Avrebbe potuto rimanere nel milanese

Acqui Terme (AL) – Fonte: Wikipedia


Intanto nel Nord, per merito del maggiore dei Carabinieri Ettore Giovannini si era costituita in Milano una formazione clandestina della Resistenza, che nell’aprile 1944, assunto il nome di “Carabinieri Patrioti Gerolamo” (dal nome di battaglia preso dallo stesso maggiore) contava già oltre 700 militari dell’Arma, inquadrata da numerosi ufficiali e ripartita in due Raggruppamenti. Strettamente collegata al Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia ed in particolare alla formazione partigiana Carabinieri di Bergamo, comandata dal maggiore Giovanni Rusconi, la “Banda Gerolamo” svolse intensa e rischiosa attività operativa, oltre che preziosa opera informativa, diretta anche all’individuazione degli obiettivi militari tedeschi da parte dell’aviazione alleata.
Redazione, I Carabinieri nella Resistenza e guerra di Liberazione, Arma dei Carabinieri, Ministero della Difesa

[…] Giuseppe Andreoni non era un carabiniere. Non era neppure un soldato, visto che, alle visita di leva, era stato riformato. Eloquente il suo foglio matricolare e caratteristico rinvenuto presso il Centro Documentale Esercito di Milano laddove emerge uno spaccato di vita (chiaramente dal punto di vista militare) piuttosto ricco di ombre più che di luci. Il giovane Giuseppe, nativo di Morimondo nel 1910, si presenta alla visita di leva con la sua classe e viene riformato. Nel marzo 1940, viene nuovamente richiamato e sottoposto a visita medica ma viene di nuovo riformato in modo permanente per “debolezza di costituzione”, assegnato ai servizi sedentari e lasciato in congedo assoluto con disposizione del successivo dicembre. Evidentemente Andreoni, che viene descritto come alto 1,64 m dai capelli castani e lisci e dal colorito roseo, non è stato ritenuto adatto a combattere (si badi bene, nel marzo 1940, a pochi mesi dallo scoppio della guerra). Si proverà a riconvocarlo per visita nel settembre del 1942 ma lo stesso risulterà “residente in Germania per ragioni di lavoro”. Nell’ottobre 1943, poi, lo troviamo arruolato nella “Banda Gerolamo”.
Era quest’ultima un’unità partigiana piuttosto particolare. Infatti, già a partire dall’11 settembre 1943 il Maggiore Ettore Giovannini, già Comandante del Gruppo di Lubiana del XIV Battaglione Carabinieri mobilitato in Slovenia era stato inviato a Milano ove si era dedicato alla formazione di un’unità partigiana formata da soli Carabinieri. La particolarità di tale unità, peraltro autrice di diversi atti di sabotaggio nell’area del milanese, era quella di essere formata quasi esclusivamente da Carabinieri, alcuni datisi alla macchia ma altri, ovviamente autorizzati, ancora in servizio per le autorità della RSI. L’attività della Banda Gerolamo, che sarà poi la responsabile dell’assalto e dell’occupazione dei principali punti del capoluogo milanese all’alba del 25 aprile (le truppe angloamericane che entreranno nella città alcuni giorni dopo troveranno i 700 carabinieri del Maggiore Giovannini intenti nel controllo dell’ordine e della sicurezza pubblica nella città), rende ancora più particolare il ruolo di Andreoni. Questa attività di ricerca, infatti, era iniziata con la convinzione che quest’ultimo fosse un Carabiniere. In realtà, come emerso in forma lampante dal foglio matricolare, Andreoni non era né un militare né tantomeno un Carabiniere. Questo fatto lo rende probabilmente un unicum nell’ambito della banda. Il fatto che detenesse, come risulta, anche il Comando di una squadra, fa di lui anche un ottimo gregario ed un ottimo combattente, nonostante l’altezza e la costituzione lo avessero portato alla riforma durante le visite mediche per l’arruolamento. Peraltro appare peculiare come il Giovannini, nelle sue relazioni post belliche sulle attività della banda lo indichi con il grado di Carabiniere […] L’Andreoni quindi, comandante di squadra all’interno della Banda Gerolamo, nell’ottobre 1944 si offre volontario per