Con sempre al fianco un radiotelegrafista vengo sbarcato da un sottomarino alle foci del Po

Ferrara, Castello Estense – Fonte: Wikipedia

La dichiarazione di guerra alla Francia (1940) mi apre la mente offuscata dalla retorica fascista, ed ha inizio la mia attività antifascista clandestina anche nell’ambiente militare. Scoperto, insieme ad altri, vengo incarcerato a Ferrara poche settimane prima della caduta del fascismo (25 luglio 1943). Scarcerato con la qualifica di comunista riprendo la lotta politica per la cessazione della guerra. Dopo l’otto settembre, l’indecisione tra i partiti di iniziare la lotta armata per la sconfitta definitiva e la cacciata dell’invasore tedesco, mi fa decidere, insieme ad altri sei amici di partire in bicicletta per raggiungere le truppe alleate e unirci a loro per riscattare la nostra Patria dal fango fascista. Raggiungiamo Bari, poi Napoli, da poco liberata e con altri venti antifascisti, alla testa dei quali era Raimondo Craveri e l’appoggio di Benedetto Croce, costituiamo l’ORI (Organizzazione della Resistenza Italiana) che a sua volta viene accolta dall’O.S.S. (Servizio Segreto Americano) e dopo un accelerato corso di formazione divento agente del servizio strategico americano e ufficiale di collegamento tra l’esercito alleato e le formazioni partigiane del nord. Durante i venti mesi della Resistenza svolgo quattro missioni in territorio nemico. Con sempre al fianco un radiotelegrafista vengo sbarcato da un sottomarino alle foci del Po. In seguito sono paracadutato in Toscana. La terza volta attraverso la linea tedesca sull’appennino bolognese e la quarta volta vengo paracadutato al Lago del Mortirolo dove finisco la guerra il primo maggio 1945. Ennio Tassinari su Patria Indipendente,  23 luglio 2006

[…] fu costituita una Sezione OSS-SIM presso il Governo Badoglio con a capo il Maggiore Bourgoin, un americano di origine francese che odiava gli italiani. Il SIM (Servizio Informazioni Militari) era sempre lo stesso del Governo fascista e i suoi agenti erano stati scelti certamente da fascisti. Per la precisione vi erano stati arruolati anche alcuni antifascisti. Proviamo quindi ad immaginare le conseguenze anche drammatiche di questo miscuglio. Bene fece Craveri che tenne severamente lontano i suoi uomini dell’ORI da queste pericolose trappole […] la fine di due miei compagni dell’ORI, Antonio Chiarioni e Giuseppe Alietti, accompagnati al fronte nei pressi di Prato dal tenente Icardi della squadra “Prichlypear” (fico d’India), per penetrare nelle linee nemiche (Linea Gotica) la sera del 3 settembre 1944 […] Io stesso rientrato attraverso la Gotica dalla mia prima missione appresi la sera del 3 settembre dal Capitano Clementi questa pazzia e la mattina del 4 mi precipitai a Prato raggiungendo in centro, in pieno combattimento, il capo dei partigiani preoccupato per il mancato rientro della guida fornita ai miei due compagni. Da allora sono dispersi. Conoscevo perfettamente l’impossibilità di penetrare quella linea al punto che, pochi giorni dopo, mi fu proposto di ritornare in missione attraversando a piedi il fronte perché gli aerei in dotazione erano impegnati, e parecchi persi, al ghetto di Varsavia. Mi rifiutai e, pochi giorni dopo, predisposero l’aereo per paracadutarmi con il mio R.T. alle Alpi Tre Potenze. Ho voluto precisare questo episodio, narrato nel libro [Max Corvo, La campagna d’Italia dei servizi segreti americani 1942-1945, Libreria Editrice Goriziana, 2006] come uno dei tanti casi di faciloneria nel disporre della vita dei volontari, che è specchio del caos generato dai vari dirigenti dell’OSS Italia. Corvo racconta delle missioni a Roma per collaborare alla Liberazione, formate dai vari Servizi in lotta fra loro, e di cui ancora non si conoscono le esatte drammatiche conseguenze. Peter Tompkins nel suo libro (Una spia a Roma) contesta parecchie cose a Corvo. Si legge abbastanza nei dettagli delle due missioni che egli aveva inviato, la Mangosteen e la Chrysler, formate da americani e guidate da Tullio Lussi (Landi) dell’ORI, per metterli in contatto con Enzo Boeri dell’ORI che dirigeva a Milano il collegamento tra il Comando Generale del CVL e gli alleati, per ottenere il contatto diretto tra OSS americano e CVL. Purtroppo a coordinare le due missioni fu messo il Maggiore [William] Bill Holohan che appena giunto dichiarò guerra ai partigiani garibaldini impedendo qualsiasi rifornimento diretto a loro e pretendendo anche di disarmarli. A nulla valse anche l’intervento di Parri per dissuaderlo e di conseguenza [l’aereo] fu trovato in fondo al lago d’Orte, mentre le due missioni continuarono l’attività. Una attenta lettura del testo fa capire la discriminazione subita dai partigiani Garibaldini, rispetto alle altre formazioni partigiane, che è motivo delle loro giuste lamentele per il fatto di rimanere senza armi e munizioni, divenendo perciò facile la fine della guerra, come Max Corvo racconta, gli alleati allentarono questa discriminazione. Si legge anche della funzione che ebbe il Vaticano durante la guerra: fu rifugio di ebrei, antifascisti ed ex prigionieri di guerra alleati. Quando la città cadde in mano agli alleati, furono tedeschi e fascisti a trovare rifugio in Vaticano, compreso il Generale Carbone, capo del SIM e incaricato della difesa di Roma, portato poi davanti alla Corte Marziale e, da ultimo, assolto da ogni colpa. Ennio Tassinari su Patria Indipendente,  18 febbraio 2007

