“Le italiane si confessano” diventò nel giro di alcuni mesi un «caso»

Nel 1959 la giornalista Gabriella Parca cura l’uscita de “Le italiane si confessano” <115. Il volume raccoglieva una selezione di lettere giuntele alle redazioni di due fotoromanzi romani nel biennio precedente ma non pubblicate prima. Le lettere provenivano da ogni regione d’Italia e alcune anche dai paesi stranieri in cui risiedevano emigranti italiane. In queste narrazioni era riscontrabile sia la semplicità della mentalità popolare che si individuava nell’accentuata ostentazione dei sentimenti, sia l’ideologia delle persone con cui le donne vivevano e l’impianto educativo in cui erano cresciute che condizionava il loro modo di agire e pensare.
“Le italiane si confessano” è stato spesso comparato alla ricerca di Friedan sulle donne americane <116 (di cui parlerò più diffusamente in seguito), oppure ai Rapporti Kinsey <117, rappresentandone in un certo senso la declinazione italiana.
Per il volume la giornalista aveva selezionato circa 300 lettere tra le 8000 giuntele nei tre anni precedenti e giudicate non pubblicabili perché troppo «crude e sincere» <118. Per motivi di privacy all’epoca Parca omise il titolo dei fotoromanzi in questione che oggi sappiamo essere stati «Luna Park» e «Polvere di stelle». <119
Il volume, che diventò nel giro di alcuni mesi un «caso» fu pubblicato dalla casa editrice Parenti di Firenze con la sola prefazione di Cesare Zavattini. Nel 1960 l’editore accostò alla prima anche la prefazione di Pier Paolo Pasolini. Nel 1962 si annunciavano le imminenti traduzioni del libro in francese, tedesco e inglese. Il titolo passò poi a Feltrinelli che lo pubblicò nel 1964, nel ’66 e nel ‘73.
È doveroso citare questa raccolta anche se racconta una fase precedente a quella in analisi, per lo meno per tre motivi importanti: fu la prima volta che un testo del genere circolava e in maniera così massiccia in Italia suscitando enorme scandalo secondo alcuni ed il plauso di altri <120; per l’eco che la pubblicazione ebbe per lungo tempo e le numerose edizioni che si sono susseguite; infine in ragione delle scelte successive intraprese dall’autrice che non smise mai, per il resto della sua lunga carriera, di approfondire i temi legati al rapporto tra i sessi nelle relazioni interagendo con le lettrici su questi temi anche all’interno di altri periodici.
Gabriella Parca è una giornalista oggi forse dimenticata ma rappresenta uno dei personaggi chiave del momento storico e dell’oggetto in analisi. Le poche informazioni messe assieme per costruire il suo percorso possiamo desumerle dai suoi libri, dai suoi interessi e dal lavoro nella redazione di “Amica” <121.
Chi ebbe modo di leggere “Le italiane si confessano” appena fu pubblicato si rese conto che le donne parlavano volentieri di se stesse se veniva loro offerta la possibilità di essere ascoltate e di avere consigli e sostegno senza ripercussioni né giudizi. Se interpretiamo il loro contenuto, ci rendiamo conto che l’educazione che le donne ricevevano in famiglia, a scuola e nella società mirava a formarle come complementari all’uomo. E anche la questione sessuale, che molte lettere richiamano, tratteggia elementi di una mentalità ancora profondamente maschilista: si giudicava cioè in modo del tutto differente una stessa azione a seconda che venisse compiuta da un uomo o da una donna. L’esperienza matrimoniale non faceva che aggravare la situazione di gran parte delle donne che una volta sottrattesi dalle regole paterne dovevano accettare e rispettare quelle imposte loro dal marito, spesso del tutto analoghe alle precedenti. Una volta sposate infatti, soffrivano a causa del consorte che si rivelava egoista, autoritario e violento e spesso già la notte di nozze si segnalava come il primo capitolo di un avvenire doloroso. Malgrado ciò il matrimonio era ancora considerato l’obiettivo principale di ogni donna che cresceva nell’attesa di questo evento. L’immaginario erotico collettivo era del resto fermo allo stadio adolescenziale; le donne vi si adeguavano dimostrando inesperienza, remissività e ignoranza; gli uomini lo confermavano sfogando solo le loro funzioni fisiologiche o fuggendo nel fantastico: il fascino delle maggiorate o la Saraghina e gli altri personaggi femminili in Fellini ad esempio, nascono certamente dalla fantasia di un poeta visionario ma rievocano questo diffuso sentire.
