Rastrellamenti, impiccagioni di partigiani e civili, violenze di ogni tipo erano il macabro scenario che faceva da sfondo alla storia di Donato Della Porta

Saviore dell’Adamello (BS). Fonte: Val Saviore

[…] Donato Della Porta di Arcangelo e di Castellaneta Maddalena, nasce a Turi (Ba) il 17 marzo 1922. Abita a Francavilla, città d’origine paterna, e lavora, come quasi tutti i ragazzi della sua età in quel periodo, come contadino. Presta il servizio militare, come soldato semplice, in una postazione di fanteria della zona di Grevo in Valsaviore – provincia di Brescia. Nel clima di estrema confusione e sbandamento per centinaia di migliaia di militari italiani, provocato dall’annuncio dell’armistizio con gli angloamericani dell’8 settembre 1943, Donato compie subito la sua scelta di campo. La lettera firmata da Antonino Parisi, Comandante della 54^ Brigata Garibaldi, ed inviata l’1 ottobre del 1945 al Sindaco di Francavilla, attesta che Donato Della Porta già l’8 settembre 1943 è tra gli organizzatori dei primi gruppi partigiani. La determinazione e il coraggio mostrati nelle azioni di combattimento e le sue capacità organizzative portano i comandi della 54^ Brigata Garibaldi ad affidargli la guida di squadre partigiane.
L’estratto storico della organizzazione e dell’attività militare della 54^ Brigata d’assalto Garibaldi “Bortolo Belotti” – Valle Camonica, dal settembre 1943 all’aprile 1945, documenta che Donato Della Porta è Comandante Militare del Battaglione di Prà con sede in Valle di Saviore.
Nel gelido dicembre 1944 la polizia fascista procede a pesanti azioni di rastrellamento nei centri abitati senza dare tregua nelle zone di montagna.
Donato Della Porta muore, combattendo da eroe fino all’estremo sacrificio della vita, la mattina del 9 dicembre 1944 nella baita in località Baulé.
Nel rapporto della Guardia Nazionale Repubblicana redatto l’11 dicembre 1944 è riportato:
“Il mattino del 9 dicembre 1944 una squadra di militi della G.N.R. in forza al presidio di Capo di Ponte in un’azione di rastrellamento riusciva a circondare nella zona di Ponte di Valsaviore [Frazione del comune di Saviore dell’Adamello (BS)] una cascina nella quale era asserragliato un gruppo di terroristi particolarmente pericolosi appartenenti alla 54^ Brigata comunista “Garibaldi”.
Nel duro combattimento che ne seguiva, durato circa 4 ore, venivano uccisi 2 russi ed un italiano (tale Donato – Vice capo di una squadra della Garibaldi) mentre solo, perché costretti dall’incendio della baita ove si trovavano, i tre ribelli superstiti finalmente si arrendevano e consegnavano le armi.”
Altre notizie relative al combattimento avvenuto nella cascina in località Baulè del Comune di Valsaviore, ricostruiscono le ultime ore di vita di Donato Della Porta:
‘(…) Un ragazzo di Grevo, Lodovico Tosini, in servizio nei reparti della SS italiana, recatosi sui monti di Cevo per scrutare i ribelli, era stato catturato dai garibaldini. La posizione del prigioniero appariva grave, ma in suo favore giocò la giovane età: non aveva ancora compiuto i 16 anni. Mentre alcuni patrioti propendevano per la fucilazione, ad altri ripugnava uccidere a sangue freddo un ragazzino. La questione fu decisa dal russo Michele Dostojan: congedato con un calcio nel sedere, l’adolescente venne sollecitato a rigare diritto. Era il tardo pomeriggio dell’8 dicembre e, invece di ringraziare la sorte benigna, il giovane milite corse difilato al presidio della Gnr di Capodimonte, raccontando di essere appena sfuggito ai fuorilegge e di conoscerne il rifugio. In nottata il maggiore Spadini e il comandante del presidio germanico di Breno allestirono un rastrellamento, guidato dal Tosini.