raggiungere Acqui. Il motivo della missione è legato alla presunta opportunità di poter mettere le mani, o al più sabotare, un grande deposito di armi e munizioni delle forze armate della Repubblica Sociale. La città di Acqui, nel periodo 1943 – 1945 era un centro militare di primaria importanza. Sede, già da prima della guerra, di un reggimento di artiglieria nonché, ovviamente, dello stabilimento termale militare, durante la RSI divenne sede di diversi reparti repubblichini a diverso titolo interessati dalle operazioni belliche e/o di contrasto alla guerriglia partigiana. Nota, infatti, è la presenza di elementi della Divisione San Marco che, posti nel basso Piemonte ed alta Liguria, erano pressochè perennemente impegnati nella lotta anti partigiana. Ma ad Acqui c’era anche altro. Fu infatti costituito, nel 1944, il C.I.S.U. (Centro Integrativo Selezione Ufficiali), un reparto addestrativo di prim’ordine che, nelle idee dello Stato Maggiore Esercito della RSI, doveva fungere da centro formativo propulsivo per la lotta anti partigiana. Infatti le scarsissime notizie che abbiamo sull’Andreoni, oltre che sulle notizie post belliche derivanti dalla definizione della pratica relativa alla qualifica di partigiano, sono essenzialmente il frutto di quanto reperito tra le carte dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito e, nella fattispecie, nelle carte riguardanti i reparti della Repubblica Sociale Italiana. L’Andreoni pertanto deve aver raggiunto Acqui nelle prime due settimane di ottobre, ma il suo arrivo non deve essere passato particolarmente inosservato se le forze repubblichine, che lo catturano tra il 17 ed il 18 ottobre 1944, rivelano di seguirne le mosse già da diversi giorni. L’Andreoni prende una stanza presso l’albergo “Foro Boario”, oggi non più esistente ma all’epoca posto in Via Baretti N. 3, nei pressi dell’attuale Piazza Matteotti. Era gestito da una certa Isabella Ricci e viene avvicinato dai suoi contatti in loco, tale Giovanni Ivaldi, nato a Ponzone l’8 febbraio del 1913 e Piana Ernesto, nato a Roma il 06.07.1909. Sull’Ivaldi le notizie sono ancora più vaghe dell’Andreoni. Si sa che lo stesso, già militare di leva, nell’agosto del 1941 era stato condannato per furto militare dal Tribunale militare con una pena di un anno e tre mesi di reclusione. La banca dati del partigianato piemontese lo inserisce all’interno dell’8^ Divisione Giustizia e Libertà a partire dal luglio del 1944 (con il nome di battaglia di Tommaso) e l’incarico di fornitore di armi. Mentre per il Piana sappiamo che lo stesso, partigiano nella Divisione Patria, era un tenente d’artiglieria del Regio Esercito. In ogni caso la permanenza dei tre presso l’albergo Foro Boario è stata particolarmente breve e li vedrà non solo incapaci di portare a termine il loro compito ma anche catturati e successivamente fucilati. E’ la nota del 210° Comando Militare Regionale di Alessandria, datata 21 novembre 1944 a fornire qualche dettaglio in più. Si tratta di un prezioso documento che riassume le attività poste in essere dagli Ufficiali in addestramento presso il CISU di Acqui Terme. Il motivo della lettera, a firma del Comandante regionale Col. Delogu non è strettamente legato alla lotta alla resistenza, ma è in realtà il tentativo di mantenere in Acqui Terme il presidio di ufficiali in addestramento presso quel Centro. Infatti il corso addestrativo era terminato ed i vari ufficiali discenti avrebbero dovuto lasciare la città della bollente per raggiungere i reparti di provenienza. Il Col. Delogu, per cercare invece di trattenere quei militari – evidentemente ritenuti particolarmente abili alla lotta anti partigiana – in Acqui Terme, esprime superiormente tutto il suo apprezzamento per il lavoro svolto, elencando anche le principali operazioni di servizio. Tra queste appare di interesse la seguente: “irruzione notturna nell’albergo Foro Boario di Acqui, con conseguente cattura di tre ribelli armati, che avevano costituito un centro informativo, di rifornimenti ed ingaggio, che da tempo lavorava attivamente ed impunemente a favore di alcune bande ribelli dei dintorni. Dopo esauriente interrogatorio durato alcuni giorni – e le cui risultanze interessanti ho inviato stamani a codesto Comando con raccomandata a mano n. 05/450310 – i tre ribelli sono stati passati per le armi mercoledi mattina 18 corr.”