intendere che si tratta d’uno scambio di prigionieri, un regalo per il compleanno di Hitler: Parri in cambio del colonnello Wünsche, ex aiutante di campo del Führer. Il gioco è rischioso anche per Wolff: Himmler ha proibito qualsiasi contatto con gli angloamericani e lo stesso Harster, che sul finire del 1944 ha avuto degli abboccamenti con il presidente della Snia Franco Marinotti nell’eventualità di un passaggio pacifico di potere agli alleati, da tempo ne spia le mosse e adesso segnala a Himmler la strana liberazione di Parri.
Redazione, “Operation Sunrise”…, la corsa infinita

Il 1945 si apre con l’arresto a Milano da parte dei tedeschi di Ferruccio Parri, vicecomandante “politico” del Corpo Volontari della Libertà (CVL).
Nonostante questo inizio poco favorevole, la ripresa della guerra di resistenza viene attuata celermente dallo sforzo di unire in divisioni o grnppi, composti anche di nuclei di diverso colore politico, tutte le formazioni partigiane affinché la forza militare sia maggiore e prevalga lo spirito patriottico su quello partitico.
A creare un momentaneo intralcio all’opera di unificazione delle forze partigiane ci sono le dimissioni del generale Raffaele Cadorna, comandante in capo dei Volontari della Libertà, presentate il 22 febbraio motivando di ritenersi ostacolato nella sua ampiezza di comando.
Il dissidio tra il generale Cadorna e il CLNAI dura poco perché il CLNAI, con la sola opposizione dei socialisti, è disposto a riconoscergli la piena responsabilità della “condotta militare della guerra”. A questi patti, egli ritira le dimissioni il 27 dello stesso mese.
Pietro Galletto, La Resistenza in Italia e nel Veneto, Comuni di Limena e di Vigonza, Giovanni Battaglin Editore, 1996

[…] Troviamo altre letture errate di fatti storici, ad esempio quando si parla dell’organizzazione partigiana Otto di Genova, che non fu, come sostengono gli autori, organizzata come «specchietto per le allodole» dall’agente triplogiochista Luca Ostèria, né fu il nucleo da cui nacque la Franchi di Edgardo Sogno; mentre il Terzo Fronte poi citato non fu neppure una organizzazione, ma una mera invenzione dello stesso Ostèria, ed i Tigrotti descritti come il suo braccio armato non esistevano, erano anch’essi un’invenzione creata per confondere e depistare i servizi inglesi. Gli autori dicono di essersi basati per queste descrizioni sui documenti dei servizi britannici, e questa è la plateale dimostrazione di come sia necessario leggere anche qualcosa d’altro oltre alle “informative”, perché la storia della Otto organizzata dal medico comunista Ottorino Balduzzi, è bene ricostruita da Franco Fucci nel suo “Spie per la libertà”, e dallo stesso Sogno; così come non corrisponde al vero che Sogno ed Ostèria fecero evadere «diversi prigionieri detenuti dai tedeschi», tantomeno il dirigente della Resistenza Ferruccio Parri; Sogno tentò un colpo di mano per liberarlo ma fallì e rimase egli stesso nelle mani dei nazisti. Per amore di aneddotica citiamo quanto lo stesso Ostèria dichiarò a Fucci (e si trova nel libro citato sopra): «Sogno (…) era un mitomane al quale, quando ebbe la bella pensata di tentare la liberazione di Parri (…) bisognava tirare giù i calzoni e dare una bella sculacciata».
Nell’insieme, per quanto riguarda il periodo della Resistenza, nel libro viene fatto un grosso minestrone in cui si parla delle missioni alleate che cercavano contatti con la Decima e degli agenti del Reich che cercavano contatti con gli angloamericani, tutte vicende che andrebbero contestualizzate nell’ambito dell’operazione Sunrise per la resa separata, della quale però non viene fatto il minimo cenno: probabilmente perché nelle informative non se ne parla. Sembra in effetti che i due autori non abbiano inteso andare al di là di quanto scritto nella documentazione dei servizi, nonostante sulle vicende controverse della guerra di liberazione in Italia e del ruolo dei vari servizi segreti che vi operarono, vi sia una letteratura piuttosto corposa, all’interno della quale consiglieremmo agli autori di questo libro di leggere almeno “L’altra resistenza” di Peter Tompkins, che fu agente dell’OSS nel nostro Paese e descrisse in modo molto lucido e con un’ammirevole onestà intellettuale la situazione del tempo […]
Redazione, “Le Menti Del Doppio Stato” di Cereghino e Fasanella, La Nuova Alabarda, settembre 2020

