Si proiettavano immagini di una società americana sicura, serena e ordinata

L’immagine è tratta dal documentario “L’Europa in cammino”, distribuito dall’USIS e dall’ECA e prodotto nel 1950 da “The March of Time”. Fonte: Giulia Crisanti, Op. cit. infra

Vario nei contenuti e nell’origine delle pellicole, il Fondo USIS [United States Information Service] di Trieste si compone di filmati – per circa metà di produzione americana e per l’altra metà di produzione prevalentemente italiana -che, coprendo un periodo di più di vent’anni, dal 1941 al 1966, accompagnarono e servirono a documentare il processo di ricostruzione e l’intervento americano in Italia durante gli anni della Guerra Fredda. La dimensione ideologica di tale conflitto fece, infatti, dell’Italia, in quanto paese del blocco occidentale con il più forte e temuto Partito Comunista, uno dei tasselli politici più importanti nello sforzo americano per la conquista dei cuori e delle menti delle popolazioni europee. Non stupisce, di conseguenza, l’abbondanza di materiale di origine statunitense, il cui obiettivo primario era quello di proiettare il modello di vita americano – in tutte le sue più luccicanti sfaccettature -, usando il mezzo di proiezione per antonomasia più efficace tra tutti, ossia il proiettore cinematografico. Il ruolo di questi filmati (prodotti dalle istituzioni non a scopi commerciali, ma propagandistici) doveva, infatti, essere quello di presentare un’immagine idealizzata della società americana, tale da controbilanciare (quando necessario) alcune impressioni negative sull’America, che potevano essere suscitate da una certa produzione hollywoodiana. Contro quindi le immagini sulla criminalità e corruzione offerte dai film gangster, o quelle sulle tensioni tra generazioni proprie, ad esempio, di molti film in voga tra i giovani, si proiettavano immagini di una società americana sicura, serena e ordinata.
[…] Come in parte si è già avuto modo di vedere, la forza del Partito Comunista in Italia e l’adesione che il comunismo trovava soprattutto nel mondo operaio e sindacale italiano rendevano la propaganda anticomunista nel paese, al contempo, urgente e difficile da realizzare. In tal senso, la strategia americana consistette, il più delle volte, nell’adozione di un approccio indiretto che, promuovendo la bontà e i benefici di certi modelli statunitensi, sottendesse un’implicita e costante denuncia dei mali del modello comunista. È alla luce di queste considerazioni che, nella scelta dei documentari da prendere in esame (e, quindi, nella scelta di un punto di vista), si è deciso di non soffermarsi su quei filmati, pur presenti, in cui la propaganda contro il modello e lo stato sovietico appare esplicita; e di prendere, piuttosto, in considerazione una serie di documentari dedicati prevalentemente al mondo del lavoro nelle fabbriche e al modello sindacale americano e in cui la propaganda anticomunista, pur più sottile e implicita, è, tuttavia, più carica di valore ideologico e quindi altrettanto (se non di più) significativa.
Rientrano, in particolare, in questa categoria due diverse tipologie di documentari, l’una di carattere prettamente tecnico e didattico, l’altra, invece, più simile a quella di molti filmati già presi in esame.
Per quanto riguarda la prima tipologia, il riferimento, nello specifico, è alla serie di “training films” prodotti dallo US Office of Education durante gli anni della guerra e tutti finalizzati all’insegnamento di operazioni tecniche moderne, compiute nelle fabbriche americane. Quasi tutti di una ventina di minuti, rientrano in questa serie film come Materie plastiche: origine e sintesi delle materie plastiche, Analisi con raggi X, Battitura a fine del metallo in lastra, Lavorazione con la modanatrice (tupì): piallatura a fino a 90 gradi, Macchine elettriche. Motore a gabbia di scoiattolo, Montaggio con maschera: foratura e chiodatura, Taglio alla fiamma ossiacetilenica, Principi fondamentali della lettura dei disegni esecutivi: visualizzazione di un oggetto, Tornio a revolver: un’introduzione, e così via dicendo. Originariamente disponibili solo in inglese, la colonna sonora italiana di questi film – secondo quanto comunicato in un dispaccio al Dipartimento di Stato <409 – fu realizzata solo nel 1949 (cioè, quando gli intenti politici della campagna d’informazione erano, oramai, divenuti prioritari), ai fini di una proiezione nelle fabbriche italiane, soprattutto quelle dominate dalla CGIL. L’obiettivo delle proiezioni, infatti, più che quello di insegnare le più nuove e moderne procedure nel campo della fonderia, dell’analisi a raggi X, o nei sistemi di affilatura delle frese, era quello di trovare un canale non propagandistico di contatto con l’operaio comunista e, a tal fine, furono promosse dagli uffici USIS.