L’ossessione per le donne formose derivava appunto da un’educazione cattolica che aveva represso anche solo la «giusta quantità». Le loro figure flessuose e sensuali ispiravano anche un desiderio di pienezza e benessere tout court <122, così da instillare negli uomini desideri bulimici, la fame di «una grande quantità di donna: come un povero che pensando al denaro ragioni e farnetichi non di migliaia di lire ma di milioni, di miliardi» scriveva Fellini nel 1964. <123 Le sue parole sembrano dare risonanza all’ipotesi di «una sessualità affabulata e fantastica» sbilanciata tra i «canoni sessuofobici» e i «primi tentativi di educazione sessuale» che emerge dai racconti dell’esperienza dei giovani del dopoguerra. <124 Nel 1965 intervistato dall’Europeo, il regista del resto affermava: “Non ci siamo ancora liberati del vecchio cliché cattolico e moralistico della donna che oscilla tra due immagini opposte: la Madonna, la madre, l’angelo da un lato, dall’altro la prostituta, il demonio, il peccato. Infatti nel nostro paese c’è una vera idolatria della madre; mamme, mammone, grandi madri di tutti i tipi dominano, in un’affascinante iconografia, i nostri firmamenti privati e pubblici; madre vergine, madre martire, mamma Roma, madre Lupa, madre patria, madre Chiesa”. <125
Le italiane si confessano ispira appunto anche i registi <126: “Le italiane e l’amore” fu realizzato nel 1961 e si basava su alcuni casi tratti dalle lettere (scelte da Zavattini), analizzando in diversi episodi le tematiche principali elencate da Gabriella Parca. <127 Il film ebbe un discreto successo e venne proposto anche al pubblico estero con il titolo, fuorviante ma seducente di “Latin Lover”. <128 E lo stesso Pasolini che nel 1964 gira “Comizi d’amore” ne ha probabilmente tratto spunto. <129 All’interno della pellicola pasoliniana accanto ai giovanotti meridionali che si preoccupano di sottolineare che anche da loro è arrivato il progresso, permangono tenacemente quelli per cui l’onore, la verginità della donna, la sottomissione totale della moglie al marito (guarda caso tutti i temi delle lettere-lamentazioni delle donne), non sono messi in discussione.
Le donne che scrivono a Parca sono condizionate anche dal tipo di stampa che leggono con maggior facilità, i fotoromanzi, che influenzano in maniera massiccia il loro modo di pensare l’amore e impostano il linguaggio attraverso cui il tema è veicolato: nelle lettere le donne parlavano di amori «impossibili» e di «errori irrimediabili», come quelli delle eroine a fumetti <130.
Per la raccolta in volume la giornalista divise le lettere a seconda del tema contenuto all’interno della scrittura individuando in molti dei problemi citati quelli con cui dovevano convivere le donne italiane. Per rendersi conto di quali fossero basta dunque scorrere alcuni dei titoli dati ai vari capitoli: La famosa prova, Giochi pericolosi, Amore a vista, Fidanzate infelici, Mogli che soffrono e Adultere o quasi.
