I partigiani di radio Zella

Antonio Farneti – Fonte: Historia Faentina

In quei giorni, nell’Italia meridionale liberata dagli anglo americani, si viveva un notevole fermento. […] Gli inglesi impiegavano in Italia il SOE (Special Operation Executive). Gli americani utilizzavano una struttura denominata OSS (Office of Strategic Services). Mentre gli inglesi operavano già da tempo nel nostro Paese, l’OSS americano era di più recente costituzione ed aveva pochi contatti con i vertici politici e militari italiani e con i fuoriusciti antifascisti. A capo della sezione italiana era un giovane ufficiale di origine italiana, Massimo (Max) Corvo, che provvide a reclutare altri oriundi italiani, tra i quali Vincent Scamporino, un giovane avvocato di origine siciliana, che divenne il vice responsabile per le operazioni nell’area del mediterraneo. Vi furono sempre delle difficoltà nei rapporti tra i due servizi alleati. Nei primi giorni di settembre del 1943, sulla costiera amalfitana, avvenne l’incontro tra l’avvocato piemontese Raimondo Craveri e gli uomini dell’OSS. Craveri, che aveva sposato la figlia di Benedetto Croce, era stato uno dei fondatori del Partito d’Azione e stava cercando di prendere contatto con gli Alleati per illustrare la situazione politica nella capitale e per contribuire alla guerra di liberazione. Tra Craveri e l’agente americano Peter Tompkins, un giovane giornalista americano del New York Herald Tribune, che conosceva bene le vicende politiche italiane, nacque subito una notevole simpatia, che facilitò il lavoro che dovevano compiere. L’idea che circolava in quei giorni era di costituire il Corpo Volontari Italiani, affidandone il comando al generale Pavone, ma il progetto non decollò per le incomprensioni con gli alti vertici militari italiani. Questo progetto fu successivamente modificato e portò alla costituzione del Primo Raggruppamento Motorizzato, il primo reparto militare italiano che iniziò a combattere a fianco degli Alleati contro i tedeschi. L’intraprendenza di Craveri, che cercava di creare una struttura che potesse operare subito per la liberazione del Paese, portò all’idea di costituire gruppi di volontari italiani, che, opportunamente addestrati, potessero essere inviati nell’Italia occupata per raccogliere informazioni militari e politiche, ricevendo in cambio rifornimenti di armi e materiali per i reparti partigiani. Attorno alla figura carismatica di Craveri si stava raccogliendo un gruppo di giovani antifascisti disposti a partecipare a questo tipo di operazioni. Tra di loro c’erano alcuni antifascisti romagnoli, prevalentemente di ispirazione repubblicana e azionista, che, dopo l’8 settembre, avevano deciso di raggiungere l’Italia meridionale per contribuire fattivamente alla liberazione del Paese. Partiti in bicicletta diretti verso il Sud e attraversate le linee tedesche nei pressi di Termoli, avevano raggiunto la Puglia e, successivamente, Napoli. Delusi dal fallimento dei tentativi di ricostituzione di reparti combattenti italiani sotto il controllo della vecchia gerarchia militare, incontrarono il gruppo di Craveri e decisero di collaborare al progetto di costituzione dell’ORI. L’ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana) nacque ufficialmente il 15 novembre 1943, quando i 37 volontari che la fondarono ne sottoscrissero lo statuto. L’addestramento iniziò subito nella villa di Pozzuoli, dove aveva sede l’ORI, e in Algeria. Gli uomini furono addestrati alle tecniche di sabotaggio, all’uso di apparecchiature radiotelegrafiche, alla raccolta e gestione delle informazioni e al lancio con il paracadute. Le operazioni dovevano avvenire con gruppi di tre o quattro uomini che dovevano essere infiltrati oltre le linee