Sulla Missione Rye (1)

Verona
Fonte: Verona… cit. infra

La missione RYE era costituita dal capo missione, il capitano Carlo Perucci, Eugenio, o il Professore, addetto il caporal maggiore Bruno Avigo, Allievo, sottocapo radiotelegrafista Gian Paolo Marocco, Marelli. Era diretta in Veneto nella zona di Verona e provincia. Per la cattura della radio i due superstiti della missione si collegarono con la base soltanto ai primi di giugno 1944 attraverso l’apparecchio radio della missione MRS. Secondo Massimo Rendina, (49) la missione costituì il comando operativo di quattro formazioni partigiane del veronese: – Brigata Anita Garibaldi, comandata da Cesare Albertini, operante nella zona di Villafranca, con reparti operanti a Bagnolo di Nogarolo, Buttapietra, Castel d’Azzano, Rocca, Riverbella, Vigasio e nella Bassa veronese; – Gruppo Leone, comandato dal tenente Bongiovanni, operante a Cologna Veneta e Isola della Scala; – Battaglione Montanari, comandato da Ugo Sitta, operante nella città di Verona; – Battaglione Tregnano, comandato da Alessandro Canestrari, operante nella Bassa Veronese. Gli Alleati la considerarono una missione fallita.
49) M. Rendina, Dizionario della Resistenza italiana, Roma, Editori Riuniti, 1995, p. 204.
Giuliano Manzari, I sommergibili italiani dal settembre 1943 al dicembre 1945, Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Dicembre 2011

Dopo l’arresto tra la fine di giugno e i primi di luglio 1944 del primo Cln veronese, per un po’ il lavoro politico-militare nella provincia di Verona fu svolto dal cattolico Carlo Perucci <338, capo della missione Rye. Questa era composta da elementi, sbarcati da un sottomarino alle foci del Po, il 30 novembre 1943, con il compito di svolgere attività di spionaggio militare nel Veronese. Scopo della missione di Perucci era anche di mantenere un certo controllo sul movimento partigiano formatosi spontaneamente, facendolo confluire nel movimento armato di liberazione, guidato dal comando militare italiano di Brindisi <339.
I membri della missione Rye erano certamente antifascisti, ma anche anticomunisti. Per questo osteggiavano il Cln e la stessa Democrazia Cristiana (Dc) che vi aderiva, e consideravano De Gasperi uno strumento dei comunisti per prendere il potere. Quelli della missione Rye erano ugualmente convinti che l’unità operativa delle forze antifasciste predicata dal Cln avrebbe finito con il condurre i comunisti al potere <340.
L’azione anticomunista dei membri della missione militare Rye è confermata dal partigiano comunista Romano Marchi che parla di «azione denigratoria» da loro svolta «intesa a far passare noi garibaldini come degli anarchici fuori legge, desiderosi di bottino; dei comunisti che operavano per preparare la conquista violenta del potere a liberazione avvenuta» <341.
Così Gianfranco De Bosio, membro del Cln, si esprime su Perucci e don Giacomo Gentilin, uno dei molti preti che lo appoggiarono: «Il professore Perucci in un suo scritto mi ha definito un giovanotto spericolato. Il loro cappellano era don Gentilin, parroco di San Michele Extra, un centro della Missione dove avevano una trasmittente. Don Gentilin era un mio nemico giurato, una figura irruente con un occhio di vetro che ne esaltava l’aspetto mefistofelico» <342. «Gianfranco De Bosio – scrive di sé lo stesso De Bosio – il troppo giovane rifondatore d’una ideale Democrazia Cristiana, modellata dai suoi entusiasmi, sentiva come avversari quelli della Rye; in verità Perucci con altri amici alla fine della guerra promuoverà il Movimento dei Liberi Lavoratori, fiero contestatore della nuova Democrazia Cristiana» <343.
La missione Rye – conferma Paride Piasenti – «si avvalse delle strutture capillarizzate dell’Azione cattolica veronese. Erano i tempi in cui ogni campanile della Diocesi poteva ospitare una ricetrasmittente clandestina, a cominciare da quello del Duomo» <344.
In ogni caso Verona ebbe presto un nuovo Cln, ricostituito nelle persone di Idelmo Mercandino, comunista, Giordano Loprieno, socialista d’unità proletaria, Gianfranco De Bosio, democristiano, e Vittorio Zorzi, del partito d’azione, che ne era il presidente.
338 Carlo Perucci nasce a Città di Castello nel 1914 e ancora fanciullo viene portato a Verona. Professore di italiano e latino al liceo classico Maffei, tra il 1936 e il ’39 è presidente dei giovani di Azione Cattolica. Resosi inviso per il suo integralismo religioso, viene trasferito al liceo classico di Arpino (Frosinone). Chiamato alle armi, l’armistizio lo coglie in Dalmazia, da dove riesce a sfuggire alla cattura da parte dei tedeschi approdando a Brindisi con il proprio reparto del 79º reggimento fanteria. Perucci muore a Brescia nel 1975. Scritti e documenti della resistenza veronese, cit., p. 214.
339 Scritti e documenti della resistenza veronese, cit., p. 214. L. Rocca, La missione militare Rye, in Sui sentieri della libertà. I luoghi della Resistenza sulla montagna veronese, cit., pp. 188-189.