. Che si tratti di Giuseppe Andreoni, di Giovanni Ivaldi e di Ernesto Piana, è certificato da un altro documento rintracciato in AUSSME inerente le violenze commesse dai nazifascisti nella Provincia di Alessandria. Si tratta di un elenco dei soggetti fucilati o uccisi dalle truppe tedesche o della Repubblica Sociale, con tutti gli elementi utili per addivenire alla loro identificazione e, ove possibile, alla descrizione del fatto. Il documento è poi suddiviso nei vari comandi dipendenti dalla allora Legione Carabinieri Reali di Alessandria e, nell’ambito del documento dell’allora Tenenza Carabinieri Reali di Acqui, al comando del S.Ten. Pietro Ioridda, alla data del 18.10.1944 vengono citati solo Andreoni, Ivaldi ed il Piana. D’altra parte i soggetti citati precedentemente e successivamente sono incompatibili per motivi di tempo o di luogo. Il commento dell’allora comandante della Tenenza è piuttosto lapidario “fucilati perché indiziati di antinazi-fascismo [sic”]”. A questo punto, posta l’identificazione certa dei tre fucilati dalle truppe RSI il 18.10.1944 occorre provare a capire il loro vero e reale operato. Infatti, sul conto di Andreoni il comandante della Banda Gerolamo, Maggiore Ettore Giovannini, sia sulla relazione generale sulle attività della sua banda che sulla relazione inviata alle Commissioni Regionale piemontese e lombarda per il riconoscimento della qualifica di partigiano, risulta piuttosto chiaro e lapidario “verso la metà del mese di ottobre 1944, pervenne notizia che ad Acqui sarebbe stato possibile asportare, con l’aiuto di elementi locali, una notevole quantità di armi custodite in un deposito di una squadra fascista. Il partigiano Andreoni Giuseppe, da Morimondo (Milano), da lungo tempo gregario della formazione col grado di Comandante di squadra, si offerse per tentare il colpo e, poiché aveva già datoaltre brillanti prove, fu inviato ad Acqui”. Occorre quindi capire perché da una parte il Giovannini riferisce di una missione ben precisa mentre i repubblichini tentino invece di ingigantire i fatti, rendendo l’Andreoni il membro di una vera e propria cellula della resistenza. L’analisi della documentazione rinvenuta deve necessariamente far propendere per la veridicità della descrizione fattuale fatta dal Giovannini […] In ogni caso, nella notte tra il 17 ed il 18 ottobre 1944 i tre uomini vengono catturati all’interno dell’Albergo Foro Boario e condotti presso una non meglio identificata caserma di forze RSI di Acqui ove vengono sottoposti ad interrogatorio al termine del quale, nella mattinata del 18 (alle ore 9,30 circa) vengono tutti e tre fucilati, ovviamente senza processo. Peraltro, da quanto viene riportato, viene arrestato lo stesso gestore dell’Albergo Foro Boario. Possiamo ipotizzare sia la Isabella Ricci risultata tenutaria dell’albergo ma, di questo, non vi sono certezze. Il luogo della fucilazione, che nelle carte di AUSSME viene identificato con un generico “Periferia di Acqui”, viene specificato dal Giovannini il quale riferisce che il luogo è da identificarsi nel “poligono di tiro a segno di Acqui” sito all’epoca nei pressi dell’attuale Castello dei Paleologi […] Un particolare interessante, che apre importanti scenari per ricerche più approfondite è la coincidenza temporale tra l’arresto, interrogatorio e fucilazione dei tre partigiani Andreoni – Ivaldi – Piana e la cattura del Conte Maggiore di cavalleria Giuseppe Thellung di Ponzone. Quest’ultimo, infatti, fu catturato dalle truppe del CISU di Acqui Terme proprio nella giornata del 18 ottobre 194415 assieme ai figli Vittorio e Gianluigi ed al nipote Evasio