[…] Con la caduta del fascismo il 25 luglio del 1943, [Ennio Tassinari] venne liberato dalle carceri di Ferrara ed il 19 settembre partì con pochi compagni, per il lungo viaggio in bicicletta verso il sud Italia che lo portò incontro all’esercito alleato. Sarà l’inizio della sua esperienza di combattente per la Libertà, partigiano comunista e contemporaneamente agente del Servizio Segreto Militare Americano con difficilissimi compiti di ufficiale di collegamento, organizzatore
della guerriglia e sabotatore dietro le linee nemiche. Entrò nell’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana), poche decine di uomini che ricevettero dall’OSS USA un addestramento da agenti speciali incursori.
Il miglior modo per descrivere l’ORI è citando Ferruccio Parri, capo del CVL (Corpo Volontari della Libertà): “Assicurò il servizio di informazione, il servizio di rifornimento di armi, di munizioni e di equipaggiamento ai partigiani, assumendo poi la direzione dei servizi essenziali del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà”.
Ennio compì quattro missioni: nella prima venne sbarcato da un sommergibile alle foci del Po per poi arrivare a Bologna ed entrare in contatto con i partigiani operanti in città, dove rimase un certo periodo coordinando importanti azioni di guerriglia. In seguito raggiunse la montagna modenese dove operò con i partigiani della divisione Modena Armando, da qui raggiunse la città di Lucca ancora occupata dai tedeschi dove, con l’aiuto degli antifascisti locali, riuscì a trafugare i disegni della Linea Gotica ed a consegnarli al comando Alleato. Nell’autunno del 1944, quando gli Alleati dopo l’ordine del generale Alexander sospesero l’avanzata, venne paracadutato sull’Appennino Tosco Emiliano, con l’ordine dal Comando Alleato di fermare i partigiani che operavano in zona e si stavano organizzando per scendere in pianura per la liberazione di Bologna, per evitare il probabile annientamento delle truppe partigiane. Poco dopo in collaborazione con il comandante “Armando” Mario Ricci, riuscì, per la prima volta nella storia della Campagna d’Italia, ad ottenere dal Comando Alleato che truppe partigiane combattessero al fronte a fianco delle truppe regolari Alleate, invece che essere disarmati ed inviati nelle retrovie come accadeva di solito. Finì la guerra al Passo del Mortirolo, sulle Alpi lombarde combattendo con le Fiamme Verdi […]
Giuliano Zanaglia, Ci ha lasciato lo scorso febbraio Ennio Tassinari, l’Agente speciale della Resistenza, Resistenza & Antifascismo Oggi, ANPI Modena, 10 Aprile 2013

