Verso la fine dell’estate 1944 il movimento partigiano parmense intensificò la propria organizzazione interna e le azioni di guerriglia

L’istituzione del Comando Unico (C.U.O.) non solo fu prova di una maggior maturità e sviluppo in seno alle brigate, ma fu anche dimostrazione, come afferma “Nardo” che “i semi di una concreta cooperazione fra brigate e gruppi anche di diversa impostazione politica, erano stati sparsi su terreni fertili […] è tangibile espressione di quella unitarietà di intenti tra le varie forze politiche resistenziali che, maturatasi tra contrasti di tendenze operative e organizzative, trovò pratica attuazione nella istituzione di un organo direttivo dove il giuoco di difficili equilibri si fonde va su un basamento comune e senza crepe”. <30
Comandante per la zona di Parma fu eletto Pablo (Giacomo di Crollalanza), prima Comandante della 31a, Mauri (Primo Savani) fu Commissario Politico e Ottavio (Fernando Cipriani) fu Capo di Stato Maggiore.
Stando alle prime direttive emanate dal Comando Unico, a questo spettò principalmente il compito di coordinamento delle azioni delle brigate e di intervento nelle più importanti questioni, mentre alle brigate venne lasciata molta autonomia, soprattutto nelle operazioni militari. Verso la fine dell’estate il movimento parmense intensificò la propria organizzazione interna e le azioni di guerriglia. Verso settembre vi fu un’altra tappa organizzativa importante per il movimento parmense: date le difficoltà di collegamento tra il Comando Unico Militare Emilia Romagna (aveva sede a Bologna) con città più distanti quali Parma, Reggio e Piacenza, venne istituita una Delegazione del Comando per le province del Nord Emilia, con competenza sulle tre città, tra cui Parma.
Si vedrà poi nel corso dell’elaborato di come le ingerenze del Comando Nord Emilia negli affari parmensi non fossero ben viste dalla zona. All’inizio dell’autunno le brigate erano otto, di cui quattro erano legate al Pci: la 12 a Garibaldi, spostatasi dalla zona di Bardi a quella della Val Parma, la 31a Garibaldi e la 32 a, composta principalmente dal gruppo del Penna, e la 47a. Rimanevano le due brigate Julia, legate alla Dc e due Giustizia e Libertà sotto il partito azionista. A queste si aggiunse anche la Brigata Beretta, facente parte prima del gruppo “Centocroci”.
Si arriva così alla data del 17 ottobre 1944, data che qualsiasi partigiano parmigiano non potrà dimenticare, poiché si compì l’eccidio di Bosco di Corniglio, località dove aveva in quel momento sede il Comando Unico. Per colpa di una spia, l’ex patriota Mario lo Slavo, una colonna di tedeschi e fascisti riuscì a cogliere di sorpresa la sede di comando che non ebbe il tempo di scappare o di organizzare la difesa. Nello scontro trovarono la morte il Comandante Unico Pablo (Giacomo di Crollanza) e Renzi (Gino Menconi), Comandante di Piazza.
Essendo decapitato il comando, il 23 ottobre i rappresentanti delle brigate insieme a due delegati del Comando Nord Emilia procedettero con l’elezione del nuovo Comando, che risultò essere formato da Arta (Giacomo Ferrari) in veste di nuovo Comandante e Poe (prof. Achille Pelizzari) nuovo Commissario, mentre Nardo (Leonardo Tarantini) fu il nuovo Capo di Stato Maggiore. Il caso della nomina del nuovo Comando Unico, per quanto riguarda Parma, costituì una questione particolare di cui ci si soffermerà successivamente nel corso della tesi; in questa sede ci si limiterà a indicare che a novembre si formò uno sdoppiamento del Comando Unico, o meglio una delegazione, operante nella Zona Est della Cisa.
Tale situazione fu una soluzione di compromesso dal momento che, nello stesso periodo in cui i patrioti elessero il nuovo comando, il Comitato di Liberazione Nazionale provinciale, all’oscuro dell’immediata ricostituzione del comando, aveva proceduto alla nomina di un nuovo Comandante Unico, nella persona del colonnello Paolo Ceschi (Gloria) quale comandante e dell’ avv. Primo Savani come commissario di guerra.31 Sempre a novembre risale il famoso proclama emanato dal generale Alexander, comandante delle armate alleate in Italia, il quale invitava i patrioti a cessare temporaneamente la loro attività e in sostanza a tornare a casa, dal momento che le rigide condizioni invernali avrebbero reso molto difficile il rifornimento di armi e viveri e soprattutto gli aviolanci alleati sarebbero stati limitati. Questo proclama venne interpretato da molti, tra i quali Tarantini, come dimostrazione della preoccupazione alleata di fronte allo svilupparsi del movimento partigiano, costituito principalmente da brigate garibaldine e quindi sotto l’influenza comunista. Questo annuncio oltre che avere un effetto demoralizzante sui patrioti, suscitò molto sdegno e dalla maggior parte, venne ignorato.
