Pompeo Agrifoglio. Da ‘rivedibile’ alla guida del SIM

Il foglio matricolare di Pompeo Agrifoglio

Il S.I.M. si ricostituì, seppur in embrione, già alla metà di settembre [1943], a Brindisi come Ufficio Informazioni e Collegamento del Reparto Operazioni del Comando Supremo, con diretta dipendenza dal Capo Reparto, disponendo solo di una decisa volontà per ricostruire qualcosa che si era sciolto, dopo tanto lavoro e tante amarezze. Fu strutturato agli inizi della nuova fase dello sforzo bellico, con un Capo Servizio e tre addetti. A dirigere questa organizzazione fu nominato il colonnello Agrifoglio, fatto rientrare dalla prigionia in America il 25 settembre […] era possibile appoggiarsi in determinati casi alla rete operativa e più spesso ai centri direttivi. Assistere concretamente i nuclei dei patrioti significava prevedere tre distinte procedure operative connesse alla zona d’azione: a) nei territori neutrali; b) nei territori occupati dagli italiani e passati sotto l’esclusivo controllo tedesco [come nel caso della Costa Azzurra, confinante con il ponente ligure]; c) in territorio nemico. Nel primo caso si trattava di riprendere contatto con Centri e agenti già esistenti e riattivarli anche con eventuali sostituzioni di persone. Nel secondo caso occorreva collegarsi con i reparti italiani che ancora combattevano, avvalendosi di connazionali o amici rimasti sul posto. Nel caso di attività in territorio nemico indubbiamente bisognava pensare a paracadutare e far vivere agenti dotati di particolari abilità. Il 29 ottobre, la Sezione ‘Bonsignore’, incardinata nel primo Reparto dell’Ufficio Informazioni e Collegamento del Comando Supremo, ormai costituita e con un ottimo avvio di attività, poteva inviare le ‘nuove’ direttive ai Capi Centro di Bari, Cagliari e Napoli, superstiti e ancora organizzati, indicando come dopo i ben noti avvenimenti l’attività di controspionaggio aveva aumentato e in parte mutato il campo d’azione. In particolare, l’attività doveva essere svolta sia in campo politico sia in quello militare; pertanto il Capo Sezione richiamava l’attenzione di quei Centri soprattutto su alcuni punti che venivano ritenuti della massima importanza. Doveva essere attuata una seria azione di contrasto allo spionaggio tedesco, tenendo presente che questa attività poteva essere svolta dal nemico in due modi, o lasciando sul posto all’atto del ripiegamento agenti italiani e tedeschi, o, approfittando della facilità con cui si potevano attraversare le linee, inviare agenti con specifici compiti; agenti che potevano anche assumere l’aspetto di soldati italiani sbandati, vista la situazione confusa esistente […] Era evidente che il personale del controspionaggio, già specializzato e rimasto fedele alla Monarchia, non poteva comunque assolvere tutti i compiti, sia perché non era numeroso sia perché la carenza di risorse umane sarebbe peggiorata con l’avanzata al nord delle truppe anglo-americane: era quindi assolutamente necessario che quella deficienza fosse ampiamente integrata con un elevato numero di nuovi informatori […] Già i contatti con quelli anglo-americani non erano facili e la collaborazione avveniva, soprattutto nei primi tempi, sul filo del rasoio, in quanto gli alleati avevano bisogno assoluto della professionalità, che a volte peraltro contestavano, degli italiani nel settore informativo […] All’interno della Sezione ‘Calderini’ (l^ Sezione offensiva) per scindere l’attività informativa da quella antisabotaggio, fu organizzato il Gruppo ‘bande e sabotaggio’, che iniziò il suo lavoro insieme alla N. l Special Force inglese, il cui compito specifico era appunto questo tipo di attività, e con l’O.S.S. (Office of Strategic Service) americano. Le missioni che iniziarono subito furono quelle radiotelegrafiche nel territorio occupato, soprattutto per prendere contatti con le bande formatesi sul campo e cercare i nuclei non ancora noti, per coordinarli e collegarli  […]
Maria Gabriella Pasqualini, Le carte segrete dell’intelligence italiana, 1919-1949 (Parte Terza, 8 settembre 1943 – 1° settembre 1949), Editore Ufficio Storico Ministero Difesa, 2007

