Dal 1956 in poi, infatti, dell’organizzazione militare del Maci non si hanno più notizie certe ed è verosimile che anch’essa sia stata sciolta all’atto della nascita di Stay Behind

Giacomo Pacini, Le altre Gladio. La lotta segreta anticomunista in Italia. 1943-1991, Einaudi, pagg.330, € 31,00
IL LIBRO – Il 18 ottobre 1990 Giulio Andreotti, confermando i sospetti che circolavano da tempo, ammise per la prima volta davanti alla Commissione Stragi l’esistenza di un’organizzazione segreta chiamata Gladio, la cosiddetta Stay Behind italiana. Le parole di Andreotti ebbero un’eco fragorosa nell’opinione pubblica. Per mesi la vicenda di Gladio riempì le pagine dei giornali alimentando innumerevoli dibattiti e veementi scontri politici che culminarono in una richiesta di impeachment contro l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Ma Gladio, nata nel 1956, era solo una porzione di un sistema di sicurezza ben piú complesso e articolato, una rete anticomunista che operava fin dall’estate del 1945. Oggi, a distanza d’anni dalla rivelazione dell’esistenza della struttura e dalla definitiva archiviazione delle inchieste che coinvolsero alcuni dei suoi membri, l’esaurirsi della polemica politica rende possibile una riflessione ponderata sul caso Gladio, la cui vicenda non può essere letta in un’ottica esclusivamente giudiziaria e senza tener conto del contesto storico e politico nel quale quell’organizzazione venne creata. Giacomo Pacini, a partire dall’analisi di un’enorme mole di documenti in gran parte inediti, ricostruisce con estremo rigore la storia delle strutture paramilitari segrete che hanno operato in Italia dalla fine della Seconda guerra mondiale agli anni Novanta del Novecento. Ed è una storia finora mai raccontata, che attraversa alcune delle pagine più oscure della nostra biografia nazionale.
DAL TESTO – “Di assoluto rilievo in Lombardia fu il ruolo giocato da un’organizzazione denominata Movimento avanguardista cattolico italiano (Maci), originariamente fondata nel 1919 dall’allora arcivescovo di Milano monsignor Andrea Ferrari. Sotto il fascismo, però, il Maci era stato costretto a sciogliersi e soltanto nel novembre 1945, anche per iniziativa del cardinale Ildefonso Schuster, esso rivide la luce. Ufficialmente si trattava di un’organizzazione impegnata nella difesa del cattolicesimo e dei valori cristiani e che alle elezioni politiche dell’aprile 1948 si distinse per lo zelo propagandistico in favore dei candidari democristiani in Lombardia e Piemonte. Accanto a questo ruolo pubblico, tuttavia, fin dai primi mesi post-bellici il Maci aveva sviluppato una vera e propria attività sotterranea tramite una struttura militare che fu posta sotto il comando dell’ex partigiano cattolico Pietro Cattaneo, i cui compiti essenziali erano di sorvegliare il «nemico» comunista cercando di scoprirne eventuali piano insurrezionali per essere pronti a reagire qualora fossero stati messi in atto. Tale struttura faceva capo a un comando centrale situato a Milano e disponeva in quasi tutte le province lombarde di cellule capaci di tenere Cattaneo costantemente informato su ogni possibile azione sovversiva dei comunisti. […] Se di strutture come la Osoppo è […] certa la continuità con Gladio, la stessa cosa non si può affermare con sicurezza per quanto riguarda il Maci, anche se non pare casuale che gli ultimi documenti in cui si parla dell’esistenza di tale rete militare siano risalenti alla metà degli anni Cinquanta. Dal 1956 in poi, infatti, dell’organizzazione militare del Maci non si hanno più notizie certe ed è verosimile che anch’essa sia stata sciolta all’atto della nascita di Stay Behind.”
L’AUTORE – Giacomo Pacini, ricercatore e saggista presso l’Isgrec di Grosseto, ha svolto ricerche sulle stragi contro i civili durante la Seconda guerra mondiale e studi sul ruolo dei servizi segreti nell’Italia repubblicana. Ha pubblicato, tra l’altro, Il cuore occulto del potere. Storia dell’Ufficio Affari riservati del Viminale (1919-1984) (Nutrimenti, 2010), con Antonella Beccaria, Divo Giulio. Andreotti e sessant’anni di storia del potere in Italia (Nutrimenti, 2012) e Le altre Gladio. La lotta segreta anticomunista in Italia. 1943-1991 (Einaudi, 2014).