In quel mese avvenne anche la seconda puntata di rastrellamenti condotta dai tedeschi con lo scopo di garantirsi la transizione sicura nelle retrovie, in vista della ritirata. Fino alla fine del mese le zone colpite furono quelle della Zona Est di Parma e del Piacentino; tra la fine di dicembre e gli inizi di gennaio le truppe tedesche passarono alla zona Ovest di Parma, a Reggio e alla zona Est di Piacenza. “Il rastrellamento colse di sorpresa le formazioni partigiane in una situazione di già grave difficoltà. Ogni brigata quando fu investita dall’operazione tedesca cercò di reagire come poté per rompere l’accerchiamento”. <32
Nonostante la terribile prova, il movimento rimase in piedi e già nei primi giorni di dicembre, “riprendevano le azioni di guerriglia, stimolate da un incontenibile impulso di rivalsa contro le recenti prove di crudeltà offerte dall’invasore”. <33
Il mese di dicembre fu segnato una intensa attività organizzativa di ricostruzione, da parte del C.U.O., che portò alla nascita di due nuove formazioni: la 135 a brigata Garibaldi (sorta da un gruppo della 12 a comandato da Dario) e la 2 a brigata Beretta; vennero anche riorganizzati gli schieramenti e i compiti operativi delle brigate sia di attacco, sia di controllo dei presidi e del territorio.
Il comando e le forze partigiane non fecero in tempo a riprendersi dal precedente rastrellamento che già ai primi giorni di gennaio, “una nuova grande operazione investì la parte occidentale del Parmense, soprattutto le valli vicine al Piacentino. Era l’operazione ‘Totila’, condotta con massiccio impiego di uomini”. <34
Di fronte all’allarme di un nuovo e più duro rastrellamento, le brigate e i comandanti avevano predisposto piani di appostamento; nonostante ciò le formazioni dovettero affrontare operazioni molto dure, come avvenne per la 31a Garibaldi che al Comando di Trasibulo fronteggiò il nemico per tre giorni consecutivi di combattimento prima di sganciarsi. Intanto nella Zona Est della Cisa, proseguì la riorganizzazione interna delle brigate che continuò nel mese di febbraio portando mutamenti nella struttura delle formazioni. <35
Tale opera di ricostruzione fu resa necessaria per una serie di motivi, primo fra tutti perché questa ondata di rastrellamenti determinò lo sbandamento di molte formazioni, in particolare quello della 4a Giustizia e Libertà, che a causa di una crisi politica e per dissensi interni si sciolse. Da questo scioglimento si costituirono la 3a Julia e la Brigata Pablo, indipendente dai partiti. Il secondo motivo che rese necessario la riorganizzazione delle formazioni, fu il fatto che “si presumeva imminente l’inizio di una risolutiva opera offensiva delle armate angloamericane impegnate sulla linea Gotica”; <36 per cui era indispensabile un coordinamento perfetto tra le brigate per poter predisporre l’attacco delle truppe tedesche in ritirata.
Gli stessi tedeschi, in previsione di una loro ritirata, avviarono contatti con gli esponenti del comando parmense per garantirsi la sicurezza nelle retrovie. Di questi accordi il principale responsabile fu Mauri, che come si vedrà nel corso dell’elaborato, proprio per questo verrà accusato di tradimento. Tornando ai mutamenti in seno alle formazioni, la 47a Garibaldi assunse la denominazione di 143a e dato l’elevato numero di uomini che la componevano, il comando si divise in due raggruppamenti: uno della montagna e uno della pianura. La 31a Garibaldi si scisse in due: la 31a Copelli, comandata da Annibale e la 31a Forni al comando di Effe. Anche la 1a Julia subì una scissione, per cui una parte di uomini al comando di Dragotte costituì il “Gruppo d’Azione Val Taro”; infine sorse la 3a brigata Beretta. Tale opera di riorganizzazione terminò nel mese del marzo 1945.
[NOTE]
30 L. Tarantini, Resistenza armata nel parmense, cit. p. 163-165.
31 P. Savani, Antifascismo e guerra di liberazione a Parma, p.165.
32 Una stagione di fuoco, a cura di Centro Studi Movimenti, cit. p. 289.
33 L. Tarantini, La resistenza armata nel parmense, cit. p. 206.
34 Una stagione di fuoco, a cura di Centro Studi Movimenti, cit. p. 291.
35 L. Tarantini, La resistenza armata nel parmense, p.221.
36 Ivi, cit. p. 223.
Costanza Guidetti, La struttura del comando nel movimento resistenziale a Parma, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2017-2018

Nel mese seguente, i fratelli “Beretta” si incontrarono con “Ricchetto”, Federico Salvestri, anch’esso comandante di un gruppo autonomo della Val Vara e decisero di unire i due gruppi in un’unica formazione denominata “Centocroci” con Gino Cacchioli comandante e “Ricchetto” come vice. Il gruppo nei mesi successivi opererà sia nel territorio parmense che in quello ligure compiendo principalmente azioni di sabotaggio e attacco a colonne nazifasciste in transito sul loro territorio.