Ennio Pistoi nacque a Roma il 20 maggio 1920 da una famiglia di origini toscane. Sette anni più tardi si trasferì a Torino con il padre Silvio, ferroviere, la madre Concetta e i fratelli Luciano e Mario. Arruolato nel 1941 con il grado di sotto-tenente, fu ufficiale di complemento a Trieste e poi in Croazia. Nel settembre 1942 partì per la Russia, di istanza a Rossos a pochi chilometri dal Don. Quando le truppe russe sfondarono il fronte, Pistoi dovette affrontare ventidue giorni di marcia nel gelo, culminati nella battaglia di Nikolaevka. Sopravvissuto alla ritirata del Don, rientrò in patria il 15 giugno 1943. Dopo l’8 settembre aderì subito alla Resistenza, partecipando all’organizzazione della prima formazione partigiana “Valle di Lanzo”. Il 19 settembre 1944 progettò e condusse insieme ad altri cinque compagni la rischiosa liberazione di oltre 100 detenuti politici destinati alla deportazione in Germania dal carcere militare di via Ormea a Torino. Il successo dell’operazione, reso possibile anche grazie all’apporto di una guardia infiltrata, costò a Pistoi l’arresto e l’incarcerazione alle Carceri Nuove il giorno seguente. Nei lunghi giorni della detenzione riuscì a mantenere i contatti con la famiglia grazie all’aiuto di Padre Ezio Sommadossi, cappellano del carcere di lì a breve allontanato per i suoi legami con i detenuti politici, e fu confortato dalle numerose lettere della moglie Irma, dalla quale apprese la notizia della nascita del loro primo genito Silvio il 22 novembre 1944. Il giorno di Natale del 1944 Pistoi e il suo amico e compagno di cella Giovanni Travain vengono scarcerati. Ma per Ennio la libertà dura poco, infatti dopo tre giorni viene arrestato a casa sua da alcuni uomini della Decima MAS e condotto alla Caserma Monte Grappa di corso IV Novembre. Fermato senza un’apparente motivazione, rimase in carcere sino al 14 gennaio seguente senza subire particolari maltrattamenti, ma assistette alle torture inflitte agli altri prigionieri. Appena liberato Ennio riprese subito i collegamenti con il S.I.M.N.I. (Servizio Informazioni Militari del Nord Italia), divenendo il responsabile per il Piemonte della missione americana “Chrysler”, finalizzata alla creazione di una rete informativa radiofonica con ricevitori nascosti nei campanili di alcune chiese. Con la falsa copertura di addetto all’Ufficio contabilità della Sezione Fonderia Ghisa della Fiat, dal gennaio 1945 Ennio coordinò l’azione di 40 patrioti alle sue direttive, occupandosi tra le altre cose di organizzare lanci di armi per i partigiani della vallate da parte di aerei alleati e di dare informazioni via radio sugli spostamenti e il numero delle truppe tedesche per la salvaguardia in particolare degli insediamenti industriali. Nella primavera 1945, inoltre, si adoperò come informatore degli Alleati in merito al piano di fuga di Alois Schmidt, capitano delle SS in Torino. L’8 aprile fu arrestato per la terza volta dalle SS tedesche e condotto nel 1° braccio delle Carceri Nuove, dove fu sottoposto a un duro isolamento insieme a molti altri prigionieri politici catturati dai tedeschi nei giorni prossimi alla Liberazione. Durante la detenzione fu condotto all’Albergo Nazionale, in v. Roma 254, e interrogato più volte dalla Gestapo sulla sua attività di controspionaggio. Nonostante la costante minaccia di essere torturato, Ennio non rivelò mai nulla della sua attività clandestina e il 22 aprile venne destinato alla fucilazione. Lo stesso giorno però giunse la notizia dell’occupazione di Verona da parte degli Alleati e l’esecuzione fu sospesa, in quanto la fine del conflitto appariva ormai vicina anche alle SS.
Nei giorni successivi, con la Liberazione della città, le sorti degli ultimi detenuti rimasti in carcere si decisero grazie alle trattative aperte dal card. Maurilio Fossati e le ultime autorità tedesche rimaste a Torino. Il presule, infatti, dando l’assicurazione che i partigiani avrebbero lasciato uscire dalla città alcuni reparti tedeschi, ottenne in cambio la liberazione dei prigionieri del 1° braccio il 27 aprile.
Nel secondo Dopoguerra insieme ad Aldo Pedussia e Valdo Fusi fu uno degli animatori della Democrazia Cristiana a Torino, di cui divenne il primo segretario a soli 26 anni. Verso la fine degli anni Cinquanta si ritirò dalla vita politica per dedicarsi unicamente alla famiglia e al lavoro. Trascorre 25 anni alla Bertello di Borgo San Dalmazzo, contribuendo allo sviluppo dell’azienda come direttore commerciale. La volontà di essere testimone della Resistenza non lo abbandonò mai. Fu Presidente del Centro Studi Giorgio Catti e dell’Associazione Partigiani Cristiani, sezione provinciale di Torino, dedicandosi in particolare ai giovani delle scuole, che più volte scelse di incontrare in classe e nei luoghi della memoria per testimoniare i valori ideali della Resistenza. Nel 1997 diede alle stampe un volume di memorie dal titolo Nonno Ennio racconta – perché parlare di resistenza ai giovani. Il 25 aprile 2003 ricevette la Cittadinanza onoraria di Borgo San Dalmazzo. Morì il 5 febbraio 2009.
Paola Lottero e Andrea Maria Ludovici, Inventario, Archivio Centro Studi “Giorgio Catti” di Torino (1849-2009), Archivio Arcivescovile di Torino, Sezione storica, Culturale Cooperativa, marzo 2017