INDICE DELL’OPERA – Introduzione – I. Alle origini di Stay Behind (1. La Sezione Calderini – 2. Rifornimenti e questione economica – 3. L’alveo di Gladio) – II. I presupposti ideologici delle organizzazioni Stay Behind (1. Il Friuli-Venezia Giulia – 2. Osovani e garibaldini – 3. Un dissidio insanabile – 4. Porzûs: il punto di non ritorno – 5. I Quaranta giorni) – III. La lotta segreta anticomunista (1. L’Ufficio zone di confine – 2. «Colui che teneva e tiene le fila del movimento clandestino» – 3. I circoli triestini – 4. Le voci dei protagonisti della lotta contro Tito – 5. Segnali d’allarme – 6. Fallisce la svolta moderata – 7. I Gruppi di Autodifesa – 8. «Le armi per Trieste italiana» – 9. L’infiltrazione neofascista) – IV. La seconda Resistenza degli osovani (1. «Fratelli d’Italia» – 2. Divisione Gorizia e Odi – 3. La Osoppo negli anni del dopoguerra – 4. Il colonnello Olivieri – 5. «10 Flottilia Mas- Stay Behind organisation») – V. Il Movimento avanguardista cattolico italiano (Maci) (1. I documenti di Pietro Cattaneo – 2. Il Movimento «alla luce del sole» – 3. L’organizzazione militare – 4. La rete occulta – 5. L’apparato militare del Pci – 6. Il riconoscimento ufficiale – 7. Il congresso del 1957) – VI. L’operazione Stay Behind (1. Il prologo della Difesa civile – 2. La nascita di Gladio – 3. Dall’organizzazione O a Gladio – 4. L’«esercito privato» del colonnello Specogna – 5. Quali i compiti di Stella Alpina? – 6. L’operazione Delfino) – VII. L’8 Settembre di Gladio (1. Aurisina – 2. Operazione recupero – 3. Il segreto di Peteano) – VIII. L’altra Gladio (1. I Nuclei per la difesa dello Stato – 2. Il Sid Parallelo) – Epilogo – Atti giudiziari consultati (fascicoli processuali e relative decisioni) – Indice dei nomi
Redazione, Le altre Gladio, archiviostorico.info

In alcuni messaggi che ho ricevuto una volta annunciata l’uscita del libro, da un lato mi è stato chiesto se contiene rivelazioni clamorose sulle stragi di Stato e sulle collusioni tra fascisti e servizi deviati, dall’altro se non è il “solito” libro che accusa Gladio di ogni nefandezza, invitandomi a ricordare che in sede penale i responsabili di tale struttura sono stati assolti.
In entrambi i casi la risposta è stata semplice; no, non si tratta di questo.
Il libro cerca di ricostruire come negli anni della guerra fredda in Italia venne combattuto il comunismo, rintracciando le radici, tanto politico-ideologiche quanto operative delle varie strutture segrete anticomuniste (di cui Gladio fu solo la più nota) sorte fin dall’immediato dopoguerra. Il tentativo è quello di lumeggiare una parte finora sconosciuta della storia d’Italia attraverso l’utilizzo di decine di documenti inediti tratti da archivi pubblici e privati, ma provando a superare la storia cosiddetta “giustiziera”, visto che troppo spesso, specie su questi argomenti, si è scritto con intenti o apologetici o inquisitori, comunque lontani dal necessario distacco che deve avere chi è interessato a una seria analisi storica.
Non fu un reato combattere il comunismo; la lotta anticomunista in Italia (anche nella sua dimensione segreta) fu del tutto legittima e nei primi anni novanta l’allora sinistra commise un grave errore allorché criminalizzò indistintamente l’intero universo anticomunista mettendo legale ed illegale dentro un unico calderone. Ma è altrettanto vero che in questi ultimi anni da destra si è persa un’occasione storica per fare chiarezza una volta per tutte sul ruolo che determinati settori del neofascismo hanno avuto in alcune delle più drammatiche vicende della nostra storia. Perché la lotta anticomunista in Italia ebbe anche delle gravi degenerazioni che alla luce dei documenti oggi disponibili non ha senso continuare a negare. Una certa pubblicistica di sinistra ha fatto di queste degenerazioni l’unica chiave interpretativa della storia dell’Italia Repubblicana, come se il cinquantennio democristiano possa essere descritto come una sorta di catena di complotti per fermare il Pci. Il che è grossolano e soprattutto non corrispondente alla realtà. E tuttavia non riconoscere l’esistenza di simili degenerazioni, come ha cercato di fare negli ultimi anni certa pubblicistica di destra, vuol dire non voler fare i conti con quell’oscuro passato.
Il libro, in definitiva, tenta di ricostruire la storia legale e non legale della lotta anticomunista in Italia. Ma evitando giudizi categorici o perentori e per questo se, al termine della lettura, chi ritiene che la lotta anticomunista in Italia sia stata solo una sequela di bombe e stragi fasciste e chi, al contrario, nega che tale lotta abbia conosciuto simili gravissime deviazioni, rimarrà deluso, credo che avrà raggiunto uno dei suoi obiettivi.
