Ti avranno scritto che Piero Zicc. è partito per la Germania

Il campo di transito di Bolzano (1945) – Fonte: Wikipedia

Intanto, presso l’Istituto di Diritto internazionale, il primo Istituto organizzato in Facoltà dalla nascita (la delibera in cui se ne prende atto è del 28 febbraio 1941), a cui seguono poco dopo gli altri, si costituisce un nucleo della Resistenza, animato da Piero Ziccardi, rimasto a Milano dopo che tanto Roberto Ago quanto Mario Giuliano avevano abbandonato la città, con l’agosto-settembre ’43, l’uno trasferito a Roma e l’altro, varcate le linee, diretto a Sud. Ziccardi, allora tenente di artiglieria di complemento, si rende promotore attivo, tramite la «missione Zucca del 2677° Reggimento OSS-U.S. Army», di un’azione di intelligence operante tra Genova e Milano, che è alle origini del suo arresto, avvenuto circa un mese dopo, il 24 agosto, rispetto a quello, a Genova, il 28 luglio 1944, del medico Tristano Luise, che cooperava con lui. È poi trasferito da San Vittore al carcere di Marassi, sottoposto alla tortura e alla tristissima sorte dei campi di concentramento, prima a Bolzano, poi a Dachau e a Ueberlingen am Bodensee nonché ad Allach, un campo sussidiario di Dachau.
Nota tratta da “Le università e le guerre dal Medioevo alla Seconda guerra mondiale” a cura di Piero del Negro in TWBiblio

[…] fu costituita una Sezione OSS-SIM presso il Governo Badoglio con a capo il Maggiore [André] Bourgoin, un americano di origine francese che odiava gli italiani. Ennio Tassinari su Patria Indipendente,  18 febbraio 2007

Nel frattempo Ziccardi, che aveva assunto il nome di copertura di “Zucca“, doveva cercare un posto sicuro sulla costa Ligure dove poter sbarcare uomini ed equipaggiamento. Ziccardi-Zucca tornò a Genova dove, assieme al suo vecchio amico Tristano Luise, “Dattilo”, collaborò con la missione di Enzo Stimolo (Corvo), sbarcato il 5 dicembre [1943] dal sottomarino Axum sulla costa adriatica con gli altri agenti di Bourgoin […] Il 26 febbraio [1944] Alberto Blandi, “Falco”, una giovane recluta di Zucca, tornò a Santo Stefano al Mare per cercare la borsa lasciata da Dattilo nella casa diroccata. Avendo indicazioni precise, quando non trovò la borsa capì che qualcuno l’aveva portata via, esponendo tutti loro a grave pericolo se fosse caduta in mano alle SS. Ma la Gestapo era già sulle loro tracce per via di un altro giovane reclutato da Zucca, “Conte”. Questi si era messo a frequentare un interprete della Gestapo per ottenere informazioni ed era stato pedinato. Arrestato, “Conte” fu torturato brutalmente finché dopo dieci giorni fece il nome di Zucca […] Zucca riuscì a scappare e si rifugiò a Milano, dove si aggregò alla rete di Como grazie alla moglie Wanda, lasciando a Dattilo l’organizzazione a Genova. Dattilo durò poco. Nella missione di Corvo a Genova si verificarono una serie di fatti ancora più gravi […] Peter Tompkins, L’altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista, Il Saggiatore, 2009

Nei mesi successivi, a causa della delazione di un membro nell’organizzazione che faceva il doppio gioco, vennero scoperti e, nell’estate del 1944, arrestati numerosi membri della missione, tra cui gli stessi Dattilo e Zucca, compromettendone definitivamente l’esito. Stimolo, dopo alcuni giorni di fuga braccato dalla polizia, ritornò a Genova, continuando ad operare clandestinamente. Nei mesi successivi, tuttavia, anche a causa di inadeguate precauzioni e della presenza di un infiltrato, la missione venne compromessa a causa degli arresti dei suoi membri, finché egli improvvisamente scomparve per sempre, probabilmente fucilato dai tedeschi nel 1945. Padri e Madri della Libertà