340 G. De Bosio, I Cattolici e la Resistenza a Verona, in La memoria per il futuro, Atti del convegno per commemorare il 50º anniversario della liberazione dell’Italia e per ricordare Guido Gonella: un padre della repubblica, Verona, Diocesi di Verona – Centro Toniolo, 1996, p. 68.
341 R. Marchi (Miro), La Resistenza nel veronese. Storia della Divisione Avesani, cit., p. 49.
342 F. Bozzini, Destini incrociati, cit., pp. 69-70.
343 G. De Bosio, I Cattolici e la Resistenza a Verona, cit., p. 68.
344 P. Piasenti, Il sacrificio dei Cattolici deportati, in La memoria per il futuro, cit., p. 72. Sulla trasmittente del Duomo ci informa Giovanni Dean in Scritti e documenti della resistenza veronese, cit., p. 216.
Francesco Vecchiato, Tra guerra e guerra fredda. La rinascita di Verona dalle macerie del conflitto mondiale (1945-1959), in Verona la guerra e la ricostruzione (a cura di Maristella Vecchiato), Rotary Club Verona Nord, Anno rotariano 2006-2007

A Verona, dove le spie dei nazifascisti sono numerose, ai primi di luglio vengono arrestati tutti i componenti del secondo CLN provinciale (il primo era stato pure completamente arrestato già il 25 novembre 1943).
Il presidente del CLN veronese, il professor Francesco Viviani, l’intellettuale antifascista più rappresentativo di Verona, viene arrestato mentre suona il pianoforte nella sua casa di via Cappello, sempre incurante della propria incolumità. Dopo aver subito per quindici giorni le torture più crudeli nella prigione di Montorio e successivamente in quelle degli Scalzi, finirà nel lager di Buchenwald. Sopporterà il suo calvario con ammirevole dignità. Morirà il 9 aprile 1945 ricordando la luce della sua Verona, come sarà testimoniato da Giovanni Longhetto, reduce dallo stesso lager.
Di fronte alla grave situazione, il capitano Carlo Perucci, capo della missione militare RYE operante nella provincia di Verona con lo scopo di salvare la precaria resistenza veronese priva del CLN, cerca di stringere un accordo con Giuseppe Marozin per unità d’azioni antitedesche.
Intanto per diretto intervento nella città scaligera di Egidio Meneghetti, figlio di Verona, a fine luglio viene costituito un terzo CLN provinciale con Gianfranco De Bosio della DC, Renato Tisato del Pd’A e Carlo Melloni del PCI.
Nel veronese il comandante Giuseppe Marozin con i suoi partigiani combatte a Vestenanova, a Campofontana e nella Valle del Chiampo. Successivamente con la sua “brigata Pasubio” attacca il 1O agosto il grosso presidio di Monteforte d’Alpone. A rafforzare le forze partigiane, a render più valido il nuovo CLN veronese, la “brigata Garemi” invia un nucleo di sette uomini sul monte Baldo, che costituiscono la prima formazione comunista operante nella provincia di Verona. Cresciuta rapidamente e divenuta “brigata Avesani”, il 7 settembre conquisterà e presidierà temporaneamente il paese di Ferrara di Monte Baldo.
Pietro Galletto, La Resistenza in Italia e nel Veneto, Comuni di Limena e di Vigonza, Giovanni Battaglin Editore, 1996

Carlo Perucci, il “professore” della missione militare Rye, in una foto del dopoguerra
Fonte: Sergio Spiazzi, Op. cit. infra

La Missione Rye, i resistenti, i patrioti e i deportati politici
Finita la guerra, il capitano Carlo Perucci <47 stese una “Relazione sull’attività organizzativa svolta dalla Missione Rye”, nella provincia di Verona, dal dicembre 1943 al 30 novembre 1944.
La missione doveva, inizialmente, avere un generico compito informativo. Serviva ad individuare e controllare il traffico ferroviario in transito per la stazione di Verona Porta Nuova e, solo successivamente, conoscere la situazione delle “bande patriottiche” che si erano formate sui Lessini, sul Baldo ed in Trentino (dopo l’8 settembre 1943), con il compito di riorganizzarle sotto l’egida del governo Badoglio.
Fu soprattutto il gruppo di Marozin, detto “Vero” (comandante prima del battaglione “Danton”, poi delle brigate “Vicenza” e “Verona” e successivamente, nel marzo 1944, della “Divisione Patrioti Pasubio”), che era riuscito ad aggregare più di 1000 persone (di cui solo 500 veramente organizzate militarmente) tra sbandati, renitenti, ribelli, patrioti e resistenti per la libertà, ad essere per primo contattato, per capire se fosse stato possibile trattare con lui, per un accordo di collaborazione.
Il Marozin <48, personaggio controverso, operava tra il veronese orientale ed il vicentino, qualcuno lo definiva un “brigante”.
Il Perucci quindi si espose oltre i suoi incarichi, informando gli alleati sugli obiettivi da colpire ed organizzando nel veronese diversi sabotaggi a ponti, linee telefoniche e linee ferroviarie.