Ultimo direttore del SIM, il Servizio Informazioni Militare. Elemento chiave nella riorganizzazione dei servizi segreti delle Forze Armate dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Fautore di una stretta collaborazione con l’OSS (Office of Strategic Services) nel biennio 1943-1945. Tutto questo è il colonnello Pompeo Agrifoglio, un personaggio poco noto all’opinione pubblica. La storiografia di intelligence, infatti, non ha mai approfondito il profilo dell’ufficiale umbro, la cui storia inizia poco dopo la mezzanotte del 24 aprile 1889, al numero 3 di viale Santa Chiara nel cuore di Terni. Un piccolo angolo di mondo che tutt’oggi conserva elementi del passato e radici antiche. Come è antico il polveroso registro comunale che, all’anno 1889, riporta il nome di un nuovo nato: Pompeo Giorgio Agrifoglio, figlio di Tommaso, di 32 anni e di Italia Bellotti, di 22. Il padre Tommaso è un siciliano che lavora a Terni, probabilmente nel Polo Siderurgico che in quegli anni generava indotto e attirava forza lavoro grazie alle importanti commesse militari ottenute dalla Regia Marina.

Uno strano destino. Prima rivedibile per deficienza toracica e poi arruolato da ufficiale

Per saperne di più su Agrifoglio bisogna recarsi all’Archivio di Stato di Viterbo dove è conservato il suo foglio matricolare. In esso si legge che Pompeo è «alto 163 cm e con 83 di torace. Capelli neri e lisci, carnagione pallida». Una costituzione fisica molto lontana dall’iconografia da spy story e che lascia perplessa la commissione di leva. «Rivedibile per deficienza toracica e posto in congedo illimitato», è la prima valutazione dei medici. Sul foglio compaiono una serie di date, alcune delle quali non leggibili, ma da cui si evince che Agrifoglio non si presenta alla visita del 30 giugno 1910. Poi, però, invia domanda di arruolamento come ufficiale, riuscendo a superare le selezioni e a partecipare ai corsi allievi ufficiali all’86° Reggimento Fanteria. Caporale, sergente e – il giorno 31 di un dicembre di cui non si legge più l’anno – sottotenente assegnato dapprima al deposito del 5° Reggimento di Spoleto e, fino al 1920, al Distretto militare di Orvieto. Agrifoglio combatte nella Prima guerra mondiale. «È un veterano» come scriverà nelle sue memorie l’agente statunitense Max Corvo. Tuttavia non ci sono riferimenti al servizio in prima linea, né annotazioni relative a eventuali encomi, ma solo il numero di matricola (23058) e un timbro datario: «verificato il 18 agosto 1924. Ufficiale».

Una radio clandestina in Africa e la cattura da parte degli anglo-americani

Alla metà degli anni venti, mentre Pompeo prosegue con la carriera militare, il Governo Mussolini si prepara a promulgare le leggi eccezionali del fascismo. La riorganizzazione voluta dal Duce coinvolge anche l’ambito sicurezza. Nel dicembre 1926 nasce il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato affiancato, nel 1930, dall’OVRA (Organizzazione Vigilanza Repressione Antifascista) con compiti di polizia politica e di controspionaggio. L’intelligence militare viene riunita sotto la sigla SIM – Servizio Informazioni Militare ed è posta alle dipendenze del capo di Stato Maggiore Generale. Il colonnello Vittorio Vigevano è il primo capo del Servizio. Nel 1934, sotto la direzione del colonnello Mario Roatta, la struttura forma gli ùstascia jugoslavi in speciali campi a Siena e a Borgotaro, in provincia di Parma. Poi, durante la campagna d’Abissinia, vengono costituite la Sezione Africa Orientale e l’Ufficio Informazioni di Mogadisco, due realtà operative oltremare che permettono al Regio Esercito di ottenere preziose informazioni per la vittoria contro l’Impero etiope. I successi ottenuti, però, non convincono i vertici del Regime sull’affidabilità di un’agenzia che accentra tanti poteri sotto una sola sigla e nelle mani di un solo dirigente. È così che, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, il SIM è affiancato dal SIA (Servizio Informazioni Aeronautica), dal SIE (Servizio Informazioni Esercito), dal SIS (Servizio Informazioni Speciali – Regia Marina).