[…] una parte degli uomini che erano stati raccolti da Pavone, furono rilevati da Craveri per l’ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana), che egli reclutò per l’OSS ( Office of Strategic Services) dopo essere stato avvicinato a Capri nel settembre dal generale Donovan. Lo aiutava nell’impresa uno scienziato napoletano, il dottor Enzo Boeri, le cui simpatie politiche (come quelle di Craveri) oscillavano fra il PDA e il PLI. Donato Peccerillo in ANPI Brindisi

Intanto le missioni sbarcate alla foce del Reno continuavano la loro attività, fornendo informazioni e organizzando l’arrivo di rifornimenti e il trasferimento al Sud di alti ufficiali ex prigionieri (per questo, Farneti si collegò tramite radio Zella direttamente con il quartier generale dalla A-Force, a Brindisi). Oltre all’aviolancio fu organizzato l’invio di materiale e di tre uomini di una missione con il solito sommergibile Platino che, nella notte fra il 25 e il 26 giugno [1944] alla foce del Reno, dieci miglia a levante di Porto Garibaldi, sbarcò una parte del materiale, non tutto, perché la barca inviata dai partigiani era troppo piccola, Tonino Spazzoli con due radio e Pasquale Recapito, il secondo di Tassinari, con il nuovo operatore Italo Turco, il Turco, con una radio da trasferire nella zona di Bologna. Uno degli occupanti la piccola barca a vela trasbordò sul sommergibile.
Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale, Anno XXIX, 2015, Editore Ministero della Difesa

Ennio Tassinari, ex partigiano ed agente dell’Oss, il servizio segreto americano. Originario di Sant’Alberto di Ravenna, dove nasce nel 1921, inizia a lavorare e nel 1940 entra nel movimento antifascista. Dopo l’8 settembre 1943 con alcuni amici raggiunge in bicicletta gli alleati a Napoli, dove partecipa alla costituzione dell’Organizzazione Resistenza Italiana, voluta da Raimondo Craveri e dal filosofo Benedetto Croce, che verrà poi inquadrata nell’Oss. Addestrato allo spionaggio e alla guerriglia viene inviato varie volte in missione nell’Italia occupata. Svolge un ruolo fondamentale prima nell’impedire la discesa su Bologna delle brigate partigiane modenesi, informandoli della sospensione dell’avanzata alleata, e poi per ottenere che i partigiani che hanno passato le linee siano smobilitati ma piuttosto utilizzati in linea con gli alleati: nasce così la divisione Modena Armando, schierata a Lizzano in Belvedere.
Ennio Tassinari ha mantenuto un forte legame con il modenese, con Fanano (dove ha ottenuto nel 2011 la cittadinanza onoraria) e con l’Istituto storico di Modena, del quale era socio. Proprio recentemente l’Istituto ha pubblicato una sua lunga intervista nel volume di Davide Angeli e Marco Minardi, La guerra sulla pelle. Servizi segreti, Alleati e Resistenza nel racconto dell’agente ORI – OSS Ennio Tassinari, Milano, Edizioni Unicopli 2012.
Comune di Modena