tedesche o tramite lancio col paracadute o sbarco da sommergibili. Ogni gruppo disponeva di una radio ricetrasmittente per mantenere i contatti con la base dell’ OSS. Alla fine di gennaio del 1944, alcuni gruppi erano pronti ad operare. La prima partenza avvenne il 17 febbraio, quando tre team furono portati a Brindisi e imbarcati sul sommergibile Platino. Due gruppi dovevano essere sbarcati in Romagna per operare nella zona Ferrara – Ravenna – Rimini e nell’Appennino romagnolo, un terzo gruppo doveva essere sbarcato alla foce del Brenta per operare in Veneto. I nomi in codice dei gruppi erano “Elvira”, “Zella”, “Bianchi”. II gruppo “Elvira” era formato dai ravennati Matteo Savelli (Arcangeli), Giorgio Roncucci e dal radiotelegrafista Luigi Cima. “Zella” era costituito da Antonio Farneti (Roberti) e Celso Minardi, ambedue ravennati, e dal radiotelegrafista sardo Andrea Grimaldi (Zanco). II team “Bianchi” era composto da Bianchi, dal faentino Domenico Montevecchi (Musmeci) e dal radiotelegrafista Mario. Questa squadra doveva essere sbarcata per prima, alla foce del Brenta, ma, a causa del cattivo tempo, si preferì effettuare lo sbarco in una zona più riparata nei pressi di Parenzo in Istria. Mentre il gruppo cercava di raggiungere la zona di operazioni che gli era stata assegnata, fu catturato dai tedeschi. Gli uomini furono imprigionati a Verona e torturati perché rivelassero gli scopi della loro missione. Bianchi si suicidò e Montevecchi fu fucilato a Bolzano il 12 settembre 1944. I due gruppi diretti in Romagna dovevano essere sbarcati nella zona di Porto Garibaldi, ma, per un errore del comandante del sommergibile, furono sbarcati circa 15 chilometri più a nord. Credendo di essere arrivati a terra, Farneti e i suoi uomini avevano tagliato il canotto per nasconderlo meglio. Solo dopo si resero conto di non essere sbarcati sulla terraferma ma su un banco di sabbia. Per loro fortuna sbarcò li anche il gruppo di Arcangeli, cosi poterono utilizzare il loro canotto per raggiungere la riva. La cosa fu molto difficile in quanto il piccolo canotto non era adatto a portare sei uomini, due valige con le radio e i bagagli. Bagnati e intirizziti dal freddo raggiunsero un casa di contadini, dove ottennero accoglienza spacciandosi per militari italiani fuggiti dalla Jugoslavia. Parlando con gli abitanti della casa, si accorsero di non essere stati sbarcati nella zona di Porto Garibaldi, ma alle foci del Po di Goro. Ritenendo che fosse molto pericoloso raggiungere Ravenna via terra, dopo alcuni giorni si fecero accompagnare da un pescatore con una barca e, dopo avere risalito il fiume Reno, raggiunsero una fattoria nella pineta ravennate. I due gruppi si divisero. Il team guidato da Arcangeli ebbe problemi con la radio, che non entrò mai in funzione e fu trovata dopo una decina di giorni dai tedeschi durante un rastrellamento. II team “Zella”, guidato in maniera determinata da Farneti, ebbe miglior sorte. Farneti, arrivato a Ravenna, prese contato con gli antifascisti locali, in particolare i repubblicani che conosceva meglio e che lo aiutarono a nascondere la radio. L’8 marzo 1944 Farneti, aiutato da un dirigente repubblicano, Laudon Gaudenzi, trasferì la radio a Lugo presso la casa di Enrico Blosi. Poi, presso la casa di Luigi Poggiali sotto l’argine del Senio, il giorno 19 fu trasmesso il primo messaggio. Enzo Casadio e Massimo Valli in Historia Faentina