Il Perucci, già presidente dell’Azione Cattolica giovanile veronese, cattolico tradizionalista, poteva essere la persona adatta per la missione, in quanto poteva servirsi di una rete di conoscenze, di sacerdoti e di patrioti fidati, pronti a dare una mano alla causa cattolica, di fronte al pericolo di un’Italia post-bellica comunista.
Carlo Perucci, non ancora trentenne, venne quindi nominato comandante della missione militare Rye <49, dipendente dallo S.M.R.E. (Stato Maggiore del Regio Esercito), che partì da Brindisi il 26 novembre 1943 alle ore 16,30. Il Perucci prese il comando con il nome in codice di “professore”.
A bordo del sommergibile “Nichelio”, il Perucci (“professore”), assieme al suo compagno di missione, il caporal maggiore Bruno Avigo (“allievo”), che doveva fungere da aiutante e al marconista Gianpaolo Marocco (“Marelli”). I tre della Rye, per una serie di contrattempi, dovettero condividere lo spazio del sommergibile con altre due missioni militari: la Orchard e la Rich <50.
Dopo 4 giorni di navigazione, tra vari contrattempi, le tre missioni vennero pericolosamente sbarcate, tutte insieme, tra le foci del Po e dell’Adige.
Nell’avvicinamento ai luoghi di destinazione i componenti delle tre missioni si divisero, alcuni vennero fatti prigionieri, tra cui il “Marelli” <51.
Il Perucci, da Rovigo, con l’aiuto di alcune persone, riuscì ad arrivare dall’amico curato di Cerea, ma arrivò senza il marconista e quindi senza la fondamentale radio trasmittente.
Successivamente, riuscì a ricontattare l’”allievo” a Verona presso la trattoria “Valbusa” di Corso Porta Nuova, dove: “…Cesare Valbusa, la figlia Lucina, coraggiosa e gentile, il cugino Cesare Bottura ed il loro ospite Nino Parisotto, aiutavano ricercati a nascondersi e si dedicavano con successo a proteggere perseguitati e, soprattutto, ebrei.” <52.
L’”allievo”, Bruno Avigo, aveva fatto il servizio militare a Verona e conosceva la trattoria “Valbusa” ed i suoi frequentatori.
Fu qui che ai primi di dicembre del 1943, il “professore” e l’”allievo”, coinvolsero Cesare Bottura nella missione Rye, chiedendogli dei documenti falsi.
La mancanza della radio non permise al Perucci di operare subito, ritardando quindi l’operatività della missione almeno fino a giugno del 1944. Non sappiamo se la nuova radio trasmittente, utilizzata dal giugno 1944, fosse quella di Everardo Provolo, di professione mugnaio al mulino delle Quattroruote di San Martino Buon Albergo.
Il “professore” riuscì, con l’appoggio e la copertura di diversi parroci amici, a creare una rete di fidate persone del mondo cattolico, che aiutarono il Perucci soprattutto nel suo intento di organizzare e militarizzare le bande di patrioti, dall’estate del 1944 e almeno fino all’inverno 1944-1945.
Furono soprattutto i parroci di San Michele Extra, Zevio, S. Maria di Zevio e Tarmassia, che ospitarono, nei loro locali e nelle soffitte delle parrocchie, numerose riunioni dei componenti del Comando della Rye e forse sono stati alcuni di questi parroci a far conoscere al Perucci i sanmartinesi Everardo Provolo e Luigi Gottardi.
Non sappiamo se in paese ci fossero delle organizzazioni tra loro collegate ma secondo Carlo Perucci, comandante della missione Rye: “I patrioti di Marcellise vennero guidati alla lotta dal marconista Coen Benedetto (“Leone”) dipendente dalla Missione”, mentre “S. Martino B.A., priva di comandanti del Comitato ha agito d’iniziativa.”
In realtà c’era una persona a San Martino che si era incrociata con il “professore” fin dal maggio 1944, era Everardo Provolo <54, detentore di una radio trasmittente clandestina utilizzata anche dal Perucci.
Il Perucci venne ospitato per due mesi a casa di Everardo Provolo “…nelle vicinanze di San Martino Buon Albergo…” e in quel periodo il paese divenne il centro dell’attività della missione.
Incontri importanti si fecero anche con i rappresentanti del secondo CLN di Verona: “Secondo Quattrina (sottuff. Ernesto Quattrina), l’ordine di incontrare un inviato della Missione militare arrivò in giugno e l’incontro avvenne a San Martino Buon Albergo, presenti Ricca (col. Umberto Ricca), Quattrina e «l’inviato (che risultò poi chiamarsi cap. cpl. Perucci Carlo), generalità che lo stesso mai declinò, nonostante la nostra presentazione al primo incontro.»” <55. […]
47 M. ZANGARINI, Storia della Resistenza veronese, nota 48 a pag. 103. “Carlo Perucci (Città di Castello 1914 – Brescia 1975) era stato insegnante di italiano e latino al liceo classico Scipione Maffei di Verona. Fra il 1936 e il 1939 era stato presidente dell’Azione Cattolica giovanile di Verona e, per il suo intransigentismo, si era attirato l’odio della locale Federazione fascista; per questo fu trasferito al liceo classico di Arpino in provincia di Frosinone. Richiamato alle armi, con il grado di tenente di complemento, il 25 luglio riuscì a lasciare la Dalmazia e raggiungere Brindisi.”.
48 Il Comandante Giuseppe Marozin “Vero”, come lui si faceva chiamare, originario di Arzignano, era un ex miliziano che aveva operato, durante la guerra di Spagna, dalla parte di Franco. Il 25 luglio prese parte ad una manifestazione a Milano (festeggiando la caduta di Mussolini) probabilmente con dei badogliani. Dopo l’8 settembre si trasferì nella zona della val di Chiampo fondando il “battaglione Danton” con altri 18 fidi compagni, accogliendo successivamente sbandati, irregolari, renitenti, ex fascisti, pronti a combattere per la “libertà dell’Italia” in una aggregazione o “banda”, come veniva definita, di tipo badogliano. All’inizio del ’44, allargandosi lo schieramento che superava ormai le 200 unità, Marozin decise di chiamare il gruppo “brigata Vicenza” per poi aggiungere sui Lessini la “Brigata Verona”, fino a chiamare il gruppo “Divisione Patrioti Pasubio” che contava oltre 500 unità armate. Alla fine della primavera del 1944 il PCI decise di contrapporre al Marozin una formazione partigiana di tipo garibaldino organizzata nelle zone di Schio e Bassano chiamata “Brigata Ateo Garemi”. Marozin era sostanzialmente un “combattente” (si definì anche primo partigiano d’Italia) che pensava utopicamente di assoggettare a se, trattando con i nazi-fascisti, parte del territorio di Verona e Vicenza (sopra la Statale 11) per imporre il suo controllo. Le regole erano militari e nessuno poteva sgarrare. Il Comandante “Vero” poteva decidere sulla vita e sulla morte dei suoi combattenti. Nei paesi e nelle valli del veronese orientale si macchiò di numerose rapine, ruberie e rappresaglie contro la gente. Gli scontri con i miliziani e i tedeschi, provocarono decine di morti, anche tra la popolazione innocente. Il C.L.N. di Vicenza lo aveva condannato per aver trattato con il regime e per aver depredato decine di cavalli ai contadini per la sua causa. Si contarono a carico del suo gruppo più di 150 morti. Ad agosto il Perucci, della Missione Rye, riuscì a contattare il Marozin per convincerlo a combattere per il Re e Badoglio. Ma il 12 settembre del 1944, poco dopo che il Marozin iniziava degli incontri per trattare con i tedeschi e le milizie della R.S.I., venne accerchiato da 12.000 tra miliziani e tedeschi. Riuscì a scappare dalla montagna e rifugiarsi verso ovest a Milano, con alcune decine di fedelissimi. Il giorno della liberazione divenne famosa la sua presenza sul palco, con la sigaretta in mano, a lato del futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Eseguì, tra le altre cose, la fucilazione, avvenuta il 30 aprile 1945, (lui disse per ordine di Pertini, che non ammise mai tale ordine), dopo un sommario processo, dei famosi attori di regime Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, rei di aver aderito alla R.S.I. e alla Xa Mas di Julio Valerio Borghese e di aver presenziato a villa Trieste a diverse torture fatte ai partigiani. Nel 1960 il Marozin subì un processo per gli ordini da lui dati, come comandante, per le diverse esecuzioni eseguite direttamente o dai suoi fedelissimi. Alla fine fu assolto, per i fatti a lui attribuiti, in quanto successi nel periodo di lotta antifascista.
49 Il nome Rye in inglese significa “segale”. Non ho trovato altri significati sul codice utilizzato se non di una “sigla marconigrafica” che si trova scritta come: Rye, RYE o R.Y.E..
50 Dobbiamo ricordare che dall’8 settembre 1943 alla fine della guerra, le missioni militari organizzate dal Regno del Sud (Governo Badoglio), insieme agli alleati, furono una ventina. Le missioni militari avevano vari obiettivi tra cui quella informativa di controllo e trasmissione di dati, riguardanti le strutture militari, ma anche infrastrutturali, da bombardare. Aiutare con aviolanci di materiale militare e denaro i gruppi di resistenti e patrioti. Controllare lo spostamento di truppe nemiche, sabotaggi ecc….
51 Marocco Gian Paolo nato il 1° aprile 1920 a Varese, marconista della missione Rye. Venne arrestato poco dopo lo sbarco dal sommergibile Nichelio (1 dicembre 1943). Venne internato nel Lager di Bolzano e qui soppresso dalla Gestapo il 12 settembre 1944, attraverso fucilazione, insieme ad altri 22 italiani (di cui nove appartenevano a missioni militari). Lo stesso giorno i 23 vennero sepolti in una fossa comune (CARLA GIACOMOZZI [a cura], pag. 23. Un eccidio a Bolzano, Bolzano, 2011).
52 R. LUGHEZZANI – C. TANGA, VERONA MEDAGLIA D’ORO 1943 – 1945 luoghi, testimonianze e fatti, pag. 46, Verona, 2000. La trattoria “Valbusa” si trovava dove ora si trova l’” Hotel Verona” in Corso Porta Nuova n.47.
53 G. CAPPELLETTI, I cattolici e la resistenza nel veronese, riproduzione foto pag. 47, Verona, 1981.
54 Il 27 aprile 1951 venne trasmesso al partigiano Combattente Provolo Everardo di Adolfo il brevetto croce al merito di guerra.
55 M. ZANGARINI, Storia della resistenza veronese, pag. 157, Verona, 2012. Da altre fonti: il sott.uff. Ernesto Quattrina (nome di battaglia “Colombo”) fondò il gruppo “Valpolicella” che divenne successivamente “Banda Armata Aquila” formata anche da diversi partigiani già alpini. Il comando del gruppo venne assunto nel maggio del ’44 dal col. Umberto Ricca. Nella primavera del 1944 il gruppo passò sotto il controllo della missione Rye. Il col. Ricca era ricercato dai nazi-fascisti insieme alla sua collaboratrice, la maestrina ebrea Rita Rosani. Rita venne uccisa il 17 settembre 1944 in uno scontro a fuoco sul Monte Comun a Negrar, tra i partigiani dell’”Aquila” e i nazi-fascisti.
Sergio Spiazzi, La missione Rye, i resistenti, i patrioti e i deportati politici, in San Martino Buon Albergo. La Seconda Guerra Mondiale, dall’Impero alla Repubblica, San Martino Buon Albergo

[ n.d.r.: il documento di cui infra riporta le schede di circa una ventina di partigiane che collaborarono con la Missione RYE: qui ne viene effettuata una casuale selezione ]
Antonietta Folchi, Direttore dell’Archivio di Stato di Verona:
Premessa
Acquisiti nel 2005, si conservano presso l’Archivio di Stato di Verona i fascicoli personali delle donne che dettero il loro contributo alla Liberazione o come “partigiane combattenti”, alcune anche investite di gradi equiparati a quelli militari di capitano, tenente, sottotenente, o come “patriote”, in più di un caso fino al sacrificio della propria vita.
Attraverso i documenti prodotti dal Distretto Militare per il riconoscimento della qualifica di partigiana o di patriota, è possibile ricostruire il periodo di partecipazione alla Resistenza, la formazione partigiana e la località operativa di ciascuna delle 252 donne alle quali sono intestati altrettanti fascicoli personali.
Silvano Lugoboni, Le fonti documentarie: i 252 fascicoli del Distretto Militare di Verona:
[…]
BOSEGGIA Flaminia, nata il 03/01/1923 a San Gregorio di Veronella (VR), figlia di Costante e di Emma De Togni – residente a San Gregorio di Veronella.
Riconosciutale la qualifica di Patriota dalla Commissione Regionale Triveneta della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sottosegretariato di Stato – Servizio Commissioni riconoscimento qualifiche ai partigiani con prot.n° 65394.
Inquadrata nella Missione R.Y.E. dal 25.10.44 al 1.5.45, operativa nella zona di Verona.
(ASVr – Distretto Militare di Verona – Partigiane/Patriote – busta n° 1 fascicolo n° 45)
[…]
CALMASINI Luigia, nata il 27/02/1918 a Dolcé (VR), figlia di Rodolfo e di Erminia Centurioni – residente ad Isola della Scala.
Riconosciutale la qualifica di Patriota dalla Commissione Regionale Triveneta della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sottosegretariato di Stato – Servizio Commissioni riconoscimento qualifiche ai partigiani con prot.n° 65383.
Inquadrata nella Missione R.Y.E. dal 10.10.44 al 1.5.45, operativa nella zona di Verona.
(ASVr – Distretto Militare di Verona – Partigiane/Patriote – busta n° 1 fascicolo n° 57)
[…]
CARLINI Rosetta, nata l’11/04/1912 a Nesente (VR), figlia di Angelo e di Clarice Facchinetti – residente a Nesente.
Riconosciutale la qualifica di Patriota dalla Commissione Regionale Triveneta della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sottosegretariato di Stato – Servizio Commissioni riconoscimento qualifiche ai partigiani con prot.n° 65377.
Inquadrata nella Missione R.Y.E. dal 10.10.44 al 1.5.45, operativa nella zona di Verona.
(ASVr – Distretto Militare di Verona – Partigiane/Patriote – busta n° 1 fascicolo n° 62)
[…]
FONGARO Maria, nata il 15/12/1925 a Cornedo Vicentino (VI),
Riconosciutale la qualifica di partigiano combattente dalla Commissione di 2° grado del Ministero della Difesa – Ufficio per il riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani.
Inquadrata nella Missione R.Y.E. dal 1.9.44 al 1.5.45, operativa nel Veneto.
(ASVr – Distretto Militare di Verona – Partigiane/Patriote – busta n° 2 fascicolo n° 122)
[…]
GEMO Anna, nata il 30/07/1915 a Lendinara (RO), figlia di Giuseppe e di Corona Baccagglini – residente a Ginevra – Svizzera.
Riconosciutale la qualifica di partigiano combattente dalla Commissione Regionale Triveneta della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sottosegretariato di Stato – Servizio Commissioni riconoscimento qualifiche ai partigiani con prot. n° 65486.
Inquadrata nella Missione R.Y.E. dal 1.1.44 al 1.5.45, operativa nella zona di Verona con compiti informativi.
