Il Capitano mascherato e suo fratello Aldo, martire della Resistenza

Campello Monti – Fonte: ISRN

Alberto Li Gobbi era nato a Bologna il 10 giugno 1914. Nel periodo 1940-1942 fu comandante di batteria someggiata da 75/13 sul fronte francese e sul fronte greco-albanese (1940-1941); quindi comandante di batteria motorizzata 75/18 sul fronte russo (1942) dove, sul Don, il 12 dicembre venne gravemente ferito.
L’8 settembre 1943, il capitano Alberto Li Gobbi si trovava ad Oggebbio, con la famiglia e, pur ancora sofferente per la grave ferita riportata sul fronte russo, tentò di raggiungere il deposito dell'”XI° Reggimento di artiglieria” ad Alessandria, ma fu catturato dai tedeschi. Riuscì ad evadere poche ore dopo e attraversare le linee di combattimento a Salerno. Offertosi volontario per una missione di guerra in territorio italiano occupato dai tedeschi, Alberto Li Gobbi frequentò, in una base dell’Africa settentrionale, un breve corso di paracadutista e radiotelegrafista, poi fu assegnato allo Stato Maggiore dell’Esercito, ufficio informazioni.
Il 5 dicembre 1943, Alberto Li Gobbi venne aviolanciato nella brughiera di Rovasenda con una radio ricetrasmittente. Qui lo raggiunse il fratello Aldo * (in possesso di brevetto di radiotelegrafista internazionale) che gli si affiancò proprio per fare funzionare la radio e si portò con lui a Campello Monti, in Valstrona [provincia Verbano-Cusio-Ossola], nella “Brigata Patrioti Valstrona” al comando di Filippo Maria Beltrami. Assunse il nome di battaglia di “Capitano Alberto” o di “Capitano mascherato” (portava sul viso una sciarpa di lana o un passamontagna per non farsi riconoscere, in quanto era costretto, per il lavoro di collegamento, a scendere al piano per organizzare altre stazioni clandestine). In Valstrona organizzò il piano di difesa della vallata.
Nel gennaio del ’44, con un centinaio di uomini ed alcuni ufficiali della formazione “Beltrami”, il “Capitano Alberto” si portò in Valsesia in aiuto ai garibaldini attaccati da ingenti forze nemiche. Cino Moscatelli, ne Il Monterosa è sceso a Milano affermò che “Li Gobbi dimostra di essere un valoroso combattente”. Ma, dalle memorie dell’avvocato Mario Macchioni, sappiamo che il capitano Li Gobbi rischiò d’esser fucilato dallo stesso Moscatelli, che lo sospettava di essere una spia, a causa di divergenti opinioni sulla conduzione della guerriglia partigiana. Per salvare Li Gobbi dovettero intervenire lo stesso Beltrami, che si recò fino a Castagneia per convincere Moscatelli e gli Alleati che decisero il primo lancio a favore dei partigiani della zona.
In seguito, giunto a Megolo con il Capitano dopo l’abbandono della Valle Strona, riuscì a sopravvivere alla battaglia del 13 febbraio in cui perì Beltrami.
Il 31 marzo 1944, a Genova, in via S. Luca 5, mentre si recava con il fratello Aldo * a un appuntamento con i capi della famosa organizzazione “Otto” e, in particolare, con il prof. Ottorino Balduzzi, venne arrestato dalle SS. Condannato a morte, fu tradotto nelle carceri di Marassi. Riuscì nuovamente ad evadere il 30 luglio e attraversò nuovamente le linee del fronte. ISRN