Nel 1940, l’intelligence italiana conquista alcuni brillanti risultati, primo fra tutti la duplicazione del Black Code a opera del colonnello dei Carabinieri Manfredi Talamo, sotto l’egida del nuovo direttore SIM Cesare Amé, nella sede diplomatica americana di Roma. Un bel colpo perché gli Stati Uniti continueranno ad usare il medesimo cifrario anche dopo il loro ingresso in guerra con conseguente fuga di notizie a beneficio degli italo-tedeschi impegnati sul fronte africano. È in questo teatro che ricompare Agrifoglio, dal 1941 colonnello e agente del SIE e responsabile di una stazione radio clandestina direttamente collegata al SIM. Ma agli inizi del ’43 la situazione militare si capovolge a favore delle forze anglo-americane che sconfiggono l’Asse nel maggio successivo. Sono quasi 200 mila gli italo-tedeschi catturati. Tra loro Agrifoglio che viene avviato ai campi di prigionia.

L’armistizio, il ritorno di Agrifoglio e la sua nomina a direttore del SIM

Ricomparirà mesi più tardi dopo l’armistizio e la costituzione del governo Badoglio quando il generale Giuseppe Castellano, firmatario della resa dell’Italia, lo recupera dal campo in cui gli anglo-americani lo avevano rinchiuso. L’esperienza maturata in Nord Africa lo rende elemento ideale per la direzione del SIM che è ora in piena riorganizzazione. Agrifoglio si mette immediatamente al lavoro e divide l’agenzia in 5 sezioni: la Calderini, che si occupa di organizzare e fornire direttive a cellule che operano in tutta la Penisola, in coordinamento con il SOE (Special Operations Executive) britannico; la Bonsignore con compiti di polizia militare; la Zuretti che mantiene strette relazioni con l’OSS statunitense (Office of Strategic Services); la sezione cifrari e censura; la sezione tecnica che coordina le reti di comunicazione.

Nel territorio occupato dai tedeschi, il SIM stabilisce subito un contatto con il colonnello Toschi, capo di una delle prime cellule della Resistenza militare nell’Alto Lazio. Tuttavia, per svolgere missioni oltre le linee non può mancare l’apporto logistico e finanziario degli americani. È così che Agrifoglio stipula un accordo con Max Corvo, ufficiale italo-americano a capo della sezione italiana dell’OSS. Le due agenzie avrebbero svolto operazioni combinate, finanziate e supportate logisticamente dal servizio americano, cui sarebbe andato il compito di monitorare le reti nel Nord Italia. Il Servizio Informazioni, invece, avrebbe fornito agenti nell’Italia settentrionale, curato centri di documentazione e nominato un agente di collegamento. La joint venture funziona. Dal febbraio 1944 al maggio 1945, una cellula del SIM (Operazione Nemo) opera ininterrottamente, fornendo preziosi dati sulla situazione sociale, economica e militare dell’Italia occupata.

Agrifoglio si mostra un uomo all’altezza delle aspettative dei nuovi alleati. Ecco come lo descrive Corvo: «nel 1943, il direttore del SIM era il colonnello Agrifoglio, un veterano della I Guerra Mondiale col quale strinsi subito una calorosa amicizia». Come Corvo anche Agrifoglio ha origini siciliane e sull’isola entrambi godono di buoni contatti, indispensabili per costruire una rete di informatori che sia utile anche a fine conflitto.

I timori degli alleati, i sospetti di contatti con la mafia e il buen retiro in Sicilia

Dal 1944 comincia a delinearsi il futuro scenario della Guerra fredda, con il timore da parte Alleata di una vittoria dei partiti della sinistra più radicale nei paesi liberati dal nazismo come l’Italia. Le ansie sul futuro prossimo del nostro paese si riflettono anche nella composizione dei servizi ma in maniera paradossalmente opposta. Stando infatti a quanto scrive il giornalista dell’Herald Tribune – e agente dell’OSS – Peter Tompkins «la maggior parte delle operazioni SIM-SOE erano svolte da ufficiali di estrazione monarchica e nazionalista» che di fatto escludevano elementi repubblicani e socialisti.

Ma perché Tompkins, al profilarsi della Guerra fredda, appare così interessato a coinvolgere i partigiani italiani? I motivi sono due. Il primo è che l’agente dell’OSS, già capo di una struttura clandestina nella Roma occupata, ha fondato un proprio servizio informazioni, l’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana) (*) insieme ad antifascisti italiani. Il secondo è legato al fatto che non si fida di Agrifoglio, perché – si legge ancora nel suo libro L’altra resistenza– «il gioco di Agrifoglio era chiaro, avrebbe lavorato sia per gli inglesi sia per gli americani, infiltrando ambedue i loro servizi segreti a beneficio dei suoi veri padroni. Un esempio dell’etica della mafia italoamericana!».