Durante il rastrellamento del luglio 1944 il Gruppo “Centocroci” si frazionò in due parti: il comandante Gino Cacchioli, “Beretta”, con alcuni uomini fuggì dalla Val Gotra e si stabilì ad Osacca, mentre “Ricchetto” il 25 luglio ricostituì la “Vecchia Centocroci” e si unì alla divisione “Liguria”.
[…] In ottobre la brigata, una volta organizzata, iniziò la fase operativa che consisteva soprattutto in attacchi e sabotaggi ai convogli nemici in transito e alle postazioni fasciste poste lungo la linea ferroviaria Pontremoli- Borgo Taro, importante via di comunicazione per i tedeschi.
Costanza Guidetti, Comando Militare Nord Emilia. Dizionario della Resistenza nell’Emilia Occidentale, Progetto e coordinamento scientifico: Fabrizio Achilli, Marco Minardi, Massimo Storchi, Progetto di ricerca curato dagli Istituti storici della Resistenza di Parma, Piacenza e Reggio Emilia in Rete e realizzato grazie al contributo disposto dalla legge regionale n. 3/2016 “Memoria del Novecento. Promozione e sostegno alle attività di valorizzazione della storia del Novecento”

31a Brigata Garibaldi “Forni”
Come la Brigata Copelli, anche la formazione garibaldina Forni nacque nei primi mesi del 1945, dalla scissione della 31a Brigata Garibaldi in due unità distinte. Il comando della “Forni” fu assunto da Giorgio Lazzari “Effe” insieme al commissario politico Alfredo Corradi “Giuseppe”. La nuova formazione, da subito operativa, era stanziata tra Fidenza e Salsomaggiore.
Numerose furono le azioni condotte negli ultimi mesi di lotta, tra queste ricordiamo l’attacco al presidio nazifascista di Fidenza, 11 marzo 1945, e pochi giorni dopo contro la stazione ferroviaria del paese. Il 20 fu la volta del presidio di Salsomaggiore che venne attaccato. La brigata compì anche molteplici atti di sabotaggio e danneggiamento contro alcune infrastrutture: venne colpita la centrale elettrica di Fidenza e fatti saltare quattro ponti sulla ferrovia Parma-La Spezia e due presso Salsomaggiore e Pellegrino Parmense. Secondo le direttive emesse dal Comando Unico per le operazioni volte alla liberazione la Brigata, agli inizi di aprile, si dispose ad attaccare il presidio di Salsomaggiore, che venne liberato il 12 aprile. Il 25 la brigata procedette all’occupazione di Fidenza e alla sua definitiva liberazione.
31a Brigata Garibaldi “Copelli”
La data di fondazione della 31° Brigata Garibaldi “Copelli” è da collocarsi molto probabilmente nel marzo 1945. Agli inizi del 1945 la brigata aveva raggiunto un numero elevato di uomini, circa 1200, che rese necessaria la scissione della 31a Brigata Garibaldi in due unità differenti: la “Forni” e la “Copelli”, in memoria di Eugenio Copelli, partigiano catturato e ucciso appartenente alle SAP. La 31a Brigata Garibaldi “Copelli” fu comandata da Luigi Rastelli “Annibale” e dal commissario politico Aldo Bernini “Maurizio”. Dopo la scissione, la Brigata Brigata Garibaldi “Copelli” operò principalmente nella bassa Val Taro, tra Medesano e Noceto. Dopo la sua costituzione la formazione fu subito operativa. Tra le principali azioni condotte prima della Liberazione, si ricorda l’attacco del 21 marzo ’45 compiuto da un Distaccamento della brigata contro un autocarro tedesco pieno di uomini nei pressi di Ozzano Taro. L’azione riuscì con successo e procurò al nemico una quindicina di morti e numerosi feriti. Agli inizi di aprile, un reparto della “Copelli” effettuò un duplice attacco al posto di blocco di Ponte Taro e contro il presidio di Fontevivo. Nell’ultima fase di Lotta, secondo gli ordini emanati dal Comando Unico per la Liberazione, la Brigata Garibaldi “Copelli” aveva il compito di eliminare i presidi di Citerna, Selva del Bocchetto e Viazzano. Il 9 aprile i partigiani costrinsero il nemico ad abbandonare definitivamente Solignano. Il 24 la brigata si portò a Noceto, occupandone il centro abitato. L’indomani del 25 aprile, la Copelli iniziò la marcia in direzione di Parma. Tuttavia la Brigata dovette arrestare la discesa e ritornare verso Fornovo, dove prese parte all’azione contro i tedeschi nella famosa “Sacca di Fornovo”.
Costanza Guidetti, Comando Militare Nord Emilia. Dizionario… op. cit.