Il 16 febbraio 1944 le prime tre squadre reclutate dall’ORI e addestrate dall’O.S.S. erano pronte a imbarcare sul sommergibile Platino per infiltrarsi nel Nord Italia e appurare quali danni si potessero infliggere alla Linea Gotica, ancora in costruzione. Si trattava delle missioni Raisin, Banana e Lemon, oltre a una missione del S.I.M./O.S.S. di Bourgoin. (119) Le prime due dovevano essere sbarcate poco a nord di Ravenna, nei pressi di Porto Garibaldi, per operare nell’Emilia Romagna; Lemon doveva sbarcare a Cortellazzo e operare a Venezia. I nove componenti, lasciata Ostuni, imbarcarono a Brindisi sul sommergibile Platino assieme all’ufficiale dell’O.S.S. addetto allo sbarco, sergente Peter C. Durante (Pete, che in effetti gli americani facevano passare per un ufficiale). Per la violenza del mare non fu possibile sbarcare la missione Lemon nel punto prescelto; il comandante Patrelli propose, allora, di portarla sulla costa istriana, tra Cittanova e Parenzo, e qui lo sbarco avvenne nella notte fra il 20 e il 21. Il sommergibile, quindi, riattraversò l’Adriatico e si portò nei pressi di Porto Garibaldi, alla foce del Reno, ove, con due battellini di gomma, furono sbarcate le altre due missioni (sei operatori) in condizioni di mare e di tempo quasi proibitive. Al limite del collasso i sei uomini giunsero a terra. Dopo numerose peripezie le squadre si divisero: Raisin coprì l’area Ravenna-Rimini, Banana quella Faenza-Forlì. Sorsero, poi, problemi di impiego della radio e, al 15 marzo, nessun collegamento con la base era stato ancora attuato. Fu deciso l’invio di altre missioni, la Medlar e la Prune, complessivamente quattro operatori,(120) con lo stesso sommergibile che, durante la navigazione, fu scortato da una sezione di due MAS con funzioni anti sommergibile. A bordo vi sarebbero state anche due squadre SO (Special Operations) per complessive sette persone; queste furono regolarmente sbarcate nelle prime ore del 21 marzo alla foce del Reno. (121). Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale – Anno XXIX – 2015, Editore Ministero della Difesa <(119) Le missioni erano formate, ciascuna, da tre uomini: comandante, assistente e operatore radiotelegrafista, con relativa radio. – Raisin: Farneti, Minardi, Zanco; quest’ultimo fu catturato durante le operazioni di controguerriglia
fasciste dell’estate 1944 e fu fucilato a Bologna il 22 agosto; – Banana: Savelli, Roncucci; – Lemon: Montevecchi e [?]; la missione fu probabilmente catturata al suo arrivo nella zona d’operazioni e i componenti furono fucilati.
(120) In effetti lo sbarco avvenne a una decina di chilometri dal punto previsto. – Medlar (radio Aurora): Ennio Tassinari, Pasquale Recapito e il radiotelegrafista Paolo Ventura; – Prune: Paride Baccarini, Franco, capitano Antonio (o Giuseppe o Francesco) Fiorentino, sergente radiotelegrafista Domenico Fogliani, l’operatore radio Aldo Donati. Furono catturati dopo lo sbarco da uomini della X MAS. Fiorentino e Fogliani furono fucilati, successivamente, nel campo di prigionia di Bolzano. Donati fu poi passato ai tedeschi e doveva essere fucilato a Verona. Fu in seguito liberato e costretto, sotto la minaccia di gravi rappresaglie contro la famiglia, a collaborare. Baccarini fu tenuto per impiegarlo come agente doppio; le SS, per ordine dell’obergruppenführer Karl Wolff, capo di tutte le forze di sicurezza in Italia, proposero a Baccarini di lavorare per loro per neutralizzare le rete ORI. Questi fece finta di accettare e riuscì a prendere contatto, discretamente, con operatori dell’ORI, avendo notizie sulle varie radio; venne così a sapere che la radio di Sirotti era stata catturata dalla GNR e che Sirotti si manteneva nascosto. Successivamente Baccarini, in divisa da SS e con un loro automezzo, si portò verso il fronte, che raggiunse a Poggio Mirteto, e riuscì ad attraversare le linee a piedi rientrando a Brindisi, dove riferì tutto all’ufficiale responsabile dell’O.S.S., Max Corvo. Baccarini, in seguito, fu impiegato come ufficiale dei Servizi Segreti della 28a Brigata Garibaldi.