Lettere clandestine dal campo di Bolzano […]
Pasqua 1945, sera
Caro Luigi [Lelio Basso],
faccio ancora una delle solite aggiunte, perché questa notte proprio non mi sento di dormire e ho tanta voglia di stare un po’ con te. Veramente mi sento indegnamente colpevole, perché avevo promesso a me stessa di non scrivere biglietti se non in caso di assoluta necessità, mentre ora ti sto scrivendo una lettera vergognosamente inutile. Ma sono così sola ed è tanto tempo che non scrivo a te e poi è Pasqua… Tutte scuse che non mi giustificano, ma insomma vada al diavolo la saggezza per una volta tanto!
Ti avranno scritto che Piero Zicc. [Ziccardi] (180) è partito per la Germania. Io non l’ho mai visto, ma siccome era mio vicino di cella abbiamo parlato spesso insieme dalla finestra. Era molto simpatico, e non solamente perché mi ha parlato bene della Comp.[agna] di cui ricordava parecchi articoli meglio di me! Mi ha parlato molto bene anche della V[eniga]. Non so se al campo (181) ne sanno qualche cosa in più, ma io ho avuto molta paura quando è partito, perché sono partiti in 16 soltanto (182), tutti imputati di colpe assai gravi, tutti ammanettati, fu dato loro il permesso di portare con sé soltanto ciò che avevano addosso o potevano portare in tasca, nemmeno un pacchetto o un fagottino con sé… Sarebbe troppo doloroso che fossero finiti male così all’ultimo momento, quando finalmente avevano cominciato a sperare di potersela cavare (183) […] Ma io spero che qualche volta ti spoglierai dell’investitura ufficiale e ridiventeremo i buoni amici di prima e allora molte cose ti dirò e molte ti pregherò di dirmi. E non tutte soltanto a proposito del p.s.! (…)
A.
180 Aretino, 31 anni, assistente universitario, comandò la missione alleata “Zucca” tra Milano e Genova. Della missione facevano parte anche Armando Sacchetta, Elsa Veniga e il prof. Alfredo Poggi, tutti arrestati il 28 settembre 1944 e deportati a Bolzano. Ziccardi fu rinchiuso nelle celle del campo fino al 5 marzo, giorno in cui fu deportato a Dachau. Liberato ad Allach il 30 aprile 1945, fece ritorno a casa. Vedi Italo Tibaldi, Elenco degli italiani deportati a Dachau, AFMD.
181 Cioè coloro che non sono rinchiusi come Ada nelle celle.
182 Ada parla di quelli prelevati direttamente dalle celle, probabilmente. In realtà il totale dei deportati verso Dachau con quel “trasporto”, l’ultimo che mosse da Bolzano verso i grandi Lager del Reich, fu di 36. Vedi Italo Tibaldi, I trasporti per Dachau, www.deportati.it
183 Ada sospettava che fossero stati avviati a una esecuzione sommaria, come avvenuto ad altri in precedenza. Ma in questo caso fortunatamente sbagliava.