L’Operation Sunrise (Crossword per i britannici) fu il frutto di una collaborazione tra i servizi segreti statunitensi e svizzeri studiata per portare l’esercito germanico alla resa incondizionata nell’Italia del Nord e nell’Austria occidentale. Questo accordo servì ad evitare che i nazisti si arroccassero nel cosiddetto “ridotto alpino” continuando a combattere ad oltranza e la distruzione degli stabilimenti industriali italiani e del porto di Genova; ma servì anche ad evitare che molti esponenti nazisti finissero processati e condannati per crimini di guerra. I personaggi chiave di questa operazione furono il futuro capo della CIA Allen Dulles (che con l’incarico fittizio di “assistente speciale” alla Legazione USA di Berna comandava di fatto tutto l’OSS in Europa, principalmente Germania, Balcani e Nord Italia (314), il maggiore del servizio segreto svizzero Max Waibel ed il capo della polizia tedesca e del Sicherheit Dienst in Italia Karl Wolff. Viganò scrive che nell’agosto del ’44 dalla Svizzera Allen Dulles diede istruzioni al CIC di Caserta di “agganciare” il colonnello Dollmann perché ritenuto l’“anello più debole della catena nemica” (315); e l’incarico fu dato al gruppo speciale dello SMRE guidato dal famoso o “famigerato per alcuni” maggiore Marchesi e si svolse sotto l’etichetta di “ Nemo Op Sand II”; questa notizia è interessante, commenta lo storico, perché retrodata il “brigare per la resa separata” all’estate del 1944, dove l’inizio ufficiale dell’operazione Sunrise viene datato al 21/2/45 (316). E Morini: “si deve a Ghisetti, diventato un agente dell’OSS, se il colonnello delle SS Eugen Dollmann, ha avviato, già a partire dall’ottobre 1944, proprio da Reggio Emilia, i contatti con il nemico (…) Altrettanto grossi interrogativi li sollevano la presenza in Arcivescovado di agenti dell’OSS quali quel Giuseppe Cancarini Ghisetti, definito il partigiano combattente dei servizi segreti, entrato a far parte della formazione spionistica Nemo e già artefice, fin dall’ottobre del 1944 della collusione con gli Alleati del colonnello delle SS Eugen Dollmann e in seguito impegnato nelle trattative di resa tra il generale delle SS Karl Wolff e il cardinale Ildefonso Schuster” (317) […] Il primo risultato di queste trattative fu la liberazione di Ferruccio Parri e dell’agente dell’OSS Antonio Usmiani (322), che era stato arrestato l’1/2/45 a Milano dalla squadra di polizia speciale diretta dal “dott. Rossi” (Pasquale Isopi, uno dei più temuti torturatori al servizio del Sicherheitsdienst). La contropartita per Wolff fu di non essere incluso tra i criminali di guerra processati a Norimberga, ma questa operazione, svoltasi, almeno all’inizio, all’insaputa degli alleati sovietici, viene interpretata da alcuni storici come il primo atto della guerra fredda, quando gli “occidentali” decisero di trovare un accordo assieme ai “nemici” germanici in funzione anticomunista. E molti degli agenti nazisti che avevano operato in Italia furono poi riciclati dai servizi statunitensi nella costituzione di un servizio attivo in funzione anticomunista, la Rete Gehlen, che prese il nome dall’ex capo del controspionaggio nazista nell’Est Europa, il generale Reinhard Gehlen, arruolato proprio da Dulles.
314 P. Tompkins, op. cit., p. 311.
315 Già dopo Stalingrado Dollmann si era reso conto che la guerra era perduta e pertanto cercò contatti con elementi della Resistenza, riuscendo anche a mettere in salvo esponenti antifascisti arrestati. Scrisse nelle sue memorie che l’ex prefetto di Fiume Testa lo mise in contatto con il cardinale di Bologna e con il clero emiliano. Il 1° maggio definì la resa a Bolzano; arrestato insieme a Wolff il 13 maggio dalla polizia USA, dopo varie traversie fu consegnato all’IS di Firenze, portato a Roma ed interrogato soprattutto sulle Fosse ardeatine, ne uscì scagionato. Internato in altri campi, scappò e fu ricoverato in una casa di cura per malattie mentali grazie alla Curia e a Ghisetti, dove rimase fino all’agosto 1946. Dopo peregrinazioni tra Roma, Austria, Germania, Spagna e Svizzera, a volte con documenti falsi, rientrò definitivamente a Monaco, “assunto come spia in Germania da un agente della CIA James Angleton (…) “qualcuno nutriva sospetti sul comportamento di Dollmann e vedeva in lui un occulto agente dell’IS”, già dai tempi di Roma (A. Spinosa “Edda: una tragedia italiana”, Mondadori 1993, p. 230)
316 “Missione Nemo” op. cit., p. 29.
322 Nato a Pola nel 1908, maggiore degli alpini, istruttore di sci, arruolato personalmente da Dulles in Svizzera, Usmiani fu a capo di una delle più efficienti reti informative, la U-16 di filiazione OSS. Aveva cercato di organizzare una rete anche a Trieste, ma i suoi emissari erano stati catturati quasi subito, a causa dei documenti male falsificati forniti dallo Zio Scotti (vedi il successivo paragrafo). Il suo vice nella U-16 fu il triestino Bruno Astori, arrestato nel dalle SS nel settembre ’44 e liberato un paio di mesi dopo grazie agli interventi del vescovo Santin e del prefetto Coceani (cfr. R. Spazzali, op. cit., p. 197 e 233), e che successivamente fece parte del Comando di piazza insurrezionale.

Claudia Cernigoi, Op. cit.