Agrifoglio al servizio della Mafia? Un’accusa pesante e non supportata da prove certe. Vero, invece, è che il SIM lavorava contemporaneamente con il SOE e con l’OSS e che il colonnello, come accennato, conosceva bene il territorio siciliano.

In alcuni saggi dedicati allo spionaggio italiano, Agrifoglio è associato ad eventi cupi come la Strage di Portella della Ginestra o indicato come partecipante a riunioni di movimenti di estrema destra nel 1946. Si tratta però di dati scarni, non supportati da adeguata documentazione e che, quindi, non aiutano a ricostruire gli anni post bellici del colonnello.

Ciò che è certo è che con la nascita della Repubblica il SIM viene sciolto e rimpiazzato dal SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate) perché, malgrado l’impegno nella Guerra di Liberazione, il Servizio Informazioni Militare è pur sempre un retaggio del Regime fascista.

Ritiratosi in Sicilia e ormai in congedo, Agrifoglio si dedicherà per i restanti anni all’attività di imprenditore. Morirà nel 1948.

Una lunga e prestigiosa carriera, la sua, iniziata con un ‘rivedibile’ e terminata ai vertici dello spionaggio italiano.

Marco Petrelli su Sicurezza Nazionale

(*) Le azioni in appoggio della Resistenza, in fase di iniziale organizzazione, non rientravano nei piani dei servizi alleati. Invece il S.I.M. aveva interesse a che fossero appoggiate le organizzazioni “militari” nate dallo sbandamento dei reparti delle Forze Armate e che costituivano una forte opposizione alla tendenza in atto, nel nascente movimento partigiano italiano che andava assumendo connotazioni sempre più politiche di tipo comunista anti-monarchico. Il reclutamento del personale per i Servizi alleati avvenne direttamente oppure, in particolare per quanto si riferisce al personale militare, attraverso il S.I.M. o, a Napoli, attraverso una organizzazione messa in piedi, ai primi di novembre, da Raimondo Craveri, Mondo, genero di Croce, che si definiva Organizzazione Resistenza Italiana (ORI). Tale organizzazione raggiunse un accordo con l’O.S.S. in una apposita riunione che si tenne ad Algeri a fine settembre 1943. Fra i primi ad aderire vi fu il sottotenente medico di Marina Enzo Boeri, Giovanni, figlio di un ex deputato antifascista, che all’armistizio si trovava a Napoli. Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale – Anno XXIX – 2015, Editore Ministero della Difesa

Dopo l’otto settembre, l’indecisione tra i partiti di iniziare la lotta armata per la sconfitta definitiva e la cacciata dell’invasore tedesco, mi fa decidere, insieme ad altri sei amici di partire in bicicletta per raggiungere le truppe alleate e unirci a loro per riscattare la nostra Patria dal fango fascista. Raggiungiamo Bari, poi Napoli, da poco liberata e con altri venti antifascisti, alla testa dei quali era Raimondo Craveri e l’appoggio di Benedetto Croce, costituiamo l’ORI (Organizzazione della Resistenza Italiana) che a sua volta viene accolta dall’O.S.S. (Servizio Segreto Americano) e dopo un accelerato corso di formazione divento agente del servizio strategico americano e ufficiale di collegamento tra l’esercito alleato e le formazioni partigiane del nord. Durante i venti mesi della Resistenza svolgo quattro missioni in territorio nemico. Con sempre al fianco un radiotelegrafista vengo sbarcato da un sottomarino alle foci del Po. In seguito sono paracadutato in Toscana. La terza volta attraverso la linea tedesca sull’appennino bolognese e la quarta volta vengo paracadutato al Lago del Mortirolo dove finisco la guerra il primo maggio 1945. Ennio Tassinari su Patria Indipendente,  23 luglio 2006