Come ricordavo, il volume fu pubblicato dalla casa editrice Parenti di Firenze nel 1959, con la sola prefazione di Cesare Zavattini e diventò nel giro di alcuni mesi un «caso». Riferisce a questo proposito Parca: “La prima edizione de ‘Le italiane si confessano’ uscì alla fine degli anni Cinquanta, nella tarda primavera, e nessuno se ne accorse. Quando passai dal mio libraio per sapere come andavano le vendite, indicandomi la pila di volumi ancora intatta, mi disse con un sorriso buono ma poco convinto: “Sa, è uno dei quei libri che si leggeranno in seguito…” ” <131
Questa citazione è tratta dalla prefazione all’edizione Feltrinelli nel 1973. In questa occasione Parca introduce in prima persona il testo. Le presentazioni a firma di Pasolini e Zavattini sono espunte e la giornalista ha modo di raccontare le sue sensazioni e molti dei retroscena che si sono avvicendati dalla prima edizione in avanti. Non conosciamo le ragioni che hanno spinto la giornalista e l’editore a compiere questa scelta ma i tempi erano del resto cambiati da quel lontano ’59 in cui il libro fu pubblicato per la prima volta e non c’era più bisogno di giustificazioni autorevoli che presentassero il lavoro di una sconosciuta che dava voce ai pensieri più intimi delle donne su verginità, sesso e tradimenti.
Gabriella Parca grazie a questa pubblicazione e alle successive era diventata una giornalista affermata e di certi temi oramai era non solo lecito, ma abitudine, discutere. Quello che possiamo però comprendere leggendo la prefazione di Parca del ’73 è che la giornalista non era del tutto d’accordo con quanto Pasolini e Zavattini avevano scritto nel ’59 e probabilmente prese questo affrancamento in maniera costruttiva. Oltre a commentare che le parole dei due autori oramai «mostravano un po’ i segni del tempo» <132, passa in disamina le loro posizioni. È con Pasolini che l’autrice dimostra maggiore disaccordo. Egli aveva infatti commentato: «la prima impressione che si ha leggendo queste lettere è che sono estremamente divertenti: anzi dirò che ‘Le italiane si confessano’ è stata la più divertente lettura che io abbia fatto in questi ultimi anni» <133. A queste parole Parca controbatte nel ‘73: “Ma che cosa lo avrà divertito tanto? La ragazza che pensa di suicidarsi perché ha perduto la sua verginità o quella che vuole uccidere il fidanzato perché gliel’ha fatta perdere? Ogni lettera, oltre ad essere “curiosa” come lui dice, rappresenta un caso umano in cui la condizione della donna emerge in tutta la sua fragilità, la sua incertezza, le sue paure. […] Si affaccia il dubbio che nella scelta di questo aggettivo vi sia una punta di disprezzo: non nei riguardi delle illetterate autrici delle lettere, ma dei loro drammi, che sono pur sempre drammi di donne (p. 14)”. Questa annotazione della giornalista è particolarmente interessante perché mette in luce uno dei nodi centrali della critica alle rubriche, ovvero pensare che i problemi di chi scrive siano banali: il fatto che una donna di vent’anni chieda se la prima notte di nozze debba spogliarsi da sola o attendere che la spogli il marito fa certo sorridere ma al di là dello scherno invita a pensare a quanto poco preparata fosse al rapporto sessuale. <134 Parca ci dice inoltre che se questi dubbi sono banalizzati e non presi sul serio è perché sono dubbi delle donne e dunque guardati con presunzione. Anche Gioacchino Forte nel suo pionieristico studio sui «persuasori rosa», ovvero i curatori di piccola posta, utilizza spesso l’aggettivo «divertenti» riferito alle lettere, ad esempio citando una ragazza molto devota che non sapeva se cedere o meno alle avances del fidanzato, commenta: «la cosa è più divertente che spiacevole» <135.