FONDO SACCHETTA – INVENTARIO DEGLI ATTI D’ARCHIVIO 1910-2009 / FONDO SACCHETTA / Soggetto conservatore: Milano – Fondazione Memoria della deportazione Biblioteca archivio Pina e Aldo Ravelli. Per le notizie sul soggetto conservatore si rimanda al sito istituzionale […]
Soggetto produttore: Erminio e Armando Sacchetta
Fondo: Sacchetta
Quantità: buste 3, fascicoli 10
Estremi cronologici: 1910 – 2009
Compilatore: Gliera Sonia 2015; revisore Gliera Sonia, 2015
[…]
Erminio Sacchetta nasce a Trani (BA) il 15 novembre 1893. Ingegnere, lavora per l’Intendenza di finanza che lo invia a Tripoli nel 1925, alla Direzione delle imposte e tasse per la Tripolitania. Si trasferisce in Libia insieme alla moglie Raffaella Bozzi, da cui ha quattro figli, Vera, morta a pochi mesi, Armando, nato in Italia nel 1922, Vera, nata in nave durante il trasferimento in Libia nel 1925, ed Edmea, nata a Tripoli nel 1927. Come funzionario stringe stretti rapporti con la Marina militare, sia in Italia che in Libia. Nel 1935 chiede di rimpatriare, scegliendo la sede di Milano, dove i tre figli avranno modo di frequentare il Liceo-ginnasio Carducci […] per questa sua attività antifascista, viene arrestato e rinchiuso nel Carcere di San Vittore di Milano il 17 ottobre 1944. Da qui viene destinato al campo di concentramento di Mauthausen, a cui giunge sul trasporto 115 del 6 gennaio 1945, dopo una permanenza nel campo di transito di Bolzano insieme al figlio Armando. Nel Lager è destinato al sottocampo di Gusen II, dove muore il 28 febbraio 1945. Per la sua attività contro i nazifascisti gli viene assegnato il brevetto di partigiano da parte del Corpo volontari della libertà (Cvl) e la medaglia d’oro per la Resistenza da parte del Comune di Milano, consegnata alla famiglia il 25 aprile 1972 dal sindaco Aldo Aniasi.
Armando Sacchetta, figlio di Erminio e di Raffaella Bozzi, nasce ad Acquaviva delle Fonti (BA) il 25 aprile 1922. Dal 1925 al 1935 vive con la famiglia a Tripoli, dove il padre lavora per la Direzione delle imposte e tasse per la Tripolitania. Dal 1935 è a Milano, dove frequenta il ginnasio Carducci e dove frequenta l’università Statale di Milano, per laurearsi in legge con una tesi di diritto internazionale curata dal professor Piero Ziccardi. Si trasferisce, poi, a Livorno per frequentare l’Accademia della marina militare, diplomandosi guardiamarina. I contatti con Ziccardi, personaggio attivo nella Resistenza milanese, già nel febbraio 1944 lo portano ad aderire alla Missione Zucca, nome di battaglia dello stesso Ziccardi, in qualità di informatore, entrando a far parte per qualche mese anche della Marina repubblicana a Genova, come infiltrato e su ordini ricevuti, per organizzare un servizio di informazioni e di sabotaggio. Viene ferito in un’azione per le strade di Genova, che gli causa l’amputazione di una gamba. È costretto a tornare a Milano, dove, scoperta la sua attività clandestina, viene arrestato e rinchiuso nel Carcere di San Vittore il 28 settembre 1944. Destinato alla deportazione, rimarrà nel campo di transito di Bolzano insieme al padre, poi deportato e deceduto nel Lager di Gusen II, da dove è liberato il 29 aprile 1945, quando ormai l’infezione alla gamba amputata è diventate molto grave per la mancanze di cure; dovrà essere sottoposto a una nuova operazione il 28 maggio 1945, inutilmente. Muore quello stesso giorno. Per la sua attività contro i nazifascisti gli viene assegnata la medaglia d’argento al valor militare il 13 marzo 1946 e la medaglia d’oro per la Resistenza da parte del Comune di Milano il 25 aprile 1972 […] Il fondo contiene una raccolta di documentazione, sia in originale che in fotocopia, relativa a Erminio e ad Armando Sacchetta, padre e figlio, entrambi antifascisti e partigiani, morti rispettivamente nel campo di concentramento di Gusen il 28 febbraio 1945 e a Milano il 28 maggio 1945. Le carte sono frutto di ricerche dei familiari dei Sacchetta, in particolare di Vera Sacchetta e della nipote Rossella Ratti, che correda il fondo con alcune dispense sulla storia della famiglia e dei due caduti, scritte negli anni di poco anteriori alla consegna delle carte. Il complesso documentario si compone di fotografie d’epoca, per lo più in originale, documenti coevi, diplomi e disegni. Viene donato alla Fondazione Memoria della deportazione Biblioteca archivio Pina e Aldo Ravelli di Milano, via Dogana 3, nel dicembre 2009 da parte della nipote Rossella Ratti, per il tramite di Leonardo Visco Gilardi. Alcuni atti vengono consegnati ancora nel corso del 2011 […]

Armando Sacchetta in vacanza al mare (archivio Fondazione Memoria della Deportazione) – Fonte: ANED

SACCHETTA ARMANDO Nato ad Acquaviva delle Fonti (Bari) il 25 aprile 1922, trascorre l’infanzia a Tripoli, dove il padre Erminio è commissario tecnico delle Imposte di produzione. Rientrato in Italia con la famiglia nel 1935, nel 1939 entra nell’Accademia navale di Livorno. Nel 1940 si iscrive a Giurisprudenza a Milano, dove si laurea l’11 dicembre 1943, a 21 anni, per iniziare subito la carriera universitaria come assistente volontario presso la cattedra di Diritto internazionale, dove insegna il prof. Piero Ziccardi. Contemporaneamente segue il Corso ufficiali di complemento ancora all’Accademia livornese, conseguendo nel settembre 1943 il grado di guardiamarina. All’indomani dell’8 settembre insieme al padre si schiera contro il fascismo e la Repubblica sociale. Nel gennaio 1944 viene arruolato come informatore nella missione alleata Zucca, coordinata dallo stesso prof. Ziccardi (che poi sarà arrestato, deportato a Bolzano e di lì a Dachau). Su incarico della missione si arruola volontario nella Marina repubblichina, con il compito di organizzare un servizio informazioni e sabotaggio. In uno scontro a fuoco a Genova, il 25 giugno, viene gravemente ferito alla gamba destra, e non si può evitare l’amputazione al di sopra del ginocchio. Tornato in convalescenza a Milano, resta in contatto con la Resistenza, ma è arrestato insieme al padre nella notte del 28 settembre 1944. Deportati entrambi a Bolzano il 17 ottobre 1944, sono registrati con il numero di matricola 9194 (Armando) e 9195 (Erminio). Nel campo, nonostante le sofferenze provocate dalla ferita alla gamba amputata che non si rimargina, Armando è al centro di un’intensissima attività clandestina che non si arresta neppure dopo la deportazione del padre a Mauthausen, l’8 gennaio 1945 (Erminio morirà a Gusen il 28 febbraio 1945, a 52 anni)[…] Nel febbraio 1945, dopo che Ada Buffulini è rinchiusa nella prigione del campo, è lui ad assumere il coordinamento del comitato clandestino, incarico che mantiene fino alla liberazione. Nel primi giorni di maggio 1945, è ancora lui a rappresentare il PSI, a nome degli ex deportati in via Resia, nel CLN di Bolzano. Rientrato a Milano insieme ad Ada Buffulini il 14 maggio, viene ricoverato in clinica pochi giorni dopo, nella speranza di risanare la ferita alla gamba amputata. Ma è tardi: le pessime condizioni igieniche del Lager hanno provocato un’infezione che nei giorni dell’emergenza, nella Milano appena uscita dalla guerra, nessuno riesce ad arrestare. Muore a Milano in seguito a un’inarrestabile emorragia il 28 maggio 1945, a soli 23 anni […] VENIGA ELSA Nata a Cormons (Gorizia) il 9 novembre 1913. Antifascista, entra a far parte della “Missione Zucca”, guidata dal prof. Piero Ziccardi, che cerca di infiltrarsi nelle Forze armate della RSI per carpire informazioni utili agli Alleati. Arrestata a Genova il 19 settembre 1944, è deportata tre giorni dopo a Bolzano, dove riceve la matricola 5245. Per otto mesi è uno dei pilastri dell’organizzazione clandestina dei prigionieri del campo. La sua liberazione, il 30 aprile 1945 […] Ada Buffulini, Quel tempo terribile e magnifico. Lettere clandestine da San Vittore e dal lager di Bolzano e altri scritti (a cura di Dario Venegoni, prefazione di Tiziana Valpiana), Mimesis, 2015, su ANED

Sono la nipote di Erminio e Armando Sacchetta, mio nonno e mio zio. Lo zio[…] cominciò a collaborare alla missione alleata “Zucca” […] continuò a collaborare con gli alleati e la Resistenza, prima a Genova e poi a Milano, fin quando venne arrestato, col padre, nel capoluogo lombardo. Adesso so che il nonno non era stato preso come ostaggio, a causa della militanza del figlio, ma che era, chissà in che modo, anch’egli un partigiano. Entrambi finirono prima a San Vittore e poi nel campo di Bolzano. Qui, quando mio nonno venne a sapere che nell’elenco del trasporto 115 c’era il nome di mio zio, riuscì, chissà in che modo, a farlo sostituire col suo. Così, lui venne deportato a Mauthausen e poi a Gusen, dove morì […] Allora penso alla “pazzia” di mia madre e di mia nonna, a quel silenzio, al fascismo. Al fatto che i figli dei deportati saranno sempre meno e che ci dovranno essere i nipoti. Quindi, volgendo lo sguardo verso chi non ha avuto in dote nessun racconto e nessuna descrizione diretta, penso all’ANED, al suo ruolo e al suo futuro.
Rossella Ratti Sacchetta, I nuovi testimoni dei Lager. Figli e nipoti di deportati raccontano, ANED, Mimesis, Milano, 2010