Operazione Sunrise […] Il 3 Marzo ’45 grazie alla intermediazione del barone Parrilli, i tedeschi ottennero un colloquio con un agente dell’O.S.S. statunitense in Svizzera, Paul Blum.
All’incontro vi si recò a nome di Wolff il colonnello Dollmann, quest’ultimo illustrò all’agente americano le condizioni necessarie per la fine delle ostilità sul fronte italiano.
Principalmente richiese il libero transito delle forze germaniche verso il Brennero, si trattava quindi di liberare il fronte italiano ma ciò non implicava la resa delle truppe tedesche ivi presenti.
Il tentativo di convincimento tedesco faceva leva sull’imminente arrivo delle forze sovietiche in europa occidentale, evento che secondo loro avrebbe dovuto preoccupare i governi alleati.
Era dunque caduto il velo, le reali intenzioni dei germanici si erano palesate. Mettere pressione agli alleati con lo scopo di far sganciare quest’ultimi dall’Unione Sovietica, tale ipotesi ventilava negli ambienti militari tedeschi già da parecchi mesi, non è chiaro tuttavia se Hitler ne fosse a conoscenza, dalla documentazione in nostro possesso sembra comunque che al riguardo il dittatore tedesco sapeva poco o nulla. Diverso il ruolo di Himmler, pienamente consapevole della situazione e delle trattative che secondo alcuni furono segretamente ordinate proprio dal capo delle SS.
Loro malgrado, l’agente statunitense dopo essersi consultato con i superiori, pose un veto alle trattative, chiedendo una resa vera e propria delle forze tedesche in Italia, consentendo il ritiro delle truppe tedesche verso Bolzano solo se totalmente disarmate.
Per saggiare la serietà delle intenzioni tedesche, venne chiesta la liberazione di due importanti personaggi della scena politica italiana, Ferruccio Parri e Antonio Usmiani.
Di ritorno dall’incontro in Svizzera, Dollmann scuro in volto incontrò Wolf e Rhan, comunicò loro quanto richiesto dalle autorità alleate per poter continuare le trattative. Alla riunione erano presenti anche il barone Parrilli e un professore svizzero di nome Max Husmann, quest’ultimo era il tramite tra Parrilli e il servizio segreto americano in Svizzera.
Durante la discussione, Wolf mostrò di essere in grossa difficoltà emotiva, ciò che stava facendo era da una parte un tradimento nei confronti di Hitler a cui aveva giurato fedeltà. d’altra parte si cercava di risparmiare ulteriori inutili sofferenze sia ai tedeschi che ai civili italiani.
Wolf e Husmann si scontrarono verbalmente più di una volta, il generale delle SS insinuava che gli alleati d’accordo con i sovietici volessero l’annientamento nel popolo tedesco. Lo svizzero cercò di calmare gli animi, rassicurò il generale, chiedendogli di fare appello alla sua umanità, visto che proseguire la guerra avrebbe portato solo morte e sofferenza. A detta di Husmann a Wolf si delegava un compito storico, avrebbe avuto l’opportunità di legare il suo nome ad una mossa di pace, una possibilità di riscatto per i tedeschi che fino ad allora avevano seminato solo guerra.
Wolf decise di andare avanti, l’8 Marzo fece liberare Parri e Usmiani come richiesto dagli alleati.
Quello stesso giorno, Wolf si recò a Zurigo in gran segreto per incontrare il capo del servizio operativo strategico americano Allen Dulles.
Storicissimo!, 20 giugno 2018

Ma al contempo, la collaborazione con i servizi di informazione tedeschi attirava anche avventurieri di ogni tipo. Non di rado si trattava di esponenti della nobiltà, come la baronessa Anya Manfredi de Blasiis, di origine finlandese e ritenuta una conoscente personale di Heinrich Himmler, o la contessa Novella de Savorgnan di origine slava. Tra i casi più noti quello del barone Luigi Parrilli, dirigente industriale con contatti negli Stati Uniti, ma dal 1943 al 1945 legato a doppio filo a Guido Zimmer e ad altri esponenti dei servizi come Kappler, Engel e Rauff. Agendo su incarico del Sicherheitsdienst, Parrilli fu uno degli artefici dei contatti con servizi alleati in Svizzera, dai quali prese avvio l’operazione Sunrise, la resa separata delle truppe tedesche in Italia in 2 maggio 1945 […] L’OSS, indagando nel dopoguerra, sospettava che l’agente “Otto” fosse in realtà “un noto comandante partigiano del Piacentino” il quale, secondo quanto emerso dai suoi accertamenti, sarebbe stato ospitato da Zimmer a Milano per alcuni giorni nell’ottobre-novembre 1944. Zoliomy, interrogato sul caso, sostenne che si trattava di Fausto Cossu, il comandante delle formazioni GL del Piacentino, poi passato all’area autonoma poco prima della Liberazione. Per quanto riguarda le “attività anti-comuniste” fomentate dall’SD e il suo progetto di spezzare il fronte resistenziale, gli sforzi intrapresi furono evidentemente infruttuosi. Dagli appunti di Zimmer risulta che i membri moderati del “Comitato” non accettarono di abbandonare i comunisti, ritenendo questo un “tradimento della causa comune”. Tuttavia i contatti non furono interrotti e, con l’arresto di Ferruccio Parri a gennaio, si aprì una nuova dimensione. Verso la fine di febbraio 1945 era previsto un incontro tra Zimmer, “Otto” ed un membro del “Comitato” al quale era stato garantito un salvacondotto. Dal tenore degli appunti di Zimmer sembra di capire che “Otto” abbia proposto la consegna ai tedeschi di Agostino Casati, “Rainoldi” (97), presentato ai tedeschi come “il capo dei comunisti dell’Italia del Nord” e “oppositore di Togliatti”, proponendo in cambio “il rilascio di un membro del comitato” che, molto probabilmente, era Ferruccio Parri (98). Anche in un secondo aspetto, strettamente legato a quanto finora esposto, la presenza dei servizi SD e della Sicherheitspolizei fu significativa […].
97 Agostino Casati, (Rho, 1897-?), ferroviere comunista. Partecipò alla guerra di Spagna come comandante di battaglione e poi di brigata. Arrestato in Francia e consegnato al governo italiano, fu condannato al confino. I servizi segreti americani lo ritenevano un collaboratore dell’OVRA o del SIM. Prese parte alla lotta partigiana. Alla Liberazione, diresse l’insurrezione a Rho. US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 39, p. 45.
98 US NARA, RG 226, Box 8, Zimmer’s Papers, Ref. No. 39, p. 43 ss
Carlo Gentile, Intelligence e repressione politica. Appunti per la storia del servizio di informazioni SD in Italia 1940-1945, in Paolo Ferrari/Alessandro Massignani (Eds.), Conoscere il nemico. Apparati di intelligence e modelli culturali nella storia contemporanea, Milano 2010, p. 459-495

Ferruccio Parri, per le capacità militari e le sue particolari doti di mediatore, nonché per il peso che assumono le formazioni partigiane di Giustizia e Libertà, assume un ruolo centrale nella Resistenza: nel gennaio 1944 diventa capo del CLN Alta Italia, e dal giugno divide con Luigi Longo del Pci la carica di vicecomandante generale del Corpo Volontari della Libertà (ne è comandante il generale Luigi Cadorna). Nel 1944 il CLNAI è il fulcro dell’operazione tesa a creare le amministrazioni civili nelle zone liberate da tedeschi e fascisti; Parri se ne occupa personalmente, intervenendo in particolare in Valle d’Aosta, dove si presentano urgenti i problemi relativi alle rivendicazioni autonomiste della regione. Intrattiene i rapporti con gli alleati, che incontra per la prima volta in Svizzera nel novembre del 1943 e poi ancora all’inizio del 1945, quando viene estradato in Svizzera dopo esser stato arrestato dai tedeschi. Si è ormai alle ultime battute della guerra. Repubbliche Partigiane