(121) Erano missioni condotte da appartenenti a reparti regolari impegnati in compiti di sabotaggio e rifornimento armi. Non avevano compiti informativi.
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In quei giorni Farneti incontrò il notaio faentino Virgilio Neri e suo cugino, Bruno Neri. Con loro studiò un piano per riorganizzare le bande partigiane che operavano nella zona e per creare una rete di raccolta di informazioni sulle fortificazioni e sui movimenti delle truppe tedesche da trasmettere al comando dell’OSS. Da Lugo, il 16 aprile, la radio fu trasportata nella villa del notaio Neri a Rivalta, sulla via che da Faenza porta a Modigliana. Sistemata nella chiesetta della villa, la radio operò quasi quotidianamente. Tramite le conoscenze del dott. Neri, che aveva costituito una rete di informatori in tutto il nord Italia, furono raccolte importanti notizie che venivano subito trasmesse al Sud. A Faenza Farneti incontrò Vittorio Bellenghi, Vincenzo Lega e Tonino Spazzoli. Tramite quest’ultimo venne in contatto con un gruppo di ufficiali inglesi, tra cui cinque generali, che, prigionieri di guerra in Italia, erano fuggiti dopo l’8 settembre e, dopo una serie di spostamenti, erano giunti sull’Appennino forlivese, dove, assistiti dai partigiani locali, cercavano il modo per raggiungere il Sud. Grazie ai contatti tenuti con la radio, fu possibile organizzare l’evacuazione via mare del gruppo di ufficiali inglesi. La struttura che ruotava attorno a radio Zella era composta da Antonio Farneti, Virgilio Neri, Bruno Neri, Vittorio Bellenghi, Tonino Spazzoli, Vincenzo Lega e Claudio Silimbani. Spazzoli, Silimbani e Lega si occupavano della raccolta delle informazioni e dei collegamenti; Virgilio e Bruno Neri e Vittorio Bellenghi si occupavano dell’organizzazione delle bande e della gestione degli aviolanci. Per potere dare una maggiore consistenza alle bande di partigiane che agivano sull’Appenino faentino era indispensabile fare arrivare rifornimenti di armi e materiali. Fu cosi organizzato un aviolancio che doveva avere luogo alla fine di maggio del 1944, nella zona del monte Faggiola, dove operava una formazione partigiana della Brigata Garibaldi. Tramite la radio fu richiesto l’aviolancio. Poiché nei giorni indicati la zona del Faggiola era sottoposta ad un rastrellamento da parte dei tedeschi, si decise di effettuarlo in un’altra zona […] Enzo Casadio e Massimo Valli in Historia Faentina

Il successo dei partigiani fu in gran parte merito delle armi e dei rifornimenti paracadutati dal SOE (British Special Operations Executive) e dall’OSS e dell’efficacia della rete di spionaggio messa in atto dagli uomini della Resistenza in contatto costante via radio col quartier generale della 15a Armata.  L’intercettazione dei segnali tedeschi e la decodifica fatta dall’ULTRA a Bletchley Park in Inghilterra furono molto importanti nell’assicurare la vittoria finale, e tuttavia si è sempre dato poco riconoscimento alla gran mole di informazioni dettagliate raccolte e rapidamente trasmesse dagli informatori partigiani in Italia. Strategicamente l’ULTRA è stata probabilmente risolutiva, ma tatticamente le sue informazioni arrivavano molto più lentamente là dove ce n’era bisogno rispetto alle segnalazioni degli agenti segreti.