La convinzione, in particolare, era che questi film, pur non elogiando apertamente il modello americano (e anzi, proprio il loro carattere esclusivamente tecnico permetteva di proiettarli con l’approvazione dei comitati di fabbrica anche comunisti), fossero indirettamente in grado di rifletterne almeno una parte, mostrando le condizioni di luce, di sicurezza e di igiene delle fabbriche americane; l’eccellenza tecnica degli impianti; come si vestivano gli operai statunitensi, i cui abiti da lavoro – nelle immagini dei filmati – appaiono curati e completi di guanti, maschere e ogni altro elemento tale da rendere più comode e sicure le operazioni condotte. Insomma, tutti gli aspetti più moderni del lavoro industriale negli Stati Uniti.
I risultati dell’operazione vennero quindi comunicati nel 1951, in un telegramma al Dipartimento di Stato, atto a riportare “specific instances in which Office of Education Industrial Training films have served as entree to Communist labor groups in industrial centers, which groups, previously inaccessible to USIE film program, now see USIE documentaries” <410. L’elenco comprendeva fabbriche a Savona, Massa, Terni e, soprattutto, numerosi centri industriali nel bolognese e a Torino, ove maggiori erano le concentrazioni di operai comunisti. Ovunque – si diceva -, se non un canale diretto con i comunisti, era stato quanto meno risvegliato un interesse verso le proiezioni dell’USIS, permettendone un’attività costante nelle fabbriche. Il telegramma si concludeva, infine, riportando le richieste – formulate dai vari uffici distaccati dell’USIS sulla base del tipo di industrie con cui si interfacciavano – di materiale dedicato alle più moderne tecniche nei vari settori, precisando che gli “Industrial Training Films would be more useful as entree to labor groups, if they treated with more advanced and more highly specialized techniques of modern production” <411. Nel complesso, si deve notare come una simile strategia, per quanto certamente non in grado di produrre grossi risultati nella forma di conversioni di orientamento politico, era, comunque, il frutto dell’acquisizione di una nozione propagandistica molto importante da parte dei funzionari americani; ossia quella per cui è spesso opportuno e vantaggioso saper fare del mezzo, il messaggio.
Molto più interessanti, ad ogni modo, sono tutta un’altra serie di documentari (di produzione per lo più americana, ma anche italiana), dedicati al mondo del lavoro nelle fabbriche e al modello sindacale americano. Identificando, infatti, spesso, il mondo comunista italiano con quello operaio, la propaganda anticomunista americana fu indirizzata soprattutto ai lavoratori industrali e ruotò, prevalentemente, intorno alla promozione dei sindacati liberi (si è, in tal senso, già visto il ruolo americano nella formazione della CISL e della UIL) e di un modello sindacale fondato sulla composizione delle controversie attraverso il dialogo tra le parti; sulla contrattazione collettiva; sulle commissioni aziendali paritetiche e sugli incentivi alla produttività. Compito dei filmati USIS, in tale quadro, era dunque quello di offrire una testimonianza visiva della bontà di un simile sistema e dei risultati positivi che era in grado di garantire; tutti i lavoratori che compaiono in questi filmati hanno, infatti, un tenore di vita dignitoso, una casa abbastanza grande, agi e comodità e operano in condizioni di lavoro ottimali: tutto, si dice, grazie alla buona attività dei sindacati liberi. Da questa prospettiva, la propaganda contro il modello sindacale anticomunista risulta sempre presente in questi documentari, seppur generalmente implicita e benché solo in alcuni casi i toni utilizzati siano di aperta critica.