Alle ore 7 del 9 dicembre la baita fu circondata da una cinquantina di militi. I sei garibaldini si trovarono in trappola senza vie d’uscita: la baita poco si prestava alla difesa, ma i partigiani decisero di respingere le intimazioni di resa e s’ingaggiò una furibonda sparatoria. I fascisti richiesero rinforzi e poi, strisciando dal lato a monte (che i difensori non riuscivano bene a controllare data la mancanza di finestre: avevano scostato alcune tegole), diedero fuoco alla cascina. Donato Della Porta, con l’idea di salvare gli altri partigiani, uscì fuori gridando di essere il comandante del gruppo. Fu subito colpito a morte accasciandosi nella neve alta mezzo metro. Costretti dall’incendio i partigiani Andrè Jarani, Franco Ricchiulli e Bruno Trini si arresero, A resistere nel casolare in fiamme restarono Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli. Dopo essersi battuti sino allo stremo delle forze i due capirono che non potevano fare più nulla e scelsero di suicidarsi per non cadere in mano nemica.
Della Porta, ancora rantolante dalla baita in fiamme, venne trasportato nella canonica di Valle e spirò sul tavolo della cucina, sotto gli occhi attoniti del parroco don Francesco Sisti.”
Il parroco Francesco Sisti riporta sul Registro dei Morti della Parrocchia “San Bernardino” di Valle di Saviore ‘Della Porta Donato, da Francavilla (Brindisi). Rimasto orrendamente ferito nel medesimo giorno e nella medesima vicenda venne trasportato nella Casa Parrocchiale e amorevolmente curato e assistito. Morì verso sera dello stesso giorno dopo aver ricevuto i Sacramenti della Confessione, Viatico e Estrema Unzione con edificante pietà. Venne caritatevolmente funerato il 15-XII-44 e sepolto il 22-XII-44 in questo cimitero’.
Il 10 maggio 1946, la Commissione per il riconoscimento qualifiche di partigiani in Lombardia decretò il ‘diritto alla qualifica di Partigiano caduto, appartenente alla 54^ “Brigata Garibaldi” dall’1 novembre 1943 al 9 dicembre 1944’.
Il 24 settembre 1965, il Comandante del Distretto Militare di Lecce, in modo apprezzabile, conferì a Donato Della Porta, per l’attività partigiana, la Croce al merito di guerra.
In occasione del 25 Aprile 2013 il Comune di Saviore dell’Adamello in provincia di Brescia ha ristrutturato la baita in località Baulè, luogo dove tre giovani immolarono le loro vite, realizzando un museo ed apponendo una lapide a perenne ricordo del gesto eroico.
La salma di Donato Della Porta viene riportata a Francavilla il 16 novembre 1945 e collocata nel campo dei caduti in guerra. Oggi riposa nella cappella di famiglia.
(note di Alessandro Rodia)
Redazione, Il 9 dicembre Francavilla F. ricorda la morte eroica del partigiano Donato Della Porta, ANPI Brindisi, 2 dicembre 2014

Archivio Sandro Rodia. Fonte: Saverio Nisi, art. cit. infra

[…] “Il Brindisino” fu il nome di battaglia di Donato all’interno della 54esima Brigata Garibaldi, ben voluto non solo dai suoi compagni partigiani, ma anche da tutti quei cittadini, resistenti, che lo aiutarono nell’approvvigionamento di viveri e medicinali. Il coraggio dimostrato in poco tempo nelle azioni militari e in quelle di pattuglia gli valsero il grado di comandante militare del Battaglione di Prà di Prà con sede in Valle di Saviore. Un luogo letteralmente assediato dalla presenza nazifascista e per questo molto pericoloso. Basti pensare che il 3 luglio 1944, durante i funerali di un partigiano che si tenevano a Cevo, il paese fu dato alle fiamme da un reggimento della RSI e bruciò per tre lunghi giorni. Rastrellamenti, impiccagioni di partigiani e civili, violenze di ogni tipo erano il macabro scenario che faceva da sfondo alla storia di Donato Della Porta.