Il Comando generale del CVL apre la sfilata del 6 maggio 1945 a Milano. Il terzo da sinistra è Ferruccio Parri – Fonte: Wikipedia

[…] il conte Edgardo Sogno Rata del Vallino, già volontario franchista nella guerra di Spagna, che era stato “partigiano”, o, meglio, agente inviato dal SIM nell’Italia del Nord per organizzare la resistenza monarchica ed anticomunista. Paracadutato in Piemonte nell’ambito di una delle missioni della Nemo (la struttura che faceva capo alla Sezione Calderini del SIM), dopo varie traversie, contatti, collegamenti, azioni fortunose e travagliate, spesso in disaccordo col comandante della missione, il maggiore Maurice Page, ma supportato da John Mc Caffery (il Rossi del SOE, insediato in Svizzera), Sogno diede vita alla Franchi che definì “un’organizzazione militare autonoma, in collegamento diretto con gli Alleati e con il Comando italiano del Sud” <61.
Sogno rappresentò il Partito liberale all’interno del CLNAI, alternandosi con Mario Argenton <62 dato che i due furono arrestati e liberati a fasi alterne e fu anch’egli decorato con la Bronze star, come Motta e Fumagalli.
Anticomunista sfegatato, negli anni ‘50 Sogno diede vita al movimento “Pace e libertà” del quale fece parte anche il provocatore Luigi Cavallo, che tra il 1939 ed il 1942 aveva vissuto a Berlino dopo avere vinto una borsa di studio per “perfezionarsi nel tedesco”.
[NOTE]
61 E. Sogno, “Guerra senza bandiera”, Il quaderno democratico 1971, p. 191.
62 Argenton fu il promotore delle formazioni autonome del CVL (la resistenza militare anticomunista) e vice capo di stato maggiore del CVL; fu lui a prendere in consegna a piazzale Fiume a Milano il 25 aprile Borghese, al quale i servizi statunitensi avevano garantito l’incolumità.
Claudia Cernigoi, La strategia dell’alta tensione, dossier n. 50 de “La Nuova Alabarda”, Trieste, 2014, Supplemento al n. 322 – 13/10/14 de “La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo”

Il Servizio Informazioni Militari nel marzo 1944 infiltra nell’Italia occupata dai tedeschi una missione denominata Nemo Op. Sand II. Obiettivo: trasmettere notizie militari, industriali e politiche all’Intelligence britannica per affiancare gli alleati nella Campagna d’Italia nella salvaguarda di bacini idroelettrici, impianti industriali e neutralizzare cellule nemiche di spionaggio. La coordina il capitano di corvetta Emilio Elia. In un’operazione complessa e ad alto rischio non potevano mancare gli alpini. La rete articolata in sette gruppi ha al comando il capitano Riccardo De Haag, una penna nera che opera col nome di copertura “Alpino”. ANA