Passi e deferito al Tribunale militare regionale di Alessandria (con sede in Novi Ligure) e, successivamente, al Tribunale militare di guerra presso il Comando Controguerriglia (COGU) di Torino. A lungo si è dibattuto sull’identità del delatore che riferì alle autorità repubblichine di Acqui del ruolo di organizzatore delle bande ponzonesi da parte del Thellung. Peraltro che il conte Thellung fosse un sostenitore della resistenza appare ormai privo di dubbi come confermato da Cesare Levreri che cita una missiva diretta al Thellung (nome di battaglia Duilio) da Comando del Piemonte delle forze di Giustizia e libertà da cui emerge che il Thellung stava assumendo il ruolo di “Coordinatore militare” per tutta la zona. Dal documento citato e firmato dal Col. Delogu deriviamo che il delatore deve necessariamente identificarsi in uno dei tre soggetti arrestati e fucilati il 18 ottobre. Dice infatti il Delogu: “in derivazione degli interrogatori anzidetti, mercoledi pomeriggio 18 corr., con azione sincronizzata tra ufficiali camuffati da contadini, fatti partire con due carri civili ed altri ufficiali in uniforme inviati con automezzo è stata effettuata un’irruzione in Ponzone (nove km da Acqui) e catturati nella loro abitazione: Tellung [sic!] Giuseppe fu Vittorio e di Caccia Dominioni Anna, nato a […] sono in corso gli interrogatori di questi messeri, che ho fatto rinchiudere nelle prigioni della caserma”
Possiamo quindi reputare certo che fu uno dei tre soggetti colui il quale, in quelle concitate ore, fece il nome del Conte Thellung. Sinceramente, ci pare abbastanza ragionevole poter ulteriormente restringere il campo escludendo proprio l’Andreoni. Quest’ultimo, infatti, era giunto da nemmeno un paio di giorni ad Acqui e difficilmente avrebbe potuto aver ricevuto un’informazione così delicata in così poco tempo […] Giuseppe Andreoni non era un eroe. Di costituzione piuttosto flebile, tanto da essere riformato in tempo di guerra, decide nel 1943 di schierarsi da una parte ben precisa e di partecipare attivamente. Avrebbe potuto rimanere nel milanese e continuare la sua guerra e quella della Banda Gerolamo girando per territori a lui noti. Forse sarebbe morto ugualmente o forse sarebbe sopravvissuto alla guerra ed avrebbe potuto riprendere la sua “tranquilla” vita da impiegato. Invece ha accettato volontariamente di andare in un territorio a lui sconosciuto, a compiere una missione non certo di routine, avendo quali complici ed alleati persone nemmeno conosciute di nome. Eppure ci è voluto andare. E lì ha trovato la morte e, ahimè, l’oblio.

Ferdinando Angeletti, Un “Carabiniere partigiano ad Acqui Terme”, Quaderno di storia contemporanea, N. 63, 31 maggio 2018

Il partigiano Giuseppe Andreoni proveniva da Milano ove era membro della “Banda Gerolamo”, formazione di carabinieri partigiani operante nel capoluogo lombardo.
[…]
Il 18 ottobre 1944 Giuseppe Andreoni, Ernesto Piana e Giovanni Ivaldi, dopo essere stati catturati presso l’albergo “Foro Boario” di Acqui Terme ed essere stati interrogati sono fucilati alla periferia di Acqui, presso il locale poligono di tiro perché indiziati di essere antifascisti. I primi due risultano partigiani arruolati nella Divisione Patria mentre il terzo risulta partigiano della 8^ Divisione Giustizia e Libertà. Alcune fonti riportano anche l’appartenenza dei primi due alla Organizzazione “Otto” (allestita su mandato del Governo italiano del Sud), che tuttavia si sciolse dopo la cattura del comandante Ottorino Balduzzi nel marzo del 1944.
[…] Le vittime Piana e Andreoni potrebbero essere stati partigiani arruolati nella Divisione Patria. Alcune fonti riportano anche la loro appartenenza alla Organizzazione “Otto” (allestita su mandato del Governo italiano del Sud), che tuttavia si sciolse dopo la cattura del comandante Ottorino Balduzzi nel marzo del 1944.
Bruno Maida, Donato D’Urso, Ferdinando Angeletti, Episodio di Acqui Terme 18.10.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia