A rassicurare contro una situazione rivoluzionaria…

La Valle Cavallina ed il lago di Endine
Fonte: Wikipedia

Nei rapporti con la resistenza partigiana, i britannici mantennero comunque fino a tutto il 1944 una posizione di leadership rispetto agli americani, attraverso lo Special Operations Executive (SOE), organizzazione creata nel 1940 specificamente per sostenere i movimenti antinazisti, concorrente e rivale dello statunitense Office of Strategic Services (OSS), che era invece un servizio segreto tuttofare, essendo gli americani neofiti rispetto ai britannici nelle cover operations. 5
Quanto alle preoccupazioni per la situazione in Italia settentrionale al momento del crollo tedesco, l’incubo peggiore era il manifestarsi anche in Italia di quella che sarebbe stata definita, dal dicembre 1944, una “situazione greca”, con riferimento all’insurrezione scatenata dai partigiani comunisti ellenici al momento della liberazione e repressa dalle truppe britanniche, dopo che Churchill era stato costretto ad accorrere ad Atene il giorno di Natale. Senza arrivare a questo, preoccupavano i rischi di un dualismo tra governo legittimo di Roma e CLNAI, l’anarchia, le violenze e la “terra bruciata” che i tedeschi avrebbero potuto fare al loro ritiro, distruggendo infrastrutture ed impianti industriali.
A rassicurare contro una situazione rivoluzionaria non era certo sufficiente la presenza al vertice del Corpo Volontari della Libertà di un Generale del Regio Esercito, Raffaele Cadorna, che il 12 agosto 1944 era stato paracadutato in Val Cavallina, accompagnato dal maggiore britannico Oliver Churchill, non parente del Premier, dal Tenente della Regia Guardia di Finanza Augusto De Laurentis e dal radiotelegrafista Delle Monache. In realtà l’assunzione del Comando da parte di Cadorna era stata molto travagliata, poiché i partiti di sinistra erano disposti ad accettare un “consulente” militare, non un vero Comandante. Il 4 dicembre si era arrivati ad una soluzione che prevedeva una struttura con Cadorna comandante, il comunista Longo e l’azionista Parri vice-comandanti, un socialista Capo di Stato Maggiore, un liberale ed un democristiano vice capi di Stato Maggiore; inoltre il Comando era responsabile verso il CLNAI e doveva operare «collegialmente con parità di diritti di tutti i suoi componenti». Cadorna accettò malvolentieri tale struttura “lottizzata”, ed il 22 febbraio 1945 si dimise, protestando di non «poter svolgere il compito di Comandante neppure in materia strettamente tecnico-militare». Il 10 marzo fu trovata una formula di compromesso per ottenere il ritiro delle dimissioni, alla vigilia dei colloqui di Cadorna con gli alleati a Berna. Lione e Caserta in vista della fine della guerra. Va rilevato che gli anglo-americani non cercarono di imporre la nomina di Cadorna, ma attesero che essa ottenesse il consenso il più possibile sincero di tutti i partiti e avvenisse nel quadro di un accordo che sancisse sia la non-contrapposizione del CLNAI al legittimo governo italiano sia la subordinazione del movimento partigiano alle direttive del Comandante supremo alleato. 6
Un accordo in tal senso era stato firmato a Roma il 7 dicembre 1944 dal Comandante Supremo Alleato nel Mediterraneo, Sir Henry Maitland Wilson, e dalla delegazione del CLNAI, composta da Pizzoni, Pajetta, Parri e Sogno. In cambio di un implicito riconoscimento del CLNAI come organo dirigente della resistenza e di un regolare finanziamento mensile 160 milioni di lire, si stabiliva che il CVL avrebbe eseguito tutte le istruzioni del Comando in capo alleato. Al momento del ritiro tedesco, il CLNAI si sarebbe prodigato «per mantenere la legge e l’ordine» ed all’atto dell’insediamento del Governo Militare Alleato avrebbe ad esso rimesso tutte le cariche ed i poteri assunti in precedenza, mentre i membri del CVL s’impegnavano ad ubbidire ad eventuali ordini alleati di smobilitazione e consegna delle armi. Con un successivo accordo del 26 dicembre il CLNAI s’impegnò anche a riconoscere il governo di Roma come unica autorità politica legittima in Italia. La delegazione del CLNAI ricevette dagli alleati assicurazioni verbali che per le amministrazioni locali sarebbe stata «data la preferenza e [sarebbero state] senz’altro accettate le persone regolarmente e unanimemente designate dai CLN». La Commissione Alleata raccomandò di scegliere uomini che non facessero «della politica, ma solo dell’amministrazione, onesta, competente e imparziale; in particolare gli alleati si espressero con molta minore apertura verso le designazioni dei CLN alle cariche di questore ed in genere riguardanti la polizia. Di fatto, in quasi tutti i casi, il Governo Militare Alleato confermò le nomine amministrative fatte dai CLN prima del suo insediamento […] In tutta l’Italia Settentrionale i comandi della Guardia di Finanza presero allora contatto con la Resistenza, agevolati anche dal processo di istituzionalizzazione grazie al quale i Comitati di Liberazione Nazionale, diffusi sul territorio, assunsero la veste di rappresentanti del potere legittimo nei territorio occupato, e la stessa componente militare prese forma unitaria con la costituzione, il 19 giugno, del Corpo Volontari della Libertà, del quale il generale Cadorna, lanciato in agosto in Val Cavallina, riuscirà in novembre ad assumere il comando.
Noi sappiamo oggi che l’organizzazione del C.V.L., con i suoi comandi regionali, settoriali e di piazza, era poco più che un apparato formale, poiché le formazioni partigiane continuarono in realtà a riconoscersi soprattutto nei loro referenti politici, ma la sua esistenza bastò ad appagare la mentalità legalitaria degli ufficiali e dei sottufficiali responsabili dei reparti della Guardia di finanza.
Il generale Cadorna era accompagnato da un ufficiale del Corpo, il tenente Augusto de Laurentiis, che riuscì rapidamente a stabilire il contatto con il comando della legione di Milano, destinato da quel momento ad assumere una posizione centrale anche in virtù della coesistenza nel capoluogo lombardo delle sedi clandestine del C.L.N.A.I. e del comando generale del C.V.L..
I reparti della Guardia di Finanza operarono in seguito in collaborazione con i C.L.N., mettendo a disposizione le possibilità di collegamento e di supporto offerte dall’organizzazione di comando, dalla relativa libertà di movimento e dalla pur limitata disponibilità di mezzi di trasporto, di sedi di copertura e di materiali di vestiario e di equipaggiamento. Si giunse persino a realizzare, nella sede del comando di legione, un laboratorio per la produzione di documenti falsi, collegato all’organizzazione clandestina “Franchi”, di cui si giovarono alcuni esponenti di rilievo della Resistenza, come Sogno, Lombardi e Valliani […] Il Nucleo di polizia tributaria, come gli altri reparti della Guardia di finanza, entrò a far parte del comando delle forze di polizia della città aperta di Roma.
Nell’autunno del 1943 de Laurentiis entrò nella Resistenza romana introdottovi dal futuro segretario del Partito Repubblicano, Ugo La Malfa e da Riccardo Bauer e funse da ufficiale di collegamento tra il Comitato militare del C.N.L. di Roma e la Guardia di finanza.
Dopo la liberazione di Roma fu incaricato da Riccardo Bauer di recarsi nell’Italia settentrionale, in territorio occupato dai tedeschi, per svolgervi attività di informazione, sabotaggio ed organizzazione di formazioni clandestine, nell’ambito del Number One Special Force, un settore delle Forze Armate britanniche.
Dopo due mesi di addestramento in una base alleata in Puglia unitamente a personale inglese ed italiano destinato ad operare a tergo delle linee di combattimento tedesche, il tenente de Laurentiis fu paracadutato assieme al generale Raffaele Cadorna in Val Cavallina, in prossimità del lago di Endine, in provincia di Bergamo.
Egli era incaricato di tenere i collegamenti tra Cadorna, nominato Comandante Generale del Corpo Volontari della Libertà e Ferruccio Parri, esponente di rilievo del Comitato di Liberazione Alta Italia, che già si trovava in clandestinità a Milano.
Agevolato dai partigiani delle formazioni “Fiamme Verdi” che operavano in montagna e dalla Guardia di finanza della Lombardia, il tenente raggiunse Milano il 14 agosto 1944 e subito iniziò a tessere una rete di contatti con gli elementi della Resistenza già sul posto, ed in particolare con i più eminenti personaggi del C.L.N.A.I., Ferruccio Parri, Riccardo Lombardi, Leo Valiani e Sandro Pertini.
Poiché i rapporti tra i politici del Nord e Cadorna rimasero freddi per parecchio tempo, dal momento che i primi consideravano il generale un emissario del Re al quale essi erano fieramente contrari perché gli addebitavano una forte corresponsabilità con il fascismo ed il secondo voleva mantenersi affrancato da una tutela politica del C.L.N.A.I. che temeva di dover subire, il tenente de Laurentiis, in sospetto di essere la longa manus di Parri, fu esonerato dai compiti di collegamento e potè invece dedicarsi ai rapporti tra la Guardia di finanza della Lombardia, rappresentata dal colonnello Alfredo Malgeri e le forze della Resistenza.
La sua attività clandestina fu svolta nell’ambito dell’Organizzazione Franchi, la leggendaria formazione partigiana capeggiata da Edgardo Sogno, con la quale cooperava strettamente la Guardia di finanza, specializzata nei collegamenti informativi tra Milano e la Svizzera, agevolata dai finanzieri dei reparti di confine e da un apposito ufficio documenti falsi organizzato dal brigadiere Vincenzo Dell’Acqua nei locali del Comando della legione in via Melchiorre Gioia.
Il tenente de Laurentiis così descrive il clima e l’ambiente in cui si svolgeva l’attività clandestina 24: “I mesi che trascorsero in queste attività furono, come intuibile, intensamente vissuti in un’atmosfera che definirei surreale sulla quale incombeva la presenza cupa dell’occupazione nazista, la quale permeava di sé ogni aspetto della nostra esistenza. Trascorrevamo gran parte del tempo sulle strade della città in vista di reciproci contatti, penalizzati dalla necessità di assicurare a noi stessi ed agli altri un apprezzabile livello di sicurezza, cercando di rendere plausibile e naturale il nostro contegno esteriore, avvicinando con la possibile circospezione i luoghi ed i locali di convegno nel timore di cadere in una trappola e con l’insopportabile sensazione che il passo di una persona dietro di te fosse quello di un nemico, ovvero con il sospetto che il compagno con cui dovevi incontrarti non avesse a sua volta scrupolosamente osservato le norme di sicurezza e ti trascinasse, inconsapevole vittima di un pedinamento, ad un catastrofico incontro”.
E infatti all’inizio del 1945 egli fu catturato dalla Wehrmacht per l’imprudenza di alcuni cospiratori che giunsero ad un convegno pedinati da agenti tedeschi. Dopo essere stato malmenato, fu rinchiuso nel penitenziario di San Vittore.
I tedeschi avevano deciso di deportarlo nel campo di sterminio di Dachau, ma in attesa che fosse disponibile il trasporto per il lager, la Resistenza riuscì a farlo assegnare quale scrivano all’infermeria da dove egli poteva mantenere i contatti con i detenuti e dare e fornire notizie sugli interrogatori in carcere per consentire loro di regolarsi sulle risposte da fornire agli inquirenti.
Verso metà aprile il tenente fu liberato attraverso uno scambio con tedeschi prigionieri dei partigiani e così egli poté essere protagonista della liberazione di Milano.
Fu lui che la notte tra il 25 ed il 26 aprile 1945 ricevette da Leo Valiani, vergato di sua mano, l’ordine di insurrezione e lo recapitò al colonnello Malgeri, consentendo così alla Guardia di finanza di compiere l’atto ufficiale conclusivo della lotta clandestina ed allo stesso tempo quello iniziale dell’insurrezione.
5 Sul tema cfr. M. de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana in Italia (1943-1945), Napoli, 1988, e H. L. Coles-A. K. Weinberg, Civil Affairs: Soldiers Become Governors, Washington, 1964, cap. VI.
6 Cfr. de Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiana…, cit., pp. 224-42 e 348-53; R. De Felice, Mussolini l’alleato 1940-1945, II, La guerra civile 1943-1945, Torino, 1997, pp. 235-244.                           24 “La G. di F. nella Resistenza e nella guerra di Liberazione”. Testimonianza di Augusto de Laurentiis nel supplemento al nr. 3 maggio-giugno 1995 della Rivista della Guardia di finanza.
Prof. Massimo De Leonardis, GLI ALLEATI E LA LIBERAZIONE DELL’ITALIA SETTENTRIONALE, La Guardia di Finanza nella Resistenza e nella Liberazione di Milano, Atti del convegno organizzato dal Museo Storico della Guardia di Finanza, Sala Alessi – Palazzo Marino, Milano, 26 aprile 2005

[…] Augusto de Laurentiis, è nato a Palermo il 25 novembre 1919.
Dopo aver frequentato il 41° corso allievi ufficiali “Pal Piccolo”, ha conseguito la nomina a sottotenente della Guardia di Finanza il 1° aprile 1940.
Ha partecipato alle operazioni di guerra svoltesi alla frontiera greco – albanese ed albanese – jugoslava al comando di un plotone del I Battaglione mobilitato della Guardia di Finanza.
Già partigiano combattente nelle formazioni clandestine della Capitale è stato successivamente paracadutato dietro le linee tedesche al seguito del Generale Cadorna ed ha quindi operato nelle file della resistenza milanese.
Arrestato nel febbraio 1945 dai servizi di controspionaggio germanico e rinchiuso in San Vittore, ha riacquistato la libertà nell’aprile successivo.
Ripreso il suo posto nei ranghi clandestini è stato latore dell’ordine emanato dal C.L.N.A.I. al Comando della Legione della Guardia di Finanza di Milano per l’inizio dell’insurrezione ed ha quindi attivamente partecipato alle azioni di guerra svoltesi in quei giorni. […]
Redazione, Augusto de Laurentiis, Guardia di Finanza

Il generale americano Crittenberger passa in rassegna a Milano a fine aprile 1945 i finanzieri – Fonte: Ministero della Difesa

Augusto De Laurentiis, Medaglia d’’Oro al Valore della Guardia di Finanza con la seguente motivazione: “Ufficiale della Guardia di Finanza, animatore dei nuclei resistenziali sorti a Roma dopo l’’armistizio dell’’8 settembre 1943, dopo la liberazione della Capitale si proponeva volontariamente per una missione in territorio nemico. Paracadutato in Alta Italia unitamente al Comandante militare del Corpo Volontari della Libertà, operava clandestinamente nella città di Milano quale tramite tra la Resistenza e la Guardia di Finanza del capoluogo lombardo. Catturato dai nazi-fascisti e riottenuta la libertà grazie ad uno scambio di prigionieri, partecipava all’’insurrezione generale in qualità di ufficiale di collegamento tra il Comitato di Liberazione Alta Italia ed il reggimento di formazione della Guardia di Finanza che operava la liberazione di Milano. Fulgido esempio di dedizione alla Patria e di alto senso del dovere.
Roma – Milano, 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945”
Pietre della memoria

La valle Camonica comunica con la bergamasca val Seriana e, attraverso il corridoio dell’Aprica, con l’alta Valtellina e la zona di Tirano.
Queste semplici considerazione dovrebbero indurre a cogliere con prudenza le ricostruzioni post 25 aprile e, nell’impossibilità di trovare una documentazione coeva, accettarle con riserva. Tra costituzione delle Fiamme Verdi e il VAI c’è un’oggettiva osmosi, secondo quanto racconta Marino Perversi <77. Il comando militare del Vai doveva essere assunto dal gen. Luigi Masini. Questa decisione è presa nel dicembre del 1943. A sua volta il gen. Luigi Masini, nella scheda di
smobilitazione del ten. col. Efisio Simbula (responsabile politico del Vai per la Liguria), lo dichiara Comandante Regionale della Liguria delle Fiamme Verdi. Anche la ricostruzione fatta nella narrazione della partecipazione della Guardia di Finanza alla Resistenza non pecca di confusione tant’è che «il colonnello Malgeri prese contatti […] attraverso il tenente Cerola, con il Comando delle Divisioni Fiamme Verdi della Valtellina <78» [sic!].
[…] D’altra parte Sala della Cuna, di orientamento «repubblicano e con un nonno garibaldino» 148, il 10 settembre si incontra con l’ing. Carulli dell’Aem a Sondrio, poi è a colloquio con Alessi e Fojanini, quattro giorni dopo, munito di un lasciapassare dell’Aem è a Bergamo, nel castello di Valverde – nella zona della città alta – dove incontra il colonnello degli alpini Modesto Antonio Leonardi. Il militare si presenta come responsabile del Vai <149. Il 2 ottobre ha un nuovo incontro a Sondrio con Gola, Torti e Alessi, il 6 ottobre è a Milano, dove incontra Parri e Corti. Il 27 novembre avviene una riunione con Parri, Leonardi, l’ing. Carulli e Sorini dell’Aem e Luigi Gagetti <150.
Luigi Gagetti, assieme al fratello Giovanni, si era dato da fare incontrando il gen. Roberto Landreani e don Felice Cantoni a quel tempo parroco di Vervio. Nella riunione del 27 novembre Luigi Gagetti, Tiberio, è indicato come comandante del Vai della Valtellina. Diversa la via che segue Palcido Alonzi il quale solo nel dicembre del ’43 per tramite del maresciallo dei CCRR Martucci e del tenente Pugliesi della Guardia di Finanza si mette in contatto con il generale Masini che sta organizzando le Fiamme Verdi. Già a novembre però le formazioni, che si erano date al recupero delle armi e a stabilire forme di finanziamento per le formazioni in montagna, si assottigliano.
77 P. PAOLETTI, Volontari Armati Italiani (V.A.I.) in Liguria (1943-1945), cit. p. 8.
78 Cfr. atti del convegno organizzato dal Museo storico della Guardia di finanza: sala Alessi, Palazzo Marino, Milano 26 aprile 2005; La Guardia di finanza nella Resistenza e nella liberazione di Milano, Accademia della Guardia di finanza, Bergamo, 2006, p. 67.
147 relazione sulla costituzione e l’attività del gruppo Visconti Venosta, Issrec, fondo ANPI, b. 2, fsc. 12 brigata Mortirolo”. Jerzy non ha fratelli ma sorelle, potrebbe trattarsi di qualcun altro famigliare (cfr. https://www.geni.com/people/Sigismondo-Sas-Kulczycki/6000000000687378316)
148 Antonio Sala della Cuna, (Scipione)- commissario della brigata Mortirolo” della 1a Divisione Alpina Valtellina G.L., IscComo, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina n. 1. La scala temporale non è molto precisa, il V.A.I. ha bisogno di tempo per organizzare la sua rete e non può essere già presente a ridosso dell’otto settembre.
149 In base a quanto afferma la moglie del col. Modesto Antonio Leonardi «Il castello di Valverde era stato abbandonato [dopo l’otto settembre nda] per motivi di sicurezza […] il colonnello Leonardi, ricercato da nazisti e tedeschi, era andato in Svizzera dove si era incontrato con Maria Josè»; appunti sull’incontro con la moglie del col. Modesto Antonio Leonardi (aprile 1978), IscComo, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina n. 1, fasc. 7° cap.
150 Luigi Gagetti di Michele e di Nella Maria nato a Vervio il 29 dicembre 1920, caduto a Boscaccia di Sondrio il 19 agosto 1944 allo scopo di procurarsi armi, Issrec, fondo Teresio Gola, b. 5, fasc. 37.
Massimo Fumagalli e Gabriele Fontana, Formazioni Patriottiche e Milizie di fabbrica in Alta Valtellina. 1943-1945, Associazione Culturale Banlieu

Paradossalmente, furono dapprima alcuni studiosi stranieri che cominciarono a dar risalto a quanto i combattenti italiani avevano fatto (1); e (a parte i meritori contributi degli Uffici Storici delle Forze Armate) (2) si dovette addirittura attendere fino allo scorso anno perché uno storico professionista italiano colmasse alfine la lacuna in modo del tutto meritorio (3). Questi dovette però denunciare l’opera di quei suoi colleghi i quali avevano “preferito eliminare quegli oggetti che davano fastidio alle loro tesi, una vera e propria opera – cosciente o meno – di alterazione della realtà”, che fu “all’origine di una diffusa disinformazione” (4).
È a causa di tale falsificazione della storia che pochi si rendono conto ora di quale fosse l’entità della partecipazione militare italiana alla Guerra di Liberazione.
Ed anche qui a porle in luce nella loro drammatica interezza fu uno straniero, a suo tempo ufficiale di collegamento alleato con le unità italiane: Charles T. O’Reilly (5), il quale non a caso intitolò polemicamente la sua opera “Forgotten Battles”, “Battaglie dimenticate”.