Ho mantenuto le notazioni esplicative delle lettere originali, credo aggiunte dal colonnello Efisio Simbula , consegnate dattiloscritte a mia nonna, la marchesa Immacolata Doyno in Spolidoro […]
LETTERE DALLA PRIGIONIA
(materiale originale)
16/10/44 (GENOVA – MARASSI E CASA DELLO STUDENTE).
Flora mia cara (I), oggi lunedì voglio narrarti un apologo: tu che conosci la mia stramberia son certo che mi scuserai.
C’erano due pezzi di formaggio per prendere un topo; uno è stato tolto dal padrone – così fortuitamente, ma l’altro è stato lasciato. A me, naturalmente interessa il pezzo di formaggio che è stato lasciato. Può darsi che l’apologo non sia vero, ma ho dovuto dirvelo, perchè riguarda la mia Lauretta (II) (la quale è stata con me da Piera sul lago) (1). Mi raccomando Flora, di assisterla e proteggerla e di dirle che si riguardi molto. Desidero che non abbiate per contro più alcun rapporto con quella signorina, che ha regalato i fiori a Livia (2) (III). E’ chiaccherona e chissà che cosa sarebbe capace di andare a raccontare in giro. Con quella persona di Piazza Umberto I sei stata proprio brava e poi sei andata perfino da quell’altro che mai più mi sarei aspettato di vedermi comparire davanti. Ora tutto va molto bene. Speriamo che costoro, accorgendosi uno dell’altro, non restino oltremodo stupiti, e , magari, dispiaciuti. Naturalmente rassicurate la moglie del mio compagno di cella poichè suo marito sta bene. Ed ora una questione delicata: ricordi la famiglia di quella persona (3) che siamo andati a trovare una sera Kemar ed io – prima di andare a Iquique (4). Bisognerebbe, se è possibile e con comodo, avvertirla – con ogni cautela – che la persona sta bene e che ha potuto vedere suo padre che sta abbastanza bene anche lui. Riceve per mio tramite – e certo col vostro consenso – qualche aiuto per mezzo del tram (IV) con la roba che mi fate pervenire. E poi troncate immediatamente i rapporti per ovvie ragioni. Eventualmente vi riservate, se sarà possibile, di far sapere altro. E troncate i rapporti – ripeto – poichè conosco appena queste persone e non desidero essere implicato nelle questioni che li riguardano,nè desidero che siate implicati voi. Questo biglietto è pericoloso per i riferimenti che vi sono. Ma spero bene, chè, se lo trovassero, non saprebbero niente lo stesso. Mi raccomando a te, mia cara sorellina, per voi tutti. Probabilmente siete spiati, ma io non sono preoccupato per ciò, perchè non avete mai fatto nulla di male e non ne fate.(V) Flora mia la mia idea è sempre stata che ti siamo debitori di molto. Da quando ci hai fatto da madre ancora fanciulla, perché Mamma non c’era, a questi tristi anni di guerra. Comunque vada e dovunque vada porterò con me sino all’ultimo un ricordo dolce di te, come di una sorellina eccezionale. Dì a Stelio che sento un bisogno acuto delle sue contestazioni, qui dove non mi contesta nessuno. Bacio Robertino sulla fronte beninteso e digli che gli canto Ro-ber-to, sul ritmo di Bozambo. Lui allora se la rideva beato. Ti abbraccio forte.
Rurik [Rurik Spolidoro]
1) all’epoca del viaggio in Svizzera dopo l’8 settembre 1943
dopo la prima fuga dalla Svizzera vennero chiuse le frontiere e mio zio (insieme a Yorick, credo) venne espulso dalla Svizzera medesima e tornò a Genova
 2) Enzo Stimolo, Capo missione Radio – V Armata americana [missione Zucca]
I) si tratta di sua sorella, mia madre, la dott.ssa Flora Spolidoro Capurro.
III) qui la cosa si fa strana e preoccupante. Livia è Livia Pisanchi, moglie di Elmyr (fratello di Rurik ed ufficiale di cavalleria che subì anch’esso la deportazione in Germania) e persona assolutamente sicura e coraggiosissima. Il maggiore Enzo Stimolo (Corvo), che partecipò all’epoca delle giornate di Napoli alla rivolta, sembra, dai documenti, classificabile come un partigiano fortemente colorato politicamente. Rurik faceva parte del suo gruppo, insieme ad altri ufficiali, e , contemporaneamente, faceva parte del V.A.I. agli ordini del Tenente Colonnello Efisio Simbula. L’avviso di Rurik alla sua famiglia a non fidarsi del maggiore Stimolo (perchè pericolosamente “chiaccherone”), parrebbe far ritenere una possibile (e devo ritenere non certo casuale, perchè trattavasi di persona assai esperta) collaborazione o partecipazione, diretta o indiretta, dello Stimolo alla sua cattura o a quella di altri. Dovessi fare un’ipotesi un po’ dietrologica (assai spiacevole) direi che Rurik (che era intelligentissimo e tutt’altro che comunista) dubitasse la possibilità di essere stato “venduto” in cambio di qualcosa, la liberazione di qualcun’altro o la trascuratezza verso qualcun’altro. D’altra parte anche mio padre, Stelio Capurro, ordinario di Embriologia e Istologia all’Università di Genova, mi confermò la certezza che Rurik fosse stato tradito, e da persona insospettabile che occupava una posizione rilevante nel movimento di liberazione. Non posso pensare si trattasse del maggiore Stimolo, ma, forse, di qualcuno della sua cerchia. Erano momenti maledetti.
[…]
Marco Capurro