Durante le battaglie cruciali di Anzio a gennaio e febbraio 1944, ad esempio, le segnalazioni ufficiali dell’ULTRA che informavano sui piani di Hitler e sugli attacchi del feldmaresciallo Albert Kesselring sarebbero arrivate al quartier generale degli Alleati a Caserta addirittura tre giorni dopo che gli attacchi si erano verificati. Invece  informazioni molto precise, raccolte dai partigiani proprio nel quartier generale stesso di Kesselring, furono inviate via radio anche cinque volte al giorno dalla radio OSS segreta di Roma e ricevute contemporaneamente a Caserta e presso le teste di ponte in tempo per respingere quegli attacchi. 
Dopo la liberazione di Roma, quando Kesselring si ritirò sulle linee di difesa in montagna lungo l’Appennino da Carrara, sul Tirreno, a Rimini, sull’Adriatico – barriera nota come Linea Gotica – le attività di spionaggio divennero una priorità per il Generale Sir Harold Alexander che si preparava a lanciare un attacco a quelle linee di difesa. Il Generale Mark Clark, la cui 5a Armata avrebbe avuto il compito di sfondare nelle roccaforti di Kesselring, spinse i partigiani operanti più a nord ad incrementare le loro attività. Per organizzare queste operazioni, l’OSS fece infiltrare agenti partigiani italiani dietro le linee tedesche. Li portavano coi sottomarini e li facevano sbarcare alla foce del Po sull’Adriatico.  Un agente, il ventenne Mino Farneti, installò una radio segreta ai piedi degli Appennini a sud di Ravenna, la sua città natale. Da lì organizzava lanci di armi alle postazioni in montagna di gruppi crescenti di partigiani, consentendo loro di attaccare i tedeschi da dietro le loro linee ed anche a Ravenna e in altre città della bassa. Centro di documentazione sulla guerra di Liberazione Casola Val Senio

Intanto le missioni sbarcate alla foce del Reno continuavano la loro attività, fornendo informazioni e organizzando l’arrivo di rifornimenti e il trasferimento al Sud di alti ufficiali ex prigionieri (per questo, Farneti si collegò tramite radio Zella direttamente con il quartier generale dalla A-Force, a Brindisi). Oltre all’aviolancio fu organizzato l’invio di materiale e di tre uomini di una missione con il solito sommergibile Platino che, nella notte fra il 25 e il 26 giugno alla foce del Reno, dieci miglia a levante di Porto Garibaldi, sbarcò una parte del materiale, non tutto, perché la barca inviata dai partigiani era troppo piccola, Tonino Spazzoli con due radio e Pasquale Recapito, il secondo di Tassinari, con il nuovo operatore Italo Turco, il Turco, con una radio da trasferire nella zona di Bologna. Uno degli occupanti la piccola barca a vela trasbordò sul sommergibile. Fu fatto anche un tentativo di inviare al Sud, con un MAS, un informatore con le importanti notizie raccolte sull’organizzazione della Linea Gotica, ma, per sopravvenute complicazioni, l’incontro non avvenne e il MAS, la notte sul 18 luglio sbarcò solo una missione. Giuliano Manzari, Op. cit.