Non era mancata nei giorni immediatamente successivi alla fine della guerra una pagina illuminante che la diceva lunga sul ruolo che avrebbe avuto l’Oss nella storia d’Italia.
Alcuni marò della X Mas di Junio Valerio Borghese, fatti prigionieri nell’Italia del Nord, ed ex-agenti segreti del Governo del Sud, erano stati trasferiti a Villa Rosmini di Blevio sul lago di Como per frequentare un corso accelerato per croupier da utilizzare al casinò di Campione d’Italia, prossimo alla riapertura dopo anni di paralisi.
L’interesse mai sopito degli Alleati e degli gnomi italo-svizzeri per il ‘tavolo verde’, si era realizzato, garante dell’operazione quel Felice De Baggis, sodale dell’agente Jones, poi sindaco dell’énclave dal 1951 per un ininterrotto trentennio.
Nelle stesse ore gli Alleati avevano aperto la caccia a Mussolini. Lo avrebbero voluto vivo per affidarlo alle Nazioni Unite, come prevedeva la clausola n. 29 del Lungo armistizio del 29 settembre 1943 firmato a Malta sulla corazzata ‘Nelson’ da Einsenhover e Badoglio, ma era loro sfuggito malgrado il massiccio impegno dei servizi segreti di Emilio Daddario e Max Corvo. Erano stati bruciati sul tempo dalla ‘missione’ del Cvl-Clnai di Walter Audisio e Aldo Lampredi. Ma questa è un’altra storia. Franco Giannantoni in paginauno, 10 giugno 2010

È interessante comprendere una delle ragioni per cui, seppur non principale, il S.I.M. cambiò denominazione dal l0 gennaio 1945: nel l944 il Servizio era stato oggetto di numerosi attacchi stampa (ad esempio sull'”Unità” del 21 settembre; su “l’Italia Libera” del 6 e 7 novembre); gli articoli erano diretti particolarmente contro il S.I.M./C.S. che tra l’altro proprio in quel momento non era così ‘indipendente’, come sottolineato nella stampa, considerato che esso collaborava, sotto la direzione del Comando alleato, con quei reparti preposti alla sicurezza del settore operativo nazionale. Era però quello il momento del processo a Roatta (come già ricordato), a Suvich e altri ex potenti del fascismo, per i delitti del precedente regime.
Naturalmente la stampa italiana si gettò sulle notizie del processo e su quelle che uscivano dalle sue carte, per chiedere l’immediato scioglimento di un organismo tanto nefando per la Nazione, dimenticando quello che era stato fatto nel settore militare e non volendo riconoscere che comunque ogni Stato necessitava e necessita di un servizio informativo, proprio per la sicurezza in tema e dei propri confini.
Sul S.I.M., che indubbiamente aveva avuto delle devianze nel periodo di comando di Roatta, dovute anche alla commistione degli incarichi politici e militari attuati nel periodo fascista – commistione che aveva portato anche ad una sovrapposizione di competenze e di responsabilità- si scaricò parte della rabbia e della rivolta popolare contro il regime, che si era praticamente auto-cancellato con l’Ordine del Giorno “Grandi” nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943.
La struttura del nuovo ente di controspionaggio, la sua articolazione e l’attività del momento non erano ovviamente conosciute e quindi gli strali popolari, in un ambiente reso incandescente da un conflitto civile non ancora sopito, dalla sete di punizione verso coloro che del potere avevano fatto un uso personale e ‘disinvolto’, si appuntavano su un Servizio che veniva assimilato con superficialità, alla tristemente famosa O.V.R.A.
Del resto, anche gli alleati, agli inizi della collaborazione, ebbero l’opinione che il S.I.M. e lo stesso Comando Supremo “rappresentassero una corrente politica o meglio fossero l’espressione del Governo italiano dell’epoca” <17, ove per Governo si intendeva anche quello di Badoglio, idea nata dai movimenti di vari partiti politici, contrari a quel Governo di strana transizione, con a capo un militare che, nonostante il fallimento di Caporetto, aveva fatto una rapida carriera militare giungendo fino all’incarico apicale sotto il fascismo. Gli attacchi della stampa non furono graditi neppure agli anglo-americani. L’ufficiale di collegamento del Comando Alleato richiamò l’attenzione dei suoi superiori e quella del Capo dell’Ufficio Censura Stampa Radio sul problema, affinché prendessero provvedimenti atti a vietare la pubblicazione degli articoli, ritenuti lesivi del proprio operato dagli stessi americani e pericolosi per il completamento dell’opera di liberazione del territorio italiano.
Per sopire l’opinione pubblica, il presidente del consiglio lvanoe Bonomi pensò di inviare un comunicato stampa ai giornali per far sapere che il S.I.M. non esisteva più, sostituito da un Ufficio Informazioni e Collegamento […]
17) Carteggio Messe, L13 b. 6. e Il Servizio Informazioni Militare italiano…, cit. p. l07 e ss, che riprende integralmente la relazione fatta per il generale Messe.
Maria Gabriella Pasqualini, Op. cit.