Vediamo dunque queste cifre un pò più da vicino. All’atto della Liberazione, i combattenti nelle unità italiane schierate sul fronte a fianco degli Alleati e inquadrate nell’Ottava Armata del Commonwealth erano 99.000; altri 196.000 facevano parte delle così dette “Divisioni Ausiliarie” sulle quali gravava praticamente l’intera attività logistica nella zona di combattimento e che operavano quasi costantemente sulla linea del fuoco o presso di essa; le forze di sicurezza, distribuite sia nelle immediate retrovie che nell’intera Penisola, contavano 66.000 uomini mentre complessivamente altri 100.000 servivano in tutte le formazioni e le attività della Marina e dell’Aeronautica.
[…]
All’indomani dell’8 settembre 1943 il legittimo governo italiano aveva invitato tutti i componenti le Forze armate rimasti isolati in terra occupata a darsi alla macchia e ad organizzare la resistenza armata; ed a questo appello migliaia di ufficiali, di sottufficiali e di soldati dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica avevano risposto con tenacia e determinazione.
È ad essi che fu dovuta la nascita della lotta armata partigiana.
Nel complesso, oltre 200.000 erano stati, nei venti, terribili mesi di guerriglia i componenti di essa; e malgrado le gravissime perdite subite, i fucilati, i deportati nei campi di sterminio, all’atto della Liberazione ne rimanevano in campo ancora più di 70.000. Infine, occorre ancora aggiungere i militari partigiani all’estero (circa 60.000); e non vanno dimenticati quei 600.000 ufficiali, sottufficiali e soldati che, internati in Germania, sottoposti ad ogni sorta di vessazioni, ridotti alla fame, non si piegarono mai, non tradirono il giuramento prestato rifiutando la collaborazione con il nemico nazista (6).
Sempre al momento della Liberazione, a quella data del 2 maggio 1945 quando fu dichiarata ufficialmente la cessazione delle ostilità sul fronte italiano (7), il contributo di sangue dato dai nostri combattenti saliva ad oltre 170.000 caduti: 26.000 nelle unità operanti sul fronte, 70.000 tra i partigiani del Corpo Volontari della Libertà e dei partigiani all’estero (tra cui una maggioranza di membri delle Forze Armate); altri 80.000 circa morti di fame e di stenti nei campi di internamento e in quelli di sterminio piuttosto che piegarsi alle intimazioni del nemico.
Se si pensa che le truppe del Commonwealth britannico ebbero nella campagna d’Italia 45.000 caduti e gli americani ne ebbero 35.040, cioè in totale 80.040, risulta che il sacrificio di sangue italiano fu maggiore per lo meno del doppio.
(1) Cfr. ad es.: R. Lamb, War in Italy. A Brutal Story, London, Fullam, 1993.
(2) Cfr.: Commissione Italiana di Storia Militare, La partecipazione delle Forze Armate alla Guerra di Liberazione e di Resistenza, 8 settembre 1943-8 maggio 1945, Roma, 2003; id., L’Italia in Guerra: il Sesto alti/O, 1945, Roma, 1996.
(3) Carlo Vallauri, Soldati. Le Forze armate italiane dell’armistizio alla Liberazione, Torino, UTET, 2003.
(4) C. Vallauri, op. cit., p. XVI.
(5) Charles T. O’Reilly, Forgotten Battles. Italy’s War or Liberation, 1943-1945, Lanham, Maryland, US, Lexington Books, 2001.
(6) Raimondo Luraghi, “l soldati combattenti della Guerra di Liberazione”, in: Nuova Storia Contemporanea, a. VIII, n. 3, p. 155 sgg.
(7) Orlando di Collalto, 1945-1955. Un appello nel Cinquantenario della Liberazione, (stampato privatamente).
Raimondo Luraghi, Prof. Emerito dell’Università di Genova, Le Forze Armate italiane dalla Guerra di Liberazione alla Guerra Fredda in Le Forze Armate e la Nazione Italiana (1944-1989). Atti del Convegno di Studi tenuto a Bologna nei giorni 27- 28 ottobre 2004, CISM (Commissione Italiana di Storia Militare), Roma, 2004