Attribuito il Certificato di Patriota con brevetto n° 198650 a firma del Maresciallo Comandante Supremo Alleato delle Forze nel Mediterraneo Centrale H.R. Alexander
(ASVr – Distretto Militare di Verona – Partigiane/Patriote – busta n° 3 fascicolo n° 127)
[…]
HENRISCH DAPRA’ Elena, nata l’08/01/1902 a Firenze, figlia di Luigi e di Giannina Varisco – residente a Verona.
Riconosciutale la qualifica di partigiano combattente dalla Commissione Regionale Triveneta della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Sottosegretariato di Stato – Servizio Commissioni riconoscimento qualifiche ai partigiani con prot.n° 65483.
Inquadrata nella Missione R.Y.E. dal 9.9.43 al 1.5.45, operativa nella zona di Verona, con incarichi organizzativi equiparata con il grado di Tenente ispettore.
(ASVr – Distretto Militare di Verona – Partigiane/Patriote – busta n° 3 fascicolo n° 138)
[…]
ZARATTINI Elsa, nata il 07/06/1919 a San Bonifacio (VR), figlia di Ottavio e di Augusta Galiati – residente a San Bonifacio.
Riconosciutale la qualifica di partigiano combattente dalla Commissione Regionale Triveneta – Ufficio per il servizio riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani del Ministero della Difesa in data 5 ottobre 1977.
Inquadrata nella Brigata Manara – Battaglione Cocco Bastelli dal 1.11.44 al 30.4.45, operativa nel Veneto con incarico di staffetta.
Dichiarazione del Capo della Missione R.Y.E.:
Si dichiara che la Signora Zarattini Elsa di Ottavio dal luglio 1944 alla liberazione ha prestato servizio agli ordini di questa Missione come staffetta di fiducia a vantaggio dell’organizzazione armata e del servizio informativo.
Portando plichi di natura assai delicati ed affrontando rischi e disagi notevoli, la Signora Zarattini ha contribuito efficacemente alla liberazione meritando l’elogio di questa Missione che si è molto giovata della sua opera modesta e disinteressata quanto preziosa.
Capitano Carlo PERUCCI
Decorata della Croce al Merito di guerra per attività partigiana con brevetto n° 3502 del IV° Comando Militare Territoriale di Bolzano.
(ASVr – Distretto Militare di Verona – Partigiane/Patriote – busta n° 4 fascicolo n° 246)
[…]
ZORZI Ada Giovanna , nata il 12/11/1921 a Verona, figlia di Francesco – residente a Verona.
Riconosciutale la qualifica di partigiano combattente dalla Commissione Regionale Triveneta – Ufficio per il servizio riconoscimento qualifiche e per le ricompense ai partigiani del Ministero della Difesa in data 5 novembre 1982.
Inquadrata nella Missione R.Y.E. dal 1.44 al 30.4.45, operativa nel Veneto.
Decorata della Croce al Merito di Guerra per attività partigiana con brevetto n° 3273 del 15.12.50 del Comando Militare Territoriale di Bolzano.
(ASVr – Distretto Militare di Verona – Partigiane/Patriote – busta n° 4fascicolo n° 251)
[…]
Mostra “Le donne partigiane veronesi raccontano…”, Rassegna di documenti inediti del fondo archivistico Distretto Militare di Verona, dal 19 aprile al 23 aprile 2010 presso l’Archivio di Stato di Verona, XII Settimana della Cultura, MiBAC: Direzione Generale Archivi – Archivio di Stato di Verona, 2010

1: Missione Rye 43
Ucciso a Bolzano il 12.09.1944: Gian Paolo Marocco.
Carattere della missione: informativo.
Collaborazione SIM e ISLD.
Componenti della missione: tenente Carlo Perucci alias Professore, comandante della missione; Bruno Avigo alias Allievo, aiutante e caporale maggiore; Gian Paolo Marocco alias Marelli, marconista. <44
Compiti della missione: individuare e segnalare le bande di patrioti costituite nella zona dei Lessini, sulla catena del Monte Baldo e in alcune zone del Trentino. <45
Attività della missione: dal 26.11.1943 al 26.04.1945.
Destinazione della missione: zona di Verona.
Itinerario e destinazione della missione Rye
La missione Rye partì il 26.11.1943 alle ore 16.30 dal Seno di Ponente del porto di Brindisi, a bordo del sommergibile italiano Nichelio.<46
Sullo stesso sommergibile si trovavano tre missioni al completo: la missione Rye, la missione Orchard, la missione Rick. Viaggiava sul sommergibile anche un accompagnatore inviato dallo Stato Maggiore del Regio Esercito di Brindisi, il sottotenente Venturini.
Il Nichelio era seguito dalle siluranti tedesche e di giorno stava fermo sul fondo dell’Adriatico, proseguendo il viaggio di notte.
Il sommergibile arrivò il 30.11.1943 alle 20.30 nel delta del Po, dopo 162 ore di navigazione <47 ; qui vennero sbarcate tutte e tre le missioni. <48 Gli altri due punti di sbarco (Cattolica per la missione Orchard e a nord dell’Adige per la missione Rick) saltarono a causa degli inseguimenti. Il giorno successivo allo sbarco, 1.12.1943, furono arrestati da forze armate tedesche quattro uomini sbarcati dal Nichelio: i tre marconisti delle tre missioni Rye, Orchard e Rick nonché Bernardo, capo della missione Rick.