Sinossi
La ricerca prende avvio dai convulsi giorni successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943, quando la nuova intelligence del governo del Sud ritenne necessario, accanto alle forze armate regolari, creare dei nuclei clandestini in grado di agire contro il nemico mediante forme di guerriglia e sabotaggio. L’attenzione è poi rivolta al cruciale momento del passaggio dalle strutture segrete antinaziste a quelle che, nell’immediato dopoguerra, cominciarono a operare in funzione anticomunista e per questo ci si sofferma in modo particolare su quanto accadde in Friuli Venezia Giulia. E’ qui infatti che si trovano i presupposti, tanto politico-ideologici quanto operativi, delle formazioni stay behind, le cui radici affondano nell’insanabile contrasto che durante la lotta di Resistenza si creò fra i partigiani comunisti delle brigate Garibaldi e i partigiani cattolici e liberali delle brigate Osoppo. Nei territori giuliani e friulani alcune primordiali strutture anticomuniste nacquero in modo pressoché spontaneo fin dall’estate del 1945 per volontà di quegli osovani che erano determinati a difendere la regione dal pericolo di una aggressione titina e ricevettero ben presto un decisivo supporto istituzionale da parte del governo italiano. A inizio 1947, una volta aumentata la consistenza numerica e perfezionato l’addestramento, da queste embrionali organizzazioni ebbe origine la più importante struttura di tipo stay behind sorta in Italia nel dopoguerra, la “Osoppo-Terzo Corpo Volontari della libertà” dalla quale, nel 1956, provennero le prime unità operative di Gladio.
Se il Friuli-Venezia Giulia fu il principale laboratorio nel quale vennero sperimentate e portate a compimento le più importanti entità prodromiche a Gladio, nel corso degli anni quaranta anche in altre zone dell’Italia settentrionale numerosi partigiani cattolici e liberali, una volta conclusa la lotta contro il nazifascismo, rimasero in armi e entrarono a far parte di strutture segrete create in funzione anticomunista. Di assoluto rilievo in Lombardia fu il ruolo giocato da un’organizzazione denominata “Movimento Avanguardista Cattolico Italiano” (Maci), originariamente fondata nel 1919 dall’allora arcivescovo di Milano monsignor Andrea Ferrari. Tale struttura faceva capo a un comando centrale situato a Milano e disponeva in quasi tutte le province lombarde di cellule capaci di tenere costantemente informato il Centro su ogni possibile azione sovversiva dei comunisti.
Una volta ricostruite le origini dell’Operazione Gladio, nella seconda parte del libro, si cerca di fare chiarezza sull’effettivo ruolo avuto da tale struttura nella storia d’Italia al fine soprattutto di capire se essa fu o meno coinvolta nelle vicende della cosiddetta strategia della tensione.
Giacomo Pacini, “Le altre Gladio. La lotta segreta anticomunista in Italia. 1943-1991”, Grosseto contemporanea, 5 maggio 2014

Fra il 1956 e il 1958, viene creato il Comitato Gladio (composto da 8 rappresentanti italiani e 3 statunitensi) per definire ulteriormente compiti e organizzazione; nei primi incontri viene data la priorità alla creazione del centro di addestramento a Marrargiu e quello radio a Olmedo. Per le attività successive, il SIFAR insistette contro il parere contrario della CIA a integrare l’estesa rete di guerriglia clandestina già presente nel nord est, prima di iniziare il reclutamento delle unità minori. La Brigata Osoppo e il suo comandante Aldo Specogna vengono quindi integrate in Gladio, diventando a tutti gli effetti l’unità Stella Alpina. Il reclutamento delle altre unità inizierà alla fine del 1958. A detta di Taviani, l’inquadramento preferenziale della Osoppo deve essere letto alla luce dell’invasione dell’Ungheria nel 1956, momento in cui la presenza di ingenti truppe sovietiche vicine ai confini imponeva cautela. Potrebbe aver contribuito anche la situazione politica interna: Gronchi, eletto l’anno prima, era schierato per il neutralismo dell’Italia all’interno del contesto internazionale. Il contemporaneo riavvicinamento di PSI e PSDI e la loro possibile riunificazione, potenzialmente a scapito della componente anticomunista del PSDI, rischiava di sbilanciare pericolosamente l’asse politico italiano verso est, rischio per cui bisognava farsi trovare preparati. <26
Finalmente, nel 1959, la stay-behind italiana venne inclusa a pieno titolo nell’ambito NATO, dopo un incontro di Taviani col SACEUR, generale Alfred Gruenther, che portò all’invito formale dell’Italia all’Alliance Coordination and Planning Committee. Nello stesso anno, il direttore del SAD colonnello Fettarappa Sandri diviene membro del CPC. Nel 1964, infine, l’Italia diventa parte di un gruppo ancora più ristretto, l’Allied Coordinating Committee, formato da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania ovest, Belgio, Olanda e Lussemburgo. <27
[NOTE]
26 L. Nuti, op. cit., pp. 14-17
27 P. E. Taviani, Politica a memoria d’uomo, Il Mulino, 2002, p. 408
Vincenzo Stuppia, Operazione Stay-Behind: la difesa segreta della NATO in Europa occidentale durante la Guerra fredda, Tesi di laurea, Università Luiss, Anno Accademico 2021-2022