Indiretta è, ad esempio, la propaganda anticomunista in tre documentari americani di valore illustrativo e informativo; dedicati, infatti, alla presentazione e descrizione del funzionamento e delle attività dei sindacati negli Stati Uniti, attraverso il ricorso a casi specifici. Il primo di questi (di cui è conservata anche una copia in sloveno), prodotto nel 1951, si intitola “Un sindacato aziendale” <412 e mostra il sistema di funzionamento e l’operato quotidiano, presso le officine meccaniche “Valvole Hitchcock”, di un sindacato aziendale (il numero 342) appartenente alla Federazione Lavoratori Meccanici. A essere messi in risalto e positivamente valorizzati, dal commento e dalle immagini, sono soprattutto tre aspetti, tutti volti a presentare il sindacato come il maggiore garante della pace sociale e della collaborazione nella fabbrica e quindi di un clima di benessere e tranquillità nella vita degli operai, sia dentro, che fuori dal posto di lavoro. Il primo è il forte senso di responsabilità, che muove gli iscritti e che anima anche il processo democratico per le elezioni dei dirigenti, tale per cui, sulla base di una libera espressione delle proprie idee, i lavoratori sono messi in condizione di darsi dei dirigenti bravi e dediti alla loro causa. Una causa – si precisa – che non è di natura politica, ma consiste sempre e solo nel miglioramento delle condizioni di vita degli operai, attraverso pratiche innanzitutto costruttive e non di mera contrattazione. L’ottica propositiva si estende, poi, anche al secondo aspetto evidenziato e tipico dell’organizzazione del lavoro negli Stati Uniti; ossia la partecipazione attiva dei lavoratori alla risoluzione dei problemi, attraverso proposte per migliorare i processi lavorativi, che, quando accolte dalla direzione, si traducono in un conferimento di premi in denaro. Tutta la seconda metà del filmato è, infine, dedicata a mettere in luce il sistema della contrattazione per il rinnovo del contratto aziendale e le lunghe discussioni tra dirigenti sindacali e direzione. Anche in questo caso, tuttavia, la prospettiva della contrapposizione “dura e pura” è completamente negata, a favore del dialogo e del compromesso tra le parti, nella ricerca di una soluzione che sia la migliore per tutti. In tale cornice, la dimensione dello sciopero viene esplicitamente respinta come controproducente, sostituendole il ricorso a dati statistici, determinazione, buon senso e disponibilità ad accogliere soluzioni intermedie fondate su una collaborazione tra impresa e lavoro, laddove determinino benefici per i lavoratori. Un modello sindacale, dunque, che, sin dal modo in cui viene presentato, è pensato per poter essere contrapposto a quello comunista e in cui a prevalere non è una visione di antagonismo tra classi, bensì di confronto tra interessi diversi.
L’idea della fabbrica e delle relazioni sindacali statunitensi come laboratori di democrazia torna anche e con maggiore enfasi nel secondo documentario, tra quelli presi in considerazione di taglio prevalentemente illustrativo, ossia “La storia dell’ufficio nazionale dei rapporti di lavoro” <413. Seguendo, infatti, la vicenda di un operaio che acquista gradualmente consapevolezza dell’importanza del ruolo dei sindacati nella tutela dei lavoratori, il filmato illustra le misure e le procedure necessarie per la formazione di un sindacato aziendale negli Stati Uniti, da costituire sotto il controllo arbitrale e oggettivo dell’ufficio nazionale dei rapporti di lavoro. Quest’ultimo, agendo da arbitro super partes, sopraintende alle elezioni sindacali e provvede a eliminare le pratiche illecite sia della direzione, che dei sindacati, garantendo “la pace nella famiglia industriale americana” e quindi “il buon funzionamento di questa grande democrazia industriale”. Anche in questo caso, dunque, l’enfasi è tutta sulla necessaria promozione della pace sociale, da raggiungere in modo democratico, attraverso il dialogo, la disponibilità al compromesso e l’intervento di enti terzi, che fungano da arbitri quanto più possibili oggettivi, nel sistema della contrattazione collettiva.