Il comandante Carlo Perucci <49 così ricorda i numerosi problemi delle ore immediatamente successive allo sbarco: “Sullo scafo del Nichelio era stata legata fin da Brindisi una buona barca a remi. Alle 20.30 salivamo tutti e sette sulla barca, alla quale erano legati a rimorchio i due battellini di gomma recanti il bagaglio, e che avrebbero dovuto servirci per attraversare l’Adige. (… ) Facemmo una sosta, poi Allievo e Darrac presero a remare: Bernardo regolava la rotta che doveva essere in direzione est-ovest sulle stelle, ma piuttosto male, cosicché, anche per la diversa cadenza dei due rematori, dopo circa un’ora e mezza di remo, e quando già avevamo sentito il rumore di una foce che si riversava nel mare, apparve la spiaggia. Sbarcati senza che nessuno apparisse, e dopo avere distrutto un primo battellino in gomma, ci inoltrammo decisamente verso ovest, e rintracciammo, proveniente da sud e procedente verso nord, la campestre segnata sulla carta, che ci doveva condurre alla riva destra dell’Adige, presso la foce. Seguendo la strada giungemmo appunto ad un fiume poco più a monte del punto in cui esso versava le sue acque nel mare, come il rumore avvertiva. Ne risalimmo la riva destra secondo il programma, ma fummo fermati da un piccolo corso Chi andò oltre quello riportò la notizia che poco al di là di esso, anziché terra, iniziava un’ampia distesa di acqua. … Era ormai l’una del 1° dicembre, eravamo tutti con i piedi e i calzoni bagnati, e un ulteriore girovagare in una zona folta di cespugli ci faceva correre il rischio di perdere addirittura l’orientamento locale, poiché la direzione ovest chiarita dalle stelle e dalla bussola era sbarrata dall’acqua. Decidemmo perciò di pernottare in mezzo ai cespugli in attesa che l’alba ci permettesse di meglio guardarci intorno. Alle prime luci da una piccola altura constatammo che quella foce non era dell’Adige, perché si biforcava; che l’acqua che ci sbarrava l’ovest era una immensa palude che si perdeva all’orizzonte, con qualche casa emergente qua e là nel mezzo del lucido specchio verde; che la sola casa raggiungibile per terra era poco lontano ma in direzione sud, l’unica direzione non utile, che perciò la notte non avevamo pensato di prendere. Si decise allora che, mentre i tre marconisti con Bernardo si sarebbero tenuti nascosti in una capanna che trovammo nel mezzo della sterpaia, con Darrac e Allievo io avrei cercato di trovare per tutti la via d’uscita verso sud. (…) una donna, sola, ci precisò che la foce a cui eravamo giunti la notte era quella detta Porto Caleri, e che più a sud c’era quella di Porto Levante; la carta ci chiarì che eravamo sbarcati non a sud dell’Adige, ma circa due miglia più in basso, tra la più settentrionale e la penultima delle foci del Po. Capimmo anche che, se non avessimo commesso il provvidenziale errore di tenere con la barca la rotta nord-ovest, seguendo la rotta ovest saremmo finiti a Porto Levante, cioè proprio dove da due giorni i tedeschi avevano fissato un reparto che faceva sorveglianza costiera con delle motolancie”.<50
Arresto di Gian Paolo Marocco
La Missione Rye di Carlo Perucci comunicò a Brindisi con il primo messaggio (inviato quando la Rye ottenne una seconda radio, nel giugno 1944) la notizia della perdita della prima radio e della cattura di Marocco e degli altri tre agenti da parte dei tedeschi. Marocco e i suoi compagni furono dapprima trasferiti ad Adria.
Nell’immediato dopoguerra, lo stesso comandante Perucci così ricostruì la cattura di Gian Paolo Marocco, avvenuta nella capanna di una riserva di caccia presso Porto Caleri il 1.12.1943: “Ho poi saputo a Roma dal marconista Torchio, uno dei quattro, che la pattuglia di tedeschi, armatissima, era sbucata dal nord, provenendo da oltre Porto Caleri, e che rastrellando la zona li aveva colti nella capanna: questa circostanza, collegata con le vicende della navigazione sottomarina, con l’aereo sovrastante la zona, con i tedeschi sopraggiunti con le motolancie da soli due giorni e ripartiti la sera del 1° dicembre, giorno dell’arresto dei quattro, induce a ritenere che qualche elemento del controspionaggio nemico avesse comunicato data e luogo del nostro sbarco. (…) Penso con sommo rammarico che, se fossi sbarcato con i miei soli due uomini, e mi fossi allontanato – la mattina successiva allo sbarco – con Allievo e Marelli, anziché con Allievo e Darrac (tanto più che Marelli, vestito come me, avrebbe potuto bene occultare sotto l’ampio tabarro la piccola radio), oggi il buon marconista sarebbe ancora vivo, e la Missione avrebbe funzionato dal dicembre ’43, anziché da fine giugno del ’44”. 51
43 Rye in inglese significa “segale” (Stanzial s.d. pag. 1).
44 Tutti i dettagli del viaggio del Nichelio sono riportati da Perucci 1945. Carlo Perucci era il capomissione della RYE.