La polemica con Pasolini non si chiude qui ma affronta un altro punto di notevole interesse. Sin dal 1959 e più diffusamente nella prefazione alla nuova edizione del 1973, la stessa Parca indicava i limiti della sua raccolta nel restituire l’«autentica» voce delle lettrici: le lettere venivano infatti rimaneggiate. In redazione si procedeva ad epurarle dei riferimenti diretti alla scrivente (nome, provenienza, eventuali riferimenti troppo espliciti a persone e luoghi…) e ancor prima, alla «ripulitura» di elementi accessori e perciò inutili al racconto, di eventuali errori ortografici o sintattici e di altri tratti troppo marcatamente epistolari. Pier Paolo Pasolini invece non si era posto questo problema filologico quando in prefazione scriveva: «Osservate la lingua in cui queste lettere sono scritte: è un italiano perfettamente anonimo, corretto, scorrevole, come si impara a scuola (magari con qualche piccolo errore, qualche svista sintattica). Non ho mai visto la lingua italiana media realizzata con tanta precisione e con tanto rilevante valore stilistico» <136. Nell’edizione del 1973 la giornalista tornò su queste parole osservando: “Qualsiasi linguista per fare un’analisi del genere avrebbe preteso di avere sott’occhio gli originali delle lettere, tanto più che nell’introduzione io stessa avvertivo di aver operato dei tagli e di aver «tradotto» delle parole dialettali, per rendere più agevole la lettura: cosa abbastanza naturale e che anche l’editore aveva voluto, in quanto il libro non si rivolgeva ad un élite di specialisti ma a un pubblico di lettori medi, interessati eventualmente all’aspetto sociologico di un documento, non certo a quello glottologico. È ovvio che avrei messo volentieri gli «originali» a disposizione di Pasolini: ma nessuno me li chiese, e quando, avvertita in ritardo dall’editore, proposi allo scrittore di vederli, mi rispose che oramai aveva già scritto il suo saggio”. <137
Al di là degli interventi della curatrice e della redazione in questi anni assistiamo effettivamente ad un progressivo livellamento del linguaggio, effetto di quella cultura di massa che attraverso la radio, i giornali, la televisione andava potenziandosi e modellando il Paese. A questo alludeva Pasolini quando nella sua presentazione faceva notare l’omogeneità delle lettere.
[NOTE]
115 G. Parca, Le italiane si confessano, Feltrinelli, Milano 1964 [ed. or. Parenti, Firenze 1959]. Si sono consultate due differenti edizioni del testo, quella edita nel 1964 e quella pubblicata nel 1973 uscite entrambe per l’editore Feltrinelli. Volta per volta sarà indicata l’edizione citata.
116 B. Friedan, La mistica della femminilità, Edizioni di comunità, Milano 1976. Nell’edizione consultata, quella stampata a Milano nel 1976 sotto il titolo lo slogan: «Il libro del movimento per la liberazione della donna americana: una denuncia all’oppressione ideologica, della scuola, dell’autodisprezzo, del lavoro senza futuro, dell’imbonimento sessuale, della casa-confino».
117 Alfred Kinsey fu un biologo dell’Università dell’Indiana. Assieme al suo gruppo di ricerca compì delle analisi sulla sessualità che portarono alla pubblicazione di due studi, rispettivamente ‘Sexual Behaviour in the Human Male’ (Il comportamento sessuale dell’uomo) del 1948 e nel 1953 ‘Sexual Behaviour in the Human Female’ (Il comportamento sessuale della donna). Queste ricerche ebbero forte eco non solo presso gli studiosi, ma anche presso la gente comune. La novità della ricerca consisteva nel fatto che l’approccio alla sessualità era condotto sfidando molti stereotipi e con un approccio non convenzionale alla materia.
118 In questi termini le definisce la stessa Parca in: P. Sardella, Il mondo delle donne. Storia del primo consultorio autogestito nel movimento di liberazione femminile, Nimesis Edizioni, Milano-Udine 2014, p. 10.
119 Ivi.
120 La giornalista riferisce: «ebbe inizio una gragnuola di articoli che mi colpirono come sassate, perché se da una parte si gridava quasi al miracolo, poiché una donna aveva dimostrato tanto coraggio da affrontare il tabù del sesso, dall’altra mi si accusava di essere una maniaca sessuale e si rispolverava il vecchio luogo comune secondo cui “i panni sporchi si lavano in famiglia”», G. Parca, Le italiane, cit., p. 1 [1973].