Più specifico nel tema è, infine, il terzo documentario considerato, tra quelli di taglio informativo, ossia “Programmi ricreativi nelle fabbriche” <414. Il filmato è, infatti, dedicato a illustrare <415 l’organizzazione, su iniziativa dei lavoratori stessi, di una serie di programmi ricreativi in alcune fabbriche della California. In questo caso, dunque, oggetto della rappresentazione non è un modello di relazioni sindacali, quanto piuttosto il lavoratore americano medio, il quale – si dice implicitamente – opera in un contesto positivo, tale da permettergli di promuovere e migliorare le proprie condizioni sia di lavoro, che di vita. I programmi ricreativi sono, infatti, una delle tante iniziative – viene spiegato dal commento – promosse nelle fabbriche americane per favorire, contemporaneamente, da un lato la collaborazione e il senso di cameratismo tra gli operai, e, dall’altro, il morale e l’entusiasmo di ogni singolo lavoratore. Il risultato finale è una maggiore efficienza dei lavoratori (e, quindi, un beneficio anche per gli imprenditori) e un loro maggiore benessere, tale da rendere le condizioni dell’operaio americano invidiabili in tutto il mondo.
Le possibilità di recezione che simili documentari – raffiguranti un mondo, per molti versi, distante anni luce da quello italiano – potevano avere nel mondo operaio italiano sono, tuttavia, da considerarsi limitate, a causa soprattutto di un certo senso di estraneità che tali immagini potevano plausibilmente produrre e che trova, ad esempio, espressione e, almeno in parte, conferma nelle già viste notazioni mosse dal vice-prefetto di Forlì agli uffici dell’USIS. Ben più interessanti, invece, sia dal punto di vista dell’analisi, che da quello della necessità di raggiungere l’operaio medio italiano – abituato a lavorare in un contesto profondamente diverso da quello americano e a ragionare secondo categorie e schemi, frutto di una tradizione di lotta politico-sociale italiana, o, al più, europea – sono quei documentari che non negano la dimensione di una più o meno forte contrapposizione tra le parti, bensì tentano di mostrarne un positivo superamento.
[NOTE]
409 NARA RG59, Department of State, Decimal File, 1950-1954, from 511654/10-251 to 511655/2-2651, box 2470, Restricted, subject: shipment of 12 industrial training films, from Rome, to the Department of State, January 4, 1950.
410 NARA RG59, Department of State, Decimal File, 1950-1954, from 511655/3-251 to 5116741/4-2451, box 2471, Confidential, subject: IE Evaluation – Office of Education Industrial Training Films, from Rome, to the Department of State, April 24, 1951.
411 Ibid.
412 Un sindacato aziendale, pellicola, positivo, 16 mm, 0.26.00 min, b/n, sonoro, 1951, Fondo USIS – Archivio Centrale dello Stato; disponibile online sul portale youtube dell’AAMOD: https://www.youtube.com/watch?v=8V8JLycL3bk (consultato nella primavera del 2015).
413 La storia dell’ufficio nazionale dei rapporti di lavoro, pellicola, positivo, 16 mm, 0.22.00 min, b/n, sonoro, 1950-1955, Fondo USIS – Archivio Centrale dello Stato; disponibile online sul portale youtube dell’AAMOD: https://www.youtube.com/watch?v=Go_nyOr4LCI (consultato nella primavera del 2015).
414 Programmi ricreativi nelle fabbriche, pellicola, positivo, 16 mm, 0.16.30 min, b/n, sonoro, Fondo USIS – Archivio Centrale dello Stato; disponibile online sul portale youtube dell’AAMOD: https://www.youtube.com/watch?v=opHDgJfY-dc (consultato nella primavera del 2015).
415 L’espediente utilizzato è, per altro, quello del film nel film, per cui, il documentario si apre con una riunione del Consiglio esecutivo dell’Associazione internazionale macchinisti, durante la quale viene, per l’appunto, mostrato un filmato sull’avvio dei programmi ricreativi in una fabbrica di Los Angeles.
Giulia Crisanti, Modernizzazione in celluloide. Le politiche d’informazione americane in Italia e il Fondo USIS di Trieste (1941-1966), Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2014-2015