45 Perucci 1945 pag. 6.
46 L’imbarco avvenne come ricorda Perucci (1945 pag. 6) dopo saluti un po’ spettacolari dinanzi agli occhi di troppi spettatori. Il sommergibile Nichelio ebbe tre comandanti successivi e portò a destinazione sette missioni dal 26 novembre 1943 al 27 luglio 1944: questa fu la prima (Fioravanzo 1971 pag. 396).
47 Fioravanzo 1971 pag. 396.
48 Dice Perucci (1945 pag. 7): “Era evidente il danno che a tutti avrebbe portato la cosa, a cominciare dal fatto che sette persone con relativo bagaglio (gli altri avevano anche valigie), e vestite in modo eterogeneo, potevano sfuggire assai meno che tre contadini di cui uno solo occultava sotto il mantello la piccola radio”. Anche secondo Tompkins (2002 pag. 37) sbarcare tre gruppi di agenti nello stesso luogo e nella stessa notte, per tre missioni differenti, era una grave violazione delle norme di sicurezza.
49 Carlo Perucci (Città di Castello PG 1914 – Brescia 1975) era veronese adottivo dalla fanciullezza; professore di lettere italiane e latine al liceo classico di Verona Scipione Maffei, dal 1936 al 1939 aveva retto la presidenza dell’associazione giovanile di azione cattolica e svolto intensa attività nella diocesi. Resosi inviso alla federazione fascista per il suo integralismo cattolico, fu trasferito al liceo classico di Arpino, in provincia di Frosinone. Da quella sorta di confino l’aveva tratto fuori il richiamo alle armi (Dean 1982 pag. 214).
50 Perucci 1945 pagg. 8 – 10.
51 Perucci 1945 pagg. 11, 12 ter.
Carla Giacomozzi, 23. Un eccidio a Bolzano, Quaderni di Storia Cittadina, Volume 4, Città di Bolzano / Assessorato alla Cultura, alla Convivenza, all’Ambiente e alle Pari Opportunità, Ufficio Servizi Museali e Storico-Artistici, Archivio Storico, 2011, pp. 43,44

Le vicende che segnano la storia della Resistenza nella zona compresa tra Isola della Scala, Trevenzuolo e Salizzole sono legate, essenzialmente, alla nascita di un importante Comitato di liberazione, guidato dall’avvocato Gracco Spaziani, e alla diffusione sul territorio della missione militare Rye, guidata da Carlo Perucci.
Gracco Spaziani, socialista e antifascista di lungo corso, assieme ai fratelli Elio e Leonida, è anche tra i protagonisti della riunione veronese che il 26 settembre 1943 decide la nascita del primo Cln provinciale di Verona. In quella occasione sottolinea che nella Bassa «già esistevano dei focolai di resistenza animati da gruppi solidali nell’azione sabotatrice».
In realtà, nonostante queste affermazioni, diversi mesi separano le prime manovre politiche dell’antifascismo veronese dalla costituzione vera e propria del Cln di Isola della Scala, fondato da Spaziani soltanto nella primavera del 1944. L’avvocato chiama attorno a sé alcuni amici antifascisti del luogo o sfollati a Isola della Scala: Ugo Sesini, Adolfo Cestaro, Guido Grisotto, Luigi Gruppo, Pietro Mantovani, Luigi Soffiati.
Il Cln isolano cerca fin da subito di mettersi in contatto con la missione Rye, promossa dal Regno del Sud al comando di Perucci. Quest’ultimo, grazie ai suoi trascorsi come presidente dell’Azione cattolica veronese tra il 1936 e il 1939, godeva di diversi contatti con gli ambienti religiosi di tutta la provincia. Grazie all’impulso della Rye nasce il raggruppamento militare Lupo, con battaglioni a Villafranca, Isola della Scala e Nogara, affidato al maggiore Angelo De Stefani nel settembre del 1944. Della formazione militare fa parte anche il tenente Agostino Barbieri. Alla missione Rye, di evidente ispirazione cattolica, si avvicinano anche i due fratelli Corrà, Flavio e Gedeone, probabilmente tra i primi uomini ad essere contattati da Perucci nell’Isolano. Grazie a loro vengono costituiti diversi gruppi di partigiani anche a Salizzole, a Bovolone e in altri centri minori.
Nel corso della primavera del 1944, Isola della Scala è investita da un primo, pesante, rastrellamento ad opera della Wehrmacht e della Brigata nera fascista. L’azione militare costituisce solo il preludio di un’iniziativa repressiva più incisiva. All’alba del 22 novembre, infatti, una vasta operazione di polizia porta all’arresto di tutto il Cln di Isola, del tenente Barbieri e dei due fratelli Corrà. In tutto dieci uomini che vengono trasferiti a Verona dove subiscono pesanti e ripetuti interrogatori. Dalle carceri scaligere sono deportati nei lager in Germania. Nove di loro non hanno più fatto ritorno. Gli arresti dell’inverno del 1944 destrutturano la Resistenza nell’Isolano.
Questa verrà rivitalizzata settimane dopo dal terzo Cln di Verona grazie alla costituzione di nuove formazioni armate che operano in questa zona con azioni di sabotaggio fino al giorno della Liberazione.
Redazione, La Resistenza nell’Isolano, ANED