121 Le inchieste di Parca compaiono in diverse testate, qui interessa maggiormente il suo lavoro all’interno del settimanale Amica in cui, a partire dall’autunno ’68, cura una rubrica fissa intitolata ‘Donne sole’.
122 S. Gundle, Le figure del desiderio. Storia della bellezza femminile italiana dall’Ottocento a oggi, Laterza, Roma-Bari 2007, p. 235.
123 F. Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino 1964, p. 83.
124 Vedi: Bambine, racconti d’infanzia, «Memoria. Rivista di storia delle donne», nr. 28 (1, 1990); Bambini, racconti d’infanzia, «Memoria. Rivista di storia delle donne», nr. 29 (2, 1990); Ileana Montini, La bambola Rotta. Famiglia, chiesa, scuola, nella formazione delle identità maschile e femminile, Bertani editore, Verona 1975.
125 Citato in S. Gundle, Le figure del desiderio, cit. pp. 321-322 e da G. Forte, I persuasori, cit., p. 33.
126 Sul rapporto tra piccola posta e film documentario nell’Italia del periodo vedi: D. Garofalo e D. Missero, Tra spettacolo e documento. Rotocalchi, piccola posta e inchieste di cronaca nei documentari italiani sull’amore dei primi anni Sessanta, in «Imago. Studi di cinema e media», Anno VIII, nr.1 (2017), Roma 2017, pp. 145-161.
127 Il film è composto da undici episodi girati da altrettanti registi e ispirati alle lettere scelte da Cesare Zavattini. Gli argomenti che ricalcano alla divisione compiuta da Parca variano dalla curiosità dei bambini di fronte al problema della nascita I bambini, al primo amore delle adolescenti Le adolescenti, dallo sfregio per gelosia La sfregiata, alla delusione per un matrimonio sbagliato Viaggio di nozze e al ricorso alla separazione legale Separazione legale, dalla vita ipocrita di una coppia infedele Gli adulteri, al dramma di una sposa che si accorge che il marito è omosessuale Un matrimonio, dalle illusioni delle ragazze di provincia che mirano al successo Il successo, ai dubbi di una fidanzata di fronte alle insistenze del fidanzato La prova d’amore, dal coraggio di una giovane sedotta e abbandonata a se stessa Le ragazze madri, all’episodio La tarantolata. Si può accedere alla visione del film su Youtube all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=uj5o6ZtnIww [ultima consultazione 6 luglio 2019].
128 Lo segnala G. Parca, Le italiane, cit. p. 13 [ 1973].
129 L’episodio è citato in: A. Bravo, Il fotoromanzo, cit., p. 96.
130 Ibid.
131 G. Parca, Le italiane, cit., p.1 [1973].
132 Ibid., p. 11.
133 G. Parca, Le italiane, cit., p. 14 [1964].
134 Una ragazza di ventun anni indirizza ad esempio a Brunella Gasperini una fitta lettera piena di domande: «Vorrei sapere se cedere e l’errore che hanno commesso le giovani è la stessa cosa. E come mai è nato un bimbo? Può nascere e non nascere un bimbo da una relazione? Come si spiega il mistero e può capitare facilmente a una donna di cedere a un uomo? […] Forse le mie domande la faranno ridere» risponde Brunella «No, non mi fanno ridere affatto […] Queste sono lettere che mi fanno mordere le dita dalla punta fino alla base per la rabbia e lo sconforto. Non ce l’ho con lei, lettrice, lei non ha colpa. Ce l’ho con noi tutti, che non facciamo abbastanza per evolvere la mentalità, le idee e l’educazione nostra e di chi ci vive intorno», Ann, Il salotto di Brunella, nr. 13/67 [manca il numero della pagina].
135 G. Forte, I persuasori, cit., p. 50.
136 G. Parca, Le italiane, cit., p. 5. [1964].
137 Ead., Le italiane, cit., p. 15. [1973].
Francesca Endrighetti, Donne che raccontano di sé. La violenza di genere nelle rubriche di posta di alcune riviste italiane (1965-1975), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Padova, Università Ca’ Foscari Venezia, Università degli Studi di Verona, 2020