Il lancio di rifornimenti previsto per la metà di luglio avvenne lo stesso regolarmente nella zona del Monte Lavane il 17 di luglio e il materiale fu raccolto dalla banda di Corbari, con il quale Virgilio Neri era da tempo in contatto. A seguito dell’uccisione di Bruno Neri, fu anche deciso la spostamento della radio poiché la villa di Rivalta non era più ritenuta un posto sicuro, in quanto vi era sfollata la sua famiglia, ed era probabile che potesse esserci una perquisizione da parte dei tedeschi. La valigia con la radio fu spostata a Pieve Cesato nella casa di Pietro Fabbri, che collaborava già con il gruppo dell’ORI, dalla staffetta partigiana Rina Zaccaria, fidanzata di Farneti, con un lungo giro in bicicletta. Qui risiedeva anche il radiotelegrafista Zanco, che quotidianamente inviava e riceveva dei messaggi. II 28 luglio, arrivarono alla casa alcuni militari tedeschi che cercavano un luogo per sistemare delle cucine da campo. Il radiotelegrafista, seduto all’aperto sotto un pergolato, era intento a preparare messaggi da inviare. Inspiegabilmente continuò il suo lavoro, e, quando i tedeschi gli si avvicinarono, tentò di nascondere i cifrari e di fuggire attirando la loro attenzione. Scoperto, fu portato al comando tedesco e picchiato per farlo parlare. Fu individuate anche il nascondiglio della radio. Nei giorni immediatamente successivi, Pietro Fabbri, che non era in casa al momento dell’arresto di Zanco, si presentò spontaneamente alla Gestapo per salvare i suoi familiari, che erano in mano ai tedeschi. Tradotto nelle carceri di Forlì, vi fu fucilato l’8 agosto. Il 31 luglio, nella parrocchia di Villafranca, Farneti si incontrò con gli altri del gruppo e fu deciso di disperdersi per non essere arrestati, nei timore che il radiotelegrafista sotto tortura avesse rivelato i nomi dei compagni. Nei giorni seguenti vennero presi, per una serie di sfortunate coincidenze, Vincenzo Lega e Tonino Spazzoli, poi fucilati. Virgilio Neri andò a Milano per prendere contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale. Catturato casualmente dai tedeschi durante un rastrellamento, riuscì a fuggire dal vagone che lo portava in Germania. Anche Corbari e i principali esponenti del suo gruppo vennero catturati ed uccisi, il 19 agosto, a seguito della cattura di radio Zella. Farneti prese allora contatto con un’altra missione ORI, che operava nella zona di Alfonsine; riprese i contatti con i gruppi partigiani e riuscì ad organizzare un aviolancio nella zona di Savarna. Ricevette anche un nuovo apparecchio radio e un radiotelegrafista, ma non riuscì più a mantenere contatti continuativi con la base dell’OSS. A metà di ottobre del 1944, quando il fronte era già in Romagna, Farneti, unitamente ai faentini Carlo Maltoni e Alfredo Nediani, all’avvocato Tarroni di Cotignola, dopo alcuni giorni di avventuroso cammino, raggiunse le truppe alleate nei pressi di S. Benedetto in Alpe. Terminava cosi la missione “Zella” dopo otto mesi di duro e pericolosissimo lavoro. Gli uomini dell’organizzazione tramite la radio avevano trasmesso oltre 100 messaggi agli Alleati, fornendo preziose informazioni. Altri gruppi dell’ORI continuarono ad operare nell’Italia del nord fino alla Liberazione. La storia dell’ORI non è molto conosciuta, ma l’organizzazione ha avuto un ruolo importante nella Resistenza, dimostrando che un piccolo reparto composto da persone ben motivate poteva operare, con pari dignità, a fianco delle truppe alleate. II prezzo pagato in termini di vite umane è stato alto, sia tra i membri fondatori dell’organizzazione, sia tra quelli che vi avevano aderito successivamente nelle zone occupate. La nostra città ebbe cinque caduti: Vittorio Bellenghi, Pietro Fabbri, Vincenzo Lega, Bruno Neri e Domenico Montevecchi. In loro onore, riportiamo la lettera fatta recapitare a radio Zella dal capitano Corvo dell’OSS il 20 giugno 1944: “Voglio esprimere la mia gratitudine e quella di tutto il Comando per l’attività svolta da voi. Le vostre attività sono di molta importanza non solo per gli Alleati, ma anche per la futura Italia…. Da parte nostra vi promettiamo tutto l’aiuto possibile in armamenti e altri materiali che vi bisogneranno…” . Enzo Casadio e Massimo Valli in Historia Faentina