Medaglia d’oro al valor militare ad Alberto Li Gobbi – Data del conferimento: 1944 – Motivazione:
L’8 settembre 1943, pur sofferente per una grave ferita riportata in precedenti combattimenti, abbandonava la famiglia per raggiungere il proprio reggimento in lotta contro i tedeschi. Catturato e riuscito ad evadere attraversava le linee di combattimento e si offriva volontario per una importante, lunga e rischiosissima missione di guerra in territorio italiano occupato dai tedeschi. Durante un lungo eroico periodo, illuminato da purissima fede, prodigava il suo valore e la sua intelligenza ad organizzare e dirigere il movimento di liberazione della Patria, affrontando impavido il rischio di ogni ora e le certe insidie che lo avvolgevano e lo avrebbero travolto. Durante un feroce rastrellamento nemico, caduto in combattimento un valoroso ufficiale comandante di una formazione partigiana, presso la quale in quel momento si trovava, assumeva senza esitazioni il comando del gruppo, ne riuniva gli elementi già duramente provati, riuscendo a sottrarli alla morsa nemica con azioni episodiche condotte con decisione ed abilità ammirevoli. Arrestato e trovato in possesso di documenti che costituivano inequivocabile condanna, fu sotto posto ad estenuanti interrogatori e ad inenarrabili torture. Ma il sentimento del dovere e dello onore sorretti dal sublime stoicismo, vinsero la ferocia teutonica: nessun segreto fu svelato, nessun compagno fu tradito. Avuta la possibilità di evadere vi rinunciava a favore di un compagno di lotta e di fede la cui opera riteneva tornasse più vantaggiosa. Procrastinata la fucilazione cui era stato condannato, nei lunghi mesi di prigionia non manifestava debolezze, né recriminava la sua giovinezza sacrificata, lieto di averla donata alla Patria. Quando fortunate circostanze gli permisero di fuggire, riprendeva il suo posto di combattimento e si offriva di continuare ancora la sua missione. Fulgido esempio di assoluta dedizione alla Patria ed al dovere. Italia occupata, 5 dicembre 1943-21 agosto 1944.

* Aldo Li Gobbi “Flores”, nacque a Reggio Emilia nel 1918.
Geniere radiotelegrafista, fu sorpreso l’8 settembre 1943, come il fratello Alberto, nella casa di Oggebbio, dove si trovava in “licenza premio”. Si diede perciò alla macchia assumendo il nome di battaglia di “Flores”.
Quando il fratello (il “Capitano mascherato”), il 5 dicembre ’43, venne paracadutato con una radio ricetrasmittente nella brughiera di Rovasenda, presso Biella, Aldo, accettò di fare funzionare l’apparecchio per mantenere il collegamento diretto fra il Comando Supremo italiano e alleato e le Formazioni partigiane del Cusio e della Valsesia.
Con il fratello si trasferì a Campello Monti nella formazione del Capitano Filippo Maria Beltrami e, con l’aiuto di Guido Weiller, installò la radio ricetrasmittente. Dovendosi portare nei pressi di Novara per organizzare un “campo di lancio”, Aldo lasciò la radio in consegna ad Antonio Di Dio. Dopo la sconfitta di Megolo, la radio cadde nelle mani del nemico. “Flores” non si diede per vinto e continuò il suo lavoro con un’altra stazione-radio sbarcata dagli alleati nei pressi di Genova.
Li Gobbi era costretto a spostarsi in continuazione sempre braccato dai nazifascisti.
Venerdì 31 marzo 1944, a Genova, in via S. Luca 5, mentre si recava con il fratello Alberto a un appuntamento con i capi dell’organizzazione “Otto“, fu arrestato dalle SS. “Flores” era in possesso di documenti in codice e di un “fazzoletto-cifra” che rendeva possibile decifrarli. Tentò la fuga con Alberto e, prima di essere ripreso, riuscì a fare scomparire il “fazzoletto-cifra”. Torturato per 17 ore non parlò, salvando così la vita di circa 200 partigiani che presidiavano i sei campi di lancio sparsi nella pianura padana ed elencati nei cifrari che aveva addosso. Morì il 1° aprile 1944. ISRN

Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria ad Aldo Li Gobbi. Motivazione: Patriota di elevati sentimenti partecipava con slancio e decisione alla lotta fin dall’inizio del movimento di liberazione. Radiotelegrafista in una stazione clandestina di collegamento con il comando alleato, benché perseguitato dalle polizie nazifasciste, mai esitava innanzi ai pericoli pur di assolvere alla delicata ed importante missione affidata ai suo alto patriottismo. Catturato tentava la fuga per non far cadere nelle mani del nemico il cifrario di cui era in possesso, rincorso e ferito gravemente prima di essere ripreso trovava la forza di far scomparire il documento. Atrocemente seviziato taceva fieramente e, dopo aver resistito per diverse ore alle disumane torture, esalava lo spirito immortale di eroe. Fulgida figura di altissima dedizione al dovere e di sublime spirito di sacrificio. Italia Settentrionale, settembre 1943-1 aprile 1944