La situazione peggiorò con l’inverno del 1944, non solo per le temperature rigide che provavano il fisico, ma soprattutto per le azioni di repressione e violenza a cui i nazifascisti sottoposero l’intera popolazione. Uomini, donne, bambini, partigiani, furono catturati, torturati e trucidati senza alcuna distinzione. E i prigionieri che non morivano, venivano deportati nel campo di sterminio di Mauthausen. A Donato e alla sua squadra spettava l’unico compito possibile: resistere. E per il nostro concittadino la resistenza durò fino al 9 dicembre 1944. A essergli fatale fu una spia di 16 anni e l’animo nobile di un compagno.
I primi giorni di dicembre la sua squadra aveva catturato Lodovico Tosini, un ragazzo di Grevo in servizio presso le SS italiane che aveva il compito di spiare i ribelli. Nel gruppo di Donato erano in molti a pensare che non si dovesse uccidere un ragazzino. La sua punizione fu un calcio nel sedere e il consiglio fraterno di comportarsi bene. Invece quel ragazzino, l’8 dicembre, tornò di corsa al presidio della Guardia Nazionale di Capo di Ponte e raccontò tutto ai suoi superiori. Da lì si organizzò un rastrellamento per la notte, che sarebbe stato guidato proprio dal giovane Tosini.
Donato e altri partigiani della Brigata Garibaldi, attardatisi per una riunione di comando che si era tenuta a Cevo di Valsaviore, avevano deciso di trovare rifugio all’interno di una baita a Baulè di Ponte di Valsaviore, anche perché il freddo e la neve rendevano difficoltosa la risalita presso la base. Scelta che risultò fatale. I sei partigiani furono accerchiati alle sette del mattino. Non c’era via d’uscita, se non quella di resistere rispondendo al fuoco nemico. Ci fu una sparatoria lunga quattro ore, fino a quando i nazifascisti riuscirono a dare fuoco alla cascina. A questo punto Donato Della Porta pensò quello che ogni comandante avrebbe pensato: salvare il resto del gruppo. Uscì fuori dalla baita, gridando di essere il comandante. Così fu colpito a morte. L’incendio nel frattempo aveva quasi interamente distrutto la baita. André Jarani, Franco Ricchiulli e Bruno Trini si arresero. Gli altri due invece, Mekertich Dashetojan e Zimmerwald Martinelli, continuarono a resistere fino a quando capirono di non poter fare più nulla. Scelsero di morire per mano propria che per quella del nemico, suicidandosi.
Donato non era ancora morto e don Francesco Sisti, parroco della Parrocchia “San Bernardino” di Valle di Saviore, aiutato da altri quattro ragazzi, fece di tutto per salvargli la vita. Ma dopo ore di sofferenze “Il Brindisino” spirò sul tavolo della cucina della canonica. Era il 9 dicembre 1944, aveva appena 22 anni. Tosini, il sedicenne che non aveva saputo cogliere il senso di quell’atto magnanime, qualche anno dopo sarebbe entrato in convento, mangiato dal rimorso.
Ecco perché Cevo e il suo Sindaco. Donato Della Porta è stato identificato da subito come un eroe della Liberazione, tanto amato in Valsaviore da meritare una poesia scritta da Benita Surioni e riportata nel libro già citato di Rodia, e da trovare oppositori nella volontà della sua famiglia di riportare la salma a Francavilla. Cosa che è avvenuta il 16 novembre 1945. Ancora una volta con scene degne di una pellicola: a bordo di un autocarro Lancia, accompagnata da due carabinieri e sei rappresentanti della Brigata Garibaldi. E ogni tappa che la salma faceva nel ritorno verso la sua prima casa e la sua prima vita era scandita da manifestazioni di solidarietà e commozione.
Valerio Nisi, In ricordo di Donato Della Porta, partigiano ed eroe francavillese, Petrolio. Allora è vero, 24 aprile 2020