Ferruccio Parri – Fonte: Wikipedia

Al suo ritorno a Milano Parri aveva trovato alloggio assieme alla moglie in via Monti 92, nell’appartamento di una signora ungherese che mise loro a disposizione due stanze dove prima aveva alloggiato De Haag. Dallo stesso stabile, al piano superiore, trasmetteva Grange, il Catone della rete omonima. I nazisti localizzarono la trasmittente con i radiogoniometri e la Gestapo fece irruzione nell’appartamento. Mentre erano lì arrivò De Haag per portare un messaggio a Grange e, fermato dai nazisti, disse che il messaggio gli era stato consegnato da un signore sconosciuto che abitava presso la signora ungherese del piano di sotto, così la Gestapo scese ed arrestò Parri e la moglie. Nel 2005, dopo la pubblicazione del testo di Tompkins, si fece vivo sulle pagine del “Corriere della Sera” l’ex agente britannico Walter De Hoog, che affermò di avere lavorato con il segretario di Parri Alberto Cosattini [50] e con Fermo Solari. Cosattini gli avrebbe chiesto di ospitare Parri e la moglie, rientrati dalla missione, ed egli offrì l’appartamento dove abitava, nello stesso stabile da cui trasmetteva Catone; questi il 2 gennaio era in procinto di partire per la Svizzera e De Hoog andò consegnargli dei documenti da parte di Cosattini, ma quando arrivò nell’appartamento si trovò davanti la Gestapo, che lo trattenne per verificare la sua posizione. Poco dopo arrivò la padrona di casa per dirgli che c’era una telefonata per lui (era Cosattini che lo cercava) ed i nazisti scesero con la donna trovando Parri e la moglie, e procedendo al loro arresto [51]. Questa versione è confermata da Leo Valiani nel libro “Tutte le strade portano a Roma”. Tompkins prese atto delle precisazioni di De Hoog, rilevando anche come Osteria, quando fu interrogato a Lugano dai servizi britannici nel marzo del 1945, aveva detto che all’arresto di Parri erano presenti Catone ed un giovane corriere olandese, “Walter Deoga”: rimangono però oscuri i motivi per cui una persona così addentro nei fatti come Osteria (che aveva anche interrogato De Hoog dopo il suo arresto effettuato dalla Gestapo) abbia potuto confondere Riccardo De Haag, indicandolo proprio con il nome di battaglia di Fausto (con il quale era conosciuto sia dall’OSS che dalla Franchi), con il giovane Walter De Hoog [52]. Altri dati li fornisce Mimmo Franzinelli in un articolo che inizia citando le memorie di Parri: “Al piano di sopra si erano accasati, o accasermati, due giovani compagni, Walter e Catone al quale avevo affidato il servizio lanci. Veniva a trovarli ogni tanto una ragazza, anch’essa del giro. La ragazza aveva un amico ungherese, sedicente del giro, L’ungherese ha dei pasticci: non ricordo per quale tramite si fa beccare dalle SS, alle quali spiffera quello che sa della ragazza e dei suoi amici, che nessuno avverte delle pericolose confidenze” [53]. Poi Franzinelli riporta le parole di De Hoog dal suo memoriale autobiografico: “Io so bene che c’era il delatore, perché lo vidi in volto, furtivamente guardando – con un poliziotto alle spalle – dentro la stanza, dalla porta semiaperta, cercando di coprirsi il viso, accennando di sì, come se avesse riconosciuto chi cercavano di identificare, in questo caso me. Era l’ungherese citato dallo Zio (Parri, n.d.a.) nel suo libro” [54]. Ungherese il delatore, ungherese la padrona di casa, e nei diari del tenente delle SS Guido Zimmer [55] appare che questi aveva infiltrato nella Resistenza un agente di origine ungherese, Andreas Zolomy, che da gennaio 1945 si sarebbe unito definitivamente ai partigiani ma del quale non dice altro. Però risulterebbe anche che nel novembre 1944 Zimmer (che nello stesso periodo aveva avviato i contatti con l’OSS che poi sarebbero sfociati nell’operazione Sunrise di cui parleremo successivamente) “nascose in casa per due giorni il comandante dei partigiani Fausto” [56] e che all’inizio dell’aprile ’45 ospitò per due settimane (quindi fino alla Liberazione), su richiesta del capo dell’OSS Dulles, l’“agente Walter” dell’OSS con la sua radio trasmittente, mediante la quale informava gli Alleati dei movimenti tedeschi. Sarebbe interessante appurare se Zimmer abitava nello stabile di via Monti 92, se l’agente Walter dell’OSS era Walter De Hoog, se l’ungherese di cui parlarono Parri e De Hoog era Zolomy e se, infine, Fausto era il triestino Riccardo De Haag. Anche Sogno parla dell’arresto di Parri, attribuendo la responsabilità della delazione, secondo quanto gli avrebbe detto il suo collaboratore Stefano Porta (che a sua volta riferiva quando gli avrebbe detto il presidente del CLNAI Alfredo Pizzoni) ad “un certo Bandy, un ungherese che faceva il doppio gioco” [57]. Il cerchio si chiude, perché Bandy e Zolomy erano la stessa persona, come leggiamo in un articolo di Casarrubea, che parla di uno “Zolyomy Andrea, alias Bandi, ex agente dell’Ufficio Quarto dei servizi segreti nazisti di Milano, che arrestato nel maggio 1945 passò a lavorare con gli statunitensi” [58]. Claudia Cernigoi, Alla ricerca di Nemo. Una spy- story non solo italiana, La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo, supplemento al n. 303, Trieste, 2013

I rapporti tra Ferruccio Parri e Luca Osteria, noto nell’ambiente della Resistenza come il “dottor Ugo Modesti”, iniziarono subito dopo l’arresto di Parri da parte delle SS nel gennaio del 1945. In quel periodo la famiglia Parri si trovava ospite da un’amica, la signora Zoller, che abitava a Milano in Via Vincenzo Monti 92.
Chi era Luca Osteria?
Ex marinaio, per diciassette anni al servizio dell’Ovra, Osteria rivela un vero talento per la provocazione riuscendo nel ventennio a mandare in galera parecchi antifascisti e, in tempo di guerra, a gabbare l’intelligence inglese facendole credere di essere entrata in contatto con un’organizzazione antifascista che in realtà, sotto la sua direzione, le passa solo informazioni inconsistenti e fa invece cadere in trappola diversi agenti britannici. Da qui il credito iniziale presso i tedeschi.
La storia di questo personaggio risulta assai enigmatica e nota soltanto per alcuni studi (Fucci 1985, Foggia 2004), anche se parziali e poco documentati, fondamentalmente basati sulle informazioni ricevute direttamente dal protagonista. La nostra ricerca sul personaggio si è orientata su una ricostruzione biografica verificata nelle carte dell’Archivio centrale dello Stato di Roma, che ha permesso di delineare alcune delle attività di “Ugo” con la struttura spionistica della polizia politica italiana. La Divisione polizia politica, istituita alla fine del 1926, nel contesto di una generale riorganizzazione strutturale della Direzione generale di Pubblica sicurezza, aveva un ruolo centrale nell’attività di repressione politica, soprattutto a livello di intelligence. In seguito, per rendere ancora più agili le operazioni, vennero create ed organizzati diversi Ispettorati speciali di polizia, poi denominati Ovra, con competenza territoriale regionale ed interregionale. L’Ovra era quindi la struttura operativa sul territorio della Divisione polizia politica con cui lavorava in concertazione, ma i suoi responsabili godevano di ampi margini di autonomia e di una maggiore disponibilità di mezzi. L’Ovra, infatti, era stata creata appositamente per fronteggiare la fitta rete antifascista clandestina, ramificata in tutto il territorio con cellule che esplicavano la loro attività a livello interregionale, non controllabile con limitati interventi territoriali, quali potevano essere quelli effettuati dagli uffici politici delle questure e delle prefetture.
La funzione specifica di Osteria risulta complessa ed articolata. Fiduciario e confidente della questura di Genova, la quale organizzava e regolava le sue missioni, in realtà egli può essere considerato vero braccio operativo dell’Ovra, poiché la sua attività al servizio del questore e in stretto contatto con il prefetto molto spesso era coordinata direttamente dal capo della polizia, con la collaborazione degli Ispettorati delle diverse zone di competenza. Anche se non faceva parte direttamente dell’organismo voluto da Mussolini, l’attività spionistica e di infiltrazione di cui era incaricato era organica alle operazioni dell’Ovra. Florinda Aragona in Storia e Futuro, numero 28, febbraio 2012

Milano, 2 gennaio 1945. «Maurizio» (Ferruccio Parri), reduce dalla missione nell’Italia meridionale per il riconoscimento Alleati al Comando Volontari della Libertà, si trova con la moglie a Milano, al n. 92 di via Vincenzo Monti, ospite di una signora svizzera; il rifugio di fortuna è stato allestito da un esponente della rete clandestina lombarda, Walter De Hoog, col quale Ferruccio e Ester Parri – sedicenti coniugi Pasolini – condividono la sistemazione. In serata agenti della polizia politica germanica, istradati da una spiata, entrano nell’appartamento soprastante, dove si trova Catone (il partigiano Teresio Grange), subito arrestato; poco più tardi sopraggiunge De Hoog, con dei documenti clandestini, ed è a sua volta fermato dagli agenti. Mentre è in corso l’interrogatorio, la proprietaria dello stabile, signora Zoller, informa De Hoog di una chiamata telefonica: i tedeschi lo accompagnano all’apparecchio e ne ascoltano l’imbarazzata conversazione con Cosimo (Alberto Cosattini). A quel punto entrano nel raggio d’azione della polizia anche i coniugi Pasolini, presenti nell’appartamento e imprigionati essi pure.
Gli arresti sono dovuti a una delazione, ma chi ne è l’autore?
La prima traccia per l’individuazione della spia è inserita nelle memorie di Parri: «Al piano di sopra si erano accasati, o accasermati, due giovani compagni, Walter e Catone al quale avevo affidato il servizio lanci. Veniva a trovarli ogni tanto una ragazza, anch’essa del giro. La ragazza aveva un amico ungherese, sedicente del giro, L’ungherese ha dei pasticci: non ricordo per quale tramite si fa beccare dalle SS, alle quali spiffera quello che sa della ragazza e dei suoi amici, che nessuno avverte delle pericolose confidenze» (Parri, Due mesi con i nazisti, ed. Carecas, 1973, p. 25). Impressione confermata da un memoriale autobiografico di De Hoog: «Io so bene che c’era il delatore, perché lo vidi in volto, furtivamente guardando – con un poliziotto alle spalle – dentro la stanza, dalla porta semiaperta, cercando di coprirsi il viso, accennando di sì, come se avesse riconosciuto chi cercavano di identificare, in questo caso me. Era l’ungherese citato dallo Zio [Parri] nel suo libro».
La cattura del comandante del CVL è rievocata oggi dall’ex agente dei servizi segreti statunitensi Peter Tompkins in una prospettiva fantasiosamente complottistica (De Hoog traditore di Parri su esplicita direttiva britannica, per sabotare la parte più combattiva della Resistenza), smentita tuttavia dallo sviluppo degli eventi e dalle testimonianze dei protagonisti, conservate presso l’archivio dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia.
Walter De Hoog, interrogato dal capitano delle SS Saevecke, venne caricato su di una tradotta ferroviaria diretta a Mauthausen; durante il viaggio riuscì a saltare dal treno in corsa, tornò a Milano e riprese il lavoro nella rete resistenziale. Se egli avesse fatto cadere Parri, dopo la liberazione non avrebbe di certo ottenuto la tessera del Partito d’Azione né nell’estate 1945 sarebbe divenuto segretario personale del presidente del Consiglio Parri. Nel maggio 1946 De Hoog si trasferì nel New Hampshire, per riprendere gli studi al Dartmouth College. Il 12 febbraio 1947, nel corso di un viaggio di lavoro a New York, Parri gli rilasciò un lusinghiero stato di servizio, la cui parte centrale si riferisce proprio all’arresto del 2 gennaio: «Come elemento di collegamento con il nostro quartier generale di Milano aveva incarichi di alta responsabilità che, in circostanze estremamente difficili, svolse con coscienziosa lealtà dando prova di essere una persona di alta integrità. Arrestato dalla Gestapo riuscì a fronteggiare una situazione molto pericolosa con grande coraggio e ingegnosità e, fortunatamente, portò a termine, con determinazione e autocontrollo, la fuga da un convoglio di prigionieri politici» […] Mimmo Franzinelli, Fantasie su Parri. La vera storia dell’arresto e le rivelazioni di Tompkins, la Repubblica, 24 maggio 2005

Nel caso in cui si fosse riusciti a far venire segretamente in Svizzera Kesselring o un suo plenipotenziario (e a quel tempo, ormai, Dulles aveva i mezzi per permettere a chiunque di attraversare la frontiera, oltre che per tenerlo nascosto mentre si trovava in Svizzera) Hitler e Himmler non lo avrebbero mai saputo, o lo avrebbero saputo troppo tardi.
Caserta, dunque, accettò immediatamente la tesi di Dulles, scartò l’idea di un inviato oltre le linee e fu d’accordo che la Svizzera era il luogo ideale per un incontro preliminare, se i tedeschi avevano delle intenzioni serie e se desideravano veramente quest’incontro.
Waibel diede la notizia a Gaevernitz: «Parri e Usmiani sono qui. Sono stati consegnati sani e salvi a un mio agente, poche ore fa, alla frontiera italo – svizzera, a Chiasso. Il capitano delle SS Zimmer li ha portati in macchina da Milano».
Ecco, finalmente, il gesto d’apertura e di distensione che gli Alleati si aspettavano. Ora era una realtà: il meccanismo che avrebbe portato la resa delle forze tedesche nel teatro di guerra italiano era stato messo in moto.
L’Obergruppenführer viaggiava con parecchi accompagnatori: Dollmann, Zimmer, Parrilli, e il suo aiutante, lo Sturmbannführer Eugen Wenner; alla frontiera svizzera, il gruppo fu accolto dall’onnipresente Husmann e dall’agente Rothpletz, che li accompagnarono a Zurigo.
Fu davvero un bel rischio per la sicurezza dell’intera operazione.
Wolff e i suoi tre ufficiali, Parrilli, Husmann e il tenente svizzero: ben sette uomini, in tempo di guerra, tutti insieme sullo stesso treno, per cinque ore, da Chiasso a Zurigo.
[…] Wolff aveva agito con stupefacente rapidità. Quattro giorni dopo che Dollmann gli aveva portato il messaggio dell’OSS, aveva già ordinato il rilascio e la consegna dei prigionieri, organizzato il proprio viaggio e quello dei suoi ufficiali e provveduto alla documentazione e ai rapporti per giustificare la sua assenza.
Quante persone, dunque, erano al corrente dei suoi movimenti?
I direttori di due prigioni, gli autisti, gli addetti alle comunicazioni e gli agenti SS alla frontiera. In che modo sistemò tutto? Si sentiva, forse, invulnerabile? Il suo potere era talmente grande da non fargli temere nulla? Oppure anche Himmler era al corrente e aveva dato la sua approvazione, e perciò non c’era nulla da nascondere?
Dulles s’incontrò con Gaevernitz in un appartamento nel centro di Zurigo, usato solo per riunioni di carattere riservatissimo. Waibel, che si trovava pure a Zurigo, telefonò a Dulles per informarlo che, in quel momento, il gruppo di tedeschi e il barone Parrilli stavano conversando con Husmann, mentre Parri e Usmiani non potevano trovarsi in luogo più sicuro: facendoli passare per degenti, furono provvisoriamente sistemati in una clinica di lusso in un elegante quartiere zurighese.
[…] Malgrado la notevole complessità e incertezza del progetto, Dulles era entusiasta della proposta di Wolff. Il rilascio di Parri e Usmiani fece su di lui una grossa impressione, così come le promesse dell’ufficiale delle SS di sospendere la guerra contro i partigiani. Continuava ad essere preoccupato per il punto interrogativo rappresentato da Kesselring, e ancora sospettava che Himmler stesse manovrando l’intero affare, ma affidandosi alla speranza, annunciò con esultanza il 10 marzo che «se i colloqui fra Wolff e Kesselring si concludono positivamente, questo piano può rappresentare un’eccezionale occasione per accorciare la guerra, permettere l’occupazione dell’Italia settentrionale, e forse anche dell’Austria nelle condizioni più favorevoli, e in qualche misura scongiurare i progetti tedeschi di organizzare una resistenza partigiana».
Si può senz’altro concludere dicendo che Dulles era troppo ottimista, e che durante i colloqui con Wolff, egli e Gaevernitz non avevano mostrato sufficiente prudenza e scetticismo. Ma in confronto ai seri errori compiuti nella preparazione e nella trasmissione dei rapporti sugli avvenimenti dell’8 e del 9 marzo, la condotta dell’agente dell’OSS durante gli incontri potrebbe essere definita esemplare.
Il primo telegramma con cui Dulles comunicava a Londra, Washington e Caserta che Wolff aveva attraversato la frontiera conteneva un errore molto grave. Il funzionario dell’OSS riferì, infatti, di aver ricevuto informazioni – da Waibel – secondo le quali il gruppo di Wolff comprendeva non solo tre uomini delle SS, ma anche un rappresentante dell’OKW (Oberkommando der Wehrmacht) – un ufficiale dell’alto comando tedesco – «presumibilmente un collaboratore di Kesselring» <85.
Invece, non era vero; Waibel o Dulles avevano scambiato per un ufficiale dell’OKW l’aiutante di Wolff, Eugen Wenner.
La confusione portò inevitabilmente le autorità militari a concludere che l’esercito tedesco stesse manifestando interesse alla resa, mentre, di fatto, non era stato neppure informato della missione.
[…] Nel bilancio, furono poche le vite di soldati angloamericani a essere salvate, poiché nel corso dell’offensiva finale il quindicesimo gruppo d’armate ebbe ben poche vittime. Naturalmente si potrebbe ipotizzare che, senza l’operazione Sunrise, la disintegrazione generale dell’esercito tedesco sarebbe stata più lenta, e che quindi le morti e le distruzioni sarebbero state maggiori in tutta Europa.
Sembra anche che l’operazione Sunrise non abbia avuto una particolare significativa influenza sulle condizioni postbelliche dell’Italia settentrionale. I prigionieri di guerra tedeschi e fascisti ebbero lo stesso trattamento riservato a tutti i militari dell’Asse caduti in mano agli Alleati nell’Europa occidentale. Tutti furono trattenuti per periodi variabili in campi d’internamento, alcuni furono processati come criminali di guerra, e in gran parte furono usati come forza lavoro in opere di ricostruzione <123.
[…] Così i soldati nemici in generale non ricevettero alcun speciale beneficio dall’operazione Sunrise <125, né d’altra parte lo ricevettero i partigiani italiani. Nell’immediato dopoguerra il CLNAI non conquistò il potere né si guadagnò un’estesa influenza politica, ma lo stesso accadde a tutte le organizzazioni partigiane in Europa, sia occidentale sia orientale, con la sola eccezione della Jugoslavia. Nell’Italia postbellica, come altrove, i conquistatori alleati s’impadronirono dell’autorità politica e la mantennero.
Qualunque fossero le speranze nutrite dai partecipanti, si può quindi concludere che l’operazione Sunrise ebbe un impatto molto modesto da un punto di vista umanitario, e che i suoi effetti sull’Italia del dopoguerra furono molto scarsi. L’affare di Berna ebbe delle conseguenze significative solo rispetto alla questione delle origini e degli sviluppi della guerra fredda, e tali conseguenze furono complesse e non facilmente definibili.
85 Dulles a Glavin, 8 marzo 1945, OSS Reports.
123 BOEHME K.W., Die deutschen Kriegsgefangenen in amerikanischer Hände, Bielefeld, 1973.
125 Per il caso di Wolff si veda PRO (Public Record Office), WO 310/123, in Appendice 2.
Gabriele Batacchi, Operazione Sunrise, Collana «Studi e ricerche», 14, ex dipartimento di Scienze storiche, giuridiche, politiche e sociali (Digips), Università di Siena, 2005

Possiamo identificare Bandy, da un documento pubblicato dal ricercatore Giuseppe Casarrubea, come «Zolyomy Andrea, alias Bandi, ex agente dell’Ufficio Quarto dei servizi segreti nazisti di Milano, arrestato nel maggio 1945» <34: e qui prendiamo i diari redatti dal tenente delle SS Guido Zimmer, che da novembre 1944 fu l’organizzatore a Milano di una rete di stay behind nazista da utilizzare dopo la sconfitta militare, ma che nello stesso tempo fu tra i contatti dell’OSS nell’ambito dell’operazione Sunrise <35.
Zimmer scrive di essersi avvalso come infiltrato nella Resistenza anche di un agente di origine ungherese, Andreas Zolomy, che da gennaio 1945 si sarebbe unito definitivamente ai partigiani ma del quale non dice altro; è lo storico Giorgio Cavalleri che specifica: «Zolomy (…) riesce ad entrare in contatto con la cellula di un ex volontario della guerra di Spagna, Agostino Casati, Raimondo, assai critico nei confronti della linea moderata del segretario del PCI Togliatti (…) cerca di convincere i suoi compagni (…) che l’ideologia del partito è troppo “morbida” e devono essere pronti al sabotaggio in grande stile»; ma dopo alcuni mesi di attività finanziata da Zimmer (ad esempio «lanciando provocatori volantini in Corso Sempione»), «nel gennaio ’45 l’ungherese rompe i contatti (…) passando nelle file partigiane. Incredibilmente Zimmer non lo arresta, limitandosi a spiarne le mosse» <36.
Di Zimmer risulta anche che nel novembre 1944 (nello stesso periodo in cui aveva avviato i contatti con l’OSS) «nascose in casa per due giorni il comandante dei partigiani Fausto» (cioè De Haag) e che all’inizio dell’aprile ’45 ospitò per due settimane (quindi fino alla Liberazione), su richiesta del capo dell’OSS Dulles, l’«agente Walter» dell’OSS, con la sua radio trasmittente, mediante la quale informava gli Alleati dei movimenti tedeschi <37. Questo “agente Walter” potrebbe essere il De Hoog che si fece carico della responsabilità di avere fatto arrestare (pur non intenzionalmente) Parri?
Quando ebbe notizia dell’arresto di Parri, Sogno tentò, con altri agenti della Franchi e la collaborazione di Luca Ostèria, un colpo di mano per liberare l’anziano dirigente, ma fu arrestato dalle SS ed incarcerato a Verona, dove ritrovò Catone e da dove riuscì a mantenere i contatti con la sua rete tramite un altro detenuto che fungeva da scopino nel carcere e si prestò a collaborare. Sogno e Grange furono poi trasferiti a Bolzano e liberati il 27 aprile.
Ricordando quanto scrissero i servizi britannici in merito a sospetti sul comportamento di Sogno al momento dell’arresto dei membri della Otto, aggiungiamo qui l’annotazione del non meglio identificato agente del SOE Speedwell, che dalla Svizzera inviò delle valutazioni piuttosto pesanti nei confronti di Sogno: «l’arresto di Parri, avvenuto subito dopo il suo arrivo in Italia (un evento che avevo previsto) mi ha convinto che, per il futuro delle nostre operazioni nell’Italia settentrionale risulta vitale (…) rinunciare alla Franchi (…) occorre inoltre allontanare subito Sogno (…) non escludo che la sua lealtà possa essere messa in discussione», e così chiosano Cereghino e Fasanella:
«Dal momento in cui sono iniziati i contatti con i repubblichini il comandante della Franchi è stato preso tre volte. E per tre volte liberato. La facilità con cui entra ed esce di galera è davvero sorprendente. Tanto sospetta da far pensare ad un espediente per mantenere i contatti tra repubblichini e SOE e facilitarne le trattative» <38: il che sarebbe rientrato nelle modalità dell’Operazione Sunrise, anche se Sogno non dichiarò mai di avervi preso parte.
34 Fascicolo War Office 204/12896, “Shooting of Brigadier De Winton” compilato dai servizi britannici, citato in http://casarrubea.wordpress.com/2009/10/05/le-iene-del-neofascismo/.
35 L’operazione Sunrise, condotta dai servizi segreti statunitensi e svizzeri era finalizzata ad un accordo che aveva lo scopo di evitare sia che i nazisti si arroccassero nel cosiddetto “ridotto alpino” continuando a combattere ad oltranza, sia la minacciata distruzione degli stabilimenti industriali italiani e del porto di Genova; ma permise anche che molti esponenti nazisti non finissero processati e condannati per crimini di guerra. I personaggi chiave di questa operazione furono il futuro capo della CIA Allen Dulles, il maggiore del servizio segreto svizzero Max Waibel ed il capo della polizia tedesca e del Sicherheits Dienst in Italia, il generale Karl Wolff. Dai “diari” di Zimmer ha preso spunto il giornalista Ennio Caretto per il suo articolo “La Gladio delle SS: distruggere l’Italia liberata”, Corriere della Sera, 13/8/01.
36 G. Cavalleri, op. cit., p. 116. Sull’infiltrazione di agenti provocatori nelle file della resistenza comunista torneremo anche in seguito.
37 E. Caretto, “Sacrificare Hitler per salvare la Germania”, Corriere della Sera, 5/8/01.
38 M.J. Cereghino e G. Fasanella, op. cit., p. 110. Sogno fu arrestato, come detto in precedenza, nel marzo ’44 a Genova, nell’ambito della retata contro la Otto; la seconda volta fu arrestato nell’ottobre ’44 da una pattuglia della Muti sul confine svizzero, durante gli spostamenti per partire con i dirigenti del CLNAI in missione a Roma; la terza nel tentativo di liberare Parri.
Claudia Cernigoi, Momenti di Sogno, La Nuova Alabarda, Dossier n. 58, Trieste, 2018